Partigiani Catanesi e Siciliani

** questo “luogo” della memoria è in fase di aggiornamento

 

in elenco:

 

1)  Il contributo dei siciliani alla Resistenza – Ricerca di INSMLI, Istituto Storico per la Storia del Movimento di Liberazione. – Ricerca a cura di Carmela Zangara –

2) Partigiani catanesi caduti durante la lotta di Liberazione – Elenco nominativo della Ricerca di INSMLI. Ricerca a cura di Carmela Zangara

3) La dedica a partigiani catanesi nel chiostro del Palazzo comunale di Catania

4) Il contributo dei catanesi alla Lotta di Liberazione          

                                                                                         di Claudio Longhitano

5) Carmelo Salanitro                     – Adrano ( Ct)

6) Graziella Giuffrida                    – Catania

7) Beatrice Benincasa                    – Catania

8) Alfio Anastasi                              – Nicolosi ( Ct)   

9) Salvatore Sortino                      – Catania

10) Giuseppe Burtone                  – Militello ( Ct)

11) Carmelo Mio                             – Paternò ( Ct)

12) Innocenzo Privitera               – Catania 

13) Orazio  Costarella                  – Misterbianco ( Ct)

14) Filippo Mazzaglia                   – Nicolosi ( Ct)

15) Franco Martelli  ” Ferrini”  – Catania

16) Pompeo Colajanni                  – Caltanissetta

17) Vincenzo Modica                     – Mazara del Vallo ( Tp)

18) Il contributo di Messina alla Lotta di Liberazione

19) Il contributo di Paternò ( Catania) alla Resistenza

20)  Santo La Corte                       – Cianciana ( Ag)

21) Antonio Siligato                      – Limina (Me)

22) Ferdinando Agnini                – Catania

23) Gaetano Butera                       – Riesi ( Cl)

24) I cinque martiri catanesi ( e provincia) delle Fosse Ardeatine

25) Alfredo Di Dio                            – Palermo

26) Antonio Di Dio                           – Palermo

27) Salvatore Principato                – Piazza Armerina ( En)

28) 126 nominativi di partigiani siciliani combattenti nel

        novarese

*** Continua alla categoria ”  Partigiani catanesi e siciliani – 2° PARTE” 

Elenco nominativi e biografie  inseriti in

                   “Partigiani catanesi e siciliani 2° parte”

 

La Cicera Giovanni                     – Modica ( Rg)

Trinelli Roberto “ Fanfulla”          – Enna         vivente

Amato Antonino                         – Cianciana ( Ag)

Speranza Ernesto                       – Agira ( En)

Moncada Gildo                            – Agrigento

Marino Giuseppe                        – Catania

Garufi Antonio                            – Altarello/Giarre ( Ct)

Bonaccorso Sebastiano             – Giarre ( Ct)

Vasta Angelo                             – Giarre ( Ct)

Alizzi Giuseppe                          – Giarre ( Ct)

Grimaldi Vincenzo “ Bellini”      – Caltagirone ( Ct)  vive a Novara

Micale Salvatore                        – Acicastello ( Ct)

Piro Concetto Eugenio               – Acireale ( Ct)

Benanti Franco                           – Catania

Russo Cataldo                            –

Piticchio Salvatore                     – Palagonio ( Ct)

Ilardi Liborio                              – Raddusa ( Ct)

Di Stefano Giuseppe                  – Catania

        

 

 

1) Il contributo dei siciliani alla Resistenza

 

La ricerca di partigiani siciliani caduti in Alta Italia durante la guerra di liberazione 1943-1945, ha lo scopo di evidenziare il contributo dei Siciliani alla Resistenza al fine di onorarne la memoria e sfatare il luogo comune che vuole la Resistenza geograficamente e umanamente delimitata. Al Nord fu fatta, del Nord è l’appartenenza.

Non fu così, o almeno non fu sempre e soltanto così, perché ad essa contribuirono tutti quei militari arruolati nell’esercito regolare, provenienti dalle diverse regioni italiane, che, all’indomani dell’8 settembre, scelsero, consapevolmente o emotivamente, lo sbandamento, favorendo in ogni caso la

 Resistenza.

 2500 circa furono i partigiani siciliani che operarono in Piemonte e, allo stato attuale della ricerca,

 ancora in itinere, di questi 152 caddero, mentre altri 60 si immolarono nelle regioni dell’Italia

 centro-settentrionale: Lombardia, Veneto, Friuli, Trentino, Emilia e Romagna, Toscana, Umbria,

 Lazio relativamente al massacro delle Fosse Ardeatine.

 Tale tabulazione è avvenuta sulla base del parametro: luogo di nascita.

 Abbiamo attinto i nominativi dalle fonti degli Istituti storici della Resistenza, in primis dalla banca

 dati dell’ Istoreto che abbiamo setacciato nominativo per nominativo, scheda per scheda. Ed è

 questo sicuramente il dato più attendibile. Tuttavia se questa fonte si è rivelata esaustiva per le

 province di Torino, Cuneo, Alessandria, Asti, non ugualmente per le province di Novara e Vercelli,

 il cui territorio, ricadendo sotto il Comando della Regione Lombardia, non sempre è stato del tutto

 setacciato. Pertanto ci siamo rivolti agli Istituti ISRAT e ISRN, che hanno collaborato nella

 definizione dei caduti siciliani per quelle province. Ampio materiale ci è stato fornito dalle sedi

 provinciali ANPI e dalla consultazione dei diversi siti sulla Storia della liberazione. Non abbiamo

 trascurato le fonti bibliografiche che ci hanno illuminato su alcuni eventi e a volte anche sulle

 dinamiche che portarono alla morte dei Nostri. Infine abbiamo attinto ulteriori certezze dalle fonti

 orali.

 Per la verifica del dato, ci siamo avvalsi anche delle fonti anagrafiche, atti di nascita e morte, nei

 diversi Comuni di nostro interesse.

 Nel compilare l’elenco abbiamo enucleato i Caduti per zona di operazione. Questo ci ha permesso

 di rilevare alcune incongruenze: Barisi Sebastiano e Parisi Sebastiano caduti a Dronero, così pure

 Berrone, Perrone e Pirrone, caduti a Roccaforte Mondovì, sono coincidenti per generalità, data e

 luogo di morte.

PER L’ELENCO SI VEDA:

ISTITUTO STORICO PER LA STORIA DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE IN ITALIA

– INSMLI –

  http://www.insmli.it/pubblicazioni/83/per_provincia_zangara.pdf

N.B.  di ANPI  Catania

La ricerca pubblicata da INSMLI è parziale.

Mancano i nominativi di parecchi partigiani catanesi e siciliani che persero la vita durante la Lotta di Liberazione. La ricerca è in continua evoluzione.


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Dall’elenco generale della ricerca di INSMLI, a seguire, l’elenco parziale dei partigiani catanesi caduti durante la LOTTA DI LIBERAZIONE. La ricerca è in continua evoluzione.

 

2) PARTIGIANI CATANESI CADUTI DURANTE LA LOTTA DI LIBERAZIONE

 

 

*MEZZASALMA GIUSEPPE

CN21705 fascicolo 004588gl Delibera N° 37840

Nato a Grammichele(CT) il 15-06-1922, ivi residente, nome di battaglia Mezzasalma partigiano della 9 Div.Gl Brg. Tamietti, cadde a Torino in combattimento il 27-04-1945

Nell’elenco ISRAT lo stesso risulta appartenere alla Brigata “A.Brusio”

*VITA FORTUNATO

Cod. VC20021 Fasc. 000396.1

Nato a Catania il 21 gennaio 1887, residente a Torino Corso Regina Margherita 250, era vice brigadiere di Pubblica Sicurezza, partigiano della 34 Brigata Sap con il nome di “Fortuna” cadde in combattimento il 27 aprile 1945 durante l’insurrezione per la liberazione della città.

La città di Torino lo ricorda con una lapide posta in Via S. Donato, 3 o in Via Ciborio14

*DE ZARDO LIBERALE

Cod.VC05314 Delibera N° 4552

Atto di morte n° 62 Parte I anno 1944 Comune Carignano Nato a Catania il 2-11-1893, residente a Sanfrè, ufficiale dell’esercito col grado di Ten. Colonnello, dall’8-09-1943 fece parte col nome di battaglia di “Osvaldo”, prima delle formazioni partigiane liguri e poi della Bgt. Matteotti Div. Cuneense. Il 7-09-1944 venne impiccato a Carignano ( TO) distretto di Mondovì.

In località Pilone Virle i tedeschi per rappresaglia uccidono 8 partigiani18 Medaglia d’oro al

Valor militare

*TORO MARIO

Cod. TO18116 – Delibera N° 2679 – fasc.G/ 16813

Nato a Palagonia (CT) il 5-08-1916, ivi residente in Via F.Saverio 17, bracciante, partigiano della 4 Div. Garibaldi CDO, in qualità di Comandante squadra, cadde il 9-12-1943 a Forno (TO) per fucilazione.  Anche il suo nome risulta presente sulla lapide dei caduti di Forno Canavese dove perirono 24 partigiani nei giorni tra il 7 e il 9 dicembre di cui 18 fucilati. Insieme a lui fu fucilato il Marino

*CAPPUCCIO ALFREDO

Cod. TO 08462 fascic. G/04449

Nato il 28-11-1922, a Catania, residente a Condové (TO) , in Via Torino 14, faceva parte della 42 Bgt. Garibaldi. Cadde a Vaie (TO) mentre arrestava un fascista il 23-03-1945

*ILARDI LIBORIO

Cod. CN12368 Delibera N° 2119 fasc. 0006959°

Nato il 14-08-1922 a Raddusa (CT) , ivi residente, partigiano della Bgt. Moncada, 43° Div. De Vitis, cadde il 10-05-1944 a Colle della Roussa (TO) in combattimento.

*MALAN ROBERTO

Cod.CN13030 fasc.002153gl

Nato a Catania il 24- 03-1920, residente a Torre Pellice, studente universitario in legge, sottotenente dell’esercito, appartenente al Corpo Volontari della Libertà del Pinerolo, Comandante della V divisione GL, aderì al Partito d’azione e fu uno di quelli che contribuì alla integrazione tra lediverse formazioni politiche di bande partigiane. Già nella primavera-estate del 1943 i due fratelli Malan, guidavano il gruppo di Torre Pellice e di Luserna S. Giovanni attraendo a sé anche i fratelli Toja con i quali iniziarono una forte attività clandestina prendendo coscienza di sé prima dell’8 settembre e diventando poi gruppo di coordinatore all’interno della Resistenza nelle valli Valdesi. Il comando generale della valle andò a Roberto Malan. Cadde in Val Germanasca (TO) il 24-03-1944.

Medaglia di bronzo al valor militar

30 Risulta tra i decorati del Monviso mentre la motivazione è tratta da: Medaglie etc. op. cit., pag 226

*RAGONESE ANTONINO

Cod.VC09040 fasc. 005661pt

Nato a Catania il 16-01-1920, residente a Torino Via Cartiglio 18, di professione bracciante, col grado di patriota fece parte della 6 Div. Asti, 22 Brg. “Alba” col nome di battaglia di Speranza. Cadde il 21-12-1944 a Pialpetta ( To) per autolesione incidentale

*RENNA SEBASTIANO

Cod.VC16175 fasc. 003435gl

Atto di morte 16 II B Comune di Ciriè Nato a Licodia Eubea( CT) il 21-07-1924, ivi residente in Via S.Lucia 29, partigiano della 6 Div. GL, cadde a Ciriè (TO) il 10-04.1945 per fucilazione

*TOSCANO DOMENICO

Cod. TO14607 Delibera N° 3095 Fasc.GL/ 02402

Nato a Catania l’1-01-1924, residente a San Germano Chisone (To) partigiano col nome di battaglia di Mimmo,fece parte della Brg. Val Germanasca e morì in combattimento a Pramollo (TO) il 26-08-1944

 

*MUSCIA FRANCESCO 36

Cod. AT04518 fasc.001259gl

Di Antonio, nato a Caltagirone (CT) il 15-06-1916, residente a Sampeyre (CN), calzolaio, partigiano della CVL GL II Div Alpina Brg V Vairata, cadde a Cuneo il 13-06-1946 per TBC contratta in servizio.

*CIMINO ROSARIO54

Cod.TO01803 Delibera N°0004 fasc. GL/01529

Atto di morte N° 8 Parte II Serie C. Comune Dogliani Delibera di riconoscimento N° 0004

Nato a Catania il 6-02-1922 ivi residente in Via Paletti 51, partigiano BRG Valle Pesio col nome di battaglia di “Cimino”, il 26-03-1945 veniva fucilato dai nazifascisti a Dogliani (CN) La denuncia dell’avvenuta fucilazione venne fatta su comunicazione verbale del Comando Cacciatori degli Appennini III Btg. Lo stesso Comando dichiarava inoltre che la fucilazione era avvenuta alla schiena alle ore 5,00 del 24-marzo 1945 in Via Croce, in Dogliani perché il Cimino veniva sorpreso armato in divisa di partigiano (fuorilegge).

La salma veniva poi tumulata nel Cimitero di Dogliani

Notizie fornitomi dal responsabile Ufficio Stato Civile del Comune di Dogliani, sulla base della lettura contestuale dell’atto integrale di morte in data 14 aprile 2007

*FILETTI SALVATORE

Cod. CN02228 Delibera N° 4222 fasc.0012318g

Delibera N° 429264

Di Pasquale, nato ad Acireale (CT) il 24-01-1924, ivi residente in Via Aci Platani 53, dall’1-10-1943 partigiano dell’11 Div. Garibaldi, 15° Bgt., cadde ad Oncino (CN) per fucilazione l’1-04-1944 Atto di morte N 7 parte I del registro generale dell’anno 1944 del Comune di Oncino.

