Piero Calamandrei-Discorso sulla Costituzione agli studenti di Milano 1955

Politica e “Psicodramma” Pd: “molla” il segretario Spataro, via libera ad Enzo Bianco candidato unico del centrosinistra da: iene sicule di Marco Benanti

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Una mattinata “a nervi tesi” per la direzione democratica: e alla fine, si materializza il “suicidio politico” di un gruppo dirigente…

di iena in sala Marco Benanti
Il “botto” –atteso sotto sotto, qualcuno sapeva e non ha parlato- è arrivato a metà mattinata, con l’intervento del deputato regionale Concetta Raia.

E’ saltato fuori un documento (foto in alto) firmato da quasi tutti gli eletti del Pd (escluso Berretta) in cui è scritto che “..la direzione provinciale del Pd….dichiara sciolto l’esecutivo provinciale…” Non solo si propone un “coordinamento politico”, composto dai parlamentari nazionali e regionali eletti. Firmano in tanti: i due Barbagallo, Giovanni ed Anthony, Luisa Albanella, Giovanni Burtone, Rosario D’Agata, Fabio Roccuzzo, Francesca Raciti, Livio Gigliuto, Giuseppe Galletta, Giovanni D’Avola, Mauro Mangano, Angelo Villari oltre naturalmente alla Raia. In sostanza l’area di riferimento della Cgil e di Enzo Bianco (presente in sala come il segretario della Camera del Lavoro Angelo Villari) sfiducia la segreteria!
La proposizione del documento veniva contestata dall’area vicina al segretario Spataro e a Giuseppe Berretta: Pierluigi Flamigni, fra l’altro, dava degli “analfabeti” a chi ha firmato. Per lui c’è una violazione dello statuto del partito: Spataro è stato eletto dall’assemblea degli iscritti, questo è la direzione, non lo può fare. Si alzava presto la “temperatura” in sala, alla direzione Pd. Una “resa dei conti” di cui questo sito aveva dato anticipazioni, malgrado le solite smentite burocratiche.

Del resto, la tensione si avvertiva sin dai primi momenti dell’assemblea: facce scure, reazioni nervose, un clima subito da “fortino” con i gruppi che si fronteggiavano dentro la sala. Venivano confermate le voci di incontri già avvenuti, in cui Spataro sarebbe stato vivamente invitato a non “forzare la mano”: insomma, la maggioranza dentro il partito è cambiata, in particolare dopo la scelta (“consacrata” da un’intervista al segretario Villari su “La Sicilia” del 16 febbraio scorso) della Cgil di appoggiare Enzo Bianco come candidato a sindaco. “Scaricato” Berretta, il sindacato ha contribuito a spostare gli equilibri dentro il partito (insomma un partito nel partito), dopo avere a lungo sostenuto proprio il “giovane” deputato recentemente confermato (avendo al suo attivo circa i voti di un consigliere di quartiere). Spataro commetteva l’errore di tentare un “braccio di ferro” assolutamente suicida (e se qualcuno glielo avesse consigliato?), che alla fine, in un clima sempre più “caldo”, lo vedeva nettamente soccombente, con quattro quinti della direzione che votava contro il suo documento incentrato sull’esigenza delle “primarie” (da tenersi il 7 aprile). Passava con questo numeri anche la “mozione di sfiducia” letta da Concetta Raia. E solo allora, alle 14, in un clima un po’ da “saloon”, fra urla e interventi scomposti,  Spataro decideva di annunciare le sue dimissioni. “Torno a fare il soldato semplice” –il suo epilogo. Non senza un severo giudizio: “questo voto è un grave errore politico”. Qualcuno prima aveva anche gridato al “golpe”….

