No Triv, nasce il Comitato nazionale per il Sì al Referendum. Intervista audio a Enzo Di Salvatore Autore: redazione da: controlacrisi.org

E’ nato il comitato nazionale delle associazioni ‘Vota SI per fermare le trivelle’. Lavorera’ per invitare i cittadini a partecipare al referendum del 17 aprile
contro le trivellazioni in mare e votare si’ per abrogare la norma (introdotta con l’ultima legge di Stabilita’) che permette alle attuali concessioni di estrazione e di ricerca di petrolio e gas entro le 12 miglia dalla costa di non avere piu’ scadenze.
(INTERVISTA AUDIO AL COSTITUZIONALISTA ENZO DI SALVATORE)
La Legge di Stabilita’ 2016, infatti, pur vietando il rilascio di nuove autorizzazioni entro le 12 miglia dalla costa, “rende ‘sine die’ le licenze gia’ rilasciate in quel perimetro di mare”, segnalano i No Triv in una nota. “Far esprimere gli italiani sulle scelte energetiche strategiche che deve compiere il nostro Paese, in ogni settore economico e sociale, e’ la vera posta in gioco di questo referendum- spiega una nota- il comitato nazionale si pone l’obiettivo di diffondere capillarmente informazioni sul referendum in tutti i territori e far crescere la mobilitazione, spiegando che il vero quesito e’: ‘vuoi che l’Italia investa
sull’efficienza energetica, sul 100% fonti rinnovabili, sulla ricerca e l’innovazione?'”.

“Dobbiamo continuare a difendere le grandi lobby petrolifere e del fossile a discapito dei cittadini, che vorrebbero meno inquinamento, e delle migliaia di imprese che stanno investendo sulla sostenibilita’ ambientale e sociale? Noi vogliamo- dice l’appello del Comitato- che il nostro Paese prenda con decisione la strada che ci portera’ fuori dalle vecchie fonti fossili, innovi il nostro sistema produttivo, combatta con coerenza l’inquinamento e i cambiamenti climatici”.
Il Governo, rimanendo sordo agli appelli per l’election day (l’accorpamento in un’unica data del voto per il referendum e per le amministrative) “ha deciso di sprecare soldi pubblici per 360 milioni per anticipare al massimo la data del voto e puntare sul fallimento della partecipazione degli elettori al Referendum”. Quindi, denunciano i No Triv, “il Governo scommette sul silenzio del popolo italiano. Noi scommettiamo su tutti i cittadini che vorranno far sentire la loro voce e si mobiliteranno per il voto”.

Ecco i primi firmatari del Comitato nazionale ‘Vota SI per fermare le trivelle’: Adusbef, Aiab, Alleanza Cooperative della Pesca, Arci, ASud, Associazione Borghi Autentici d’Italia, Associazione Comuni Virtuosi, Coordinamento nazionale NO TRIV, Confederazione Italiana Agricoltori, Federazione Italiana Media Ambientali, Fiom-Cgil, Focsiv – Volontari nel mondo, Fondazione UniVerde, Giornalisti Nell’Erba, Greenpeace, Kyoto Club, La Nuova Ecologia, Lav, Legambiente, Libera, Liberacittadinanza, Link Coordinamento Universitario, Lipu, Innovatori Europei, Marevivo, Mepi-Movimento Civico, Movimento Difesa del Cittadino, Pro-Natura, QualEnergia, Rete degli studenti medi, Rete della Conoscenza, Salviamo il Paesaggio, Si’ Rinnovabili No nucleare,
Slow Food Italia, Touring Club Italiano, Unione degli Studenti, Wwf.

Salva Banche, di nuovo in piazza il 16 marzo con Adusbef e Federconsumatori da: Fonte: help consumatoriAutore: redazione

