Da Marx a Churchill, dalla Fiom alla coalizione sociale: Landini lancia la sua creatura. Il 20 in piazza coi migranti Fonte: L’Huffington PostAutore: Angela Mauro

coalizione

“Il punto è che nessuno di noi l’ha mai fatto questo percorso… Non è facile, né semplice, né scontato. E sarebbe rassicurante se si potesse dire: da oggi nasce una nuova forza politica. Sarebbero tutti più contenti sui giornali. E invece continueranno a non capire cosa sta succedendo… E fanno bene ad avere timore”. Non è il discorso di un criptico intellettuale. E’ Maurizio Landini, l’ex saldatore a capo della Fiom, che arringa la platea gremita del centro congresso Frentani a Roma. Secondo giorno di assemblea della ‘sua’ coalizione sociale. Oltre 200 interventi solo nella prima giornata di ieri , a nome di 300 associazioni di 80 città d’Italia. Qui lo considerano un successo. Non tanto per i numeri – “siamo all’inizio”, premette Landini – ma per quello che definiscono un ‘mix riuscito’. Tra sindacato e precari non iscritti al sindacato, l’intellettuale Stefano Rodotà e il militante del centro sociale, la Fiom e i comitati che occupano stabili per “il diritto alla casa”, sdogana Landini, lui che ammette: “Da metalmeccanico queste cose non le capivo…”.

Dopo la due giorni, il primo appuntamento è per “il 20 giugno a Roma contro le stragi nel Mediterraneo e per porre il problema di come affrontare il tema dei migranti”, dice il segretario della Fiom. E’ la risposta che s’incastra bene nella cronaca del giorno, diretta al governatore della Lombardia Roberto Maroni che ha intimato ai comuni di non accogliere i migranti in arrivo dal nord Africa, pena la perdita dei finanziamenti regionali. “Un modo barbaro di affrontare temi complessi”, denuncia Landini. Ma, al di là del 20 giugno, la coalizione sociale si muove senza calendari alla mano e consapevolmente senza una forma. Se non nei temi. Per orientarsi, forse può risultare utile la traccia di Stefano Rodotà: “La democrazia si salva se si sprigiona tutta la creatività sociale di associazioni e movimenti: questo è il compito che abbiamo davanti. Solo così si potrà dire che il potere non sta tutto da una sola parte”. Standing ovation per lui e anche uno, due tre, “Ro-do-tà! Ro-do-tà!” che ricordano piazza Montecitorio alle elezioni quirinalizie 2013.

Altri tempi. Oggi la ‘parte con il potere” di cui parla il professore è Matteo Renzi, naturalmente bersaglio di tutti gli interventi. “Il premier fa bene a preoccuparsi di chi c’è fuori dal Pd – attacca Landini – ma sarebbe ora che si occupasse anche di chi mettono dentro il Pd!”. Da Vincenzo De Luca a Mafia capitale: “La corruzione è un sistema in questo paese che serve per avere più potere e più soldi…”, continua il leader Fiom. E di fronte alla corruzione si esercita un “garantismo peloso e ipocrita, da prima Repubblica… – scandisce Rodotà – Renzi non dovrebbe guardare al codice penale ma all’articolo 54 della Costituzione sulla disciplina e l’onore che dovrebbero contraddistinguere chi è nelle istituzioni pubbliche”.

La griglia è questa. E Renzi è anche quello che ha fatto il Jobs Act, che porta avanti la sua ‘Buona scuola’. Per Landini i tempi sono maturi per mollare gli ormeggi. E si lancia in un territorio finora sconosciuto alla Fiom. “Io mi sono sempre battuto per l’applicazione delle leggi. Ma non posso chiedere l’applicazione del Jobs Act: piuttosto devo battermi contro. E così sulla scuola o sul diritto alla casa”. L’ammissione: “Io delle occupazioni non ero entusiasta… Lo capisci solo quando tocca a un metalmeccanico. E allora: se ci sono case sfitte o spazi inutilizzati bisogna fare qualcosa…”. Gli applausi gli coprono la voce.

E’ qui che si salda l’asse tra mondi diversissimi. E’ questo il cuore della coalizione sociale, esperimento che vuole incrociare “battaglie sul reddito e salario”, urla Michele De Palma, responsabile Auto della Fiom, un altro “piccolo Landini” – nota una signora in platea – che infiamma il Frentani. Perché “il contratto a tutele crescenti non ha nulla a che fare con il tempo indeterminato: è solo un altro contratto precario”. Sul reddito minimo la coalizione sociale proverà a muoversi in autunno. “Tra 2-3 mesi ci si ritrova qui per lanciare le mobilitazioni d’autunno – propone Landini – ma nel frattempo bisogna costruire tante piccole coalizioni sociali nei territori…”. E si va avanti. Con l’idea fin troppo chiara che “ci siamo rotti le scatole di essere sempre quelli che pagano le tasse e si fanno il mazzo dalla mattina alla sera” (sempre Landini). Avanti, ma a ruota libera.

Così libera che oggi al Frentani le citazioni dotte hanno coperto archi finora imprevedibili a sinistra. C’è Marx: “La coalizione è sempre l’esito di collisioni”, dice Francesco Raparelli, precario del Laboratorio per lo sciopero sociale: “La nostra coalizione deve avere la capacità di collidere”. C’è anche Eduardo Galeano: “Il cammino lo facciamo insieme”, dice Giuseppe De Marzo di Libera: “Perché i tre milioni e 200mila ‘working poors’ in Italia non dovrebbero esistere: sono incostituzionali!”. C’è l’Italo Calvino de ‘Le città Invisibili’: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui…”, recita – sì, recita – Gianmarco De Pieri del Tpo di Bologna. Ma c’è anche Winston Churchill, citato da Landini: “Ci sono tre tipi di bugie: le piccole, le grandi e le statistiche… sull’occupazione di cui ci inondano da mesi senza che cambi nulla”. E ci sono le mondine. Anche Rodotà recita alla fine: “Sebben che siamo donne, paura non abbiamo, abbiam delle belle buone lingue, in lega ci mettiamo…”. In platea c’è chi ironizza: “Veramente il canto continuerebbe così: ‘E la libertà non viene, perché non c’è l’unione, crumiri col padrone, son tutti da ammazzar…’”. Alt: è solo un canto. E di altri tempi, ovviamente sì.

