“Ora e sempre Resistenza”. In edicola l’Almanacco di storia di MicroMega

“Ora e sempre Resistenza”. In edicola l’Almanacco di storia di MicroMega

In occasione del settantesimo anniversario dalla Liberazione MicroMega pubblica un volume speciale interamente dedicato alla Resistenza. Un Almanacco di storia in edicola, libreria, ebook e iPad da giovedì 23 aprile. 
Il volume è aperto da un messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che sottolinea come “la Liberazione dal nazifascismo [costituisce l’] evento centrale della nostra storia recente”, si avvale della consulenza di Angelo d’Orsi, che è anche l’autore del saggio introduttivo dal titolo “Mito e enti mito della Resistenza”, e di approfonditi saggi, tra gli altri, di Franco Cordero, Luciano Canfora, Roberto Scarpinato, le articolate risposte (a un questionario in dieci domande) del cardinale arcivescovo di Perugia Gualtiero Bassetti, di Erri De Luca, Ezio Mauro, Moni Ovadia, Lorenza Carlassare, Corrado Stajano, Gianroberto Casaleggio, Maurizio de Giovanni, Loriano Macchiavelli, Sandrone Dazieri, Marco Vichi, Giancarlo De Cataldo, Valerio Varesi, Giovanni Ricciardi, Gustavo Zagrebelsky, le testimonianze e le memorie di protagonisti come Boris Pahor, Tina Costa, Bruno Segre, Massimo Ottolenghi, Luigi Fiori, Giorgio Mori, Laura Seghettini, Giuliano Montaldo, gli studi e le interpretazioni di Paolo Borgna, Marco Albeltaro, Valerio Romitelli, Pierfranco Pellizzetti, Alberto Asor Rosa, Alessandro Portelli, Andrea Martocchia, David Broder, Mirco Dondi, Francesco Giliani, Guido Caldiron.
Acquista l’ebook: Amazon | BookRepublic | Feltrinelli | iTunes

Presentazioni:
25 Aprile, Bologna | 7 Maggio, Genova

IL SOMMARIO


Sergio Mattarella – La Resistenza rivolta morale, rivolta in armi contro il fascismo contro il conformismo
Il saluto e l’augurio del Presidente della Repubblica alla rivista e ai lettori per questo numero monografico dedicato a ‘Ora e sempre Resistenza’.

SAGGIO 1
Angelo d’Orsi – Mito e antimito della Resistenza
Dalle riletture storiografiche di De Felice al revisionismo più compiuto dei giorni d’oggi, assistiamo nel giudizio egemone corrente ad un vero e proprio rovesciamento della realtà a proposito della Resistenza, additata come un insieme di azioni inutili e controproducenti, e alla contemporanea riabilitazione del fascismo. Ma soltanto rispolverando lo spirito della Resistenza antifascista – come elemento basilare e irrinunciabile della identità italiana – possiamo difendere i diritti sociali e il valore della Costituzione repubblicana.

A PIÙ VOCI – Dieci risposte sulla Resistenza
card. Gualtiero Bassetti / Lorenza Carlassare / Gianroberto Casaleggio / Sandrone Dazieri / Giancarlo De Cataldo / Maurizio de Giovanni / Erri De Luca / Loriano Macchiavelli / Ezio Mauro / Moni Ovadia / Giovanni Ricciardi / Corrado Stajano / Valerio Varesi / Marco Vichi / Gustavo Zagrebelsky
Perché la Resistenza non è diventata l’unica possibile ‘memoria condivisa’ su cui costruire l’identità italiana? Come è possibile che la storiografia revisionista abbia avuto da noi tale diffusione? Qual è il lascito della Resistenza? Ha senso parlare di ‘tradimento’ della Resistenza? Sono alcune delle domande che a settant’anni dalla Liberazione MicroMega ha rivolto ad alcuni esponenti del mondo della cultura, della letteratura, della filosofia, del diritto, della religione.

ICEBERG 1 – storia e interpretazione
Franco Cordero – Etica d’una guerra partigiana
Fascismo e Resistenza non rappresentano solo due momenti storici, ma costituiscono due ‘antropologie’ radicalmente agli antipodi, divise da un’alterità incolmabile. Purtroppo, però, mentre l’antropologia fascista sembra parte integrante del corredo ‘genetico’ degli italiani, lo ‘spirito della Resistenza’ – che impone capacità critica, libertà di pensiero, autonomia – è stato un’anomalia per il nostro paese. Che non a caso, infatti, l’ha sostanzialmente lasciato cadere nell’oblio.

Luciano Canfora – Per una storia scientifica della ‘guerra di liberazione’
A partire almeno dal 1990 – quando Bobbio rilancia in un famoso articolo la tesi di Pavone sulle ‘tre guerre’ della Resistenza – si fa strada una vulgata secondo la quale durante la Resistenza i comunisti combattevano, oltre alla guerra di liberazione, anche una ‘guerra di classe’. Ma basta scorrere gli organi della stampa clandestina comunista di allora per rendersi conto che le cose stavano esattamente al contrario. Come dimostrano del resto anche gli aspri rapporti tra il Pci e alcune frange più estremiste, che quella ‘guerra di classe’ (che, se combattuta, avrebbe portato a una tragica soluzione ‘alla greca’) invece volevano scatenarla per davvero.

Marco Albeltaro – Resistenza e normalizzazione
Il processo di normalizzazione – teso a quietare sul nascere le spinte innovatrici incubate nella Resistenza – inizia subito dopo la Liberazione. Con la caduta del governo Parri, cade anche la speranza di un cambiamento profondo dell’Italia e inizia la retorica dell’unità nazionale, sfruttata per far passare in secondo piano le differenze non tanto politiche, ma esistenziali, fra fascismo e antifascismo.