Sono trascorsi 4 mesi dalla famosa operazione del Governo che ha salvato le banche Carichieti, Cassa di Ferrara, Banca Marche e Banca Etruria. “Un tempo più che sufficiente per prendere adeguati provvedimenti tesi a restituire ai risparmiatori quanto dovuto. Invece tutto ancora tace. Se ne parla molto, ma manca ancora un provvedimento concreto” denunciano Adusbef e Federconsumatori che annunciano un presidio a Roma, in via XX Settembre (sede del Ministero dell’Economia), il 16 marzo alle 11:30.
“Noi rimaniamo fermi nel sostenere la necessità di un rimborso totale per i risparmiatori truffati, spesso indotti ad effettuare investimenti ed operazioni finanziarie ad alto rischio dietro inganni o ricatti (ad esempio per ottenere mutui o prestiti personali) – spiegano le due Associazioni – Persino la soluzione individuata nell’arbitrato, a nostro avviso del tutto insufficiente e carente, è in attesa dei decreti attuativi, nei quali ci auguriamo si preveda un concreto rimborso, per i risparmiatori, definito attraverso un confronto con chi rappresenta le parti in causa.
Questa situazione di stallo è intollerabile, per questo abbiamo deciso di richiamare alle proprie responsabilità il Ministero e l’intero Governo. Ci riuniremo sotto le finestre del Ministro per ricordargli che il Governo non può voltare le spalle a migliaia di risparmiatori traditi dal sistema bancario e dal relativo sistema di vigilanza. È indispensabile trovare una soluzione soddisfacente ed esaustiva in tempi rapidi”.

“Mare di nessuno”/Quarta puntata. Sfruttamento, lavoratori ammazzati e quel folle inquinamento ambientale nelle acque degli oceani che nessuno controlla Autore: francesca marras da. controlacrisi.org

Violazione delle norme internazionali marittime, sfruttamento del lavoro sui pescherecci, pesca illegale e profitti delle aziende alimentari sono le tematiche affrontate finora dall’inchiesta di Controlacrisi “Mare di Nessuno”, a partire dai reportage del giornalista Ian Urbina The Outlaw Ocean series (QUI).
Con la quarta puntata aggiungiamo al puzzle un ulteriore elemento, quello legato alla problematica delle sostanze inquinanti che i pescherecci scaricano volontariamente nei mari, contribuendo alla devastazione ambientale già ampiamente messa in atto a causa dei metodi di pesca abusivi e illegali.

Nell’aprile 2012 lo staff di SkyTruth – un gruppo di lavoro che si occupa di monitoraggio ambientale con sede nel West Virginia – ha individuato alcune strisce nere a largo della costa africana nelle immagini satellitari inviate dalla European Space Agency. Una enorme massa di rifiuti scaricati lungo 92 miglia da Cabinda (Angola), dalla nave Dona Liberta, già citata nel precedente articolo (“Mare di nessuno”. Dona Liberta, la nave che cambia bandiera a seconda dei traffici del momento) accusata, oltre che di maltrattamento dell’equipaggio, anche di violazione delle norme ambientali da diversi Paesi.
L’aggravante sta nella volontarietà dell’atto. Le navi, infatti, possiedono gli strumenti necessari per smaltire i rifiuti prodotti durante il viaggio, senza dover inquinare necessariamente l’ambiente marino. I rifiuti possono essere, ad esempio, inceneriti a bordo oppure scaricati in un deposito apposito; mezzi certamente meno economici del semplice rilascio delle sostanze inquinanti nelle acque durante il tragitto e per questo, probabilmente, meno sfruttati.
Nel reportage di Ian Urbina sono riportati altri casi di violazioni ambientali imputabili alla Dona Liberta: è stata citata dalla Gran Bretagna nel 2004, dall’Olanda nel 2005, dalla Spagna nel 2009. Inoltre nel 2011 è stata citata dagli ispettori russi per aver falsificato il registro con i dati relativi al rilascio di petrolio e nel 2012 le autorità ambientali inglesi hanno dovuto ripulire il fiume Fal dalle sostanze inquinanti scaricate in acqua dalla nave.

Come per altre casistiche di violazioni, anche in questi casi i risultati delle azioni legali intraprese dai suddetti Paesi non hanno ottenuto risultati incoraggianti.
“Of the few people watching, even fewer do anything to stop it” – ha detto John Hocevar, il responsabile per le campagne dedicate agli Oceani di Greenpeace USA.
Per esempio, non è stata aperta nessuna inchiesta per il caso della macchia di sostanze inquinanti rilasciata a largo della costa africana. Infatti, nonostante le segnalazioni da parte delle associazioni ambientaliste e le richieste di intervento, sia i funzionari marittimi delle Nazioni Unite, sia la Guardia Costiera degli Stati Uniti, sia l’Interpol hanno affermato di non avere giurisdizione sulle violazioni denunciate.
Ancora una volta si assiste, dunque, al teatrino delle responsabilità scaricate da un soggetto all’altro, senza che si arrivi a capire a chi effettivamente spetti il dovere di cogliere le segnalazioni provenienti sia dalle autorità dei Paesi, sia dalle associazioni ambientaliste che da anni si battono a favore della protezione ambientale.
Certo non si tratta del primo e unico caso di inquinamento dovuto allo scarico di materiali pericolosi nelle acque. Tuttavia, secondo quanto riportato da Ian Urbina, i ricercatori che studiano gli Oceani affermano che, in un arco temporale di tre anni, le navi scaricano in mare una quantità di sostanze inquinanti superiore a quelle che furono rilasciate con i disastri di Deepwater Horizon e Exxon Valdez messe insieme e che emettono un livello di inquinamento atmosferico maggiore rispetto a quello prodotto da tutte le macchine del mondo.
Uno scenario che, per il momento, non apre a buone prospettive per il futuro dei nostri mari.