Così il gruppo “berrettiano-spatariano-condorelliano” ( a proposito il segretario cittadino Saro Condorelli si dimette? Oppure è troppo democristiano per farlo?) ha tentato per ore di “resistere” come in un “fortino” quanto tutto lasciava chiaramente intendere che c’era poco o nulla da fare. Divenuto minoranza, il gruppo attorno a Berretta e alla segreteria (con esponenti del mondo giovanile e pochi altri) ha tentato la “carta” dell’immagine del “nuovo” (“primarie” e Giuseppe Berretta) che lotta contro il “vecchio” (Enzo Bianco). Un po’ troppo poco. Anche perché il dato elettorale è impietoso: lo stesso Spataro nella sua relazione ha, fra l’altro, detto che il Pd non attrae in periferia. Ma un partito di sinistra se non attrae in periferia dove vuole mai andare? C’è come Pippo Pignataro, vecchio dirigente del Pci e del Pds, che tornato a fare politica –lo racconta lui- dichiarava di non essere “disponibile al cambio di questo gruppo dirigente con un sistema notabiliare tipico della destra”. Si vede che Pignataro è stato –forse- lontano dalla politica per un po’….
Si chiedeva Pignataro: “in provincia in 54 comuni il ‘movimento cinque stelle’ prevale: dov’eravamo noi?” Un “risveglio”, uno dei tanti degli ultimi venti anni? Chissà.
Ma dietro la presunta contesta “primarie sì primarie no” viene fuori lo scontro dei gruppi dentro il partito, in particolare fra “berrettiani” e “bianchisti”. E i rapporti di forza decidono, guarda caso! Spataro diceva addirittura che il suo documento deve essere votato (in quanto decideva il segretario l’ordine) per primo: e perdeva sonoramente 44 a 13! Niente primarie, quindi: e in tanti già dicono, via libera a Bianco.
In realtà, “primarie sì, primarie no” è solo una “foglia di fico”: sarà un caso, ma Giovanni Burtone, intervenendo con vigore, a spiegare il senso del documento letto dalla Raia, gridava ad un certo punto a Berretta: “tu non sei il padrone del partito, non lo sei più”. Ma chi era allora il notabile?
Già, perché si può essere notabile anche a 40 anni in un partito come questo, che da anni e anni ha perso le sue “radici” popolari e “incanta” forse soltanto gli addetti dell’apparato e dintorni. Che poi Giuseppe Berretta nel suo intervento criticasse Bianco perché appartenente ad un’altra epoca (“un usato sicuro” la sua definizione), faceva un po’ sorridere: di nuovo nel Pd c’è poco o nulla. Forse la faccia di Danilo Festa che si batte a Misterbianco, come Massimo La Piana, su temi concreti, come la discarica, che incidono sulla vita delle persone.
Ma perché continuare a candidarsi a sindaco di Catania, come ha confermato oggi Berretta, pur di fronte a questo scenario? Ecco, questa resta la domanda delle cento pistole, forse. Del resto, scendendo dalle scale, alla fine della direzione, parrebbe che Berretta abbia detto: “ma..io me ne torno a Roma”. Insomma un vero leader. Giovane. Domani è un altro giorno: ora è tempo di rinnovo dei gruppi dirigenti. Si dovranno riunire e presto gli organi preposti per la nuova segreteria. In mezzo alle polemiche.

Nota storica: se te ne fotti sempre, se mandi “al macero” due o tre generazioni di ragazzi, prima o poi arriva qualcuno che ti presenta il “conto” e ti fa…vedere 5 stelle!

 

La Camusso chiede un esecutivo per l’emergenza lavoro a chi ha creato l’emergenza | LAVORO – ITALIA da: controlacrisi.org