“ Alle ore 16,00 del 1 aprile 1944 è stato rinvenuto cadavere nei pressi della regione Alpe Bulè, Filetti Slavatore di anni 22, celibe, nato ad Acireale da Pasquale e Vigari Grazia”

Verbale di Sentenza di morte N° 1 parte II Serie C.

*LEONARDI FRANCESCO69

Cod.CN18788 Delibera N° 3668 fasc. 0008834°

Di Francesco, nato a Catania l’1-12 1919, ivi residente, col nome di battaglia di Franco fece parte della V Div. Alpi Bgt. Valle Ellerio Gruppo Divisione “R” . La vigilia di Natale del 1944 venne sottoposto a fucilazione a Mondovì ( CN) presso cascina Pamparato

Da memorie del parroco don Emidio Ferraris dal titolo: Valcasotto nella vita partigiana Settembre 1943-aprile 1945

*CARCIOFOLO CARMELO

Cod. TO 08829 fascic. G/15279

Di Salvatore e di Pavone Carmela, nato a Catania il 21-11.1919, residente a Messina. Dal 9-09-1943 fu aggregato alle Bande Partigiane, col nome di battaglia di “Gino” e dal luglio dello stessoanno veniva assegnato alla XIV Div. Garibaldi, 48 Bgt. “Dante Di Nanni” e successivamente alla 14 Brg. Capriolo. Il 26-12 del 1944 veniva prima torturato e poi fucilato ad Alba (CN)

Nell’elenco dei caduti partigiani della provincia di Cuneo il nominativo risulta Carciopolo Carmelo,di Salvatore, nato a Castiglione di Sicilia (CT) il 21-12-1919, residente ad Alba. In Vite Spezzate risulta residente a Giardini Naxos (ME)

In “Vite spezzate”. pag. 265 Numero progressivo 3684

* PRIVITERA VITO 91

Cod. VC08137 fasc.000711g Delibera N° 0375

Di Alfio, nato a Catenanuova (EN) il 5-02-1919 , residente a Catania in Via Giordano Bruno 52, col nome di battaglia di Banco o Romeo, fu partigiano nella I Divisione Garibaldi- IV Bgt. E cadde per malattia a Barge (CN) il 7-09-1944

Il suo nome è presente su una lapide Al Comune di Barge Ufficio Stato Civile non risulta trascritto l’atto di morte né sul registro del

1944 e neppure su quelli del 1945 e 1946

91 Fonte ISRCP. op. cit. pag. 59 qui l’anno di nascita è il 1929, mentre alla banca dati dell’Istoreto il nome di battaglia è Romeo e non risulta caduto

*SPADARO FRANCO 95

Cod. TO11162 fas.G/12355 Delibera N° 3591

Di Salvatore, nato a Randazzo (CT) il 19-09-1924 ivi residente96 in Via Collegio 75, barbiere, partigiano col nome di battaglia di Fosco, appartenente alla CVL Garibaldi XI Div.Cuneo 15 Brg. Saluzzo, cadde in combattimento a Revello (CN) il 16-09-1944

Il suo nome è ricordato su una lapide ai Partigiani caduti

Medaglia di argento al valor militare

Atto di morte N° 10- Parte II -C. del Comune di Revello, rinvenuto cadavere dietro il muro di cinta del Camposanto

95 Fonti Istoreto e ISRCP. op. cit. pag. 69 dove ladata di nascita è l’8-09-1924. La motivazione della medaglia d’argento è tratta da: Medaglie d’argento etc. op. cit. pag. 149

*VASTA ANGELO  97

Delibera N° 8049

Di Giuseppe, nato a Giarre (CT) il 26-02-1922, partigiano della FAM- Val Casotto, cadde per fucilazione il 15-03-1944 a Roburent (CN)

Il suo nome è ricordato su una lapide ai Partigiani Caduti

97)  Fonte ISRCP op. cit. pag. 73

*RUSSO SEBASTIANO

Di Nicolò, nato a Militello ( Catania) il 19-09- 1881, capitano medico morto a Caltignaga- (No)dove risiedeva – il 19-09-1944

Figura tra i 7 Partigiani Caduti nel 1944 in combattimento o fucilati ed elencati sulla lapide del monumento di Porta ıortasa Via XXIII Marzo a Novara..100

100) Dal sito: La città e la guerra. Novara 1940-45 Itinerari

*VELLA GIUSEPPE 108

Cod. VC 18136 fasc.0001266g Delibera N° 587

Di Paolo, nato il 16-05-1921 a Caltagirone (CT) ivi residente in Via Ronco Venezia 4, sarto, nome di battaglia Pippo, , appartenente alla I Div. Garibaldi “L.Lanfranco” 19 Bgt. “Giamone” morto il 5-03-1945 a Montiglio Rocca (AT) fraz. S.Anna in seguito a rastrellamento.

Al Comune di Montiglio il suo nominativo non risulta registrato negli atti di morte dell’anno 1945.

108) Fonti: ISRAT e ISRCP. op.cit. pag. 102

*FARACI ANTONINO

Cod. CN 00101 fasc. 007103g

Nato a Scordia (CT) il 2-01-1924 ivi residente in Via Buera 46, agricoltore. Partigiano col nome di battaglia Nino, nella 18 Brg dall’8-06-1944, passato poi alla 42 Brg dal 20-9-1944 e infine della 5 Brg. Garibaldi dal mese di ottobre 1944, cadde il 16-05 1945 in seguito a ferita riportata.

*GULLI SALVATORE

Cod. CN 13316 fasc. 0002691g

Nato ad Adrano( CT) il 15-02-1924, ivi residente in Via Gesù Maria 18, partigiano della 18 Brg. Garibaldi col nome di Giuli Parrucchiere,, cadde il 30-05-1944

*MAUGERI VITO

Cod.CN20522 Delibera N° 14454 fasc. 001111.m

Nato a Vizzini(CT) il 23-11-1918, ivi residente, dall’1-03-1944 partigiano col nome di battaglia Caranin della Div. G. Davito, cadde il 21-01-1944

*PETICCHIO SALVATORE

Cod. AL13569 Delibera N° 02069 Fasc. 0006329°

Nato a Palagonia(CT) 1-09-1917, ivi residente, dall’1-03-1944 partigiano della Brg. S. Magnoni, poi della 43 Brg. De Vitis, catturato il 10-05-1944 venne fucilato il 26-05-1944.

*PITTARI DOMENICO

Cod. AL14975 fasc.0006807°

Nato a Catania il 26-12-1920, partigiano della Brg. Magnone dall’1-08-1944, col nome di battaglia Sch Inc File, cadde il 13-04-1945

*TUCCI NICOLA

Cod.TO15420 Delibera N°1135 fasc. M/01771

Nato a Catania il 3-09-1919 , residente ad Amantea(CS), col nome di battaglia Tucci, Arturo, fece parte della 1 Brg. Matteotti dall’1-08-1944 e cadde il 27-02-1945 in un’imboscata

*CATANIA ANTONIO

Cod.TO00353 Delibera N°3178 fasc. A/05223

Nato a Bronte (CT) il 27-09-1906, partigiano della Div. Autonoma Val Chisone, cadde in combattimento il 27-08-1944 a Colle Turras

 

*DI PRIMA MARIO  122

121 Fonte: ISRN

122 Fonte: ISRN

di Gaetano, nato a Catania il 27-07-1919, residente a Milano, col nome di battaglia “Jak”, faceva parte della 2 Divisione Garibaldi “Redi” in qualità di Comandante di distaccamento, fu deportato in Germania dove morì a Mauthausen il 2-05-1945

*FLAVETTA UMBERTO 128

Di Francesco, nato ad Acireale nel 1920, residente a Milano, faceva parte delle formazioni

Autonome, cadde a Milano il 23-03-1945

Fonte: Istituto Storia Resistenza “Piero Fornara” di Novara. Nominativo estrapolato dai Fogli di riconoscimento qualifiche partigiane della Commissione della Lombardia dal dott. Mauro Begozzi.

*ALIOTTA ANGELO

Nome di battaglia “Diego” Comandante della Brigata “Capettini” nato a Caltagirone (Catania)

Il 22 -05-1905, residente a Milano. Meccanico, antifascista, giovanissimo partecipò alle azioni degli Arditi del Popolo. Costretto ad emigrare, continuò la sua attività tra gli esuli antifascisti di Francia e Svizzera. Rientrato clandestinamente in Italia nel 1927, fu arrestato e condannato a tre anni di reclusione. Uscito dal carcere riprese la sua attività clandestina e nel marzo del 1943 fu tra gli organizzatori dello sciopero contro la guerra e il fascismo. Dopo l’armistizio organizzò a Milano squadre di gappisti e assunse il Comando di un distaccamento della III Gap. Individuato dalla polizia raggiunse i partigiani dell’Oltrepò Pavese, dove si distinse per diverse azioni e gli fu affidato il Comando della 51Brg. Garibaldi “A.Capettini” L’incarico arrivò mentre era in corso un massiccio rastrellamento durante il quale riuscì a sganciare la sua formazione dal nemico ma fu ferito in combattimento e fu catturato il 29 agosto del 1944 ad Artana. Fucilato nei pressi di Cerreto136 di Zerba con altri tre compagni della “Cichero” 137(Piacenza) da uomini della Brigata Nera

Una lapide eretta sul luogo della fucilazione a Zerba in località Cerreto lo ricorda.

Il nome di Aliotta è ricordato pure in due lapidi a Milano, una a porta Romana, l’altra in Via dei Mercanti nell’antico Palazzo della Ragione.

Lapide in Via Bellezza, (cortile ), 16 zona Porta Ticinese

In suo onore, una Divisione Garibaldina dell’Oltrepò fu chiamata col nome “Aliotta”.

*ANASTASI ALFIO 138

Atto di morte N° 4/II/B anno 1945 Comune di Pecorara

Fu Rosario e di Grasso Maria, nato nel 1914139 ad Acireale (CT) apparteneva alla II brigata della

Div. Piacenza con la qualifica di partigiano combattente dall’1-07-1944, fucilato dai Nazifascisti il

16-12-1944 a Cicogni di Pecorara (PC) . Tumulato a Cicogni Pecorare e successivamente poiché

l’Anpi è riuscita a contattare i parenti del Di fina i suoi resti mortali sono stati traslati in Sicilia al

paese di origine.

Il suo nome si trova sul Monumento ai Caduti di Cicogni e nell’altro di Aie di Busseto di Pecoraia.

138 Sullo stesso consultare Scheda Archivio Anpi ruolini Divisione Piacenza. Inoltre l’elenco dei Caduti di Piacenza

dove è segnato al N°18, pag. 70

*FIORE PAOLINO 148

classe 1923 nato in Sicilia provincia di Catania, partigiano combattente della Banda del Greco, fu

ferito in un’azione nei pressi di Caminata di Nibbiano Val Tidone (PC) nella notte del 14 o 15

maggio 1944 durante l’esecuzione dell’arresto di un fascista. Deceduto il 18 dello stesso mese per

mancanza di cura.

148 Fonte Anpi Piacenza Scheda Partigiani riconosciuti

*CABANE’ ANTONIO 155

Nato a Viagrande(CT) nel 1924 era geniere con la qualifica di partigiano combattente, cadde in Val

D’Aveto nell’aprile del 1945

Medaglia d’argento alla memoria

 

*FERRARA GIUSEPPE

nato a Linguaglossa (Catania) il 6-12-1908 Brigata Sap “Spartaco” venne deportato nel campo di

sterminio di Buchenwald ove morì il 19-04-1945.

Il suo nome è inserito tra i Caduti per la libertà di Marassi Via Ponticelli158

158 Dal sito: www.anpimarassi/memorie/viaggionellamemoria.it

*GIUFFRIDA GRAZIELLA 159

Nata a Catania, anni 21. Arrestata dai Tedeschi su un autobus. Trovata in possesso di una pistola,

venne arrestata e condotta alla sede di Comando di Fegino dove fu sottoposta a tortura e

violentata, prima di essere uccisa e buttata in una delle fosse di Via Rocca de’ Corvi.

In questa località il 28 aprile del 1945 furono ritrovati i corpi di vittime

159 http://www.istitutoresistenza-genova.it/storia

Medaglia di bronzo al valor militare

*IUDICA GIUSEPPE

Grammichele 29-07-1920, partigiano, morto a Crocetta del Montello ( TV) il 2-01-1945168

168 www.alpinicrocetta.it/caduti/2àguerra

*MARTELLI FRANCESCO 171

Nato a Catania fu allievo dell’Accademia militare di Modena uscendone col grado di sottotenente di Cavalleria. Partecipò fino alla data dell’armistizio alle operazioni di guerra nei Balcani. Dopo l’8 settembre, rifugiatosi in Friuli, partecipò attivamente alla lotta partigiana organizzando e costituendo la formazione “Ippolito Nievo” dipendente dalla 4 Div. “Osoppo Friuli ” di cui divenne comandante.

Scoperto ed arrestato non cedette alle pressioni senza rivelare mai gli aderenti alla formazione “Osoppo”. Condannato a morte manteneva un contegno fiero e dignitoso ottenendo di essere fucilato al petto e di comandare lui stesso il plotone di esecuzione. Crivellato di colpi cadde al grido:” Viva l’Italia libera” il 27 novembre 1944 a Pordenone

Medaglia d’oro al valor militare

 

*RIBILLOTTA SALVATORE 175

Nato a Mirabella Imbaccari (CT) nel 1923, soldato di fanteria, partigiano combattente, cadde il 13 luglio 1944 al Massiccio delle Tre Punte.