Le puntate precedenti
Prima puntata
Seconda puntata
Terza puntata
Introduzione

Congresso Provinciale ANPI Catania 27 febbraio 2016

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Relazione della Presidente Santina Sconza al congresso provinciale ANPI 2016 Catania 27/2/2016

Cari compagni e compagne,
Prima di iniziare vorrei ricordare Antonino Mangano il partigiano “Mitraglia” e Concetto de Luca nostro tesserato che ci hanno lasciato l’anno scorso.
Quattro anni sono passati dall’ultimo congresso, quattro anni durissimi, l’ANPI Catania usciva da una crisi profonda e abbiamo avuto la capacità e il coraggio di rimboccarci le maniche e iniziare un percorso irto e pieno di ostacoli soprattutto i primi due anni.
Abbiamo subito pressioni, si è cercato di infangare l’associazione e la presidente, si cercava di fare pressioni per dare alla nostra associazione un’impronta politica ben definita d’isolamento, ma siamo riusciti a respingere ogni tipo di attacco perché forti delle nostri convinzioni e dell’unità dei componenti della segreteria e comitato provinciale.
Eliminati gli ostacoli e sanate le ferite del passato, siamo riusciti a lavorare serenamente, “oserei dire” con ottimi risultati.
Abbiamo lavorato e prodotto molte iniziative seguendo le direttive nazionali ANPI.
Il 25 Aprile, giornata della Liberazione, è stato per noi fonte di gioia e sofferenza, di gioia perché ogni anno il tradizionale corteo è stato sempre un successo di partecipazione, di sofferenza perché una minuscola presenza di contestatori ha provato con tutti i mezzi di sabotarlo, ma ahimè, mi dispiace per loro, inutile tentativo, perché quest’anno l’ANPI catanese ha avuto una risonanza nazionale per le posizioni nette in difesa della Costituzione e della Democrazia.
E’ ovvio che il 25 Aprile è stato preceduto da interventi nelle scuole sia a Catania sia in provincia.
La stessa cura è stata dedicata alla Giornata della Memoria: quest’anno iniziative a Misterbianco, ad Adrano, a Catania all’università di scienze politiche iniziativa dedicata alle donne rinchiuse nel lager di Ravensbruck, e poi il 29 a Riposto al cinema Musmeci con alunni di scuole medie e studenti di licei, il 30 a Giarre.
Giornata della Memoria anche quartieri popolari, a Librino, grazie all’associazione amici Villa Fazio e alla nostra amica e tesserata Genny Mangiameli, siamo stati invitati diverse volte, gli abitanti del quartiere oggi sanno che cos’è l’associazione ANPI e che cosa ha prodotto il nazi-fascismo, è fondamentale curare la memoria nei luoghi dove il razzismo può attecchire facilmente.
Abbiamo rivalutato la figura dei partigiani viventi alcuni di questi come Santo Serranò e Antonino Mangano erano a Catania del tutto sconosciuti, mentre erano sempre invitati nei luoghi dove avevano combattuto. Abbiamo imposto ai comuni di dare per i loro meriti delle onorificenze. Ancora oggi ho davanti agli occhi la figura di Mangano, le sue parole in difesa della Democrazia e della Costituzione, hanno toccato il cuore dei presenti, altro che discorsi di un giurista, era il discorso di un partigiano con la 5 elementare che ha trasmesso ai presenti l’esperienza di chi ha realmente combattuto per la libertà.
A Giarre abbiamo fatto intitolare una piazza al partigiano Peppino Alizzi.
La memoria non è solo memoria della Resistenza partigiana, ma è anche la memoria di chi ha lottato per difendere la fragile democrazia, nel dopoguerra le lotte sindacali dei contadini, ricordiamo Placido Rizzotto, negli anni ‘60 durate il governo Tambroni, negli anni ‘70 per la conquista dei diritti dei lavoratori e delle donne, negli anni ‘80 e ‘90 sin a oggi chi lotta contro la mafia. Anche questi sono partigiani della nuova Resistenza.