Paolo Borgna – La ‘meglio gioventù’: la Resistenza degli ‘azionisti’
Leggendo i loro diari, le loro lettere, colpisce soprattutto la lucidità del loro sguardo, la capacità di vedere in anticipo le conseguenze della storia che si stava consumando davanti ai loro occhi. La lotta armata, alla quale molti aderenti al Partito d’Azione prendono poi parte, è l’esito di una preparazione morale, intellettuale, politica maturata negli anni, che attendeva solo il momento propizio per liberare l’Italia. Il futuro di minoritarismo a cui è destinato il Pd’A è inversamente proporzionale al prezioso contributo – di idee e di sangue – che i suoi aderenti diedero alla Resistenza italiana.

Valerio Romitelli – Partigiani e qualunquisti
La storia dell’Italia repubblicana è stata possibile esclusivamente grazie alla Resistenza. Questo semplice fatto dovrebbe bastare a fare dell’esperienza partigiana una premessa indiscussa e indiscutibile dell’attuale identità italiana. E invece fin dai primi anni del dopoguerra – con il successo del movimento qualunquista di Giannini – comincia a serpeggiare un atteggiamento scettico, quando non di aperta condanna. Atteggiamento che ha sempre trovato una sponda in quella ‘maggioranza silenziosa’ desiderosa solo di tornare al quieto vivere dopo le devastazioni della guerra.

Pierfranco Pellizzetti – La grande dissipazione del ’45
Di ‘Resistenza tradita’ si parla spesso in riferimento alla cosiddetta Prima repubblica. Ma è già con la ‘svolta di Salerno’ – aprile 1944 – che quel tradimento si consuma. Tradimento ai danni dei giovanissimi partigiani che combattevano sulle montagne – di molti dei quali non conosciamo neanche i nomi – che la nomenklatura dei partiti (Pci in testa) ha voluto subito normalizzare. Un tradimento dell’ethos resistenziale che costituisce il peccato originale su cui si costruirà la futura Repubblica.

Alberto Asor Rosa – Lo spirito della Resistenza nella Costituzione
La Resistenza fu in Italia allo stesso tempo lotta di liberazione nazionale contro l’occupante tedesco e lotta contro il regime fascista. Questa doppia natura la carica di valori fondativi della successiva Repubblica, aspetto che è difficile trovare altrove. Si tratta pertanto di un colossale spartiacque per la storia italiana. Purtroppo questa consapevolezza non è ancora diventata patrimonio universale. E di strada ne abbiamo ancora parecchia.

Alessandro Portelli – L’eroismo e l’eccidio
Una contronarrazione revisionista cerca da tempo di trasformare un atto eroico dei partigiani in un agguato terroristico, responsabile tra l’altro della successiva strage delle Fosse Ardeatine. Questo testo esamina le tante menzogne su via Rasella, ribadendo alcune inconfutabili verità storiche su quel che è stato un gesto compiuto per la libertà. Un attacco gappista che la stessa Cassazione ha considerato ‘legittima azione di guerra” contro gli occupanti nazisti.

SAGGIO 2
Roberto Scarpinato – Resistenza, Costituzione e identità nazionale: una storia di minoranze?
“La lezione della storia dimostra come le minoranze progressiste in Italia abbiano sempre avuto vita difficile. Condannate nel corso dei secoli al rogo, al carcere, all’abiura, all’esilio e, nel migliore dei casi, al silenzio e all’irrilevanza sociale, hanno svolto un ruolo spesso determinante per l’evoluzione del paese, ma solo grazie a temporanee crisi di potere delle maggioranze e a contingenti circostanze favorevoli”. Così è stato anche per la Resistenza, che ci ha lasciato una preziosissima eredità, la Costituzione, oggi più che mai sotto assedio.

ICEBERG 2 – storie resistenti
Andrea Martocchia – Il Territorio Libero di Cascia
Nella pubblicistica del partigianato e nella storiografia resistenziale viene generalmente omesso. Eppure il Territorio Libero di Cascia – esperienza sorta nella Valnerina umbra tra il febbraio e il marzo 1944 – merita un approfondimento. Oltre al fatto di essere precedente a molte altre esperienze di autogoverno dei partigiani, quella di Cascia ebbe infatti una rilevanza politico-sociale irripetibile, trattandosi di uno dei pochi casi in cui l’Italia rurale si incontrava con la componente operaia e quella straniera, rappresentata dai partigiani jugoslavi.

David Broder – I partigiani che volevano fare la rivoluzione
Nato a Roma nel 1942 come ‘La Scintilla’, il Movimento comunista d’Italia, meglio conosciuto col nome del suo giornale Bandiera Rossa, sarebbe diventato nei mesi dell’occupazione nazista della capitale la principale spina nel fianco di tedeschi e fascisti, militarmente superiore anche alle formazioni partigiane animate dal Pci. Proprio con quest’ultimo e con la sua linea politica di unità nazionale, tuttavia, il gruppo si sarebbe infine scontrato, dovendo rinunciare al proprio obiettivo di trasformare la Resistenza in rivoluzione sociale.

Mirco Dondi – Regolamenti di conti e violenze nel dopo Liberazione
I giorni successivi alla Liberazione sono caratterizzati, ovunque in Europa, da un desiderio di giustizia che si traduce spesso in violenze fuori controllo, perpetrate sia dalle formazioni partigiane sia, soprattutto, dai civili, la cui ira è più imprevedibile e difficilmente arginabile. Se non ci fosse stata la guerra fredda, la violenza successiva alla Liberazione sarebbe entrata nell’ordinaria tragicità di una guerra che si sconta, anche, nel dopoguerra. Con la guerra fredda invece cambia la percezione del fenomeno, che assume nuovi e distorti significati, tesi a delegittimare il nuovo nemico comunista.

Francesco Giliani – Cgl rossa e lotta di classe al Sud (1943-44)
La ‘Cgl rossa’, rinata a Napoli nell’ottobre del 1943 e diretta, fra gli altri, da comunisti ‘dissidenti’ come Enrico Russo e Nicola Di Bartolomeo, fu per alcuni mesi e fino allo scioglimento avvenuto nell’agosto del 1944 la principale confederazione sindacale nel Sud Italia liberato dagli alleati. Attestandosi però su una linea ‘classe contro classe’ ansiosa di trasformare la lotta partigiana in rivoluzione sociale, essa sarebbe presto entrata in rotta di collisione con il Pci togliattiano e con l’‘unità nazionale’ sancita dalla svolta di Salerno, perdendo infine la lotta per l’egemonia ingaggiata con la Cgil unitaria creata dal Patto di Roma.