Medaglia d’argento alla memoria

 

*MICALE SALVATORE 176

Nato ad Acicastello (CT) Sergente maggiore paracadutisti, svolgeva le sue funzioni nel 185° reparto paracadutisti “Nembo” di stanza a Santa Maria di Leuca all’atto dell’armistizio. Costituitosi il Corpo Volontari della Liberazione, il 185 reparto fu chiamato a farne parte. Egli si offrì volontario per essere paracadutato in territorio occupato dai tedeschi. Fatto scudo a difesa del suo Comandante, non appena costui venne ferito, lo sostituì incitando i compagni alla lotta. Dopo lunga ed aspra resistenza veniva fatto prigioniero e barbaramente trucidato a Visso-Norcia il 13 marzo 1944.

Medaglia d’oro al valor militare

176 Anpi Palermo ide

*AGNINI FERDINANDO 179

Nato a Catania il 24 -08-1924 da Gaetano e da Giuseppina Longo, era studente universitario di medicina. Tra i fondatori dell’Arsi ( associazione di studenti universitari di carattere progressista), gruppo inizialmente con compiti di raccolta di armi e di propaganda antifascista, successivamente insieme ad altri di monte Sacro, portò a termine azioni di sabotaggio sulla via Nomentana, Salaria, Prati, Pietralata…

In risposta al rifiuto del Rettore di ammettere agli esami giovani antifascisti, insieme ad altri studenti di estrazione Comunista, fondò il Csa, (comitato studentesco di agitazione) diretto da Maurizio Ferrara.

Agli inizi del 44 entrò a far parte della Brigata Garibaldi del PCI., ma il 24 febbraio fu arrestato su delazione. Torturato venne rinchiuso nel carcere di Via Tasso dove era anche il padre che era stato arrestato per indurlo a rivelare i nomi dei compagni di lotta del figlio.

Ferdinando venne fucilato il 24 marzo alle Fosse Ardeatine, il padre si salvò.

179 www.romacivica.net/anpiroma.it/biografie

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3) La dedica a partigiani catanesi nel chiostro del Palazzo comunale di Catania

 

Nel decennale della Resistenza Catania ricorda

i suoi figli che offrirono con sereno coraggio la vita

per restituire alla Patria Libertà e Giustizia

 

 Questa è l’iscrizione dedicata a partigiani catanesi, immolatosi durante la Lotta di Liberazione,  richiamati nella lapide, posta il 25 aprile 1955 nel chiostro del Palazzo Comunale di Catania – piazza Duomo -.

 

 Agnini Ferdinando   medaglia di bronzo

Ambrogi Federico   medaglia di bronzo 

Amato Sebastiano

Barbagallo Nunzio

Benincasa Salvatrice

Campisi Salvatore

Caponnetto Francesco  medaglia d’argento

Cappuccio Alfredo

Cimino Rosario

Clarinetto Lorenzo

Colloca Giacomo

Corallo Giuseppe

Corsaro Eugenia

Curatolo Salvatore

D’Agata Francesco

D’Amico Cosimo

Di Mauro Paolo

Di Stefano Giuseppe   medaglia d’argento

Favorita Mario

Gallo Francesco   medaglia d’oro 

Giuffrida Graziella

Grasso Salvatore  medaglia d’oro

Grillo Santo

Lopes Giuseppe

Malerba Pietro    medaglia d’argento

Mancuso Salvatore

Marino Giuseppe

Privitera Vito

Ragusa Antonino

Riolo Vito

Rotolo Paolo

Salanitro Carmelo

Toscano Domenico

Vinci Corrado

Vinciguerra Giovanni

Zappia Giuseppe

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 4) La partecipazione dei catanesi alla Resistenza

 

LA PARTECIPAZIONE DEI CATANESI ALLA RESISTENZA 

di Claudio Longhitano

Questo mio contributo sulla partecipazione dei catanesi alla Resistenza è il risultato di una indagine che è stata condotta nel tempo tra gli ex partigiani iscritti  all’ANPI di Catania, stante la quasi totale mancanza di documentazione  o di  studi su questo argomento. Gli elementi che ho tratto da queste testimonianze orali, anche se raccolti da persone che, come il sottoscritto, non fanno gli storici di  professione, tuttavia – pur nella  loro frammentarietà  ed approssimazione – mi hanno permesso egualmente di farmi un’idea vicina alla realtà  circa le modalità  e  le motivazioni con cui la nostra provincia ha partecipato a questo evento irripetibile che  stata la Resistenza.

Se non si può parlare di Resistenza in Sicilia, si può parlare di Resistenza dei siciliani.

La situazione era la seguente: all’indomani dell’armistizio dell’8 Settembre 1943, parecchie centinaia di catanesi, che a quella data – come, del resto, centinaia di migliaia di italiani – che si trovavano sotto le armi nelle regioni del Nord Italia o aggregati ai reparti mobilitati nelle zone d’operazione all’estero, si sono trovati sbandati, senza direttive da parte dei superiori, impossibilitati a rientrare alle proprie famiglie a causa delle comunicazioni interrotte, minacciati dal pericolo dei rastrellamenti, da parte delle truppe tedesche, in danno dei militari italiani considerati “traditori”. Dalle testimonianze che ho raccolto, la spinta ad entrare nelle formazioni partigiane risultata essere stata la situazione contingente, rappresentata dai rastrellamenti da parte delle truppe di occupazione e il timore delle relative, tragiche conseguenze, ossia la deportazione in Germania  o l’arruolamento coatto nelle file della R.S.I. Chi ha fatto questa scelta era prevalentemente animato dal desiderio di finirla con una guerra che non sentiva propria e l’adesione alle forze resistenziali è sembrato il mezzo più efficace per raggiungere questo obiettivo (data anche la relativa facilità  con la quale era possibile entrare  in contatto con i gruppi che si trovavano alla macchia) a fronte di ciò che, invece, rappresentava l’adesione alla R.S.I., ossia la prosecuzione dell’impegno militare a fianco dell’alleato nazista.

Non ho registrato motivazioni derivanti da una loro precedente militanza politica e quindi da una scelta ideologica e una consapevolezza esistenti “a monte”.Ciò a differenza di quanto  è accaduto per moltissimi dei partigiani residenti nelle regioni del Nord Italia, i quali avevano alle spalle un bagaglio di militanza politica nei partiti antifascisti, di anni di carcere, di partecipazione alla guerra di Spagna  e così via, per i quali aderire alla Resistenza  stato un passaggio quasi naturale del loro impegno personale e non – o non solamente – una scelta costretta dalle contingenze della situazione.

La mancanza, nei partigiani catanesi, di una coscienza antifascista originaria in senso stretto, mi sembra addebitabile, in primo luogo, alla scarsa incidenza nel tessuto locale che avevano avuto durante il ventennio della dittatura i gruppi di opposizione organizzata al regime, soprattutto per quanto riguarda la funzione di una educazione politica e antifascista delle masse. Significativo mi sembra il caso del partigiano Giuseppe Missorici, oggi defunto, aderente, dal Marzo 1944 al Marzo 1945, alla 18° Brigata Garibaldi operante nell’astigiano, il quale mi ha testimoniato la sua totale ignoranza delle posizioni politiche delle varie formazioni partigiane con le quali veniva in contatto, al punto che non si era mai chiesto la ragione per cui lui e i suoi compagni di lotta portavano il fazzoletto rosso al collo e che solo a guerra finita aveva saputo che le Brigate Garibaldi erano di ispirazione prevalentemente comunista (ideologia della quale, peraltro, ignorava tutto).

Il ceto socio-culturale dei resistenti catanesi  è stato caratterizzato da una prevalenza di appartenenti alle classi popolari (molti contadini o operai, dal grado di istruzione medio – basso) e da una minoranza di appartenenti  alle classi piccolo – borghesi (pochi gli studenti universitari, tra i quali vorrei ricordare Antonio Brancati, studente in medicina, fucilato  a 23 anni in Toscana, che il Rettore dell’Università di Catania proclamerà dottore in Medicina e Chirurgia alla memoria nel 1947 ed il cui nome è ricordato in una vecchia lapide posta nell’atrio del Palazzo dell’Università che riporta mischiati assieme, in una sorta di revisionismo storico ante litteram, i nominativi degli studenti della nostra Università caduti durante le guerre per “l’impero” coloniale, durante la Guerra di Spagna nelle file delle truppe fasciste e durante la Resistenza).

Le motivazioni di fondo  cui ho accennato, non hanno, tuttavia, impedito ai catanesi di dare un grosso contributo alla lotta di Liberazione, sia in termini quantitativi, che di sacrificio personale, combattendo in tutte le aree, in Italia ed all’estero, in cui la lotta di liberazione ha avuto il suo sviluppo. La partecipazione dei catanesi alla Resistenza, costretta all’inizio da ragioni contingenti,  è stata, tuttavia, maturata e vissuta con grande consapevolezza della giustezza delle motivazioni per le quali si combatteva o, per lo meno, con senso di responsabilità nei confronti di una causa che, anche per i più che non avevano una coscienza politica critica alle spalle, appariva più convincente di quella abbracciata dai loro antagonisti in camicia nera, alleati degli invasori nazisti.

Questo impegno è testimoniato da un centinaio di partigiani caduti, ai quali sono state concesse alla memoria (da quello che mi risulta) tre medaglie d’oro, tre d’argento e due di bronzo. Sulla base dell’unico dato attendibile che possiede l’ANPI, riguardante i paternesi (Paternò è un grosso centro agricolo della Piana di Catania, medaglia d’oro al valor civile concessa per i sanguinosi bombardamenti alleati subiti durante il conflitto, che hanno causato ingenti perdite alla popolazione civile ed immani distruzioni), i quali hanno aderito alla Resistenza in circa 150, subendo 47 caduti, si evince che la partecipazione complessiva non deve essere stata affatto trascurabile.

Ricordo, infine, che due catanesi e tre residenti di paesi della provincia, risultano tra le vittime delle Fosse Ardeatine.

Il primo è Cosimo D’Amico, nato nel 1907, amministratore teatrale.

Il secondo è Ferdinando Agnini, di venti anni, studente in medicina. Suo nonno era il famoso on. Giuseppe de Felice, più volte pro sindaco di Catania dal 1902 al 1920. A Roma, dal Novembre 1943 al Febbraio 1944, l’A.R.S.I. (Associazione rivoluzionaria studentesca italiana), nella quale era confluita l’Unione studenti italiani, lo ebbe come organizzatore e animatore. Curava la stampa del giornale clandestino “La nostra lotta”, stringeva contatti con gli operai del quartiere Montesacro, passava da una riunione ad un’altra, scivolando nelle strade dopo il coprifuoco. Di fronte all’infittirsi delle azioni di sabotaggio e della intensa nell’università e nelle scuole, i tedeschi affidarono a due spie fasciste, che nel dopoguerra furono condannate dal Tribunale Militare, il compito di individuarne i dirigenti. Così il 24 Febbraio 1944, i tedeschi irruppero nella sua abitazione e lo condussero al commissariato del quartiere. Le sue tasche erano piene di materiale per il giornale. Non poteva negare e lo picchiarono a sangue perchè volevano i nomi dei suoi compagni cospiratori. Lo lasciarono sanguinante, ma un agente di polizia fu con lui caritatevole. Il giovane gli affidò un messaggio scritto su un pezzo di cartone perchè lo consegnasse al padre Gaetano, giornalista costretto dal regime a lasciare il suo lavoro, affinchè avvertisse gli amici perchè si mettessero in salvo.

Due ore dopo le spie erano ancora a casa Agnini a chiedere ragione di quel biglietto. Il padre fu portato al commissariato anche lui. Di lì furono trasferiti nella famigerata prigione nazista di Via Tasso, ma separati in celle e piani diversi. A 12 interrogatori e atroci sevizie fu sottoposto Agnini, ma non rivelò un solo nome.

Alle ore 14 del 23 Marzo fu eseguito l’attentato gappista di Via Rasella. Il giorno dopo, ancora alle ore 14, le vittime designate furono fatte uscire dalle celle di Via Tasso e di Regina Coeli e andarono a morire alle Fosse Ardeatine. Ad Agnini fu concessa la medaglia al valor militare, conferita la laurea honoris causa in Medicina e Chirurgia, intitolata una strada nel cento di Catania. Al Liceo ginnasio “Orazio Flacco” di Roma, dove egli aveva studiato, lo ricordano un busto di marmo ed una lapide.

Per quanto riguarda i Martiri delle Fosse Ardeatine residenti della provincia, ricordo Sebastiano Ialuna, nato  a Mineo nel 1920, agricoltore; Santo Morgano, nato a Militello nel 1920, elettromeccanico; Rosario Pitrelli, nato nel 1917 a Caltagirone, meccanico. Purtroppo si tratta di figure che le istituzioni locali non hanno valorizzato, ma che meriterebbero di essere riscoperte dopo oltre sessanta anni di oblio e additate al ricordo delle giovani generazioni.

Voglio ricordare, da ultime ma non per ultime, Graziella Giuffrida e Salvatrice Benincasa. La prima militava nella Resistenza genovese e nel capoluogo ligure venne catturata casualmente da militari germanici, torturata brutalmente ed assassinata assieme ad altri compagni di lotta. Identica sorte toccò anche al fratello, ingegnere. La seconda aderiva alle Brigate Matteotti, di ispirazione socialista. Catturata dai fascisti a Monza, trovò la morte durante le feroci torture a cui venne sottoposta presso la Casa dello Studente (maggiori dettagli il lettore può trovarli nel nostro sito Internet, dove sono anche reperibili dati e nominativi, quantitativamente attendibili, sulla partecipazione complessiva dei siciliani alla Lotta di Liberazione, questi ultimi tratti dal sito dell’Istituto Nazionale di Storia del Movimento di Liberazione in Italia). Si tratta di un esempio emblematico ma luminoso di come anche le donne catanesi abbiano dato un loro significativo apporto, sia pure quantitativamente ridotto, alla Lotta di Liberazione.