Per molti di noi che abbiamo radici nell’associazionismo e abbiamo partecipato al movimento contro i missili a Comiso, la Pace è uno dei valori fondamentali. L’ANPI provinciale ha aderito al movimento NOMUOS e ha partecipato in prima persona a tutte le manifestazione in difesa della pace e della causa palestinese.
Siamo stati i primi a denunciare durante un convegno all’Università, in cui partecipava a pieno titolo come relatore, il direttore del CARA di Mineo, le infiltrazioni mafiose e le sue malefatte all’interno della struttura. Rimane attuale e ancora più forte la proposta dei corridoi umanitari perché è un crimine chiudere gli occhi di fronte ad una tragedia così crudele prodotta dalle infinite guerre.
In un momento così cruciale dove la guerra si avvicina alla nostra terra, sentiamo la necessità di una grande manifestazione in cui l’ANPI in prima persona ne sia promotrice.
Lancio la proposta di una grande manifestazione per la Pace sabato 12 marzo in Sicilia da effettuarsi in tutte le province, mi auguro che questa iniziativa possa essere ripresa dall’ANPI nazionale per essere riproposta in tutta Italia.
Siamo stati i primi a essere contrari alle riforme della Costituzione e della legge elettorale, due anni fa, prevedendo la pericolosità delle scelte di questo governo, abbiamo organizzato insieme a partiti e associazioni i comitati in difesa della Costituzione. Siamo stati promotori, con altri, a presentare il ricorso sull’Italicum la cui udienza è stata fissata per luglio.
Affermo che l’ANPI Nazionale è stata tiepida nella difesa della Costituzione, non il Presidente Smuraglia, ha aspettato che il danno fosse compiuto prima di prendere una decisione sui referendum, tocca a noi discendenti dei partigiani scendere in piazza nel momento in cui un governo mette in crisi la Democrazia e la Costituzione.
l’ANPI non ha governi amici, né deve essere vincolata ai partiti, noi siamo indipendenti, non possiamo farci ricattare da nessuno, quindi nel momento in cui Renzi stava attuando lo smantellamento della Costituzione, eliminando i diritti con leggi sulla scuola, sanità, lavoro, l’abolizione dell’articolo diciotto e altro, dovevamo scendere in piazza chiamando i sindacati, le associazioni e i partiti per porre subito un freno. Da Monti a Renzi cosa o chi ha trattenuto l’ANPI a compiere il proprio dovere? Siamo sicuri che adesso questi referendum si vincano?
Molte sono state le iniziative, sul ruolo delle donne nelle lotte antifasciste e nella Liberazione, sulle sofferenze delle donne nei lager e sul contributo che hanno dato alla realizzazione della Costituzione e della democrazia italiana.
Siamo preoccuparti per il proliferare del nazi-fascismo in tutta Europa, preoccupante il silenzio sulla questione Ucraina. A Catania siamo intervenuti pesantemente sul progetto fascista di intitolare vie e piazze ad Almirante e di fatto nessuna strada è stata intitolata al gerarca fascista. Inoltre abbiamo presentato un esposto alla magistratura sulla celebrazione della messa in ricordo di Mussolini trasformatosi in un raduno di nostalgici fascisti. Abbiamo tutte le volte che Forza Nuova chiedeva di effettuare delle manifestazioni, chiesto alla Prefetta e al Questore di non dare l’autorizzazione in applicazione della Costituzione e delle leggi Scelba e Mancino.
L’ANPI catanese si è mobilitata per la difesa dei giudici minacciati dalla mafia e ignorati dallo stato per le loro indagini sulla trattativa Stato-mafia in particolare del magistrato Di Matteo.
Dopo questo breve excursus sulle attività dell’ANPI voglio far presente che abbiamo utilizzato sia il sito, sia FB e le risorse informatiche per un maggior coinvolgimento dei nostri iscritti e simpatizzanti.