Da Marx a Churchill, dalla Fiom alla coalizione sociale: Landini lancia la sua creatura. Il 20 in piazza coi migranti Fonte: L’Huffington PostAutore: Angela Mauro

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“Il punto è che nessuno di noi l’ha mai fatto questo percorso… Non è facile, né semplice, né scontato. E sarebbe rassicurante se si potesse dire: da oggi nasce una nuova forza politica. Sarebbero tutti più contenti sui giornali. E invece continueranno a non capire cosa sta succedendo… E fanno bene ad avere timore”. Non è il discorso di un criptico intellettuale. E’ Maurizio Landini, l’ex saldatore a capo della Fiom, che arringa la platea gremita del centro congresso Frentani a Roma. Secondo giorno di assemblea della ‘sua’ coalizione sociale. Oltre 200 interventi solo nella prima giornata di ieri , a nome di 300 associazioni di 80 città d’Italia. Qui lo considerano un successo. Non tanto per i numeri – “siamo all’inizio”, premette Landini – ma per quello che definiscono un ‘mix riuscito’. Tra sindacato e precari non iscritti al sindacato, l’intellettuale Stefano Rodotà e il militante del centro sociale, la Fiom e i comitati che occupano stabili per “il diritto alla casa”, sdogana Landini, lui che ammette: “Da metalmeccanico queste cose non le capivo…”.

Dopo la due giorni, il primo appuntamento è per “il 20 giugno a Roma contro le stragi nel Mediterraneo e per porre il problema di come affrontare il tema dei migranti”, dice il segretario della Fiom. E’ la risposta che s’incastra bene nella cronaca del giorno, diretta al governatore della Lombardia Roberto Maroni che ha intimato ai comuni di non accogliere i migranti in arrivo dal nord Africa, pena la perdita dei finanziamenti regionali. “Un modo barbaro di affrontare temi complessi”, denuncia Landini. Ma, al di là del 20 giugno, la coalizione sociale si muove senza calendari alla mano e consapevolmente senza una forma. Se non nei temi. Per orientarsi, forse può risultare utile la traccia di Stefano Rodotà: “La democrazia si salva se si sprigiona tutta la creatività sociale di associazioni e movimenti: questo è il compito che abbiamo davanti. Solo così si potrà dire che il potere non sta tutto da una sola parte”. Standing ovation per lui e anche uno, due tre, “Ro-do-tà! Ro-do-tà!” che ricordano piazza Montecitorio alle elezioni quirinalizie 2013.

Altri tempi. Oggi la ‘parte con il potere” di cui parla il professore è Matteo Renzi, naturalmente bersaglio di tutti gli interventi. “Il premier fa bene a preoccuparsi di chi c’è fuori dal Pd – attacca Landini – ma sarebbe ora che si occupasse anche di chi mettono dentro il Pd!”. Da Vincenzo De Luca a Mafia capitale: “La corruzione è un sistema in questo paese che serve per avere più potere e più soldi…”, continua il leader Fiom. E di fronte alla corruzione si esercita un “garantismo peloso e ipocrita, da prima Repubblica… – scandisce Rodotà – Renzi non dovrebbe guardare al codice penale ma all’articolo 54 della Costituzione sulla disciplina e l’onore che dovrebbero contraddistinguere chi è nelle istituzioni pubbliche”.

La griglia è questa. E Renzi è anche quello che ha fatto il Jobs Act, che porta avanti la sua ‘Buona scuola’. Per Landini i tempi sono maturi per mollare gli ormeggi. E si lancia in un territorio finora sconosciuto alla Fiom. “Io mi sono sempre battuto per l’applicazione delle leggi. Ma non posso chiedere l’applicazione del Jobs Act: piuttosto devo battermi contro. E così sulla scuola o sul diritto alla casa”. L’ammissione: “Io delle occupazioni non ero entusiasta… Lo capisci solo quando tocca a un metalmeccanico. E allora: se ci sono case sfitte o spazi inutilizzati bisogna fare qualcosa…”. Gli applausi gli coprono la voce.

E’ qui che si salda l’asse tra mondi diversissimi. E’ questo il cuore della coalizione sociale, esperimento che vuole incrociare “battaglie sul reddito e salario”, urla Michele De Palma, responsabile Auto della Fiom, un altro “piccolo Landini” – nota una signora in platea – che infiamma il Frentani. Perché “il contratto a tutele crescenti non ha nulla a che fare con il tempo indeterminato: è solo un altro contratto precario”. Sul reddito minimo la coalizione sociale proverà a muoversi in autunno. “Tra 2-3 mesi ci si ritrova qui per lanciare le mobilitazioni d’autunno – propone Landini – ma nel frattempo bisogna costruire tante piccole coalizioni sociali nei territori…”. E si va avanti. Con l’idea fin troppo chiara che “ci siamo rotti le scatole di essere sempre quelli che pagano le tasse e si fanno il mazzo dalla mattina alla sera” (sempre Landini). Avanti, ma a ruota libera.

Così libera che oggi al Frentani le citazioni dotte hanno coperto archi finora imprevedibili a sinistra. C’è Marx: “La coalizione è sempre l’esito di collisioni”, dice Francesco Raparelli, precario del Laboratorio per lo sciopero sociale: “La nostra coalizione deve avere la capacità di collidere”. C’è anche Eduardo Galeano: “Il cammino lo facciamo insieme”, dice Giuseppe De Marzo di Libera: “Perché i tre milioni e 200mila ‘working poors’ in Italia non dovrebbero esistere: sono incostituzionali!”. C’è l’Italo Calvino de ‘Le città Invisibili’: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui…”, recita – sì, recita – Gianmarco De Pieri del Tpo di Bologna. Ma c’è anche Winston Churchill, citato da Landini: “Ci sono tre tipi di bugie: le piccole, le grandi e le statistiche… sull’occupazione di cui ci inondano da mesi senza che cambi nulla”. E ci sono le mondine. Anche Rodotà recita alla fine: “Sebben che siamo donne, paura non abbiamo, abbiam delle belle buone lingue, in lega ci mettiamo…”. In platea c’è chi ironizza: “Veramente il canto continuerebbe così: ‘E la libertà non viene, perché non c’è l’unione, crumiri col padrone, son tutti da ammazzar…’”. Alt: è solo un canto. E di altri tempi, ovviamente sì.