Un altro elemento che ho rilevato, riguarda l’incidenza che la partecipazione alla Resistenza ha avuto, nel dopoguerra, sul bagaglio culturale e politico dei catanesi.

L’esperienza resistenziale ha costituito, per molti di essi, una presa di coscienza della importanza della lotta appena sostenuta, ma non ha rappresentato – a differenza di quanto  accaduto per molti loro commilitoni del Nord Italia, – la chiave di lettura per interpretare la lotta politica nella nuova Italia democratica, come la naturale prosecuzione di un cammino intrapreso all’indomani dell’8 Settembre, tendente, nei casi più radicali, a dare alla Resistenza una valenza in senso rivoluzionario. Per essere più chiaro, mi riallaccio alla partizione fatta da Claudio Pavone nel suo celebre saggio sulla moralità della Resistenza, secondo il quale la Resistenza ha avuto, contemporaneamente, tre anime: guerra civile, guerra di classe, guerra patriottica. Sotto questo punto di vista, a mio modesto avviso mi sembra che nei resistenti catanesi sia maturata la consapevolezza di una guerra di  liberazione intesa solo sotto l’ultimo di questi tre aspetti, ossia di guerra patriottica: di guerra, cioè, che aveva come scopo quello di liberare il Paese dall’invasore tedesco e ristabilire le libertà fondamentali, cancellate all’indomani della marcia su Roma, senza provocare stravolgimento alcuno nelle strutture socio-economiche nazionali che non fosse l’aspirazione ad una giustizia sociale più diffusa, che non si connotasse, tuttavia, dei significati di una vera e propria lotta di classe rivoluzionaria in senso stretto.

Ciò si spiega, a mio parere, con una serie di ragioni. Il più importante è  rappresentato dal fatto che essi hanno sempre vissuto all’interno di una  società sostanzialmente conservatrice, quale quella contadina o piccolo borghese siciliana del tempo e, non avendo conosciuto gli eccessi della lotta di classe che in certe regioni chiave del Nord Italia si sono avuti prima e dopo la guerra, non hanno concepito la Resistenza come momento di rottura.

Numerosi ex partigiani hanno abbracciato la politica attiva, principalmente nel P.C.I. e nel P.S.I. e, in rari casi, tra le fila della D.C. (Giuseppe Burtone) o hanno semplicemente aderito ad altri partiti moderati (Partito Liberale per quanto riguarda Filadelfo Ossino e Salvatore Romeo), o la militanza nei sindacati (a quello che mi risulta, solo nella C.G.I.L., come il partigiano Stefano Sberno o Carmelo Mio, che è stato dirigente dello S.P.I. di Paternò o Vito Nicolosi, che  è stato segretario della Camera del Lavoro di Mascalucia, purtroppo oggi tutti  defunti). Alcuni hanno ricoperto anche cariche elettive negli Enti Locali (come uno dei Presidenti dell’ANPI, il paternese Salvatore Virgillito, che è stato consigliere provinciale del PCI alla fine degli anni Settanta) e successivamente hanno fatto parte degli organismi dirigenti dell’A.N.P.I., che a Catania esisteva già sin dal 1948, ma ha avuto il suo sviluppo a partire dalla fine degli anni Settanta.

In costoro, mi è sembrato che la loro scelta personale sia stata determinata da una parte dalla situazione politica e sociale turbinosa che hanno trovato al ritorno a casa, in cui il P.C.I. e il P.S.I. si presentavano come le forze che sembravano le più idonee a risolvere i problemi delle classi popolari, piuttosto che la prosecuzione logica, in chiave rivoluzionaria, della esperienza resistenziale. Da un’altra parte, essi hanno cercato di permeare questo loro impegno pubblico con i valori appresi e maturati durante la lotta in montagna, sia pure con le forme e le valenze non di rottura che ho cercato di illustrare, ma che, tuttavia, nella realtà sociale e politica catanese del dopoguerra si presentavano indubbiamente con elementi di assoluta novità.

Mi sembra degno di nota rilevare anche che alcuni di essi hanno sentito il bisogno di far conoscere le loro esperienze, soprattutto alle giovani generazioni, pubblicando libri di memorie. Cito, in ordine cronologico, Franco Benanti, che ha pubblicato “Nidi d’aquile” sulla sua esperienza di partigiano in Albania con un editore di Catania e, successivamente, altre pubblicazioni con editori nazionali, come ad esempio Mursia, che hanno avuto una buona accoglienza tra i lettori; quindi due ex deportati nei campi di sterminio nazisti, il carabiniere Antonino Garufi, che ha pubblicato nel 1990 con l’editore Gelka di Palermo “Diario di un deportato”, singolare e toccante resoconto dell’esperienza di un partigiano deportato nei Lager di Dachau e Buchenwald scritto interamente in dialetto siciliano  e Nunzio Di Francesco, che ha pubblicato “Il costo della libertà”. Si tratta di opere che a mio parere non hanno nulla da invidiare alla memorialistica degli scrittori partigiani più celebri e venduti.

Mi sembra, pertanto, che la provincia di Catania – e, in generale, l’intera Sicilia – abbiano dato un contributo di sacrifici, di passione e di impegno, nella Lotta di Liberazione non inferiore a quello dato da altre regioni del nostro Paese. E’ compito delle giovani generazioni di non dimenticare e di non disperdere questo prezioso patrimonio che ci è stato lasciato.

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 5) Carmelo Salanitro

Carmelo Salanitro
 Nato a Adrano (Catania) il 30 ottobre 1884, morto a Mauthausen il 25 aprile 1945, professore.Negli anni del primo dopoguerra fu – eletto nella lista del Partito popolare – consigliere provinciale a Catania. Militante cattolico, Salanitro, che insegnava al Liceo “Cutelli” di Catania, fu negli anni del regime un oppositore del fascismo. Scosso dalla promulgazione delle leggi razziali e, ancor più, dall’entrata in guerra dell’Italia, il professore, nell’autunno del 1940, decise di scrivere e diffondere clandestinamente volantini inneggianti alla libertà.
Arrestato e deferito al Tribunale speciale – perché, com’è scritto testualmente, nei dattiloscritti di Carmelo Salanitro “si faceva istigazione a non combattere, a uccidere il Duce e il Fuehrer, si offendevano i medesimi, si vilipendiava il fascismo” – il professore fu condannato a 18 anni di reclusione. Trasferito da un penitenziario all’altro, nel 1943 Salanitro fu consegnato ai tedeschi, che lo deportarono a Dachau. Di lì il professore catanese fu trasferito nel campo trincerato di Vienna e, infine, a Mauthausen. In questo lager, dopo aver sopportato per mesi e mesi privazioni, patimenti e sevizie, Salanitro fu ucciso proprio nella notte tra il 24 e il 25 aprile 1945.
Sessant’anni dopo, una strada di Tremestieri Etneo è stata intitolata a Carmelo Salanitro. Il liceo di Catania dove il professore aveva insegnato, da due anni bandisce un “Premio Carmelo Salanitro” che, nel sessantesimo della Liberazione, è stato assegnato a Serena Alessi per il racconto, in italiano e in inglese, “Uno contro tanti”.

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6) Graziella Giuffrida:

giovane martire catanese nella Lotta di Liberazione

Rocca dei Corvi (Fegino)
Nei giorni della Liberazione in località Barabini di Teglia, a Fegino in Val Polcevera, vennero ritrovate alcune fosse ricoperte di terra nei pressi di una capanna, in Via Rocca dei Corvi. Da quelle fosse furono estratti i corpi di 5 persone, torturate e uccise dai tedeschi che nella zona avevano un comando e che soprattutto nel mese di marzo 1945 avevano intensificato le azioni di polizia volte a terrorizzare la popolazione.
Barabini di Teglia si trova sulla sponda destra del Polcevera, in una zona industriale e operaia, dove era attiva l’azione antifascista e partigiana, spesso in collegamento con quella delle fabbriche.
I tedeschi vi avevano insediato un piccolo comando con alle sue dipendenze anche alcune unità dell’Organizzazione TODT nella quale erano stati reclutati anche abitanti della zona utilizzati per la realizzare scavi e opere di ingegneria militare.
In uno scantinato del comando tedesco e in una capanna poco lontana, nella valletta di Via Rocca dei Corvi, vennero condotti i partigiani catturati durante controlli o azioni di polizia. In queste costruzioni, protette da filo spinato e quindi inavvicinabili, i prigionieri venivano torturati e uccisi e infine sepolti in fosse scavate, presumibilmente, dagli stessi ignari lavoratori cooptati dall’organizzazione TODT.
Soltanto il 28 aprile 1945 si riuscì a dare un nome ai corpi ritrovati .
Dettagli della mappa

Chi erano i caduti


Graziella Giuffrida

Daniele Cotella, 43 anni, fu catturato perché ospitò un altro partigiano, Savoldelli, inseguito dai tedeschi. Torturato venne ritrovato in una delle fosse a Rocca dei Corvi.
Sebastiano Macciò, 23 anni, riuscì a fuggire durante la perquisizione della propria casa. Saputo che la madre e poi lo zio erano stati arrestati per rappresaglia Macciò si consegnò ai tedeschi che lo torturarono orrendamente prima di ucciderlo.
Andrea Savoldelli, 48 anni, venne fermato da una pattuglia di tedeschi a tarda sera per un controllo. Colto dal panico tentò la fuga e si rifugiò in casa del partigiano Cotella e lì si fece arrestare con l’amico di fronte alla minaccia nazista di infierire sulla famiglia. Anch’egli fu torturato, ucciso e gettato in una fossa alla Rocca dei Corvi.
Giancarlo Valle “il genovese”, 19 anni, faceva parte di una formazione partigiana piemontese e si trovava a casa perché malato. I tedeschi saputo della loro presenza lo arrestarono e dopo averlo torturato lo uccisero.
Graziella Giuffrida, catanese di 21 anni, arrestata sul tram da un gruppo di tedeschi che, dopo averla pesantemente importunata, si accorsero che era in possesso di una pistola. Condotta nella sede del comando di Fegino fu sottoposta a tortura e violentata prima di essere uccisa e gettata in una delle fosse di Via Rocca dei Corvi.

Postato in: Memoria della Lotta di Liberazione

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7) Beatrice Benincasa:

giovane partigiana catanese, martire della Resistenza

 
 
 Beatrice Benincasa
 

Associazione Nazionale Partigiani d’Italia SEZIONE GIANNI CITTERIO

 VIALE VITTORIO VENETO, 1 -20052 MONZA- MI

 PER NON DIMENTICARE

Benincasa Salvatrice

lapide a Lei dedicata

  L’ ANPI di Monza commemora la morte della patriota

BENINCASA SALVATRICE

 Nata a Catania l’8 settembre 1924 e uccisa a 20 anni dai nazifascisti il 17

 dicembre 1944 sul ponte del Lambro (in via Mentana – p.zza Castello).

 Era una partigiana della Brigata Matteotti e lottava per la pace, la giustizia, la libertà

 contro l’oppressione nazifascista.

 Mercoledì 17 dicembre 2008 alle ore 11.00, depositeremo una corona d’alloro in

 onore del suo sacrificio.

 Il Comitato Direttivo

 GLORIA ETERNA AI CADUTI PER LA LIBERTA

 Postato in: Memoria della Lotta di Liberazione

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In memoria dell’assassinio del partigiano catanese( di Acireale)

8) Alfio Anastasi a Piacenza

A.N.P.I. – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia –

Sezione di CATANIA  

 anpicatania@yahoo.it  

                                                                                                                Catania,  27 luglio 2009

COMUNICATO STAMPA

 

In memoria dell’assassinio del partigiano catanese( di Acireale) Alfio Anastasi a Piacenza

 

Il 27 Luglio a Piacenza è stata commemorata la fucilazione, avvenuta  il 18 Dicembre 1944 ad opera delle truppe nazifasciste, di tre partigiani, di cui uno di essi nato ad Acireale nel 1913, di nome Alfio Anastasi, militare “sbandato” che si era aggregato con i reparti partigiani che operavano nel piacentino contro la famigerata Divisione “Turkestan”.

E’ stata scoperta una lapide nel luogo in cui persero la vita i tre partigiani, a Cicogni di Pecoraia ( Pc), in via Fontanelle n. 5.

L’Anastasi si trovava ospitato assieme ad altri due partigiani presso la famiglia Pozzi sul Monte Mosso allorquando con i suoi compagni venne sorpreso nel corso della notte da un forte rastrellamento nemico. La cascina dove si trovava nascosto Alfio Anastasi con i suoi compagni di lotta venne circondata dalle truppe nazifasciste, che irruppero all’interno e lo ferirono gravemente a colpi di arma da fuoco. I suoi due compagni, Foglia Sunter e Gamba Tarcisio, vennero catturati ed immediatamente passati per le armi nonostante non avessero opposto resistenza. Le salme degli uccisi furono sepolte in una fossa comune profonda circa 40 centimetri. La mattina seguente la gente del vicino villaggio di Cicogni fece la spola per recitare una preghiera davanti ai tre giovani affiancati con gli occhi immobili rivolti al cielo. La figura dell’acese Alfio Anastasi è una delle tante figure di abitanti della provincia di Catania che hanno dato la vita durante la Resistenza nel Nord Italia ed all’estero, il cui contributo e la stessa memoria sovente sono state dimenticate.

In memoria del partigiano catanese

9) Sortino Salvatore, deceduto gg. 8 giugno

A.N.P.I. – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia –

Sezione di CATANIA

 anpicatania@yahoo.it

                                                                                  Catania, 9 giugno 2009

COMUNICATO STAMPA

 In memoria del partigiano catanese  Sortino Salvatore, deceduto gg. 8 giugno

 

                L’ANPI di Catania annuncia con profonda tristezza la morte del partigiano combattente Salvatore Sortino di Catania, di anni 81, avvenuta la sera dell’8 Giugno dopo grave e lunga malattia. Salvatore Sortino proveniva da una famiglia della provincia di Catania in cui il conflitto politico era molto acceso, il padre piccolo gerarca fascista ed il nonno paterno vecchio anarchico libertario, che esercitò una grande influenza nelle idee democratiche del nipote.