Guido Caldiron – La mancata Norimberga italiana
Dopo il 25 aprile 1945 la gran parte dei criminali di guerra del nostro paese non pagò per le proprie responsabilità, mentre il fallimento dell’epurazione e le amnistie restituirono rapidamente potere e libertà ai protagonisti del Ventennio e ai repubblichini, aprendo la strada alla riorganizzazione politica degli sconfitti della seconda guerra mondiale. I casi emblematici di Graziani e Borghese.

MEMORIE
Boris Pahor – Il contributo della Resistenza slovena
Il regime fascista – odioso in ogni sua manifestazione – nelle regioni dell’Istria e della Dalmazia ha assunto anche il volto della violenta occupazione straniera che pretendeva di cancellare ogni traccia di culture e lingue con grandi tradizioni. Per questo in quei territori la liberazione dal nazifascismo è stata anche guerra di liberazione nazionale. Uno dei suoi protagonisti, esponente di spicco della cultura slovena, oggi alla soglia dei 102 anni, ricorda i momenti più significativi di quel periodo.

Tina Costa – Io, giovane staffetta partigiana
“Fin da piccola mi avevano abituato a non chinare la testa e a 7 anni feci la mia prima azione di rivolta contro il fascismo quando mi rifiutai di indossare la divisa da ‘figlie della Lupa’. A neanche 18 diventai una staffetta partigiana: con la mia bicicletta dovevo attraversare la Linea Gotica e consegnare delle borse ai combattenti che si trovavano nel territorio occupato dai nazisti. Rischiai anche la vita ma rifarei tutto”.

Bruno Segre – Io, avvocato, partigiano di ‘Giustizia e libertà’
Gli anni del carcere, le rocambolesche fughe, le amicizie, i due fortuiti incontri con Umberto di Savoia, le battaglie. Il ricordo degli anni dal ’42 al ’44 di un antifascista della prima ora, partigiano di Giustizia e libertà, e successivamente protagonista di tante battaglie per i diritti civili nell’Italia repubblicana – dall’obiezione di coscienza al servizio militare al divorzio. Che si dice convinto: “Lo spirito della Resistenza vive e vivrà sempre”.

Massimo Ottolenghi – Ricordi di un ‘gagno’ di ‘Giustizia e Libertà’
L’antifascismo di Massimo Ottolenghi, nato nel 1915, comincia in realtà ben prima della guerra. Dalla distribuzione dei volantini fatti pervenire a casa della nonna come involucri per il miele, passando per la diffusione della stampa proibita fra i professori universitari torinesi sul tram numero 1 di Torino, fino alla lotta partigiana vera e propria condotta nella Valle di Lanzo, un unico filo lega diverse avventure ed esperienze: il filo dell’impegno per la giustizia e la libertà. Raccontando qui quella esperienza, Ottolenghi considera la mancata epurazione incubatrice dell’evoluzione che ancora perdura.

Luigi Fiori – Fra Diavolo, partigiano borghese
Cresciuto nella bambagia, in una famiglia dell’alta borghesia, voleva fare lo scultore e mai si sarebbe sognato che sarebbe diventato uno dei simboli della Resistenza. È stato l’incontro con gli altri soldati al fronte che ha iniziato ad aprirgli gli occhi su un regime che fino ad allora aveva accettato, un po’ per inerzia e un po’ per ignoranza. E dopo l’8 settembre diventa il famoso Fra Diavolo, giungendo al comando di una brigata.

Giorgio Mori – Storia di un partigiano migrante. Dalle cave di Carrara alle miniere del Belgio alla delusione per l’Italia di oggi
Da soldato in Africa, dove ha incontrato per la prima volta la ferocia della guerra, a partigiano nelle cave di Carrara, dove ha sperimentato la durezza della Resistenza. E non meno difficile è stato per Giorgio Mori il dopoguerra: rimasto senza lavoro per via della sua attività sindacale, dovette emigrare in Belgio dove lavorò nelle miniere. Oggi la sua vita è dedicata a diffondere tra i giovani la conoscenza della guerra di liberazione e i valori a cui essa si ispirava.

Laura Seghettini – La maestra col fucile
Il ruolo delle donne nella Resistenza è stato spesso sottovalutato. Eppure le partigiane furono tante: molte facevano le staffette, portando viveri, armi e messaggi ai combattenti, altre hanno anche imbracciato il fucile, come racconta qui Laura Seghettini che si unì al battaglione Picelli. Un’esperienza che l’ha segnata profondamente e che le ha insegnato i valori della democrazia e della socialità, ai quali ha improntato il resto della sua vita.

Giuliano Montaldo – Il mio cinema partigiano
Da “Achtung! Banditi!” con Carlo Lizzani a “L’Agnese va a morire” e “Il tiro al piccione”, un grande Maestro del cinema italiano – che coi suoi film ha trasmesso quello “spirito della Resistenza che ancora mi appartiene” – racconta aneddoti e storie della sua vita: “La Dc osteggiò i miei lavori e l’egemonia della leadership nella Resistenza, tutta nordica, escluse il Sud”.