L’attività di questi ultimi anni ha portato dei frutti che abbiamo accolto con entusiasmo, l’apertura di due nuove sezioni quella di Caltagirone lo scorso anno e quella di Acireale alcuni mesi fa.
Pochi ma buoni, perché per noi non conta il numero delle tessere, quello lo lasciamo fare ai partiti, ma la qualità morale e politica che esprime il tesserato. Egli domani avrà il compito di difendere la nostra fragile democrazia e la Costituzione. Non facciamo le tessere per avere dei delegati ma per salvaguardare i nostri figli e nipoti dal pericolo di una dittatura. Nonostante questa rigidità abbiamo aumentato il numero dei tesserati di un 10 % rispetto al 2014.
Sembra un nostro destino che quando iniziamo una nuova avventura ci scontriamo con le amministrazioni, questo è successo ad Acireale, il sindaco ha pensato bene di prolungare il carnevale fin al 25 aprile con una sfilata di macchine infiorate, senza considerare la valenza altamente celebrativa della giornata della Liberazione dalla dittatura, ci siamo già mobilitati e stiamo valutando nuove iniziative da intraprendere.
E’ difficile coinvolgere i giovani all’interno di un’associazione come l’ANPI? certamente sì, se non si ha una sede. A nulla sono valse le nostre richieste a quest’amministrazione, così detta di centro sinistra, che pur avendo i locali a disposizione, ci ha negato la loro disponibilità, o sono allergici all’associazione o alla presidente, malgrado questo i giovani si sono avvicinati grazie alle nostre iniziative e all’attenzione che abbiamo rivolto alle scuole. Siamo orgogliosi di avere nel direttivo della sezione di Caltagirone Aurora Greco che compirà in questi mesi diciotto anni e che da anni ha partecipato alle nostre iniziative, così come Vincenzo Santanocito conosciuto durante gli interventi al Principe Umberto tre anni fa, e che compiuti i diciotto anni, ha chiesto con grande emozione la tessera e di far parte attiva dell’associazione.
I giovani sono il nostro avvenire sono la futura classe dirigente del nostro paese, ecco perché bisogna non solo dialogare, ma esortali ad andare avanti, a lottare ma anche a essere tolleranti, bisogna educarli a battersi per la libertà e per la giustizia sociale. Libertà e giustizia sociale sono un binomio inscindibile. La libertà senza giustizia sociale non è che una conquista fragile, bisogna educarli alla pace.
Il nostro rapporto con associazioni e partiti è ottimo, molte iniziative sono state fatte con la CGIL e ARCI Gay associazioni con cui condividiamo obiettivi e ideali. Ci rammarica non riuscire a dialogare con alcuni, a costoro, rispondiamo con le parole di Sandro Pertini: ”Io combatto la tua idea che è contraria alla mia, ma sono pronto a battermi sino al prezzo della mia vita, perché tu, la tua idea possa esprimerla liberamente”.
Niente arroganza da nessuna parte ma confronto reale e sincero, ricerca di comprendersi a vicenda e lavorare per il meglio. Ed è giusto anche “richiamo alle regole”, perché deve essere chiaro a tutti giovani e non giovani che da esse non è esonerato nessuno, né per ragioni di età, né per ragioni di posizione, professioni o culturali.
Finisco con le parole del comitato ANPI nazionale,
“ ai dirigenti, agli iscritti, ai vecchi e ai giovani, alle donne e agli uomini deve essere chiaro che l’ANPI esiste ed esisterà sempre per difendere la Democrazia, per praticare l’antifascismo, per ottenere libertà, eguaglianza e dignità, nel nome della fratellanza e della solidarietà, che furono tanta parte della Resistenza e che debbano restare il collante di tutti; i sinceri democratici, contro ogni rischio di deviazioni rispetto al percorso che la costituzione , in nome di tutti i combattenti per la libertà ci ha categoricamente indicato”.