“Coalizione sociale per costruire cultura della partecipazione”. Al via la due giorni a Roma Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

Ha preso il via, oggi, con la Costituente, il cammino della Coalizione sociale, il progetto lanciato dal leader della Fiom, Maurizio Landini, che non si propone come nuovo partito politico ma punta ad andare “oltre i recinti” e a fare azioni sul territorio. Una galassia di associazioni, movimenti, comitati e liberi cittadini sono stati chiamati a raccolta e si confronteranno, oggi e domani, al centro congressi di Via Frentani, a Roma, per dare vita a un nuovo soggetto che possa dare risposta ai problemi delle persone, ovvero garantire il diritto al lavoro, alla casa, alla salute e all’istruzione.”Oggi inizia un percorso che ha come obiettivo di unire tutto cio’ che e’ diviso e rimettere al centro il lavoro, un’idea diversa di sviluppo e sostenibilita’ ambientale, la questione del sapere e della conoscenza. Un percorso che proseguira’ con tante azioni sul territorio”, ha spiegato Landini a margine dei lavori della Costituente. La coalizione sociale, ha osservato, “ancora non esiste” e cosa divenetera’ “lo decideranno le persone”. Ma ha messo in guardia: “Dentro i recinti noi ci stiamo”. Il nuovo progetto, ha spiegato”, non e’ racchiudibile dentro la dimensione destra, sinistra o centro, e’ un’altra cosa. Noi parliamo alle persone e saranno le persone che decideranno”.
E a chi come Nichi vendola gli strizza l’occhio per arrivare a costruire a sinistra un’alternativa a Renzi, Landini ha risposto: “Lo faccia pure, ci fa piacere, ma noi siamo un’altra cosa”. La coalizione sociale, ha ribadito, “e’ nata fuori dai partiti”. “In un paese in cui il 50% delle persone non va a votare – ha sottolineato – c’e’ una crisi di democrazia, le persone non si sentono rappresentate. Per poter cambiare il paese democraticamente ci vuole la partecipazione e il nostro obiettivo e’ ricostruire una cultura della partecipazione con dei contenuti che affermino il diritto al lavoro, alla casa, alla salute, che affermino la giustizia sociale”. “Non ci siamo messi d’accordo con nessuno – ha proseguito Landini – stiamo con coraggio affrontando i problemi delle persone che sono divise tra di loro, e cosi’ sta vincendo la finanza, l’ingiustizia e sta arretrando la democrazia”. La coalizione sociale, ha concluso, “esistera’ se ci saranno tante coalizioni sociali e tante pratiche sociali sui territori”.
All’assemblea hanno aderito oltre 60 soggetti tra associazioni, movimenti, sindacati. Quattro le aree tematiche: ‘Saperi e conoscenza’, ‘Economia, Politiche industriali, Cambiamenti climatici’, ‘Unions’ e ‘Rigenerare le citta”. Domani la due giorni si concludera’ con una grande plenaria in cui prendera’ la parola Landini.

COME ROTTAMARE RENZI IN TRE MOSSE (www.micromega.net) (copyright © Paolo Flores d’Arcais).

di Paolo Flores d’Arcais 

Se nel Pd c’è ancora qualche testa pensante anche vagamente sensibile ai valori di “libertà e giustizia” che definiscono la sinistra (due condizioni che escludono d’embléeBersani, D’Alema e compagnia cantando) già avrà individuato il “che fare”. In tre mosse. 

Primo: far cadere Renzi in una delle numerose fiducie che sarà costretto a porre per far passare in parlamento le sue pimpanti controriforme. Secondo: chiedere allora un immediato congresso del Pd, con le stesse modalità e procedure che portarono Renzi a impadronirsi del partito, partecipazione/iscrizione dei cittadini anche al momento del gazebo, ecc. Terzo, in contrapposizione a Renzi candidare per la segreteria del Pd Maurizio Landini, e parallelamente chiedere al Presidente Mattarella che al posto del governo sfiduciato, anziché sciogliere le camere, venga insediato un governo di “tregua repubblicana”, affidato tutto a personalità della società civile e capace di ottenere le convergenze autonome di parlamentari Pd, M5S e altri “volenterosi” sul programma e la credibilità dei ministri preposti a realizzarlo.

La razionalità di questo “che fare” non è difficile da riscontrare.

Renzi si accinge a completare la distruzione del Pd mutandolo in comitato elettorale personale, intenzione che del resto non aveva mai occultato. La sua politica, per profonda convinzione, è quella di realizzare la contro-rivoluzione di liberismo autocratico vagheggiata da Berlusconi ma restata in panne per i conflitti d’interesse e i crimini nell’armadio (sfociati finalmente in una condanna definitiva, dopo le tante sventate da leggi ad hoc e inciuci) e soprattutto per l’ondata di lotte civili, sociali, d’opinione, con cui la parte migliore della società civile ha saputo fare argine. In realtà il progetto politico di Renzi è la marchionizzazione del paese e delle istituzioni, e la contro-riforma della scuola ne costituisce la più luttuosa evidenza.

Renzi è in questo momento debolissimo, malgrado il fumo negli occhi della quasi totalità dei mass media (mai come oggi a “bacio della pantofola” verso l’establishment: ma il “marchionnismo” non è anche questo?). In un anno ha perso la metà dei consensi. La metà, il 50%, un voto su due rispetto al bottino elettorale delle europee, ci rendiamo conto?! Si è letto che sono due milioni di voti, ma nelle sette regioni in cui si è votato. In proiezione nazionale sono cinque milioni e mezzo. Non un’emorragia, un dissanguamento da mattatoio. In un solo anno: quello che passa tra la fiducia dei cittadini al renziano dire, mirabolante, e il giudizio sul renziano fare, miserabile. Perdere in un anno un voto su due non è una “non sconfitta” o una “non vittoria”, è un tracollo, una disfatta, una gogna e rottamazione civica impietosa.

Che quanto resti di “opposizione” nel Pd non colga l’attimo dimostrerebbe definitivamente che è ormai ridotta al livello del saracino Alibante di Toledo che “del colpo non accorto/Andava combattendo ed era morto” (Francesco Berni, L’Orlando innamorato, LII, 60). Se a questa “opposizione” resta invece ancora un barlume di “spiriti animali”, lucidità vuole che senza coltivare patetici propositi di riprendersi la ditta, decida di uscire di scena con un ultimo gesto di vitalità anziché nel vociare strozzato di un melmoso affondare.