               Nel 1944, una volta liberata la Sicilia, il Sortino, che aveva appena superata la fase dell’adolescenza, seguì istintivamente le pulsioni di libertà che aveva appreso e maturato nei discorsi con il nonno e, accogliendo gli appelli del governo del Sud, fu tra i circa dieci catanesi che si arruolarono volontariamente nel Corpo Italiano di Liberazione e raggiunse il Nord Italia dove ancora infuriava la guerra contro gli occupanti nazifascisti.

             Condusse la guerra nel neonato Esercito italiano quale graduato e successivamente entrò a far parte delle Brigate Garibaldi, con le quali operò nella zona di Marzabotto nei giorni in cui veniva commessa la strage di civili ad opera di Walter Reder.

              Di tale strage di innocenti Salvatore Sortino conservò un ricordo indelebile. Volle portare con sé, quale testimonianza tangibile a futura memoria, un pezzo di terra di Marzabotto intrisa di sangue, conservata in un’ampolla di vetro, che non abbandonò mai e che nelle sue ultime volontà dispose che l’accompagnasse fin nell’ultima dimora.

               Nel dopoguerra, grazie all’aiuto dei tanti amici ebrei che da partigiano aveva aiutato a fuggire dalle persecuzioni naziste, trovò lavoro in banca.

              Tutta la sua vita Salvatore Sortino la dedicò con tenacia a perpetuare i valori di democrazia, di tolleranza, di sacrificio, che animarono la Resistenza di cui fu uno dei partecipi, aderendo all’ANPI di Catania, partecipando ogni anno alle manifestazioni del 25 Aprile e andando nelle scuole ad incontrare i giovani, con i quali si trovava sempre in sintonia grazie al suo parlare garbato, mai sopra le righe, che stimolava al dialogo.

              Lo ricordiamo due anni addietro, già gravemente minato nella salute, allorquando volle testardamente partecipare alla sua ultima manifestazione sulla Resistenza nella facoltà di Scienze Politiche dove studiava l’amata figlia, ove fece un intervento applaudito.

             Salvatore Sortino voleva essere sepolto con la sua vecchia camicia di partigiano, il fazzoletto tricolore dell’ANPI e la terra di Marzabotto. Il suo ultimo desiderio è stato esaudito. Anche da questa circostanza viene fuori chi era Salvatore Sortino. Una persona che ha vissuto la Resistenza come un evento coinvolgente anche emotivamente, in cui l’essere umano è stato protagonista, con i suoi sentimenti ed i suoi valori positivi. Il che, nella società di oggi in cui Salvatore Sortino si identificava con difficoltà, ci sembra una grande lezione di umanità.

 ANPI di Catania

Postato in: Comunicati stampa ANPI Catania

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10) In memoria di Giuseppe Burtone, partigiano

 

A.N.P.I.  – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia– 

 Sezione Provinciale di Catania

anpicatania@yahoo.it

Catania, 26 marzo 2009

Comunicato Stampa

 

       In memoria di Giuseppe Burtone, partigiano

 La sezione provinciale dell’ANPI di Catania onora e commemora l’avv Giuseppe Burtone , deceduto ieri, ottantanovenne, a Militello Val di Catania.

Figura integerrima della società civile e democratica catanese, combattente partigiano nella Lotta di Liberazione contro il nazi-fascismo.

Fu il “comandante- tenente – Morello”, comandante di distaccamento della divisione “Valtoce” che operò nell’area della bassa Ossola nel contesto territoriale di Novara- Domodossola al comando del capitano palermitano Alfredo Di Dio Emma ( medaglia d’oro al valore militare – caduto a Finero il 12/10/1944, in collaborazione con il fratello Antonio, ufficiale,  ( medaglia d’oro, ucciso a Megolo nel febbraio del 44).

L’intrepida azione partigiana di Giuseppe Burtone, dettata dal supremo fine di dare all’Italia libertà e democrazia, si sviluppò nell’ambito della “Valtoce”, precedentemente denominato gruppo “Ossola” ( con la collaborazione di un sacerdote – Don Sisto Bighiani, che mise a disposizione la sua abitazione come base di comando – ) composta da tre brigate di combattimento contro gli occupatati nazisti e i militi della rsi – loro stretti alleati – e di una “compagnia comando” dislocata a Domodossola.

Partecipò attivamente, da combattente,  all’esperienza di liberazione di quelle aree del novarese che determinarono la nascita della “repubblica partigiana dell’Ossola” costituita nel settembre del 1944.

 Il partigiano Giuseppe Burtone, comandante Morello, nel corso degli anni, pur ormai alle prese da rilevanti difficoltà fisiche, ha sempre voluto direttamente testimoniare nella nostra città, partecipando direttamente, i Valori supremi della Libertà riconquistata, rappresentati nella ricorrenza dell’l’anniversario della Festa della Liberazione del 25 Aprile.

Anche l’anno scorso è stato alla testa del corteo cittadino, celebrando, ai piè della lapide posta nel cortile del Palazzo di città, la memoria dei concittadini morti nella Lotta di Liberazione.

“Lunga vita”  di Libertà, comandante Morello.

A.N.P.I.   Catania

Postato in: Comunicati stampa ANPI Catania

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Ad un anno dalla dipartita di  “un muratore della

democrazia”:

11) Carmelo Mio

 E’ passato una anno ad oggi,  9 agosto, dalla scomparsa di Carmelo Mio, presidente dal 1993 della sezione catanese dell’ANPI- l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia -, componente del Consiglio Nazionale.

Un ex partigiano, libero, democratico e galantuomo. Durante le drammatiche fasi della Lotta di Liberazione contro il nazi-fascismo operò in Valsesia (Piemonte) assieme a tanti altri siciliani che confluirono nei gruppi partigiani.

Un vecchio socialista, vero libertario, che dall’alto della sua saggezza, sostenuto da un grande cuore democratico e dagli 87 anni portati con grande dinamismo e lucidità intellettuale, elargiva amore per la vita, per la natura, per i giovani e per i valori supremi della libertà.

Nei tanti anni di presidenza della sezione catanese si operò sempre, con civica gioia e senza risparmio, per divulgare, a partire dalle scuole ( fu per tanti anni professore),  tra i giovani,  i valori perenni dell’antifascismo, della libertà, della democrazia, della giustizia sociale.

Rispettato da tutti, per il suo carattere schietto e forte; cordiale, senza eccezione.

Sempre presente alle riunioni nazionali del Consiglio Nazionale dell’Anpi.

Pur con la sua veneranda età vi si recava  utilizzando  immancabilmente  il “ vecchio e riposante” treno

Animatore, instancabile, delle celebrazioni della Liberazione 25 Aprile a Catania. In prima fila ai cortei del 25 Aprile, tenendo lo striscione d’apertura e aiutando a sostenerne il pesante stendardo del medagliere.

Teneva da tanti anni il comizio finale, con il fazzoletto dell’Associazione partigiana stretto al collo, di fronte ai tantissimi partecipanti.

Richiamava, con voce calma e serena, i valori supremi della Resistenza. Ricordava, in continuo esempio per le nuove generazioni, le decine di migliaia di uomini, donne, compreso i tanti catanesi, che avevano sacrificato la vita durante la Lotta di Liberazione.

Dall’alto della sua antica e democratica saggezza evidenziava sempre le grandi contraddizioni che caratterizzano l’Italia, ancora lontana  a dare giusta risposta operativa ai principi e ai diritti sociali fondanti della nostra Repubblica, nata dopo la liberazione della Patria.

Carmelo Mio, ancora ben memore della cultura di liberazione partigiana, chiamava l’Italia: Patria, considerandola, in continuità con i valori resistenziali,   luogo universale per tutte le libere e civiche convivenze, di solidarietà, di pace, contro le discriminazioni, le intolleranze e i razzismi.

Memori di questi suoi ferrei intendimenti nella ricorrenza del 25 Aprile scorso…………come passaggio del testimone, è stato commemorato da una giovane donna, dell’associazione Open  Mind, in rappresentanza di tutte le diversità.

Negli ultimi anni era molto amareggiato per le ventate di forte revisionismo storico, anche istituzionali,  che hanno attraversato l’Italia. Affermava, pensiero sempre evidente in tutti i suoi interventi,  che bisognava contrastare continuamente i tentativi di ribaltare la storia, tesi a “infangare” i partigiani, a “rivalutare” gli orrori del fascismo.

Ricordava spesso i periodi di discriminazione subiti nell’immediato dopoguerra nel suo paese natio, Paternò;  costretto ad emigrare per cercare altrove,  “migliore fortuna” di vita.

Gli anni sono passati, il contesto complessivo del  becere revisionismo è peggiorato di molto nell’ultimo decennio. Dall’inizio degli anni di questo secolo diverse strade di Catania, da parte dell’amministrazione comunale della destra, sono state intitolate ad ex gerarchi fascisti e ad epigoni degli eredi storici della dittatura che schiacciò la libertà in Italia. Lui si era fermamente opposto, con l’Anpi,  assieme a tanti altri cittadini democratici catanesi.

Oggi c’è la strada intestata all’ex gerarca Filippo Anfuso ( catanese), braccio destro del ministro fascista agli Esteri Galeazzo Ciano.

Non c’è il pubblico luogo intitolato a Carmelo Mio.

Partigiano, emerito cittadino  democratico,  testimone diretto degli orrori del fascismo; “muratore”, tra tanti/e, uomini e donne, della costruzione e della ricostruzione della sessantennale democrazia in Italia, che con il suo “piccolo” apporto di lotta , contribuì a conquistare le libertà violentemente soppresse. Oggi, in orrido sfregio ad esse,  sono “declamate”  dagli infissi  posti nelle  nostre mura cittadine dalla destra cittadina del sindaco Scapagnini, in “onore” degli assassini della libertà.

ANPI Catania                                                          9 agosto 2007

 

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12) Innocenzo Privitera

 

2 aprile 2008

A.N.P.I.  – Associazione nazionale partigiani d’Italia –

Sezione di Catania

Un mese addietro si è spento Privitera Innocenzo, partigiano catanese.

Ottantacinquenne di “ferro”, nel cuore e nell’intelletto. Fulgido esempio di passioni civili, democratiche ed antifasciste.

Ex ufficiale, dopo l’8 settembre del 43 si schierò con i nascenti gruppi partigiani che iniziavano ad agire nel centro-nord Italia nella lotta di popolo  contro i nazi-fascisti.

Operò in particolare nelle zone dell’Emilia. Era presente nell’area di Marzabotto, proprio nei giorni dell’orrenda strage di civili operata dagli assassini nazisti.

Sempre presente in primissima fila alle manifestazioni cittadini del 25 APRILE e in tutte le iniziative promosse dall’ANPI catanese..

Sguardo fiero, sincero e giovanile. Il fazzoletto tricolore dell’Anpi  sempre cinto al collo, simbolo della nuova Patria liberata.

Voce forte, sempre pronto a “redarguire”, sdegnosamente,  i rigurgiti fascisti e i venti osceni del revisionismo che  soffiano forte in Italia, in particolare nell’ultimo decennio. Su questo portava una grande amarezza nel cuore, con particolare rammarico per l’iniziativa dell’amministrazione della destra catanese sulla titolazione di alcune strade ad un gerarca fascista e ad alcuni epigoni di prima ora dell’Msi Lui, combattente per la Libertà, non sopportava l’onta di disprezzo sempre più vergognosamente crescente contro la Lotta di Liberazione da parte delle vecchie e nuove destre.

Soffriva un grande malessere nel constatare lo stato di enorme disuguaglianze e di  crescente autoritarismo della democrazia italiana.

La sua ultima occasione di presenza pubblica è stata giorno 1 febbraio, nel salone della Cgil, per la presentazione del libro sul sindacalista G. Orcel.

Caro Innocenzo, il tuo esempio di vita è monito per tutti gli appassionati della libertà, della democrazia e dell’antifascismo.

ANPI  Catania

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13) Orazio Costarella

 

 

Martire di 19 anni. Medaglia d’oro     

 

Giovane figlio di Misterbianco, assassinato a soli 19 anni dalle bande nazi – fasciste il 17 febbraio 1944 a Poggio di Orticoli ( Terni – Umbria -).

All’atto dello sbandamento dell’esercito italiano, immediatamente dopo l’armistizio dell’ 8 settembre, Costarelli prestava servizio presso la regia fanteria sabauda al XIV reggimento autieri Treviso.

Orazio, invece di cercare di ritornare nel suo paese ( la madre era rimasta vedova dopo otto giorni dalla sua nascita), si aggrega alle prime formazioni partigiane che già cominciavano a contrastare con armi in mano i fascisti della Rsi e i nazisti invasori nell’area dell’Umbria.

E’ inquadrato nella Brigata Garibaldina Antonio Gramsci, la più consistente tra tutte le strutture partigiane che operavano nella regione.

Nel gennaio del 1944, la Brigata Gramsci, a seguito delle tante ed ardite azioni viene proclamata la “Prima Zona Libera”; una vera e propria Repubblicana Partigiana nell’Italia centro Settentrionale. L’area è molto grande dato che coinvolge tutti i territori del sud dell’Umbria e del nord del Lazio.

Poggio di Otricoli, località di montagna e centro di reclutamenti di volontari per la Lotta di Liberazione,  si trova nelle linee estreme della “Zona Libera”, non molto lontano da Cassino, dove è attestato l’esercito tedesco.