Fukushima, l’ex primo ministro giapponese si pente e passa con le brigate d’assalto di Greenpeace Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

“Dovremmo muoverci verso energie rinnovabili piu’ sicure e meno costose, che rappresentano opportunita’ economiche per le future generazioni”. Con l’avvicinarsi del quinto anniversario del disastro di Fukushima, Greenpeace Giappone avvierà un’indagine sulla contaminazione radioattiva delle acque dell’Oceano Pacifico causata della centrale nucleare di Fukushima. L’analisi viene condotta da una nave di ricerca giapponese dove prenderà posto l’ex primo ministro giapponese Naoto Kan, in carica al tempo del disastro nucleare. Kan ha lanciato un appello per l’abbandono totale dell’energia nucleare. “Credevo che l’avanzata tecnologia giapponese potesse impedire il verificarsi di un incidente nucleare come quello di Cernobyl. Ma e’ successo. E mi sono trovato di fronte all’eventualita’ di dover evacuare circa 50 milioni di persone, a rischio per l’incidente nucleare di Fukushima Daiichi. Da quel momento, ho cambiato idea”, ha concluso Kan.
Le indagini di Greenpeace proseguiranno per tutto il mese di marzo e si svolgeranno lungo le coste della prefettura di Fukushima, in un raggio di 20 chilometri dalla centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Il team sta collaborando con scienziati provenienti dal laboratorio indipendente Chikurin-Sya di Tokyo e dal francese Acro.
La Tepco (Tokyo Electric Power Company) ha prodotto finora piu’ di 1,4 milioni di tonnellate di acqua radioattiva per cercare di raffreddare le centinaia di tonnellate di combustibile del reattore fuso nelle unita’ 1, 2 e 3 della centrale di Fukushima Daiichi. Oltre all’iniziale rilascio di elementi radioattivi in acqua durante le prime settimane dall’incidente e il continuo rilascio dalla centrale ogni giorno, la contaminazione radioattiva e’ entrata anche nel terreno, in particolare nelle foreste e nelle montagne di Fukushima, e continuera’ a permanere nell’Oceano Pacifico per almeno 300 anni.
“Il disastro di Fukushima e’ stato il piu’ grande episodio di rilascio di radioattivita’ nell’ambiente marino della storia – scrive Greenpeace in un comunicato -. C’e’ un urgente bisogno di comprendere l’impatto che questa contaminazione sta avendo sull’oceano, come la radioattivita’ vada diffondendosi e allo stesso tempo e riconcentrandosi lungo la catena alimentare, e le relative implicazioni”. Questa indagine sulla radioattivita’ e’ la venticinquesima ricerca sugli impatti
dell’incidente nucleare di Fukushima condotta dall’organizzazione dal marzo 2011. Non si intravede ancora una fine della vicenda per le comunita’ locali di Fukushima, molte delle quali non possono fare ritorno a casa a causa della contaminazione radioattiva. Solo tre dei cinquantaquattro reattori nucleari esistenti in Giappone nel marzo 2011 sono attualmente in funzione. Il governo giapponese ha fissato l’obiettivo, irrealistico, di riportare 35 reattori in funzione entro il 2030, nonostante i numerosi problemi tecnici e le cause legali intentate dai cittadini stiano mettendo in seria discussione il ritorno della produzione nucleare in Giappone, conclude Greenpeace.

Cosa prevede il referendum sulle trivelle da: internazionale.it

Attivisti di Greenpeace protestano a Roma, in piazza Venezia, contro la strategia energetica del governo.  - Francesco Alesi, Greenpeace
Attivisti di Greenpeace protestano a Roma, in piazza Venezia, contro la strategia energetica del governo. (Francesco Alesi, Greenpeace)
  • 24 Feb 2016

Da qualche mese in Italia si parla del referendum contro le trivellazioni, promosso da nove consigli regionali, appoggiati da numerosi movimenti e associazioni ambientaliste tra cui il coordinamento No Triv. Il referendum si terrà il 17 aprile. Ecco cosa prevede e gli effetti che può avere.

Quando si svolge il referendum?

Il referendum si svolgerà il 17 aprile. In molti chiedevano di spostare il voto a giugno, quando in diverse città italiane si terranno le elezioni amministrative, per risparmiare sull’allestimento dei seggi. La concomitanza tra amministrative e referendum avvantaggerebbe i promotori del quesito referendario, perché aumenterebbe la possibilità di raggiungere il quorum necessario affinché il referendum sia valido. Per raggiungerlo, deve andare a votare la metà degli aventi diritto. Il governo e il presidente della repubblica hanno deciso di convocare il referendum abrogativo il 17 aprile. La legge (decreto 98 del 2011) non prevede che le elezioni possano svolgersi in concomitanza con un referendum.

Cosa chiede il quesito referendario?

Nel quesito referendario si chiede: “Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?”. Il quesito riguarda solo la durata delle trivellazioni già in atto entro le 12 miglia dalla costa, e non riguarda le attività petrolifere sulla terraferma, né quelle in mare che si trovano a una distanza superiore alle 12 miglia dalla costa (22,2 chilometri).

Quali effetti può avere il sì al referendum?

Se vincerà il sì, sarà abrogato l’articolo 6 comma 17 del codice dell’ambiente, dove si prevede che le trivellazioni continuino fino a quando il giacimento lo consente. La vittoria del sì bloccherà tutte le concessioni per estrarre il petrolio entro le 12 miglia dalla costa italiana, quando scadranno i contratti. Tra gli altri saranno interessati dalla misura: il giacimento Guendalina (Eni) nell’Adriatico, il giacimento Gospo (Edison) nell’Adriatico e il giacimento Vega (Edison) davanti a Ragusa, in Sicilia. Non saranno interessate dal referendum tutte le 106 piattaforme petrolifere presenti nel mare italiano per estrarre petrolio o metano.