ANPI news 156

 

 

 

Su questo numero di ANPInews (in allegato):

 

 

APPUNTAMENTI

 

 

► “Milano capitale della Resistenza“: il 28 marzo, a Milano, convegno nazionale promosso dall’ANPI e dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio 

 

 

ARGOMENTI

 

Notazioni del Presidente Nazionale ANPI, Carlo Smuraglia:

 

 Il 5 marzo, il paese di Sant’Anna di Stazzema è stato devastato dalla furia del vento. La cappellina, di recente restaurata, la chiesa, la Via Crucis, il centro di accoglienza ed altri luoghi sono stati diversamente colpiti; è stata anche distrutta la lapide sul retro dell’Ossario, che ricorda l’orrenda strage compiuta dai nazifascisti il 12 agosto 1944. Un vero disastro, che ha colpito un luogo di memoria a tutti caro. Il Comune ha lanciato un appello per la raccolta di fondi necessari per il restauro, che consenta la rinascita del Parco Nazionale della Pace(…)

 

 La vicenda del repubblichino Paride Mori a cui, di recente, è stata ingiustamente attribuita una medaglia nel corso di un incontro svoltosi nella “Giornata del ricordo”, non si è ancora conclusa (…)

 

 Possiamo dare solo una sommaria notizia circa la riunione del Comitato nazionale ANPI che si è svolta ieri, a Roma, sull’oggetto “Coalizione sociale” e manifestazione FIOM del 28 marzo. La discussione è stata ampia e approfondita ed è terminata con l’approvazione, all’unanimità, delle conclusioni del Presidente nazionale Smuraglia. Da quelle conclusioni sarà estratto un documento, già definito nelle sue linee generali. Eccone una sommaria sintesi(…)

 

 

 

 

Anpinews n.156

Per la morte di Massimo Rendina alcuni pensieri di vincenzo calò

Ho appreso della morte del caro Massimo Rendina da un comunicato di Paolo Masini, assessore alla Scuola con delega alla Memoria di Roma Capitale: “Pochi minuti fa è venuto a mancare il partigiano nella lotta di Liberazione, custode e testimone di memoria nel dopoguerra, grande amico. Ha rappresentato una voce libera per Roma e per l’Italia, e l’esempio di come ai nostri giorni sia ancora possibile mettere in pratica e trasmettere in modo alto e nobile i valori di quella grande pagina della nostra Storia che fu la Resistenza. Il nostro abbraccio ai familiari e all’Anpi”.

Massimo era nato a Venezia il 4 gennaio 1920, ed era diventato presidente dell’Anpi di Roma (lo è stato per 12 anni prima di assumere la carica di Presidente onorario), dove abitava ormai da molti anni. Si è spento all’età di 95 anni.

Commosso il sindaco di Roma, Ignazio Marino. “Massimo Rendina è stato uno straordinario custode della memoria di uno dei periodi più difficili della storia della nostra città e di questo Paese. Per decenni ha portato avanti in maniera instancabile la testimonianza e il ricordo della resistenza partigiana con la sua attività all’interno dell’Anpi, con l’impegno professionale e con le lezioni nelle scuole. Rivolgo, a nome di tutti i cittadini romani, le mie più sentite condoglianze ai suoi familiari e ai suoi cari. Roma, medaglia d’oro per la resistenza, non dimenticherà la sua lezione di vita”.

La scelta più importante della sua vita è riconducibile al periodo in cui abitava a Bologna e si era appena avviato alla professione di giornalista, quando era stato chiamato alle armi. Tenente di Fanteria, al momento dell’armistizio era subito passato con la Resistenza al comando, in Piemonte, di una formazione autonoma “La barca” alla cui guida, col nome di battaglia di “Max il giornalista” o “Max Manara”, aveva combattuto sino al luglio del 1944. Diventato capo di stato maggiore della I Divisione Garibaldi (comandava la 19sima brigata “Giambone” e poi la 103sima brigata “Nannetti”), aveva preso parte alla liberazione di Torino, e nel capoluogo piemontese aveva ripreso la professione a l’Unità. Dal quotidiano del PCI, Massimo Rendina è poi passato alla Rai, come direttore del telegiornale.

Lo zio di Massimo, Roberto Rendina fu ucciso alle Fosse Ardeatine a Roma.

Riconosciuto Partigiano combattente dal 1 novembre del ’43 alla fine della liberazione dell’Italia dal nazifascismo.

Docente di Storia della Comunicazione, anche membro del Comitato scientifico dell’Istituto Luigi Sturzo per le ricerche storiche sulla Resistenza, nel 1995 ha pubblicato per gli Editori Riuniti, con prefazione di Arrigo Boldrini, il Dizionario della Resistenza italiana e Italia 1943-45. Guerra civile o Resistenza?, Newton.

Addolorato per la scomparsa di Rendina anche il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti: “Ci lascia un uomo straordinario, simbolo della lotta per la libertà contro il nazifascismo e per la difesa dei valori di democrazia e di amore per la patria. A noi tutti resta il compito e l’onore di custodire e continuare a far vivere, attraverso un impegno quotidiano rivolto soprattutto ai giovani, la grande e preziosa eredità che racchiude gli ideali sui cui si fonda la nostra Costituzione. Ai suoi familiari e all’Anpi esprimo il cordoglio a nome mio e della Regione Lazio”.

E anche l’Anpi Roma piange la morte del suo ex presidente: “Con la scomparsa di Rendina viene a mancare non solo un protagonista e testimone della Resistenza italiana, ma un lucido intellettuale, una guida sempre attenta ai cambiamenti della società, un esempio per le nuove generazioni a lui molto care”. Vicepresidente dell’Anpi nazionale e presidente onorario dell’Anpi di Roma – aggiunge l’associazione – Rendina è stato presidente per oltre 12 anni del Comitato Provinciale di Roma e del Lazio. Nel novembre del 2011, ultimo presidente Partigiano combattente, ha lasciato il testimone ai non partigiani”.

E Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, parla di “tristezza e cordoglio” per la scomprsa di un “uomo di cultura dalla spiccata concretezza. Rendina ha incarnato i più alti valori della democrazia italiana, trasmettendo in ogni suo intervento il significato più profondo delle scelte che furono intraprese per affrancare il paese dal giogo nazifascista e riconquistare libertà e diritti a lungo negati. Sono certo che la sua testimonianza e il suo incrollabile impegno a servizio della collettività non saranno dimenticati”.
Il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha ricordato come lui sia stato “un testimone leale e appassionato di molti decenni della nostra storia” e ribadito: “L’immagine più nitida che mi resta di lui è quella, più recente, di instancabile dirigente dell’Anpi, al vertice della quale ha saputo difendere la memoria autentica dei valori della Resistenza e tramandarla ai giovani con passione ed entusiasmo”.
Vice presidente dell’Anpi nazionale, così lo ricorda Carlo Smuraglia, presidente nazionale ANPI: “La notizia della morte di Massimo Rendina, valoroso partigiano e vice presidente nazionale dell’Anpi, ci ha addolorati e sconvolti. Perdiamo un uomo coerente e limpido per tutta la sua vita, interamente dedicata ai suoi ideali. Non lo dimenticheremo mai, perché è stato uno dei capisaldi della Resistenza, dell’antifascismo, della cultura e della democrazia del nostro Paese. Per questo lo indicheremo sempre come esempio ai giovani e a tutti coloro che amano la libertà”.
La Presidente della camera Laura Boldrini ha detto: “Esprimo il grande cordoglio mio e della Camera dei deputati per la scomparsa di Massimo Rendina, figura straordinaria di combattente contro il nazifascismo e poi di animatore della democrazia. Fino alla fine della sua lunga e bellissima vita ha saputo testimoniare l’attualità dei valori della Resistenza e la necessità di difenderli ogni giorno, senza dar mai per acquisite una volta per tutte le conquiste che la sua generazione aveva fatto per noi. La Camera -aggiunge- troverà il modo per ricordare adeguatamente e per trasmettere ai più giovani la lezione di questo garante della Repubblica nata dalla lotta partigiana”.
E l’amico di sempre Walter Veltroni ricorda l’impegno comune per “La casa della storia e della memoria” nata a Roma per ricordare e non dimenticare.
Ciao comandante “Max”. Condottiero leale e impavido di cui ricorderemo le virtù umane e il grande valore di combattente. Ci hai teso le mani, raccolti timorosi e spauriti e guidati verso il coraggio delle nostre idee, che oggi sono l’appiglio per guardare avanti nel tuo ricordo, nella speranza del domani. Ci mancherai, ma ci sarai sempre, perché è a te che dobbiamo l’ardore che oggi ci fa sentire meno soli in un mondo ingiusto.
Vincenzo Calò.

E’ morto a 95 anni il partigiano Rendina, “Max il giornalista”. Prc: “Abbraccio affettuoso e commosso” Autore: redazione da: controlacrisi.org

E’ morto Massimo Rendina, storico partigiano, vice-presidente dell’Anpi Nazionale, che a gennaio aveva compiuto 95 anni. A darne notizia, in una nota, è l’assessore alla Scuola con delega alla Memoria di Roma Capitale Paolo Masini. “Partigiano nella lotta di Liberazione – ricorda l’assessore-, custode e testimone di memoria nel dopoguerra, grande amico. Ha rappresentato una voce libera per Roma e per l’Italia, e l’esempio di come ai nostri giorni sia ancora possibile mettere in pratica e trasmettere in modo alto e nobile i valori di quella grande pagina della nostra Storia che fu la Resistenza. Il nostro abbraccio ai familiari e all’Anpi.
Rendina abitava a Bologna. Tenente di Fanteria, al momento dell’armistizio era subito passato con la Resistenza al comando, in Piemonte, di una formazione autonoma alla cui guida, col nome di battaglia di “Max il giornalista”, aveva combattuto sino al luglio del 1944. Diventato capo di stato maggiore della I Divisione Garibaldi, aveva preso parte alla liberazione di Torino e nel capoluogo piemontese aveva ripreso la professione a l’Unità. Dal quotidiano del PCI, Massimo Rendina è poi passato alla Rai, come direttore del telegiornale. Docente di Storia della Comunicazione, Rendina, che viveva a Roma, era diventato il presidente della locale Associazione degli ex partigiani e membro del Comitato scientifico dell’Istituto Luigi Sturzo per le ricerche storiche sulla Resistenza. Tra i suoi ultimi lavori il Dizionario della Resistenza.
In questo intervento per le celebrazioni del 25 aprile nel 2011 Rendina parlò della crisi economica e della involuzione democratica.
Il commento di Paolo Ferrero, segretario del Prc: “Con lui se ne va un pezzo della storia democratica e antifascista di questo paese. Massimo Rendina è una di quelle persone che con le loro azioni pratiche hanno di fatto gettato le basi della nostra Carta Costituzionale. La sua vita, il suo impegno civile e politico  sono e resteranno per noi un ineludibile punto di riferimento. Alla moglie e ai figli l’abbraccio affettuoso e commosso di tutto il nostro Partito, della nostra comunità”

Smuraglia: “Napoli e il Sud protagonisti della Resistenza” da: larepubblica.it

Smuraglia: “Napoli e il Sud protagonisti della Resistenza”

IL PRESIDENTE DELL’ANPI APRE IL CONVEGNO ALLA SOCIETÀ NAPOLETANA DI STORIA PATRIA

ANTONIO FERRARA

AD APRIRE i lavori il presidente nazionale Anpi Carlo Smuraglia, volontario della Divisione Cremona. I saluti sono affidati al sindaco Luigi de Magistris, a Renata De Lorenzo di Storia patria e al combattente delle Quattro Giornate Antonio Amoretti, responsabile dell’Anpi di Napoli.

Presidente Smuraglia, perché il convegno a Napoli?

«Vogliamo ribaltare la vulgata che vuole la Resistenza come Resistenza del nord, e vogliamo dimostrare che invece si è trattato di un fenomeno che ha avuto carattere nazionale, con centinaia di azioni di civili e militari, di grandi e piccole ribellioni, tantissime in Campa- nia, in Sicilia, in Puglia, in Sardegna. Abbiamo ricostruito esattamente i tanti episodi che si sono svolti in Campania e nell’intero Mezzogiorno, e questo contribuirà a ridefinire il concetto di Resistenza, che fu una guerra di popolo nel senso che tutto il popolo si mobilitò, ognuno nel suo campo. E fu una resistenza fatta anche dai militari, che per troppo tempo anche a sinistra è stata negata, come insegna la straordinaria pagina di Cefalonia».

C’è stato un ritardo dell’Anpi?