«Il lavoro è la vera emergenza, che implica interventi immediati. Il quadro diventa ogni giorno più drammatico con moltissimi posti di lavoro in pericolo, un tasso di disoccupazione allarmante e gli ammortizzatori sociali a rischio. Occorre un governo che faccia delle scelte, non si può lasciare il Paese nel nulla». Queste le parole del segretario della Cgil, Susanna Camusso, che in un’intervista all’Unità sottolinea l’urgenza di azioni concrete per il lavoro e l’equità sociale. Come primo passo, occorre «sbloccare i pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni alle imprese, per non mandare a gambe all’aria tutti coloro che stanno ancora resistendo e dando la possibilità ai cantieri di iniziare i lavori. Poi bisogna delineare due o tre grandi indirizzi di politica industriale che ricomincino ad attrarre investimenti utilizzando esplicitamente anche le grandi imprese pubbliche, come Eni, che ha alti ricavi, e Finmeccanica». Sul fronte della giustizia sociale «non possiamo continuare a dare stipendi altissimi ai manager pubblici e delle imprese private e lasciare che i lavoratori continuino a percepire un reddito non sufficiente a garantire una vita dignitosa». Poi torna sull’attuale fase di instabilità politica e difende la posizione del suo partito, il PD, dicendo no alle «logiche del governissimo o dell’esecutivo di unità nazionale, perchè si deve rispettare l’esito del voto», che rappresenta anche «un segnale di grande sfiducia». «La risposta che gli elettori si aspettano è quella di un governo politico che possa dare il via a misure concrete per migliorare le condizioni di vita, che guardi all’economia reale, ai redditi, ai posti di lavoro. Soltanto in questo modo – sostiene – si rafforzano gli interventi, altrettanto necessari, sulla trasparenza, la sobrietà e i costi della politica». Per la Camusso gli otto punti di Bersani «possono essere una risposta efficace, ma c’è bisogno di sviluppare quei titoli». Quello che fa finta di non capire la Camusso è che il Pd, quello che secondo lei dovrebbe guidare il Paese, è lo stesso Pd che fino a ieri ha appoggiato il governo Monti e tutte le sue porcate anche sul lavoro, dalla riforma delle pensioni a quella del lavoro con l’eliminazione dell’articolo 18. Dunque, un po’ di onestà non guasterebbe. Non si può chiedere a chi ha causato la disoccupazione di occuparsi di occupazio

Nigeria, ucciso l’ostaggio italiano Farnesina: atto di terrorismo | Fonte: unita da: controlacrisi.org

È arrivata dalla Farnesina la conferma ufficiale della morte di Silvano Trevisan, uno dei sette ostaggi stranieri dei quali nella tarda serata di venerdì Ansaru – un gruppo fondamentalista islamico nigeriano vicino a Boko Haram – aveva annunciato l’uccisione. «L’Unità di Crisi della Farnesina e gli altri organi dello Stato coinvolti hanno continuato a seguire gli sviluppi che purtroppo in queste ore hanno acquisito connotati sempre più drammatici.

Le verifiche effettuate in coordinamento con gli altri Paesi interessati ci inducono a ritenere che sia fondata la notizia dell’uccisione degli ostaggi sequestrati il mese scorso in Nigeria», è quanto riferisce il ministero degli Esteri in un comunicato. Il cittadino italiano, 69enne originario della provincia di Venezia, era stato sequestrato tre settimane fa in un’azione armata in un cantiere insieme con due libanesi, altrettanti siriani, un greco e un britannico.

«In questi difficilissimi momenti ci teniamo in costante contatto e ci stringiamo con grande solidarietà ed affetto attorno alla famiglia del nostro valoroso connazionale Silvano Trevisan e siamo vicini ai congiunti degli altri ostaggi», ha aggiunto il ministero degli Esteri nel comunicato.

La Farnesina ha definito l’uccisione di Trevisan e degli altri ostaggi stranieri un «atroce atto di terrorismo, contro il quale il governo italiano esprime la più ferma condanna e che non può trovare alcuna spiegazione, se non quella di una violenza barbara e cieca». Secondo il ministero degli Esteri, «nessun intervento militare volto a liberare gli ostaggi è mai stato tentato da parte dei governi interessati, per i quali l’incolumità dei loro cittadini tenuti sotto sequestro è sempre stata la priorità assoluta».

La Farnesina constata in modo doloroso «piuttosto, un’aberrante espressione di odioso e intollerabile fanatismo», aggiungendo che «l’Italia resta fermamente impegnata in tutti i fori internazionali per prevenire e contrastare la piaga del terrorismo e si adopererà affinché siano assicurati alla giustizia i responsabili di questo brutale atto di violenza».