Alla vecchia nomenklatura non è data la rivincita, la vendetta sì. A Landini, l’unica vendetta a disposizione di questi burocrati che nessuno rimpiange, può riuscire, da posizioni opposte, di società civile “giustizia e libertà”, l’Opa sul Pd che è riuscita a Renzi or non è guari. La nemesi è nelle possibilità della situazione attuale, ma implica lucidità in tutti i soggetti qui evocati, e razionalità e coraggio sono i pregi che da più tempo latitano presso quanti si dichiarano di sinistra.

(2 giugno 2015)

| Fonte: rassegna Landini: andremo fino in fondo per cancellare il Jobs Act

“Non siamo in piazza per difendere cose che non ci sono più, anche perché ci hanno tolto tutto . E Renzi stia tranquillo, non siamo qui contro di lui, ma abbiamo l’ambizione di proporre idee per il futuro dell’Italia”. Sono queste le parole usate oggi da Maurizio Landini, segretario generale della Fiom , al momento della partenza del corteo “Unions”, che da piazza della Repubblica ha raggiunto verso le 16,30 piazza del Popolo. “Vogliamo unire tutto il mondo del lavoro – ha detto Landini, che ha ringraziato la segreteria nazionale della Cgil per aver scelto di essere presente in piazza – so che è una strada difficile ma inevitabile, ma non vedo alternative sia per riformare il sindacato che per ridare voce alle persone che hanno necessità di lavorare”.

“Il 12 dicembre, in occasione dello sciopero generale, abbiamo promesso che non ci saremo fermati ed è per questo che oggi siamo qui”, ha detto Landini, iniziando il suo intervento dal palco poco dopo le 17,30. E subito un attacco al governo Renzi che sta riducendo i diritti dei lavoratori come i governi precedenti. La linea è sempre la stessa, anche quella praticata dal governo Berlusconi. “Ci siamo stancati di spot elettorali, di slide e balle, perché bisogna avere il coraggio di dire la verità e di cambiare veramente il Paese”.

La ripresa del Paese, ha spiegato Landini, non ci sarà mai se si seguirà la linea della Confindustria . Si deve cambiare stando dalla parte dei lavoratori. E invece si sta pericolosamente profilando un progetto che mette a rischio la democrazia del Paese. La logica del governo non è altro che una logica padronale, come si vede nella riforma della scuola e nei caratteri della riforma costituzionale. Le ricette messe in campo non solo sono sbagliate, ma sono soprattutto pericolose. Noi siamo un sindacato generale, sul modello confederale.

“Abbiamo imparato da Giuseppe Di Vittorio che bisogna impedire la competizione tra i lavoratori , come si fa oggi”, ha detto Landini, secondo il quale è stato sottovalutato il disastro sociale che si sta attuando con la precarizzazione del lavoro. Tutti oggi sono a rischio, sia i lavoratori dipendenti sia le partite Iva. Per questo è necessario unificare il mondo del lavoro. Dobbiamo smetterla di accettare la competizione tra le persone. Bisogna invece riunificare. Non c’è mai stata tanta gente, come oggi, che ha bisogno di lavorare per vivere.

Il governo non ha nessuna visione del futuro. Si dovrebbe invece ripensare dalla radice il modello di produzione . L’obiettivo del governo non è altro che quello di cancellare completamente lo Statuto dei lavoratori. E non significa nulla il dato sulle 79 mila assunzioni, perché, per invertire la tendenza, sarebbero necessari milioni di nuovi posti di lavoro. Ma il punto principale, la base di ogni scelta politica, è la difesa dello Statuto dei lavoratori. Solo difendendo lo Statuto si evitano migliaia di licenziamenti indiscriminati. Ed è su questo che la Fiom è d’accordo con la Cgil sulla proposta di costruire le condizioni per un nuovo Statuto dei lavoratori e delle lavoratrici. Non si è cittadini, se non lo si è prima di tutto nei luoghi di lavoro. Per questo – ha detto Landini durante il suo comizio conclusivo – non siamo disponibili a rinunciare alla nostra dignità.

Il segretario della Fiom ha anche polemizzato con chi dice che il sindacato non deve fare politica . Se questo significa che il sindacato non deve diventare un partito, siamo tutti d’accordo. Ma il sindacato deve avere una sua proposta sia per le persone che stanno dentro i luoghi di lavoro sia per le persone che stanno fuori. Che significherebbe altrimenti che diciamo che dobbiamo combattere la criminalità? Che significherebbe dare un contributo reale alle famiglie che hanno problemi di salute o problemi con la scuola? Secondo Landini c’è un problema di allargamento della rappresentanza sindacale e di coinvolgimento di tutte quelle persone che oggi non sono rappresentate da nessuno. “Dobbiamo unire – ha detto Landini – tutto quello che il governo sta dividendo”.

“Oggi in piazza ci sono i lavoratori metalmeccanici iscritti alla Cgil che sono giustamente in lotta perché la delega sul lavoro riduce i loro diritti , vogliono il rinnovo del contratto, ed è il settore su cui ha più pesato la crisi”, sono state queste le parole usate dal segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, che ha partecipato alla manifestazione, è salita sul palco di piazza del Popolo e ha voluto così replicare alle critiche del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. La Cgil ha deciso di partecipare alla manifestazione Fiom proprio perché inserita nel percorso di battaglia contro il taglio dei diritti. Lo aveva già detto in più occasioni la leader della Cgil, che ha anche spiegato molto nettamente la differenza tra la manifestazione di oggi e il progetto di coalizione sociale che la Cgil non condivide.

Lo aveva detto anche il segretario confederale Nino Baseotto ai microfoni di RadioArticolo1 alla vigilia della manifestazione : “Per chiedere un cambiamento profondo – sottolinea Baseotto – e per denunciare la situazione drammatica in cui versa il lavoro, saremo ancora una volta in piazza, per la manifestazione nazionale organizzata dalla Fiom e che vedrà la partecipazione della Cgil, che condivide le critiche al Jobs act e le richieste di natura sindacale e contrattuale della piattaforma dei metalmeccanici. Se poi quella manifestazione qualcuno vuole trasformarla in altro, tanto per parlarci chiaro, in un trampolino di lancio per la cosiddetta coalizione sociale, su questo la Cgil non c’è”.