Perché il raggiungimento del quorum è necessario?

Raggiungere il quorum è necessario perché solo così il risultato del referendum sarà valido, come previsto dall’articolo 75 della costituzione italiana. Per essere valido devono andare a votare il 50 per cento degli aventi diritto.

Perché è rimasto in piedi solo un quesito referendario su sei?

Nel settembre del 2015 Possibile, il movimento fondato da Giuseppe Civati, aveva promosso otto referendum, ma non era riuscito a raccogliere le 500mila firme necessarie (secondo l’articolo 75 della costituzione) per chiedere un referendum popolare. Poche settimane dopo dieci consigli regionali (Abruzzo, Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna,Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) hanno promosso sei quesiti referendari sulla ricerca e l’estrazione degli idrocarburi in Italia. L’Abruzzo si è poi ritirato dalla lista dei promotori.

A dicembre del 2o15 il governo ha proposto delle modifiche alla legge di stabilità sugli stessi temi affrontati dai quesiti referendari, per questo la cassazione ha riesaminato i quesiti e l’8 gennaio ne ha dichiarato ammissibile solo uno, perché glialtri sette sarebbero stati recepiti dalla legge di stabilità.

A questo punto sei regioni (Basilicata, Sardegna, Veneto, Liguria, Puglia e Campania) hanno deciso di presentare un conflitto di attribuzione alla corte costituzionale riguardo a due referendum, tra quelli dichiarati decaduti dalla cassazione. I consigli regionali contestano al governo di aver legiferato su una materia che è di competenza delle regioni in base all’articolo 117 della costituzione, modificato dalla riforma costituzionale del 2001. Il 9 marzo la consulta valuterà l’ammissibilità del conflitto di attribuzione. Se il conflitto sarà valutato ammissibile, allora la corte entrerà nel merito.

Se la corte costituzionale accogliesse i ricorsi delle regioni, i due quesiti referendari in precedenza non ammessi tornerebbero a essere validi e dovranno essere sottoposti agli elettori. I due quesiti riguardano il “piano delle aree” (ossia lo strumento di pianificazione delle trivellazioni che prevede il coinvolgimento delle regioni, abolito dal governo con un emendamento alla legge di stabilità) e la durata dei titoli per la ricerca e lo sfruttamento degli idrocarburi liquidi e gassosi sulla terraferma.

Ho vissuto cinque anni da infiltrata nel più pericoloso partito neonazista europeo da: news.vice.com

Ho vissuto cinque anni da infiltrata nel più pericoloso partito neonazista europeo

Estremismo

Ho vissuto cinque anni da infiltrata nel più pericoloso partito neonazista europeo

Di Julie Tomlin

febbraio 24, 2016 | 12:35 pm

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Dopo la crisi finanziaria del 2009, in Grecia il partito neo-nazista Alba Dorata continua a ottenere sempre maggiori consensi.

Nonostante 69 membri – inclusi alcuni deputati – siano sotto processo per aver “gestito un’organizzazione criminale che intimidisce e uccide i migranti e i propri oppositori politici,” il partito è comunque riuscito a conquistare 18 seggi nelle elezioni nazionali dello scorso anno.

Quando uno dei deputati di Alba Dorata è stato accusato di aggressione, per aver schiaffeggiato un’esponente politica donna durante un dibattito televisivo, gli oppositori speravano che il vento sarebbe cambiato — ma sono rimasti delusi. La crescita di popolarità non si è fermata nemmeno quando il leader del partito Nikolaos Michaloliako ha affermato che Alba Dorata è “politicamente responsabile” dell’omicidio del rapper antifascista Pavlos Fyssas.

Per cercare di capire perché così tanti greci sostengono il partito, Angélique Kourounis ha passato cinque anni a filmare i membri di Alba Dorata con il suo collega Thomas Jacobi. Abbiamo parlato con Angélique delle centinaia di ore che sono state necessarie per realizzare il documentario Golden Dawn: A Personal Affair, e della sua determinazione nel capire perché il partito ha così tanto successo.

Cosa hai ottenuto dedicando così tanto tempo al progetto?