«Stiamo lavorando dal 2011, quando sono stato eletto presidente, su questo tema. Mi sono proposto di restituire per quanto possibile la verità dei fatti e contestare una visione “eroica” della Resistenza, sottoli- neando invece il contributo normale di scelte coraggiose di tanti giovani che si sono schierati e delle donne, che non si possono solo identificare con le staffette partigiane ma hanno aiutato e nascosto tantissimi italiani dopo l’8 settembre. La Resistenza non è stata fatta solo con le armi, ma anche con l’opposizione al fascismo e ai nazisti per ristabilire il regime democratico, con gli scioperi del 1943-44».

Napoli è la città della Quattro

Giornate. Che ruolo ha avuto?

«Ci sono state rivolte contro i tedeschi in tante piccole e grandi località del Mezzogiorno dopo l’8 settembre, ma nella storiografia si citano al massimo le Quattro Giornate di Napoli che rappresentano certamente un momento altissimo di rivolta all’oppressione nazifascista, ma poi ci si ferma lì. Ecco, con il nostro convegno vogliamo dire che ci sono stati invece tantissimi casi di opposizione ai nazisti. E la Campania, anche per la rivolta di Napoli del settembre 1943, ci è sembrato il luogo più giusto nel quale l’Anpi dia conto di una lettura della Resistenza come fenomeno che ha riguardato l’intero territorio nazionale, e non solo il centronord ».

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“Vogliamo cambiare quella lettura errata che pone la rivolta al nazismo solo al centro nord”

PARTIGIANO E ANTIFASCISTA

Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia

ANPI news n. 137

APPUNTAMENTI

 

► “Settanta anni dopo. Le stragi nazifasciste fra storia e memoria: il 17 e 18 ottobre convegno promosso da Associazione Museo Storico della Resistenza, Comune di Fivizzano, Comune di Fosdinovo, con il sostegno della Regione Toscana e col patrocinio di ANPI La Spezia, ANPI Massa Carrara, Istituto spezzino per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, Istituto storico della Resistenza Apuana. Interverrà il Presidente nazionale dell’ANPI, Carlo Smuraglia

 

 

 

ARGOMENTI

 

Notazioni del Presidente Nazionale ANPI, Carlo Smuraglia:

 

ANPINEWS N.137

 

 

 

 

 

 

 

La scorsa settimana, mi sono intrattenuto abbastanza a lungo sui temi del lavoro, dello Statuto, dell’art. 18 e dei progetti governativi. Non ho granché da aggiungere a quanto ho già scritto. Tuttavia è andata come da copione: la fiducia è passata a larga maggioranza, pochi i dissenzienti espliciti, notevoli le assenze; in più è stato manifestato il proposito di adottare misure nei confronti dei parlamentari di maggioranza che non hanno votato la fiducia(…)

 

Il 25 ottobre ci sarà a Roma una manifestazione promossa dalla CGIL sui temi del lavoro, della dignità e dell’uguaglianza e del vero cambiamento del Paese. Sono i temi che richiamano i più alti princìpi e valori della nostra Costituzione(…)

 

Un’onda di razzismo sta per abbattersi sull’Italia, dato che la Lega e Casa Pound hanno promosso una manifestazione a Milano per il giorno 18 ottobre, con propositi oltremodo bellicosi e nello stile del peggior razzismo e della peggiore xenofobia

 

Resistenza, disperse nel Tevere le ceneri dei due gappisti Bentivegna e Capponi Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

Le ceneri do Carla Capponi e Rosario Bentivegna, eroi della Resistenza romana, combattenti contro il nazifascismo, sono state disperse nelle acque del Tevere, la loro ultima dimora. La figlia Elena, infatti, non avendo ottenuto di seppellirli in 80 centimetri di terra nel Cimitero Acattolico come desiderato dai genitori, ha rispettato la loro volontà di avere disperse le proprie ceneri, come seconda ipotesi, nel fiume sacro ai romani diventato la loro tomba. “Chiunque potrà portare dei fiori di campo, i preferiti da Carla, in ogni parte del fiume”. dice Ernesto Nassi, presidente Anpi provinciale di Roma.
“Lunedì 22 settembre 2014 entra di diritto nella storia della Resistenza Romana, al pari delle date storiche della lotta al nazifascismo, non di certo per un’azione dei Gap – prosegue – ma, purtroppo, come ‘giorno dell’abbandono’ riferito ai due partigiani pluridecorati, che a Roma e per Roma hanno combattuto duramente contro i tedeschi partecipando a molte azioni significative”, aggiunge Nassi. “La loro storia è nella Storia della Resistenza Romana e non solo, una storia dove hanno dato tutto di se stessi, mettendo molte volte a rischio la vita, senza nulla chiedere, avevano un solo desiderio, una volta morti, riposare le loro ceneri nel Cimitero Acattolico, all’ombra della Piramide di Porta San Paolo, dove hanno combattuto per la Difesa di Roma”.La dijspersione delle ceneri nel Tevere arriva dopo il tentativo di collocarle nel cimitero Acattolico di Roma, che ha incontrato molte resistenze e sostenitori non molto determinati. “Neanche le Ambasciate che hanno decorato i due gappisti sono intervenute a loro favore, La direzione del cimitero che non ha voluto sentire ragioni, nonostante i tanti cattolici italiani sepolti, anche recentemente, senza il minimo rispetto per il Paese e la sua Capitale che ospita il cimitero, dimentichi del contributo dato dai partigiani italiani contro il comune nemico nazifascista”, aggiunge Nassi. “Da alcuni mi aspettavo un impegno forte e convinto per rispettare il desiderio di due eroi nazionali – prosegue Nassi – Come lo aspettavo dagli antifascisti eredi del Pci, di cui Carla è stata deputata; e della Cgil, dove Rosario ha collaborato come medico del lavoro; ma anche più impegno da altre associazioni e partiti, Anpi compresa. Tutti hanno fatto sentire la loro voce timidamente e non come meritavano delle medaglie d’Oro e d’Argento della Resistenza italiana”.