Dopo il 28, per quanto ci riguarda – ha detto Baseotto – le mobilitazioni continueranno . Ma anche in Cisl e Uil si sta diffondendo la consapevolezza che oggi, più di ieri, è necessario prendere iniziative unitarie, se si vuole contare e determinare cambiamenti positivi. Spero che le mobilitazioni unitarie di tante categorie aiutino anche le federazioni dei metalmeccanici a fare passi avanti sul terreno dell’iniziativa comune, e penso che come Confederazione non possiamo far altro che guardare a queste cose con grande favore. Noi facciamo un lavoro difficile, sul piano della ricerca dell’unità: sulle pensioni abbiamo scritto insieme una lettera al ministro Poletti e stiamo cercando di fare altre cose, ma la spinta unitaria deve venire dal basso. Questa è la ricetta che ci vuole per rilanciare il ruolo del sindacato nel Paese”.

#28M, l’appello di Landini ai lavoratori: “La lotta non è finita con il varo del Jobs act” autore radazione da: controlacrisi.org

 

“Oggi abbiamo bisogno di un’alleanza, di costruire una coalizione sociale che unisca cio’ che il governo e Confindustria vogliono separare, aggregando tutte le persone che per vivere hanno bisogno di lavorare con le metalmeccaniche e i metalmeccanici, con le delegate e i delegati, con le iscritte e gli iscritti alla Fiom. Vi aspettiamo a Roma il 28 marzo. E da li’ continueremo insieme”. E’ quanto scrive il leader della Fiom, Maurizio Landini, in una lettera ai lavoratori metalmeccanici diffusa ieri, in vista dell manifestazione del 28 marzo.”Care lavoratrici e cari lavoratori metalmeccanici sabato 28 marzo ci ritroveremo a Roma per la dignita’ e la liberta’ del lavoro”, si apre il messaggio. “Nei mesi scorsi- ricorda- ci siamo battuti contro il Jobs Act che non crea nuovo lavoro ne’ affronta il dramma della precarieta’ e della disoccupazione giovanile. Insieme abbiamo proposto delle alternative e presentato le nostre idee ma il governo non ha voluto ascoltarci, ha messo in pratica le indicazioni di Confindustria, imboccato la strada della riduzione dei diritti, sposato le ricette di chi pensa che licenziando si crei nuova occupazione. Abusando della democrazia, il governo, a colpi di fiducia, ha ridotto il Parlamento a mero esecutore della sua volonta’”. Landini prosegue osservando che “la lotta non e’ finita con il varo del Jobs Act. Come promesso durante lo sciopero generale del 12 dicembre di Cgil e Uil, continueremo a spendere le nostre idee e le nostre energie per difendere il lavoro e i suoi diritti, cambiare il paese e renderlo piu’ giusto. Questo e’ un momento importante per il futuro di tutti noi, delle lavoratrici e dei lavoratori, del nostro sindacato che esiste e ha un senso solo se riesce a rappresentare democraticamente i vostri interessi e da voi riceve il sostegno, le idee e le energie necessarie”.
L’obiettivo della mobilitazione, spiega il leader delle tute blu della Cgil, e’ “migliorare le condizioni del lavoro dipendente, rivendicare un sistema pensionistico piu’ giusto con la riduzione dell’eta’ pensionabile, dare un’occupazione a chi non ce l’ha con nuovi investimenti e con la riduzione dell’orario di lavoro, cancellare il precariato, combattere l’evasione fiscale e la corruzione”. E ancora “garantire il diritto alla salute e allo studio, istituire forme di reddito minimo, riconquistare veri contratti nazionali che tutelino il salario e diano uguali diritti a tutte le forme di lavoro”.
Conclude: “Il lavoro sta diventando piu’ povero e precario. Oggi abbiamo bisogno di riprendere il filo dell’impegno comune, per dare rappresentanza al lavoro. Per confrontarci con tutte quelle realta’, associazioni, gruppi e movimenti che nella societa’ affrontano e contrastano il degrado civile prodotto dalla crisi economica e dalla sua gestione politica. Per affermare i principi della nostra Costituzione”.

Jobs act, parte dall’Emilia Romagna l’offensiva della Fiom Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

 

Dopo l’assemblea nazionale di Cervia, parte dall’Emilia-Romagna la mobilitazione lanciata dalla Fiom-Cgil per “contrastare il Jobs act e con esso- sintetizza il segretario regionale Bruno Papignani, in conferenza stampa- tutte le politiche del Governo su fisco, pensioni e legalita’, che di fatto hanno sposato le posizioni di Confindustria”.

L’Emilia-Romagna è la prima grande regione in cui la Fiom ha riunito l’attivo di tutti i direttivi territoriali: l’appuntamento, che si sarebbe dovuto svolgere un mese fa ma fu rinviato causa neve, e’ per venerdi’ a Modena. E’ prevista la partecipazione di 800 delegati con gli interventi, oltre a quello di Papignani, del segretario nazionale Maurizio Landini e del segretario regionale della Cgil, Vincenzo Colla. “Spingeremo perche’ si vada verso la decisione di effettuare un referendum per l’abolizione del Jobs act”, spiega Papignani: non basta una semplice “riduzione del danno” di fronte ad una “legge cosi’della usta, che mette in grande difficolta’ i lavoratori”. Il percorso verso il referendum, cosi’, “deve  diventare terreno di battaglia politica e di mobilitazione”, aggiunge il leader delle tute blu.

Alla Cgil la Fiom chiedera’ di condividere il pacchetto di quattro ore di sciopero, da qui a fine marzo, deciso a Cervia (le tute blu cominceranno ad incrociare le braccia in questi giorni, usando le ore anche per fare le assemblee nelle fabbriche). Fin qui l’azione politica. La  Fiom, pero’, conferma di voler mettere i bastoni tra le ruote alla riforma del lavoro targata Renzi anche sul piano prettamente sindacale. “Cercheremo di rendere inagibile e  applicabile il Jobs act” in tutte le occasioni di contrattazione che si apriranno, spiega Papignani annunciando il ‘sabotaggio’ dellalegge: dalla gestione degli esuberi ai cambi di appalto.