Il 15 febbraio i tedeschi vanno a rastrellare il borgo di S. Maria. L’obiettivo è di distruggere la base a Poggio di Otricoli. I partigiani, saputo dell’imminente minaccia alla popolazione civile,  scendono dal loro presidio appostandosi sulla strada provinciale “Calvese”. Non incontrando i tedeschi la sera  lasciano una pattuglia costituita da Orazio Costarella, Gaetano Di Blasi  – siciliano di Calatafimi, con il nome di battaglia “Aldo”- , “Barabba” e un maresciallo dei paracadutisti.

Dopo oltre venti ore l’arrivo dei tedeschi. Nel violento combattimento rimane ferito Gaetano Di Blasi che dopo essere stato accolto in un casolare ( famiglia Petruci) muore la stessa sera, vegliato da Orazio Costarelli e da Barabba.

La mattina dopo i tedeschi circondano Poggio di Otricoli.

Orazio assieme al partigiano Barabba, per evitare alla famiglia ospitante  le vili e tragiche ritorsioni praticate dai nazisti, trascinano il corpo di Di Blasi nella piazzetta del paese ( oggi Piazza della Libertà ).

Poco dopo,assieme a Barabba, viene scoperto e trascinato in piazza.

Rifiuta di rispondere alle domande inquisitorie dell’ufficiale tedesco. Orazio sputa in faccia al nazista e l’assassino in divisa lo ammazza con due colpi di pistola sul viso.

Nel paesino di Poggio, al giovane partigiano  e a Di Blasi, è dedicata una lapide.

A Misterbianco, paese natio, è stata intitolata una piazza.

Il martire antifascista è sepolto nel sacrario del cimitero di Terni che, tra l’altro, accoglie i partigiani caduti per la Libertà della Brigata Gramsci.

Il 24 aprile del 2004, in occasione del 61° Anniversario della Liberazione,  Orazio Costarelli è stato insignito della medaglia d’oro al valore civile – alla memoria -.

La medaglia è stata consegnata al nipote Orazio dal Presidente della Repubblica Ciampi.

Questa la motivazione:

Signor Orazio Costarella – alla memoria – Giovane soldato, dopo l’8 settembre 43 in seguito allo sbandamento dell’esercito, sceglieva di arruolarsi in un battaglione di partigiani. Catturato mentre vegliava la salma di un compagno, veniva fucilato dai tedeschi che infierivano poi brutalmente sul cadavere. Luminoso esempio di elevate virtù civiche, di spirito di solidarietà e di profonda fede nei valori della libertà e della democrazia spinti fino all’estremo sacrificio.

 

* Gaetano Di Blasi è stato insignito con la medaglia d’argento alla memoria.

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14) Filippo Mazzaglia

 

 

Partigiano di Nicolosi ( nato a Catania il 18/2/1916). Faceva il pastore prima di essere arruolato nel 5° reggimento di Bersaglieri, divenendo sergente maggiore.

Ucciso a 28 anni dai nazi-fascisti  il 16 maggio 1944 a Forno di Coazze, provincia di Torino, assieme ai partigiani Renato Ruffinatti, Salvatore Mazzeo,Umberto Pavone.

La tragica ed eroica vicenda di Filippp Mazzaglia “ maresciallo Franco”, viene così descritta da Mauro Sonzin, direttore e storico dell’ “Ossario dei Caduti per le Libertà” di Forno di Coazze dove sono sepolti oltre 100 partigiani caduti combattendo durante la Resistenza in Val Sangone nell’ alto Piemonte:

“ Dopo l’8 settembre non potendo raggiungere casa, probabilmente risalì verso nord dove il 1° marzo entrò nella Resistenza arruolandosi nella “banda Sergio” comandata dal tenente Sergio De Vitis,  che occupa la parte terminale della Val Sangone, una delle valli alpine più vicine a Torino. Il partigiano Mazzaglia prende parte a varie azioni tra cui l’attacco di Cumiana. Il 10 maggio del 1944 la formazione viene investita da un rastrellamento in grande stile, l’operazione “ Habicht”: alle 4 del mattino colonne nazi-fasciste risalirono dal fondovalle cercando di imbottigliare i partigiani. Le formazioni dei patrioti di separano. Filippo riesce  a disimpegnarsi il primo giorno, quello più terribile,in cui furono uccisi una cinquantina di partigiani, ma viene catturato in uno dei giorni successivi, probabilmente il 13 o il maggio del 1944, sulle montagne tra Caozze e Giaveno in un tentativo di attacco ad una postazione mentre si aggira con Alfredo Bertolin e il conterraneo Salvatore Piticchio di Palagonia ( Catania). Una volta arrestato viene probabilmente imprigionato dai nazisti nella caserma dei carabinieri di Giaveno e interrogato nell’attuale palazzo comunale. Trasferito quindi nela scuola elementare di Coazze, il 16 maggio viene ucciso assieme a Renato Raffinati, Salvatore Mazzeo e  Umberto Pavone a Forno di Coazze, mentre poco lontano avviene la strage della fossa comune di Forno di Coazze in cui vengono uccisi altri 24 partigiani”.

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Alla commemorazione annuale nell’Ossario di Forno di Coazze, a fine aprile del 2009 ha partecipato una delegazione del Comune di Nicolosi.

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15)   Franco Martelli

 

 

 Il capoluogo della provincia – PORDENONE -ricorda con vari simboli Franco Martelli “Ferrini”, uno dei martiri più significativi della Lotta di Resistenza.Ex maggiore di cavalleria, comandante partigiano, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria, fu ucciso a Pordenone, all’età di 34 anni, il 27 novembre 1944, nell’ultima caserma di via Montereale, tra l’Ospedale e l’attuale incrocio di viale Venezia.Una lapide è stata apposta sulla parte interna del muro di cinta della piazza d’armi, nel punto in cui Martelli cadde colpito dal plotone d’esecuzione nazifascista.Un cippo è stato eretto in sua memoria anche nei giardini antistanti il Cento Studi.Il suo nome figura inoltre nel cimitero urbano, sulla lapide della tomba dedicata ai Benemeriti del comune di Pordenone, dove è stato sepolto.Gli è stata intitolata una delle strade centrali della città.La lapide del luogo in cui fu ucciso delinea la sua figura in poche scarne ma efficaci parole: Nella difficile e dura lottadei partigiani della pianuracontro il feroce oppressore nazifascistavenne catturatoequi fucilato il 27 novembre 1944il Maggiore del Reggimento Cavalleggeri SaluzzoFranco Martelli(Ferrini)Partigiano e cospiratoreCapo di Stato Maggiore della Brigata I. Nievo BComandante del Raggruppamento Osoppo.Da questo muromonito ai tirannieincitamento agli oppressiecheggi imperituro il suo ultimo gridoVIVA L’ITALIA LIBERA Pordenone, 27 novembre 1945****************************************Il 17 FEBBRAIO 2007 si è spenta all’età di 96 anni Elena Stefani, partigiana comb, decorata al valore militare, vedova di Franco Martelli.    

Nato a Catania nel 1911, fucilato a Pordenone il 27 novembre 1944, maggiore di Cavalleria, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

Nel 1941 partecipò alle operazioni belliche in Slovenia, come capitano del Reggimento di “Cavalleggeri di Saluzzo”. Nei giorni seguenti all’armistizio Franco Martelli, raggiunto il Friuli, si dedicò all’organizzazione del movimento partigiano e quindi comandò per oltre un anno la formazione “Ippolito Nievo”, dipendente dalla 4a Divisione “Osoppo-Friuli”. Nel novembre del 1944, catturato dai nazifascisti, resistette per giorni e giorni alle più atroci torture, finché fu fucilato.

La motivazione della MOVM alla memoria dell’ufficiale dice “Organizzatore ed anima della formazione patriottica “Ippolito Nievo”, dopo lunghi mesi di fecondo lavoro cospirativo, scoperto ed arrestato non cedette alle più dure sevizie con le quali il carnefice intendeva strappargli i nomi dei suoi collaboratori, orgoglioso solo di dichiararsi uno dei maggiori esponenti della “Osoppo”. Condannato a morte, manteneva un contegno fierissimo e dignitoso. Affrontava stoicamente la terribile ora, ottenendo di essere fucilato al petto e di comandare il plotone di esecuzione e destando l’ammirazione nello stesso barbaro nemico. Cadde crivellato di colpi gridando: «Viva l’Italia libera». Esempio nobilissimo di altissimo amor di Patria, di eccezionale forza d’animo e retaggio luminoso per tutti i combattenti della libertà”.

Prima di morire Franco Martelli ebbe modo di scrivere al tenente Michele Galati, di Belcastro (Catanzaro), per raccomandargli i suoi quattro figli in tenera età. Galati li adottò ed oggi i figli dell’eroe della Resistenza portano il cognome Martelli Galati. Al maggiore Martelli, a Pordenone, non solo hanno intitolato un viale, ma al cimitero presso il quale è stato ucciso, hanno apposto una lapide. Un busto di Martelli, opera dello scultore Ado Furlan, è stato collocato nei locali del Centro Studi di Pordenone. Nel 2003, Fabio Tafuro ha pubblicato un libro dal titolo Franco Martelli – Storia di un protagonista della Resistenza pordenonese.

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16) Pompeo Colajanni

 Torino, piazza Vittorio. Pompeo Colajanni Barbato, comandante della VIII zona operativa.
6 maggio 1945

 

Nato a Caltanissetta il 4 gennaio 1906, morto a Palermo nel 1987, avvocato.

Al Giardino Inglese di Palermo, accanto al monumento che ricorda i martiri di Cefalonia, sorge un cippo sui cui è inciso: “Pompeo Colajanni, comandante Nicola Barbato 1906-1987, partigiano, contribuì alla liberazione dell’Italia dai nazifascisti e al riscatto della Sicilia”. Non vi si ricorda che già negli anni Venti, giovane comunista, si adoperò per la costituzione di un fronte unitario antifascista del quale facevano parte giovani repubblicani, socialisti, anarchici e comunisti e che per quest’attività subì arresti e perquisizioni. In un semplice cippo, inoltre, non si può ricordare che “Barbato” fu, tra i tanti resistenti, quello che per primo capì, teorizzando la “pianurizzazione”, come doveva condursi la guerra partigiana di fronte a preponderanti forze nemiche.
Pompeo Colajanni, ufficiale di complemento di cavalleria durante la seconda guerra mondiale, subito dopo l’8 settembre del 1943 organizzò in Val Po, presso Borgo San Dalmazzo, con i suoi soldati, altri ufficiali e civili, una delle prime bande partigiane (il distaccamento garibaldino “Pisacane”), da cui si sarebbero poi sviluppate, brigate, divisioni e raggruppamenti di divisioni.
Il nome di “Barbato”, divenuto comandante della VIII Zona (Monferrato) e vicecomandante del Comando militare regionale piemontese, divenne presto leggendario per le imprese delle formazioni al suo comando e per la competenza militare. Nell’approssimarsi dell’insurrezione generale, Colajanni, che intanto aveva liberato Chieri, ebbe il compito di investire e liberare Torino, coordinando le formazioni Garibaldi, GL, Matteotti e Autonome. Memorabile, in questa circostanza, l’incontro tra “Barbato” e il capitano Schmidt, dei servizi di sicurezza tedeschi che, in nome dell’ambasciatore Von Rahn, voleva trattare una tregua. “Ho poteri per combattere o per accettare la vostra resa senza condizioni”, disse “Barbato”; “Faremo fare a Torino la stessa fine di Varsavia” replicò Schimdt. Il mattino del 28 aprile Torino era completamente liberata e Colajanni veniva designato vicequestore.
Pochi mesi dopo “Barbato” era sottosegretario alla Difesa nel governo Parri e lo fu anche nel primo governo De Gasperi. Sino alla sua scomparsa Colajanni non cessò mai l’attività politica: consultore nazionale, membro della Camera dei deputati, membro del Comitato centrale del PCI, deputato regionale in Sicilia, vice presidente dell’Assemblea siciliana, segretario delle federazioni comuniste di Enna e di Palermo, consigliere nazionale dell’ANPI, attivo nel Consiglio nazionale della pace.

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17) Vincenzo Modica

Nato a Mazara del Vallo (Trapani) il 18 ottobre 1918, deceduto a Torino il 9 gennaio 2003, imprenditore.

Ufficiale di cavalleria, si trovava al momento dell’armistizio nel Cuneese. Già il 9 settembre, con Pompeo Colajanni “Barbato”, Modica (che per tutto il periodo della Resistenza avrebbe assunto il nome di “Petralia” e che così sarebbe poi stato sempre chiamato a Torino, dai tanti che ricordavano il ruolo da lui avuto nella liberazione del capoluogo piemontese), aveva costituito una delle prime bande partigiane, che sarebbero poi diventate brigate e divisioni “Garibaldi”. Fu appunto al comando della 1a Divisione Garibaldi “Leo Lanfranco” che “Petralia”, una settimana prima dell’insurrezione generale, diresse l’attacco dei partigiani contro i brigatisti neri asserragliati a Chieri, liberando la cittadina. “Petralia”, che era già stato precedentemente ferito più volte in azioni contro i nazifascisti, era ancora invalido per una pallottola che l’aveva colpito ad una spalla. Ciò non gli impedì, la sera del 25 aprile 1945, di portarsi con le sue unità (IV, XIX e CIII Garibaldi) a dar man forte, agli ordini del comandante di Zona, “Barbato”, agli insorti di Torino.
Dopo la Liberazione, Vincenzo Modica si diede con successo a varie attività imprenditoriali, sempre impegnandosi a tenere alti i valori della Resistenza. Proprio nel 2002 è stato pubblicato un suo libro di memorie dal titolo: “Dalla Sicilia al Piemonte – Storia di un comandante partigiano”.