Ada Gobetti, un diario sulle Resistenze’ (armata, civile e privata) da:nd noidonne

Nuova edizione di Ada Gobetti “DIARIO PARTIGIANO” ( Einaudi 2014) con la postfazione della partigiana Bianca Guidetti Serra

inserito da Rosanna Marcodoppido

“Diario partigiano”, scritto dal 13 settembre del 43 al 25 aprile del 45 da Ada Gobetti ( Einaudi 2014), rappresenta senza dubbio un esempio unico di una narrazione in tempo reale relativa ad un periodo particolarmente tragico della nostra storia. Ma ciò che rende singolare questo libro è anche e soprattutto il fatto che a scrivere sia una donna impegnata nella lotta clandestina, dunque ben attenta ora per ora, minuto per minuto, a non lasciare traccia di nomi e luoghi legati alla sua attività sovversiva. Consapevole dell’importanza del momento storico ma anche dei rischi, quasi ogni giorno annota su un quaderno quello che le accade avvalendosi di un inglese criptico, quasi cifrato, difficilmente decodificabile.
Lei è Ada Prospero Gobetti Marchesini, nata a Torino nel 1902, giovanissima suffragetta di inizio secolo, insegnante di inglese, traduttrice anche dal russo e autrice di libri per l’infanzia, ma ricordata innanzitutto come autorevole esponente del primo antifascismo e della successiva lotta di Liberazione. Nel 23 aveva sposato Piero Gobetti, morto a 25 anni a Parigi in seguito alle percosse subite dai fascisti; due mesi prima era nato il figlio Paolo. Ada continuerà a mantenere aperta la sua casa alla cospirazione antifascista, soprattutto quella legata al gruppo “Giustizia e libertà”, insieme al secondo marito Ettore Marchesini; con lui e col figlio diciottenne condividerà la lotta partigiana. Anche questo dato rappresenta un elemento assai significativo che conferisce particolare densità e pregnanza umana all’esperienza resistenziale narrata e ci consegna una immagine di madre inedita, estranea alle logiche proprietarie della figura materna tradizionale. La prima edizione di “Diario partigiano”, scritto nella sua completezza due anni dopo la Liberazione, uscì nel 56 con una nota di Italo Calvino.
Fu proprio Benedetto Croce, in un’Italia finalmente liberata, a chiederle di riscrivere in forma leggibile quel diario perché, di fronte a discordanze e accentuazioni retoriche, desiderava capire meglio cosa fosse stata nella realtà l’esperienza della Resistenza. Quest’anno il libro è stato ripubblicato da Einaudi e, oltre alla nota di Calvino, ripropone dall’edizione del 1996 l’introduzione di Goffredo Fofi e una postfazione di Bianca Guidetti Serra, partigiana anche lei e organizzatrice insieme ad Ada dei Gruppi di Difesa della Donna in Piemonte. Mi è sembrata questa dell’editore una scelta molto opportuna, in un momento in cui da più parti si va ricordando nel nostro Paese il settantesimo della Resistenza con una sorta di reiterata e colpevole disattenzione sull’apporto specifico delle donne nelle sue varie forme. Ada infatti, nel restituire eventi e protagonisti della sua esperienza di partigiana, colloca la Resistenza là dove è effettivamente accaduta: nel quotidiano fluire della vita e nell’interezza delle soggettività coinvolte, della sua innanzitutto. Una passione fortemente radicata per la libertà e la giustizia, una sensibilità e una intelligenza non comuni nel leggere la realtà umana, sociale e politica, un coraggio alimentato dalla fiducia negli altri e da una certa più o meno consapevole incoscienza, la capacità di autoironia ed empatia, ma anche i timori, le incertezze, le paure di madre e di compagna, il dolore e l’orrore e, non ultimo, il corpo con la sua fragilità e le sue insospettabili risorse: tutto questo è al centro di una narrazione al di fuori di ogni retorica, avvincente, vera, insostenibile a tratti.
È così che nel suo racconto, tra pagine di diario e successive integrazioni della memoria nei vuoti temporali imposti dagli eventi, la Resistenza armata si intreccia e si alimenta con la Resistenza civile e la Resistenza privata, restituendo valore politico a gesti che sono a fondamento di una civiltà nel vivere relazioni umane basate sulla cura ad ogni costo: ad esempio ospitare gli ebrei, nascondere e rivestire i soldati italiani sbandati , portare indumenti, viveri, armi e stampa clandestina ai gruppi partigiani, dare sepoltura ai fucilati o impiccati o, semplicemente, non lasciare soli i loro corpi prima che arrivino i parenti.
Sono soprattutto le donne le protagoniste di tutte queste forme di resistenza, di lotta, di solidarietà e tante sono le presenze femminili, molte senza nome, che animano le oltre 400 pagine del libro. Ad esse si affiancano protagonisti prestigiosi dell’antifascismo, molti purtroppo caduti nella lotta, altri che ritroveremo attivamente impegnati per la costruzione della democrazia nell’Italia libera. La sincerità di una memoria, che non vuole restare ingabbiata da opportunismi o contrapposizioni ideologiche, arriva a dare parole anche alle beghe tra donne di diverse appartenenze all’interno dei Gruppi di Difesa delle Donne su cui lei sarà chiamata a trovare mediazioni, o tra le forze alleate da lei contattate nella Francia liberata, dove Francesi e Inglesi tentati da inopportune competizioni rendono più lenti i tempi dell’aiuto ai partigiani operanti nelle valli piemontesi.
E il “nemico” non viene spogliato mai del tutto della sua umanità per cui Ada si trova a considerare una vera fortuna per lei il fatto che in circostanze particolarmente pericolose non sia stata infine costretta a sparare al soldato tedesco che si è trovato davanti sulla sua strada. Uno sguardo materno, che ritroviamo spesso nel racconto di altre testimoni, è quello che la salva dal rischio di precipitare nella barbarie non di rado vissuta come inevitabile, naturale prodotto della guerra e della lotta.
Pochi giorni prima della Liberazione di Torino la sua analisi lucida e realistica della situazione le suggerisce dubbi e timori circa la capacità di realizzare il tipo di società vagheggiata nei lunghi mesi di occupazione, a fronte di interessi particolari che a suo giudizio sarebbero riemersi, vecchie abitudini che si sarebbero riaffermate e pregiudizi duri a morire.
Così scriverà nel 49 “…si trattava di combattere tra di noi e dentro noi stessi, non per distruggere soltanto, ma per chiarire, affermare, creare” e mantenere ”quella piccola fiamma di umanità solidale e fraterna che avevam visto nascere il 10 settembre e che per venti mesi ci aveva sostenuti e guidati”. Un chiaro invito il suo ad una trasformazione radicale delle coscienze come presupposto indispensabile per la costruzione di una società e una politica nuove. Quanta lungimiranza! Nella modestia che la contraddistingue esprime le sue perplessità anche di fronte alla richiesta che le viene fatta di fare la vicesindaco: sarà mai all’altezza? Accetta naturalmente. Ricorda Bianca Guidetti Serra alla fine della sua postfazione “A Torino l’insurrezione si protrasse per qualche giorno a partire dal 26 aprile. Vediamo ancora Ada, in uno dei suoi atteggiamenti caratteristici, percorrere il 28 su una bicicletta sgangherata le vie della città, infestate dai cecchini. È il nuovo vicesindaco che tenta di raggiungere il Municipio”. È questo un libro da leggere e far leggere anche nelle scuole. Quando si parla di Padri della Repubblica, non dimentichiamo mai di nominare e chiedere che vengano nominate e ricordate le Madri: Ada Prosperi Gobetti Marchesini è senza dubbio una delle tante Madri da non dimenticare.
Rosanna Marcodoppido