E lo stesso concetto vale anche per i casi, positivi, di stabilizzazione: la Fiom, infatti, davanti a prospettive di questo genere agira’ per evitare che le assunzioni avvengano sulla base del nuovo contratto a tutele crescenti, agendo ad esempio sui regolamenti aziendali. Altro tema su cui i metalmeccanici terranno gli occhi aperti sono gli scorpori di ramo d’azienda, spesso “usati per riassumere gli stessi lavoratori” gia’ impiegati da un’azienda, afferma il segretario della Fiom di Bologna, Alberto Monti: il sindacato, in queste circostanze, pretendera’ che i lavoratori mantengano “gli stessi diritti, lo stesso inquadramento, lo stesso salario e l’articolo 18 com’era prima”.

Contestualmente, nelle situazioni di crisi la Fiom spingera’ per l’uso dei contratti di solidarieta’ e “per il ripristino della cassa integrazione per cessata attivita’- spiega Papignani- almeno nei casi di procedure concorsuali”. Sullo sfondo, infine, c’e’ ovviamente la manifestazione annunciata da Landini per il 28 marzo a Roma, come lancio della “coalizione sociale” da opporre al Governo. Anche sui singoli territori, afferma Monti, la Fiom lavorera’ per “coinvolgere tutte le associazioni che ci vorranno stare, con le proprie specificita’, magari creando un gruppo di lavoro che diventi una sorta di associazione delle associazioni”.

“La Primavera del Lavoro”. La Fiom suona la carica contro Il Governo Autore: fabio sebastiani da: controlacrisi.org

“Una nuova primavera del lavoro, della democrazia e dell’unità nel lavoro e nei diritti”.Così Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, annuncia il mese di mobilitazioni contro il Jobs act che termineranno con una manifestazione a Roma il prossimo 28 marzo. Concludendo a Cervia l’assemblea nazionale del sindacato, che ha radunato 543 delegati, Landini ha inoltre messoin campo un pacchetto di 4 ore di sciopero per fare le assemblee a partire dal 19 marzo. E per il 21 marzo a Bologna con Libera che ha organizzato la giornata della memoria. La mobilitazione, ha spiegato ancora il segretario nazionale Fiom, servira’ a costruire un nuovo statuto dei lavoratori e a “trovare le modalita’ per contrastare l’applicazione del Jobs Act” anche a livello contrattuale.
Le ipotesi di un ingresso in politica, Maurizio Landini, nel corso del suo intervento, le ha bollate come “stupidate” ma la volontà della Fiom di procedere nel contrasto all’idea di lavoro, delineata dal Governo, c’è tutta. Un “passaggio epocale”, l’ha definito, perché “hanno cambiato le regole e il contesto”.

Nel discorso di Landini non c’è traccia di alcun “confronto” con la Cgil. Anzi, l’invito, confezionato in forma diplomatica è quello a scendere in campo. “Credo – ha osservato il leader delle tute blu – che sia legittimo, necessario e doveroso, che il sindacato si organizzi e si batta per contrastare” quello che non ritiene giusto: in questo senso, ha tagliato corto Landini, “politica il sindacato la ha sempre fatta da cento anni, non è un’offesa” evidenziarlo. Per il momento il solco da seguire è quello delineato da Camusso nel corso dell’ultimo direttivo: nuovo statuto dei lavoratori e referendum. Certo, però, la questione del “ruolo” del sindacato in questo momento in relazione alla “sponda politica” è aperta. Landini non ne vede di sponde. Ed è per questo che tenta una operazione per rompere l’accerchiamento. Cee la farà con la “palla al piede della Cgil”?

D’altronde, per fare fronte a un Governo “che sta applicando il programma della Confindustria”, ha stigmatizzato il segretario della Fiom, occorre “costruire una coalizione sociale di soggetti che non rinunciano alla Costituzione” e ai suoi principi proponendo, magari, anche un “nuovo Statuto dei Lavoratori. Se necessario – aggiunge Landini – si può andare anche al referendum abrogativo del Jobs Act: penso sia una cosa che dobbiamo fare”, in un percorso “che dobbiamo mettere in campo”, senza perdere tempo. “Dobbiamo continuare le nostre iniziative e le nostre mobilitazioni, allargando consenso alle nostre posizioni – ha concluso Landini -: sono convinto che il Governo su questi temi non abbia la maggioranza del Paese e il consenso dei lavoratori”.

“Urgente rompere da sinistra l’austerità con la lotta, altrimenti accadrà da destra”. Intervista a Sergio Bellavita Autore: fabio sebastiani da: controlacrisi.org