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18) Il contributo di Messina alla Resistenza

 

 

La sola Messina e la sua provincia dettero alla lotta partigiana oltre 500 combattenti, dei quali 108 i caduti in combattimento o fucilati o impiccati ed i 42 tra i siciliani che sono compresi  nell’elemno tra i siciliani periti nei campi di sterminio ( abbiamo avuto, quindi, su ogni quattro combattenti un caduto e tre superstiti).

Tra tutti una medaglia d’oro, 20 medaglie d’argento, 4 medaglie di bronzo e 2 croci di guerra al V.M.

Questo a dimostrare che il valore ed il sacrificio dei Messinesi è stato pari a quello delle altre città del nostro Paese.

 

n.b. Questa nota, contenuta nella pubblicazione del 1986 “ I siciliani periti nei campi di sterminio in Germania”, è stata scritta da Nunzio Costa – Presidente provinciale dell’ANPI di Messina, ex comandante della Brigata “Sanità” della VI Zona Operativa Ligure – nell’ambito della prefazione dedicata a Giuseppe Santoro, segretario del Comitato provinciale Anpi di Messina in quegli anni -.

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19) I Paternesi ( Paternò – prov. Catania -) caduti nella Resistenza In Italia

  • Alì’  Francesco,  nato a Paternò il 17/12/1912. Partigiano combattente nella formazione Spartaco Lvagnini ( Siena). Catturato dai nazifascismi venne fucilato nei pressi di Firenze nel giugno del 1944.
  • Lenza Orazio, nato a Paternò il 14/11/1913. Caduto in combattimento nei pressi di Monfalcone nell’ottobre del 1943.
  • Leotta Alfio, nato a Paternò il 9/1/1920. Caduto in combattimento nella zona di Trieste nell’ottobre del 1943.
  • Sinatra Gaetano, nato a Paternòil 24/6/1916. Caduto in combattimento nella zona di Trento nell’ottobre 1943
  • Spoto Barbaro, nato a Paternò il 29/11/1911. Caduto in combattimento nel Veneto nel 1944.

 

 

I Paternesi ( Paternò – prov. Catania -) nella Resistenza ALL’ESTERO

 

  • Amore Francesco.  Classe 1924 caduto a Brest 9 settembre 1943
  • Bellia Francesco.    Classe 1919 caduto a Balcania ottobre 1943
  • Botta Salvatore.      Classe 1917 caduto in Yugoslavia settembre 1944
  • Buonacore Salvatore  Classe 1920 caduto in Iugoslavia  ottobre 1943
  • Caruso Vincenzo.    Classe 1916 caduto a Ozipk 8 maggio 1945
  • Consoli Giuseppe.   Classe 1912 caduto a Rodi settembre 1943
  • Corallo Salvatore         “      1923 caduto in Yugoslavia ottobre 1944
  • Consolo Gaetano.         “      1914 caduto a Celibec ( Bosnia) il 14 dicembre 1943
  • Di Marco Fedele           “      1921 caduto a Scoglie ( Iugoslavia) il 15 ottobre 1944
  • Furnari Francesco         “       1918 caduto in Balcania settembre 1944
  • Giuffrida Antonino       “       1917 caduto in Yugoslavia il 17 marzo 1944
  • Giuffrida Francesco      “       1917 caduto in Yugoslavia settembre 1943
  • Guglielmino Carmelo   “       1920 caduto in Yugoslavia settembre 1943
  • Olivieri Antonino          “       1923 caduto a Rodi l’11 settembre 1943
  • Orto Francesco              “       1922  caduto a Kruzuk Balcania il 14 settembre 1943
  • Palumbo Vincenzo         “      1923 caduto a Rodi l’11 settembre 1943
  • Pappalardo Alfio            “       1917 caduto in Balcania settembre 1943
  • Roccella Luciano            “      1923  caduto in Montenegro il 10 settembre 1943
  • Spampinato Giuseppe    “       1902  caduto in Balcania ottobre 1943
  • Spoto Giuseppe              “       1919  caduto in Serbia il 29 luglio 1944
  • Terranova Antonio         “        1917  caduto in Balcania ottobre 1944

 

 

Da  OPUSCOLO 1982 di ANPI  Paternò “ Il contributo di Paternò alla Resistenza

 

 

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20) Santo La Corte

 

  

 

Partigiano di Cianciana ( Ag),  26/1/1917,  medaglia d’argento al valore militare.

 

Ucciso nella zona di Brescia ( Darfo?) il 16 settembre 1944.

Aggregato alla Brigata Partigiana Antonio Lorenzetti delle Fiamme Verdi.

Alla sua memoria ed in suo onore, di valoroso combattente per la Libertà contro i nazifascisti, a Cianciana è dedicata un strada “ salita Santo La Corte, medaglia d’argento al valore partigiano”.

 

n.b.

All’ inizio del mese di febbraio 2010 alcuni familiari di La Corte ci hanno segnalato che nell’elenco dei partigiani siciliani approntato da INSMLI, pubblicato nel sito dell’Istituto ( Istituto Storico per la Storia del Movimento di Liberazione), messo in divulgazione nel  nostro sito, stante i dati di merito a diretta conoscenza dei familiari del partigiano nativo di Cianciana, il nominativo del loro congiunto, con corrispondenza di data, luogo di nascita e luogo di morte, viene evidenziato come “ Santo La Croce”.

 

Anpi Catania

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Santo La Corte  ( Cicilia o Cecilia)

 

Di Felice e Montalbana Giuseppa, nato a Cianciana ( Ag) il 1917, residente a Cianciana, celibe, tre fratelli, agricoltore, provvisto di licenza elementare, fante. L’8 settembre si sottraeva alla cattura.

Appartenente alla brigata Fiamme Verdi “ Antonio Lorenzetti” dall’ 8.9.43.

Ferito in uno scontro a fuoco con i nazifascisti il 12.7.1944 a Pisogne ( Bs), veniva catturato a tradotto alle carceri di Darfo ( Bs). L’ 1.9.1944 tradotto alle carceri di Brescia, fu sottoposto a continui interrogatori e crudeli sevizie. Condannato alla pena capitale dal tribunale speciel, fu fucilato con altri compagni ( Tita Secchi, Emilio Bellardini, Pietro Albertini, Paolo Maglia, Luigi Ragazzo) nel maneggio della caserma Ottavini il 16.9.1944.

Partigiano, Medaglia d’Argento al V.M. alla Memoria.

 

** Biglietto di Paolo ( Franco Cerini a Romolo Ragnoli, ARECBs, Fondo Morelli, Q V 3°, busta 37

 

13.7.44

Caro C

Ieri repubblicani e tedeschi ( 200-300 uomini) hanno rastrellato la zona Fraine, Grignaghe, Pontasio. Purtroppo sono rimasti feriti due nostri ragazzi: Cicilia in modo grave, tanto che fu catturato e, dopo sommaria medicazione all’ospedale di Bisogne, smistato a Brescia….

Le cose si sono svolte nel modo seg.: Cic e Br. Stavano scendendo dalla zona dobe si trovava Bruno con la sua squadra accompagnati da due uomini di quest’ultima che si recavano in paese per acquisti. Sembra che i tedeschi li abbiano visti in lontananza e teso loro un agguato. Cic., che probabilmente era in testa, ebbe una gamba spezzata; gli altri si allontanarono seguiti da lanci di bombe a mano e raffiche di arma automatica…

 

n.b. Documenti che si trovano nel “Fondo Morelli” costituito presso l’Istituto della Resistenza gestito dall’Università Cattolica di Brescia.

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21) Antonio Siligato

Antonio Siligato, eroe e martire siciliano della Lotta di Liberazione

 

Eroe della Resistenza, di Limina, provincia di Messina, capo partigiano.

Prima di arruolarsi nella Marina, fece l’apprendista sarto.

Imbarcato sulla “Eugenia di Savoia”, partecipando alla battaglia di Pantelleria, fu insignito della Croce di Guerra al Valore Militare.

Successivamente, ferito, fu inviato in convalescenza a La Spezia. Siamo già all’ 8 settembre, nella zone della Rsi Fu costretto, pena la fucilazione,  ad arruolarsi nella “X Flottiglia Mas”.

Fugge immediatamente, e si arruola nei reparti partigiani che operavano negli Appennini liguri, nella brigata “Centocroci”, dove, tra l’altro,  erano presenti combattenti di diverse nazionalità: russi, polacchi, francesi, austriaci.

Fu ucciso,  a venticinque anni,  in combattimento il 20 gennaio del 1\945 a Codolo di Pontremoli.

La brigata partigiana “Centocroci” prese il suo nome.

Fu insignito della medaglia d’oro. Che così recita “……..in innumerevoli ed arrischiate missioni di guerra, portò alle popolazioni oppresse la parola della speranza e della fede infiammando centinai di giovani all’ideale della lotta per la libertà…”.

Viene ricordato ampiamente in un libro scritto da don Luigi Vanessa “ sedici mesi di guerriglia sugli Appennini liguri emiliani”

 

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22) Ferdinando Agnini 

Nato a Catania il 24 agosto 1924, fucilato dai tedeschi alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944, studente in medicina.

Subito dopo l’8 settembre 1943 il giovane Agnini si diede ad organizzare a Roma gli studenti universitari e i liceali antifascisti del quartiere Monte Sacro. Nell’ottobre dello stesso anno aveva già costituito l’ARSI (Associazione Rivoluzionaria Studentesca Italiana), che nel febbraio del 1944 sarebbe confluita nell’Unione Studenti Italiani. Alla testa dell’ARSI il giovane si diede, con i suoi compagni, a raccogliere armi ed informazioni utili alla lotta contro i tedeschi. Ferdinando Agnini provvide anche alla stampa di un foglio il cui titolo era “La nostra lotta” e, in collaborazione con gruppi di patrioti comunisti della V Zona, organizzò azioni contro i nazifascisti. Catturato in seguito a delazione il 24 febbraio 1944, Agnini fu lungamente torturato in via Tasso e quindi fucilato alle Fosse Ardeatine. Dopo la Liberazione, sulla facciata dell’Istituto “Quinto Orazio Flacco”, a Monte Sacro, è stata apposta una lapide che recita: “In questa Aula – Pur in oscuri tempi di vivere servile – A forti e liberi sensi – Educò mente e cuore – Ferdinando Agnini – che alle Fosse Ardeatine il 24.3.1944 – Immolava – Vittima consapevole – La sua giovinezza all’umanità libera – Professori e studenti lo vollero ricordare”.

–   da  www.anpi.it

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23) Gaetano Butera

Nato a Riesi (Caltanissetta) l’11 settembre 1924, ucciso a Roma il 24 marzo 1944, decoratore, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.

Butera non aveva ancora vent’anni quando i nazisti lo uccisero alle Fosse Ardeatine. Da ragazzo aveva cominciato a fare l’artigiano decoratore, ma aveva dovuto lasciare la Sicilia quando era stato chiamato alle armi, allo scoppio della seconda guerra mondiale. All’armistizio il giovane si trovava a Roma, in servizio nel 4° Reggimento carristi, che partecipò alla difesa della Capitale combattendo contro le truppe tedesche. Quando Roma fu occupata, Butera entrò subito nell’organizzazione partigiana “Bande armate del Lazio” e si batté contro i nazifascisti sino a che non cadde in un’imboscata. Rinchiuso in via Tasso, vi fu a lungo torturato e, infine, portato alle Fosse Ardeatine e massacrato.
Nella motivazione della ricompensa al valore si legge: “Audace patriota appartenente ad un gruppo di bande armate operante sul Fronte della Resistenza, si distingueva per attività, coraggio ed alto rendimento. Incurante dei gravi rischi cui continuamente si esponeva, portava a compimento brillantemente tutte le missioni operative affidategli, facendo rifulgere le sue doti di ardito combattente della libertà. Arrestato dalla sbirraglia nemica durante un’azione di sabotaggio, sopportava con fierezza le barbare torture inflittegli senza nulla rivelare sull’organizzazione di cui faceva parte. Condannato a morte, affrontava serenamente l’estremo sacrificio”.

da  www.anpi.it

 

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24) I cinque martiri catanesi ( e provincia)delle Fosse Ardeatine

– Cosimo D’Amico

– Ferdinando Agnini

 – Sebastiano Ialuna

– Rosario Pitrelli

– Santo Morgano

Il primo è Cosimo D’Amico, nato nel 1907, amministratore teatrale.

Il secondo è Ferdinando Agnini, di venti anni, studente in medicina. Suo nonno era il famoso on. Giuseppe de Felice, più volte pro sindaco di Catania dal 1902 al 1920. A Roma, dal Novembre 1943 al Febbraio 1944, l’A.R.S.I. (Associazione rivoluzionaria studentesca italiana), nella quale era confluita l’Unione studenti italiani, lo ebbe come organizzatore e animatore. Curava la stampa del giornale clandestino “La nostra lotta”, stringeva contatti con gli operai del quartiere Montesacro, passava da una riunione ad un’altra, scivolando nelle strade dopo il coprifuoco. Di fronte all’infittirsi delle azioni di sabotaggio e della intensa nell’università e nelle scuole, i tedeschi affidarono a due spie fasciste, che nel dopoguerra furono condannate dal Tribunale Militare, il compito di individuarne i dirigenti. Così il 24 Febbraio 1944, i tedeschi irruppero nella sua abitazione e lo condussero al commissariato del quartiere. Le sue tasche erano piene di materiale per il giornale. Non poteva negare e lo picchiarono a sangue perchè volevano i nomi dei suoi compagni cospiratori. Lo lasciarono sanguinante, ma un agente di polizia fu con lui caritatevole. Il giovane gli affidò un messaggio scritto su un pezzo di cartone perchè lo consegnasse al padre Gaetano, giornalista costretto dal regime a lasciare il suo lavoro, affinchè avvertisse gli amici perchè si mettessero in salvo.