Libri & Conflitti. INCIPIT di DALLA SUA PARTE, di Isabella Borghese -| Autore: isabella borghese da: controlacrisi.org

Libri & Conflitti. Dalla sua parte (edizioni ensemble) Francesca si è persa. La depressione del padre come un uragano ha spazzato via legami e certezze. Quando va a vivere da sola arrivano nella sua vita Paolo e Gemma, cuore e ragione, amore e rifugio. Il districarsi da un groviglio di sentimenti non sarà facile, così come riannodare i fili del rapporto con i genitori e con la voglia di fuggire da Paolo per evitare di amare.Una vita che scorre incessante tra emozioni, fughe, rifugi, confronti e ripensamenti. Francesca, come un’eroina contemporanea non teme nulla, ha un solo compito: riprendersi in mano la vita facendo i conti con il suo passato. 

Ci sono giorni in cui vorrei abbandonarmi a ciò che vedo e restare sospesa ad ascoltare tutto quello che vive e mi parla di sé. Inserisco la chiave nella toppa sul muro e resto a origliare il rumore della saracinesca, diretta e decisa alla conquista del suo metro e mezzo di asfalto.
I clienti sotto Natale invadono quei pochi metri quadri con i personali entusiasmi natalizi e la smania, più simile a un’ossessione, di riempire borsette e sacchetti. È il ventiquattro dicembre, un tardo pomeriggio di sole che si è assopito e sono tutti concentrati negli acquisti dell’ultimo momento.
Io lavoro da un anno in questa minuscola bottega artigianale.
Dipingo astratti su tele con olio e rifinisco dettagli e particolari con porporina colorata.
Creo collane e ninnoli trasformando il das e impreziosendolo con elementi ornamentali secondo le idee rifinite, le ispirazioni del momento o le preferenze di chi le commissiona. La sciarpa che mi avvolge mi consegna calore e protezione.
Mi affida all’abbandono.
La mancina, la mano appesa alla chiave e chiazzata di macchie rosa, mi ricorda che il freddo, nella mia vita, è una condizione climatica e mentale da cui vorrei prendere distanze nette. Lancio un’occhiata agli altri negozi della strada. Fin dove il mio sguardo arriva, ruba e prende tutto. A Natale tutti i negozianti vivono nell’impazienza di pronunciare il loro arrivederci al lavoro. Basta questo e mi accorgo che nel tratto di via che la mia vista riesce a intrappolare sono già quasi tutti a casa.
Tutti i negozi sono chiusi, tranne l’enoteca del signor Tiziano. Riconosco gli uomini che ogni giorno si parcheggiano qualche oretta lì fuori, passo sempre davanti a loro dopo aver chiuso la bottega. Uno è un rumeno. E non so se è un caso ritrovarlo in silenzio ogni volta o se piuttosto è un tipo davvero taciturno, tutto silenzio e vino.
Un altro è il signor Cappello, mi piace chiamarlo così. Indossa un copricapo che a fatica permette di vedere il colore e la forma degli occhi. Maschera il viso con dei baffi curiosi. Straparla e ride anche. Dev’essere uno che si diverte da solo.
L’ultimo è il più anziano, invece. Il signor Tiziano mi racconta spesso che la moglie del vecchio è un personaggio strano. Il pomeriggio per abbandonarsi alla sua libertà finge di impegnarsi nella spesa, di doversi dedicare alla casa e il marito lo parcheggia lì, su una sedia, proprio accanto all’entrata.
Nessuno l’ha mai vista rincasare con gli acquisti. Lui, assicura il signor Tiziano, si diverte lo stesso e se fa freddo è anche più contento. Una scusa in più per riscaldarsi col rum.
È l’Uomo che ha il rum per bastone, l’ho soprannominato così. Ogni volta il Rumeno, il signor Cappello e l’Uomo che ha il rum per bastone, come una combriccola, restano catturati da vino e liquori, come se il bere fosse un vero lavoro.