La vittoria di Syriza in Grecia e il duro confronto sull’austerità aperto da Tsipras pongono dei precisi interrogati al movimento sindacale europeo. Secondo te in che termini e con quali tempi…
L’affermazione di Syriza rappresenta un elemento di straordinario valore sulla scena Europea. Per la prima volta nella storia della costruzione dell’Unione Europea un paese sceglie di rompere con le politiche imposte dai trattati rimettendo al centro i diritti del lavoro, i bisogni sociali. I primi provvedimenti annunciati dal governo Tsipras sono uno schiaffo sonoro al dogma del libero mercato e delle politiche monetarie che stanno distruggendo il modello sociale europeo. Il popolo greco ha dimostrato una tenacia ed una determinazione tutt’altro che scontata. Le pesanti mortificazioni e umiliazioni imposte dalla Troika con il memorandum non era scontato producessero una poderosa spinta politica nel segno della giustizia sociale, della solidarietà. Segno che le lotte sociali di questi anni sebbene sconfitte hanno contribuito a costruire una critica di massa all’austerità che oggi si è imposta su e contro ogni deriva puramente nazionalista, autoritaria e xenofoba di gestione della crisi. Tuttavia il popolo Greco ha dovuto fare tutto da solo. L’assenza di una qualsivoglia risposta del movimento sindacale e della sinistra a livello europeo è stata ed è tuttora vergognosa. Non solo perché ciò testimonia il ripiegamento nazionalistico del sindacalismo dei singoli paesi, l’abbandono di ogni riferimento di classe nella propria iniziativa e la scomparsa, se mai fosse esistito, del movimento sindacale europeo, ma anche perché la partita è solo all’inizio. O la vittoria di Syriza e l’avanzata di Podemos impongono davvero la rottura delle politiche d’austerità da sinistra o le stesse cadranno da destra sotto la spinta dei movimenti xenofobi e nazionalisti aprendo così ad una nuova barbarie. Lo scontro è durissimo, non siamo davanti ad una semplice battaglie delle idee ma a interessi concreti che non hanno nessuna intenzione di farsi indietro. Per queste ragioni è più che mai urgente che in ogni singolo paese della Ue riparta il conflitto sociale, così come è urgente uno sciopero generale europeo contro le politiche d’austerità. Non si può ancora lasciare da solo il popolo greco a combattere una guerra che è negli interessi di tutti i popoli europei. Non basta essere solidali e vicini alla loro lotta, bisogna lottare anche da noi. Di fronte alla pochezza ed alla complicità delle centrali sindacali nella gestione delle politiche d’austerità andrebbe ripreso quel terreno di costruzione dal basso del conflitto nella dimensione europea come era stato efficacemente sperimentato nella seconda metà degli anni novanta del secolo scorso con la rete delle marce europee. Un percorso che presuppone tempo, quel tempo che non abbiamo più. Siamo in estremo ritardo.In Cgil, dopo la mobilitazione di dicembre sembra palesarsi un immobilismo pericoloso. Lo spostamento dell’accento sul livello aziendale non fa che depotenziare il movimento sindacale nel suo complesso.
L’elezione di Sergio Mattarella a presidente della Repubblica segna, a mio avviso, un cambio di fase nella vita politica del paese. L’ovazione che il palazzo, dentro e fuori il parlamento, ha tributato al neo presidente della repubblica ne è la rappresentazione plastica. La parte più impopolare dell’azione del governo Renzi è alle spalle. Ora le classi dominanti lavoreranno, sempre se il quadro internazionale ed il contesto economico lo consentiranno, a ricucire i pesanti strappi di questo primo anno dell’era Renzi. Il lavoro più cruento è stato fatto, il modello sociale è destrutturato. Si tratta ora di formalizzare il nuovo assetto modificando la costituzione e restituendo una parvenza di dignità, almeno l’onore delle armi, a organizzazioni profondamente sconfitte e logore come la Cgil, ma non solo. Sergio Mattarella serve esattamente a questo. Tutti coloro che da sinistra inspiegabilmente gli hanno reso sperticate lodi non colgono la natura di questo passaggio. Non è un caso che la breve parabola di conflitto della Cgil si sia fermata proprio nel momento di maggior tensione con il Pd. Il rischio molto concreto, come peraltro già accaduto dopo la criminale opera di governo di Monti Fornero, è che la Cgil accetti passivamente il nuovo quadro riposizionando la sua iniziativa, nelle compatibilità date, al solo scopo della semplice sopravvivenza d’organizzazione. Renzi ha vinto una partita importante e la Cgil ne esce a pezzi. Se Renzi ha potuto cancellare lo Statuto dei lavoratori con il suo Jobs Act è perché la Cgil e la Fiom non hanno affrontato la sconfitta del 2012 e ricostruito una linea contrattuale adeguata. Avevamo visto lungo quando abbiamo criticato lo sciopero prenatalizio del 12 dicembre a cui, peraltro, abbiamo lavorato tenacemente.

La Cgil rischia un cruciale passaggio di trasformazione interno?
Oggi la Cgil è in un pesante stato confusionale. Le roboanti dichiarazioni di guerra all’applicazione del Jobs Act sul terreno aziendale testimoniano esattamente la fine della fase di conflitto su scala generale. Non c’è alcuna strategia su come affrontare questa fase inedita, non c’è nessuna seria volontà di definire politiche contrattuali nuove. Come si riconquistano i diritti cancellati? Come si difende il lavoro nel quadro della totale ricattabilità definito dal Jobs Act? Interrogativi tanto ineludibili quanto semplicemente ignorati. Renzi esce vincitore dalla prova di forza con la Cgil, approva il suo Jobs Act e si ripulisce l’immagine con Mattarella presidente, riuscendo persino a dare un colpetto a Berlusconi per la gioia di tutti gli orfani dei bei tempi in cui si poteva addebitare tutto al caimano. Il rischio è che alla Cgil ciò sia sufficiente per abbellire la resa. Questo non vuol dire che non si riapriranno tensioni con il governo, ne che la Cgil starà ferma nei prossimi mesi. Tuttavia qualunque iniziativa, anche di lotta, che non sia preceduta da una riflessione profonda e rigorosa sulla sconfitta e su come ripartire con scelte nette e radicali serve solo a parare la mesta ritirata. Se non si rimette al centro la ricostruzione dell’opposizione sociale, se non si riafferma l’identità anticapitalista del sindacato in un nuovo rapporto di reti, di mutualismo, di riappropriazione dei bisogni negati il sindacato è destinato a accettare, più o meno passivamente, la sua lenta estinzione, la sua progressiva perdita di senso e ruolo nella vita di chi vuole rappresentare. Il doppio regime sociale che Renzi ha imposto con il Jobs Act, tra vecchi dipendenti e neoassunti senza più diritti rende bene l’idea della residualità di un sindacato, non solo la Cgil evidentemente, chiuso in un fortino con i suoi, sempre meno, vecchi iscritti.

Landini sembra proporre una formula mista nel tentativo di uscire dall’angolo, ovvero un’alleanza con la società civile. Cosa ne pensi?
Ho colto nelle dichiarazioni di Landini sul partito sociale il tentativo di una riflessione importante. Siamo nel pieno della conclamata crisi della rappresentanza sociale e politica del lavoro da cui non se ne esce con la pur necessaria radicalità formale. Pratiche, ricostruzione di senso, efficacia e rispondere ai bisogni sociali al tempo della ricattabilità del lavoro dovrebbero essere i temi di fondo su cui impegnarsi davvero. Occorre ridefinire una strategia di medio lungo periodo per riaffermare la contrattazione come uno degli strumenti dell’emancipazione progressiva dal lavoro subordinato. Ragionare di rappresentanza dentro e fuori i luoghi di lavoro in tempi in cui sarà sempre più complicato anche solo essere iscritti al sindacato visto che si può essere licenziati su due piedi. Così come il tema della riunificazione degli interessi di classe destrutturati dalla durezza della restaurazione capitalistica non è più rinviabile.
Quello che non mi convince del ragionamento di Landini è quello che manca. In primo luogo la necessaria rottura con il modello dell’accordo del 10 gennaio, quello cioè che consente la spoliazione di diritti e salario dei lavoratori. In secondo luogo servono le lotte. Senza il conflitto su larga scala, senza la ricostruzione molecolare di nuovi rapporti di forza non c’è alcun partito sociale. Non è la sommatoria di soggetti che rende l’efficacia ma la radicalità di un percorso che deve essere unificante e volano dell’iniziativa. Lo dimostra l’esperienza della Grecia. Le innumerevoli lotte dei lavoratori greci hanno sedimentato coscienza, critica di massa, rabbia e hanno permesso di provare a rappresentare sul piano politico quei bisogni. Se in Italia non c’è sinistra politica è perché non c’è stato alcun conflitto e la sinistra politica e sociale è percepita, a torto o a ragione, come parte di chi governa l’austerità non di chi si oppone ad essa. In questo senso davvero non comprendo la dichiarazione di Landini a favore dell’elezione di Mattarella. Senza una rottura con il palazzo, di cui Mattarella è parte, non c’è ricostruzione.
Mi chiedo e chiedo a Maurizio Landini se non sia giunta l’ora di rompere ogni ritrosia e indugio a lanciare una grande manifestazione contro l’austerità e in solidarietà al popolo greco. E’ stato un errore affidarsi alla presunta svolta della Camusso, ora bisogna tornare alla Fiom che promuove l’incontro di un vasto fronte sociale, a prescindere dalle scelte della Cgil. Bisogna tornare alla Fiom che lotta sul serio.