Due ore dopo le spie erano ancora a casa Agnini a chiedere ragione di quel biglietto. Il padre fu portato al commissariato anche lui. Di lì furono trasferiti nella famigerata prigione nazista di Via Tasso, ma separati in celle e piani diversi. A 12 interrogatori e atroci sevizie fu sottoposto Agnini, ma non rivelò un solo nome.

Alle ore 14 del 23 Marzo fu eseguito l’attentato gappista di Via Rasella. Il giorno dopo, ancora alle ore 14, le vittime designate furono fatte uscire dalle celle di Via Tasso e di Regina Coeli e andarono a morire alle Fosse Ardeatine. Ad Agnini fu concessa la medaglia al valor militare, conferita la laurea honoris causa in Medicina e Chirurgia, intitolata una strada nel cento di Catania. Al Liceo ginnasio “Orazio Flacco” di Roma, dove egli aveva studiato, lo ricordano un busto di marmo ed una lapide.

Per quanto riguarda i Martiri delle Fosse Ardeatine residenti della provincia: Sebastiano Ialuna, nato  a Mineo nel 1920, agricoltore; Santo Morgano, nato a Militello nel 1920, elettromeccanico; Rosario Pitrelli, nato nel 1917 a Caltagirone, meccanico. Purtroppo si tratta di figure che le istituzioni locali non hanno valorizzato, ma che meriterebbero di essere riscoperte dopo oltre sessanta anni di oblio e additate al ricordo delle giovani generazioni.

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25)  Alfredo Di Dio

 

Nato a Palermo il 4 luglio 1920, caduto alla Gola Di Finero (Domodossola) il 12 ottobre 1944, ufficiale, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

Campione di scherma, sport nel quale l’avrebbe emulato il più giovane fratello Antonio aveva intrapreso la carriera militare frequentando l’Accademia di Modena. Di Dio era tenente del 1° Reggimento fanteria corazzata quando, il giorno dell’armistizio, in trasferimento da Vercelli a Novara, si presentò al comandante di questa piazzaforte per chiedergli di organizzare la resistenza ai tedeschi. Ottenutone un rifiuto, Di Dio si mosse verso i monti tra il Novarese e l’Ossola e, dopo uno scontro con i tedeschi, si diede alla macchia con un gruppo di suoi soldati. Raggiunto pochi giorni dopo dal fratello Antonio, che arrestato a Parma era riuscito a fuggire, Di Dio, con i suoi uomini, si unisce ai partigiani del capitano Filippo Beltrami viene così formata la Brigata “Patrioti Valstrona” che si trasferisce in Val d’Ossola.
Nel gennaio del 1944, mentre è diretto a Milano per una missione, Alfredo Di Dio cade nelle mani dei fascisti. E’ rinchiuso nel carcere di Novara. Vi passa poco più di un mese e riesce ad evadere, dopo aver saputo che il fratello Antonio e il capitano
Beltrami sono caduti a Megolo in uno scontro con i nazifascisti. Raggiunti di nuovo i suoi uomini, Alfredo Di Dio li riorganizza, fa proseliti sino a costituire, prima la Brigata alpina d’assalto “Filippo Beltrami” e poi la Divisione “Val Toce”, di cui il giovane ufficiale assume il comando. Tra le più importanti formazioni autonome di orientamento cattolico, la “Val Toce” (che, nel 1945, alla Liberazione inquadrerà 22 mila partigiani), si distinse soprattutto nella battaglia per la liberazione dell’Ossola.
Il 12 ottobre 1944, mentre si apprestavano le ultime difese della “
Libera Repubblica di Domodossola“, Di Dio decise di recarsi in Val Cannobia, per ispezionare le posizioni partigiane sulle quali premevano imponenti reparti tedeschi. “Marco”, così era ormai chiamato il comandante della “Val Toce”, era accompagnato dal colonnello Moneta e dal maggiore canadese Patterson. Sorpresi dai tedeschi Di Dio e Moneta caddero dopo un violento conflitto a fuoco. Patterson fu fatto prigioniero. Si salvò perché indossava la divisa di ufficiale canadese. Incarcerato a Milano, a San Vittore, fu liberato dai patrioti il 25 aprile del 1945.
Alla memoria di Alfredo Di Dio, l’Università di Pavia, alla quale era stato iscritto, ha concesso nel 1947 la laurea “ad honorem”. Nella motivazione della Medaglia d’oro al Valor militare concessa alla memoria di Di Dio, con riferimento alla liberazione della Val d’Ossola, si legge: “In questo primo lembo d’Italia resistette per quaranta giorni con i suoi uomini stremati, affamati e male armati, contro forze nemiche di schiacciante superiorità, finché con le armi in pugno incontrò eroica morte”.

( da www.anpi.it)

 

 

 

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26) Antonio Di Dio

 

 

 

 

Nato a Palermo il 17 marzo 1922, caduto al Megolo (Novara) il 13 febbraio 1944, allievo ufficiale, Medaglia d’oro al Valor militare alla memoria.

Al momento dell’armistizio Antonio Di Dio si trovava a Parma, allievo di quella Scuola d’applicazione militare. Dopo un coraggioso tentativo di opporsi ai tedeschi, il giovane viene rinchiuso nella Cittadella. Vi resta tre giorni, poi riesce ad evadere e a raggiungere il fratello Alfredo, che è già impegnato con i primi nuclei della Resistenza in Val Strona. Antonio combatte i nazifascisti insieme ai partigiani di Filippo Beltrami e proprio con Beltrami ed una diecina di compagni viene ucciso a Megolo, nel febbraio del 1944, in un conflitto contro preponderanti forze nazifasciste, che avevano accerchiato il comando partigiano.
Nella motivazione della ricompensa al valore è scritto: “Partigiano di indomito valore, già distintosi per ardimento ed audacia in numerosi combattimenti, attaccato da preponderanti forze nazifasciste rifiutava l’ordine di sganciarsi dall’accerchiamento e resisteva sul posto animando e spronando i compagni alla resistenza ad oltranza. Accortosi che il suo comandante, rimasto ferito, era stato accerchiato, accorreva vicino a lui per evitare che venisse sopraffatto dal nemico e con sublime spirito di sacrificio e di abnegazione cercava di metterlo in salvo. Cadeva colpito da una raffica di mitraglia che troncava la sua eroica esistenza offerta in olocausto alla redenzione della Patria”.
L’Università di Pavia, nel 1946, ha conferito ad Antonio Di Dio la laurea “ad honorem”.

 

 

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27) Salvatore Principato

 

 

Nato a Piazza Armerina (Enna) il 29 aprile 1892, ucciso a Milano in Piazzale Loreto il 10 agosto 1944, maestro elementare, socialista, figura di primo piano dell’antifascismo milanese durante la dittatura.

Cresciuto a Piazza Armerina, città sensibile alle istanze socialiste di fine Ottocento, s’impegna presto nella lotta politica contro le ingiustizie sociali. Tra il novembre e il dicembre 1911, appena diciannovenne, è coinvolto (ma poi sarà assolto), in un processo per una protesta popolare, (terminata con l’incendio di alcune carrozze), contro il monopolio di una locale impresa di trasporti. Diplomatosi, si trasferisce a Milano nel 1913 e incomincia a insegnare, prima al Collegio privato “Tommaseo” di Vimercate, poi alle scuole comunali, che abbandona quasi subito, perché chiamato alle armi. Combatte sul Carso come semplice soldato (e poi come caporale), ottenendo una Medaglia d’argento per aver catturato, e poi anche salvato, «una quindicina di prigionieri», durante la battaglia del monte Vodice del maggio 1917.
Rientrato alla vita civile, riprende l’insegnamento, prima a Vimercate, poi a Milano alla scuola di via Comasina, e in successione alla «Giulio Romano», alla «Tito Speri» e alla «Leonardo da Vinci». A Milano comincia a frequentare gli ambienti socialisti, animati dalla presenza di Filippo Turati e di Anna Kuliscioff, e da subito contrasta il nascente fascismo. Nei primi anni Trenta figura, con l’appellativo di “Socrate”, nelle relazioni dell’ispettore generale di Pubblica Sicurezza Francesco Nudi. L’ispettore lo indica tra i principali referenti milanesi del movimento di «Giustizia e Libertà» e della concentrazione antifascista di Parigi.
“Socrate” risulta attivo soprattutto per quel che riguarda la gestione della stampa clandestina e il progetto, con Alfredo Bonazzi, di un «giornaletto» antifascista. È in contatto con Carlo Rosselli con Rodolfo Moranti, ed è tra gli artefici, nell’aprile 1931, della fuga di Giuseppe Faravelli in Svizzera. Arrestato il 19 marzo 1933, Principato è deferito al Tribunale speciale nell’ambito di un’operazione di polizia molto vasta, che coinvolge i componenti milanesi e genovesi del movimento di «Giustizia e Libertà». È rilasciato dopo oltre tre mesi di carcere. Da allora diventa un sorvegliato speciale dell’O.V.R.A. È reintegrato nell’insegnamento diurno alla «Leonardo da Vinci», ma gli viene impedito di insegnare nelle scuole serali, perchè non è iscritto al PNF.
Nell’ottobre 1942 Principato figura, con Roberto Veratti tra i fondatori del Movimento di Unità Proletaria, costituito durante una riunione clandestina in casa di Ivan Matteo Lombardo. Negli anni della guerra, terminata l’esperienza del M.U.P., Principato divenne uno dei punti di riferimento del Partito Socialista di Unità Proletaria, a Milano; in via Cusani 10, con lo schermo di una piccola officina (la Fabbrica Insegne Arredi Mobili Metallo Affini), maschera e gestisce lo smistamento della propaganda antifascista. Fa parte della 33ª brigata Matteotti, è nel secondo e nel terzo comitato antifascista di Porta Venezia e nel Comitato di Liberazione Nazionale della Scuola. Tra i suoi più stretti collaboratori, negli ultimi tempi, sono Dario Barni ed Eraldo Soncini.
L’8 luglio 1944, forse tradito da un suo dipendente, Principato è arrestato in via Cusani dalle SS. Imprigionato nel carcere di Monza, è torturato dalla polizia nazifascista, che gli rompe anche un braccio. Ai primi d’agosto viene trasferito a Milano, a San Vittore. Fucilato in Piazzale Loreto, è il più anziano dei Quindici martiri.
La moglie, Marcella Chiorri la figlia, Concettina ne continuarono la lotta partigiana fino alla Liberazione.

da.  www.anpi.it

(m.c.)

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28) 126 nominativi di partigiani   siciliani combattenti nel novarese

           https://anpicatania.wordpress.com/2010/06/08/126-nominativi-dei-partigiani-siciliani-combattenti-nel-novarese/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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17)    Vincenzo Modica

Nato a Mazara del Vallo (Trapani) il 18 ottobre 1918, deceduto a Torino il 9 gennaio 2003, imprenditore.

Ufficiale di cavalleria, si trovava al momento dell’armistizio nel Cuneese. Già il 9 settembre, con Pompeo Colajanni “Barbato”, Modica (che per tutto il periodo della Resistenza avrebbe assunto il nome di “Petralia” e che così sarebbe poi stato sempre chiamato a Torino, dai tanti che ricordavano il ruolo da lui avuto nella liberazione del capoluogo piemontese), aveva costituito una delle prime bande partigiane, che sarebbero poi diventate brigate e divisioni “Garibaldi”. Fu appunto al comando della 1a Divisione Garibaldi “Leo Lanfranco” che “Petralia”, una settimana prima dell’insurrezione generale, diresse l’attacco dei partigiani contro i brigatisti neri asserragliati a Chieri, liberando la cittadina. “Petralia”, che era già stato precedentemente ferito più volte in azioni contro i nazifascisti, era ancora invalido per una pallottola che l’aveva colpito ad una spalla. Ciò non gli impedì, la sera del 25 aprile 1945, di portarsi con le sue unità (IV, XIX e CIII Garibaldi) a dar man forte, agli ordini del comandante di Zona, “Barbato”, agli insorti di Torino.
Dopo la Liberazione, Vincenzo Modica si diede con successo a varie attività imprenditoriali, sempre impegnandosi a tenere alti i valori della Resistenza. Proprio nel 2002 è stato pubblicato un suo libro di memorie dal titolo: “Dalla Sicilia al Piemonte – Storia di un comandante partigiano”.

 

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 18) Il CONTRIBUTO DI MESSINA ALLA LOTTA DI LIBERAZIONE

 

 La sola Messina e la sua provincia dettero alla lotta partigiana oltre 500 combattenti, dei quali 108 i caduti in combattimento o fucilati o impiccati ed i 42 che sono compresi nell’elenco fra i siciliani periti nei campi di sterminio ( abbiamo avuto, quindi,su ogni quattro combattenti un caduto e tre superstiti).

Tra tutti una medaglia d’oro, 20 medaglie d’argento, 4 medaglie di bronzo e 2 croci di guerra al V.M.

 Questo a dimostrare che il valore ed il sacrificio dei Messinesi è stato pari a quello delle altre città del nostro Paese.

 

n.b.  questa nota è stata scritta da Nunzio Costa – Presidente prov. dell’ANPI di Messina, ex comandante della Brigata SANITA’ della VI Zona Operativa Ligure – nell’ambito della prefazione dedicata a Giuseppe Santoro – segretario del Comitato provinciale ANPI di Messina – contenuta nella pubblicazione del 1986 “ I siciliani periti nei campi di sterminio in Germania.

 

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                              19)  Il contributo di Paternò ( Catania) alla Resistenza

 

 

 

Notevole è stato il contributo dei paternesi alla Lotta di Liberazione in Italia.

Dopo lo sbandamento dell’8 settembre 1943 molti paternesi( circa 150) si unirono alle formazioni partigiane specialmente in Piemonte, Liguria, Emilia, Veneto e Toscana, distinguendosi per valore e spirito di sacrificio.

 

Ricordiamo i caduti:

 

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