Io li incontro tra il freddo e le piante del signor Tiziano e l’albero che vive lì davanti. Quando chiudo la bottega non sguscio mai in mezzo a loro per paura di interrompere le chiacchiere e per non attraversare il loro singolare ritrovarsi.
Oggi però li osservo incuriosita e mentre la saracinesca sbatte la chiusura con l’ultimo secco trambusto dell’incontro col cemento, penso che in fondo nessuno dei tre ha fretta di questa vigilia.
Proprio come me che, poco fa, me ne stavo attaccata alla chiave con la mano sinistra. Il signor Tiziano è davvero sorprendente.
Appena mi vede capisco che deve aver incontrato i miei pensieri.
− Francesca − mi dice − auguri! Loro non hanno Natale da festeggiare. Sono soli. Gli farò compagnia fino all’ultimo, poi quando mi chiamerà mia moglie me ne andrò.
Io so rispondergli solo con un sorriso morbido e accogliente.
Nelle parole e nel fare di lui riconosco l’educazione e la delicatezza che attribuisco a un uomo d’altri tempi.
Confermo poi la sensazione che mi coglie ogni volta che mi affaccio tra quelle mura per acquistare il solito vino sfuso: l’enoteca del signor Tiziano è un posto magico.
La luce è flebile. Arriva da un vecchio lampadario di vetro, fatto di polvere e ombre.
Tiziano lo trovo seduto dietro alla sua scrivania con un basco nero in testa. Accanto alla cassa, visibile in un modello anni Ottanta,
c’è una vecchia radiolina Philips.
L’antenna oggi vive con un elastico giallo e ben attorcigliato che la tiene unita in un pezzo unico.
La musica che Tiziano lascia passare appartiene a una stazione che rianima quella italiana e leggera dei Sessanta e Settanta, gli anni che richiamano la sua giovinezza.
Se poi spegne la radio è solo per dar voce e immagini a un quattordici pollici che occupa lo scaffale più alto, posto di fronte a lui, in origine destinato a vini e liquori.
Una bic blu dà colore alle lettere che incasella nei giochi della settimana enigmistica che lo intrattengono nei momenti di vuoto.
Le bottiglie sono tutte sistemate tra gli scaffali. La vetrina mantiene gli addobbi natalizi per tutto l’anno, il cordone di luci plastificato, qualche grappa barricata, un Porto, delle bottiglie in miniatura da collezione, calici per il bianco… lì ogni pezzo sembra collocato alla meno peggio. La polvere che di tanto in tanto campeggia sugli scaffali non dà alcun fastidio.
Una vetrina pulita, sì, ma poco curata. Questo Vini e Liquori, che è anche un pavimento di moquette verde, non fa rumore e non ha niente di moderno e di nuovo.
Decido di acquistare il solito vino sfuso, due rossi e un bianco.
Saluto il proprietario, ci stringiamo anche le destre reciproche in un chiaro gesto di piacere e simpatia. Dev’essere il nostro “buone feste” lasciato a una stretta di mano e non alla voce delle solite parole. Per un attimo penso al mio bar, che è proprio lì vicino, ma è chiuso per ferie. Lì dentro i cornetti della colazione profumano di casa e i cappuccini che mi riscaldano sprigionano un calore familiare. Poi esco dall’enoteca e per la prima volta sorrido al Rumeno, al signor Cappello e all’Uomo che ha il rum per bastone.
Inciampo in questo saluto fatto di istinto in cui non crederebbe nessuno dei tre.
Ma di questo breve attimo durato un sorriso non se ne accorge nessuno.
Non è vero che a Natale siamo più buoni. Buono è un aggettivo che inganna.
A Natale siamo più distratti.

Isabella Borghese è nata a Roma dove lavora come giornalista e ufficio stampa. Collabora con Controlacrisi.org, dove è responsabile della rubrica Libri & Conflitti. È autrice di Sovvertire il diluvio (18:30 edizioni) e del reportage Da ex fabbrica occupata a “città” multietnica. Ideatrice del progetto stilish editoriale Livres & Bijoux (2009).


Dalla sua parte, di Isabella Borghese

Edizioni ensemble
Collana Èchos – volume 16
pagine 192
euro 15,00
ISBN 9- 788897-639619