Il percorso dello sciopero sociale riprende proprio in questi giorni. Che possibilità ci sono lì?
L’originalità positiva del percorso che ha portato al 14 novembre va mantenuta, arricchita e rilanciata. Certo l’approvazione del Jobs Act pone un problema a tutte le soggettività che vogliono davvero contrastarlo e insieme ricostruire una cornice di diritti del lavoro in tutte le sue forme. Bisogna riflettere sul come dare gambe concretamente alla lotta in una fase di pesante passività sociale e di immobilismo delle grandi organizzazioni. Le mobilitazioni contro l’Expò 2015 devono divenire parte importante di questo percorso proprio nella città che diverrà simbolo del capitalismo usa e getta, del lavoro a salario zero. Siamo parte di questa bella e importante esperienza e continueremo a sostenerla insieme al resto del sindacalismo conflittuale.

Autore: fabrizio salvatori Napoli invasa dalla Fiom e dalla protesta contro Renzi. Landini: “Altro che fiducie. Noi andiamo avanti”da: controlacrisi.org

“Renzi non sta creando lavoro ma sta trasformando le condizioni di chi lavora in schiavitù”. Chissà per quale strano motivo, ma queste parole pronunciate dal leader Fiom, Maurizio Landini, dal palco della manifestazione organizzata in occasione dello sciopero dei metalmeccanici a Napoli, sono state del tutto ignorate oggi dal mainstream mediatico, a beneficio di un’altra frase,meno fortunata, sul fatto che il premier ormai “non ha il consenso delle persone oneste”. Misteri di una cosiddetta opinione pubblica a cui non fa schifo la condizione di schiavitù e invece si pecca quando l’ex sindaco di Firenze viene indicato come persona lontana dalle preferenze dei cittadini abituati a guadagnarsi il pane con il sudore della fronte.

Subito si solleva il can can mediatico. “Dire che governo non ha il consenso delle persone oneste offende milioni di lavoratori che nel Pd credono. Spiace che a farlo sia un sindacalista” ha detto il presidente del Pd Matteo Orfini, mentre Ernesto Carbone, della segreteria del partito ha chiesto a Landini di “chiedere scusa a 12 milioni di italiani”.Landini ha cercato di correggere il tiro, ma la “frittata” ormai era fatta.

E tuttavia, Napoli ha rappresentato, ancora una volta, una splendida giornata di lotta. La sostanza, al di là delle parole più o meno fraintese, è che la Fiom punta ancora dritta a testa bassa contro l’esecutivo. – “Al Governo diciamo con fermezza e con calma che può mettere tutte le fiducie che vuole e può fare tutti i decreti che gli pare, ma noi questa volta facciamo sul serio e non ci fermeremo finché non saranno cambiati i provvedimenti”.
Il corteo, con più di ventimila presenze, e accompagnato dalla musica dei 99 Posse e’ partito da piazza Mancini e aprodato a piazza Matteotti, dove Landini è salito sul palco insieme al segretario confederale Cgil Franco Martini e ai rappresentanti dei precari precari. Da Pomigliano d’Arco e’ arrivata una delegazione di cassaintegrati Fiat a bordo di una limousine bianca con le fiancate decorate di scritte contro la riforma del lavoro; il tutto completato dallo striscione “Renzi e Marchionne alle catene, operai in paradiso”.
“Stiamo assistendo – ha aggiunto il leader Fiom – ad un tentativo pericolosissimo di far passare l’idea che pur di lavorare uno deve essere pronto ad accettare qualunque condizione”. Dopo Milano il 14, Napoli, oggi, e Cagliari martedì prossimo, il prossimo 27 novembre anche a Palermo i metalmeccanici della Fiom Cgil scenderanno in piazza. Lo sciopero durerà 8 ore. Nel capoluogo siciliano è in programma un corteo che partirà alle 9.30 da piazza Croci. In piazza Verdi poi il comizio di Roberto Mastrosimone, segretario della Fiom Sicilia, Michele Pagliaro, segretario della Cgil regionale e del segretario nazionale Fiom Maurizio Landini.
Per dare il senso della crisi del settore metalmeccanico in Sicilia basta guardare l’indotto dei petrolchimici. A Siracusa fino a qualche anno fa i metalmeccanici erano quasi 7.000 ora sono 2.500 e almeno altrettanti in cassa integrazione. A Gela dei 650 metalmeccanici dell’indotto della raffineria sono oggi in attività 200, 140 sono in cassa integrazione in deroga ma per 90 di questi è iniziata da pochi giorni la procedura di mobilità , altri 120 sono in cassa integrazione ordinaria.

Sulla polemica tra Renzi e Landini è intervenuto anche il segretario del Prc Paolo Ferrero, che invita il premier a “rendersi conto che i lavoratori non sono con lui per un motivo semplice: perchè il suo programma è un programma di destra, che aiuta le banche e i padroni e massacra chi non arriva a fine mese”. “Per questo lavoratori, disoccupati, giovani e precari -aggiunge Ferrero – stanno manifestando nelle piazze e scioperando contro i provvedimenti del governo. Ci auguriamo che la mobilitazione diventi sempre più larga e partecipata: bisogna mandare a casa Renzi”