Firmato Protocollo Miur-Anpi per promuovere la Costituzione e lo studio della Resistenza nelle scuole

Firmato Protocollo Miur-Anpi
per promuovere la Costituzione e lo studio della Resistenza nelle scuole

Siglato questa mattina al Senato il Protocollo di intesa fra Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e Anpi, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. L’accordo, firmato dal Ministro Stefania Giannini e dal Professor Carlo Smuraglia, Presidente Nazionale Anpi, punta a promuovere e sviluppare progetti didattici nelle scuole per divulgare i valori della Costituzione repubblicana e gli ideali di democrazia, libertà, solidarietà e pluralismo culturale.

Miur e Anpi, in particolare, realizzeranno iniziative per le celebrazioni del 70° della Resistenza e della Guerra di Liberazione, promuovendo processi tematici di riscoperta dei luoghi della memoria e la divulgazione dei valori fondanti la Costituzione repubblicana.

“Questo accordo – ha sottolineato il Ministro Giannini – è uno strumento fondamentale per far comprendere a tutti gli studenti il valore della nostra Costituzione e l’importanza della memoria della Resistenza raccontata anche da chi l’ha vissuta in prima persona”. “Ritengo – ha aggiunto il Presidente Smuraglia – che questa firma assuma una grandissima importanza rispondendo ad una esigenza profonda che emerge dal mondo della scuola e che assicuri un’attività continuativa in favore della cittadinanza attiva”.

– Riforme, la Resistenza tradita di DOMENICO GALLO


DOMENICO GALLO
– Riforme, la Resistenza tradita

Nella settimana appena iniziata si giocherà una partita decisiva per la Repubblica. Quel progetto di scompaginare l’architettura dei poteri come disegnata dai costituenti, che è stato il chiodo fisso della grande riforma propugnata da Berlusconi, sfociata nella riforma della II parte della Costituzione che il popolo italiano ha bocciato con il referendum del 25/26 giugno del 2006, sta per andare in porto con nuove forme e grazie ad un nuovo attore politico. Per quanto articolato diversamente, si tratta dello stesso progetto politico-istituzionale.

Esso si sviluppa su due fronti: la riforma elettorale e la riforma costituzionale. Questi due cantieri interagiscono fra loro e puntano a realizzare il medesimo obiettivo: cambiare i connotati alla democrazia italiana realizzando un sistema politico che il compianto prof. Elia qualificò come “premierato assoluto”. Quel sistema di pesi e contrappesi che i costituenti, memori dell’esperienza fascista, avevano delineato per scongiurare il pericolo della dittatura della maggioranza, sarà profondamente squilibrato per realizzare un nuovo modello istituzionale che persegue la concentrazione dei poteri nelle mani del capo dell’esecutivo, a scapito del Parlamento e delle istituzioni di garanzia.

Non ci sarà più la centralità del Parlamento, anzi il Parlamento sarà dimezzato con l’eliminazione di un suo ramo, poiché il nuovo Senato sarà sostanzialmente un ente inutile che non potrà interferire nell’indirizzo politico e legislativo. Dalla Camera dei deputati saranno espulse molte o quasi tutte le voci di opposizione, il Governo eserciterà un potere di supremazia sulla Camera attraverso l’istituto della tagliola e del voto bloccato. La minoranza che vincerà la lotteria elettorale, controllerà il Parlamento, si impadronirà facilmente del Presidente della Repubblica, eleggerà i 5 giudici costituzionali di competenza delle Camere ed influirà sulle nomine di competenza del Capo dello Stato.

Le istituzioni di garanzia formalmente resteranno in piedi ma saranno addomesticate per non disturbare il navigatore. Sarà sempre più difficile contestare scelte inaccettabili dell’esecutivo (si pensi al nucleare) attraverso il ricorso al referendum popolare, dato l’innalzamento a 800.000 della soglia delle firme necessarie. Le scelte che si faranno in questi giorni in Senato saranno cruciali perché la riforma del Senato è l’indispensabile presupposto della riforma elettorale e non saranno possibili modifiche quando ci sarà la seconda lettura. É questa l’ultima trincea dove si difende quel testamento di centomila morti che ci ha consegnato la Resistenza. Poche cose ci chiedono i nostri morti, diceva Calamandrei: non dobbiamo tradirli.

Domenico Gallo

(14 luglio 2014)