Angélique Kourounis: Non potevo fare un film su Alba Dorata in poco tempo, perché non mi avrebbero accettata. Mi avrebbero mostrato solo quello che volevano che vedessi. Abbiamo filmato durante distribuzioni di cibo e raccolte di sangue, a conferenze stampa, riunioni politiche, incontri con i gruppi locali, dove le persone si riuniscono due volte a settimana – alcuni incontri erano in zone facoltose di Atene come Alimos o Glyfada – e mentre filmavano e lavoravano per la radio o online.

Chi sono i membri di Alba Dorata?

Ho incontrato disoccupati, ricchi, persone della classe media; non è un partito di classe, coinvolge qualsiasi tipo di persona. Ho incontrato tre donne, una di loro era di sinistra, una era socialista, e l’altra era conservatrice, e hanno tutte deciso di unirsi ad Alba Dorata perché non hanno alcuna fiducia negli altri partiti.

Onestamente, c’è stato un momento in cui sono stata dubbiosa. Partecipavo a una riunione e tutti coloro con cui avevo parlato sembravano ragionevoli. Mi sono detta: ‘Dov’è l’Alba Dorata che pensavo di conoscere, quella violenta, che ha ucciso delle persone?’ Pensavo di essermi sbagliata. Poi un tizio, che aveva dimenticato di avere ancora il microfono acceso ha iniziato a parlare, dando ordini ai membri del gruppo su come comportarsi, e cosa dirmi quando li intervistavo.

Lì mi sono accorta che non avevo torto: Alba Dorata è Alba Dorata, quella che conosco. Direi che sono nazisti, o comunque la direzione è sicuramente quella nazista — e sono assolutamente razzisti e sessisti. Ho intervistato un uomo che diceva di aver aiutato i neri quando era in Africa con una missione militare dell’ONU, ma solo per farli rimanere lì, per non farli arrivare nel suo paese.

Screenshot dal film ‘Golden Dawn: A Personal Affair’

Cosa puoi dirmi sul sessismo nel partito, invece?

Ho passato molto tempo con le donne di Alba Dorata. Alcune di loro sono coinvolte nella direzione del partito, ma è assolutamente corretto affermare che gli uomini hanno la priorità e che i ruoli più importanti sono affidati sempre a loro. Erano tutti contenti quando [il deputato e portavoce del partito] Ilias Kasidiaris ha schiaffeggiato Rena Dourou [membro del partito Syriza] in televisione, pensavano se lo fosse meritato. Dal loro punto di vista, le donne devono tornare in cucina e aprire le gambe per sfornare bambini. Incredibilmente, anche le donne sono completamente d’accordo su questo.

Se Alba Dorata dovesse governare, il nostro unico problema sarebbe capire su quale vagone ci metterebbero.

Avete mai avuto paura?

Avevamo sempre paura, soprattutto quando è stato pubblicato il secondo documentario a giugno 2014 — perché se lo avessero visto, saremmo stati nei guai. Comunque, ci hanno rotto le telecamere e un giorno sono stata aggredita — a quel punto la situazione stava per diventare ingestibile, ma è intervenuto il deputato di Alba Dorata Nikos Mihos, dicendogli che dovevano smettere di picchiarmi o di impedirmi di fare telefonate. Credo che ora potrebbe pentirsene.

In genere eravamo tranquilli: Thomas, che è tedesco, biondo, e di bell’aspetto, era quello buono, quello con cui i membri di Alba Dorata pensavano di avere qualcosa in comune. Io ero la ragazza stupida, sciocca, piccola e grassa a cui non prestavano molta attenzione. Durante uno dei loro comizi, Thomas e un cameraman sono stati respinti, e io sono stata fatta accomodare in prima fila con il mio cellulare, proprio come una ragazza sciocca che stava ancora scoprendo il mondo. Ecco come siamo riusciti a ottenere le immagini che abbiamo.

Trailer del film ‘Golden Dawn: A Personal Affair’

Qual è il loro atteggiamento nei confronti dei giornalisti?

All’inizio Alba Dorata era un partito presentabilissimo, e Kasidiaris veniva invitato in TV e gli veniva chiesto che film avesse visto al cinema, cose così. Sapevamo chi fosse, ma solo dopo l’omicidio di Pavlos Fyssas [il rapper antifascista] la stampa ha iniziato ad affermare che Alba Dorata era nei guai. Dopo anni e anni di silenzio, era troppo. Pensavo che sarebbe stata la fine del partito, ma il risultato è stato l’esatto opposto. Probabilmente perché i greci non credono più ai giornalisti, e i sostenitori di Alba Dorata non credono a nulla di quello che scrivono.

D’altro canto, la propaganda via radio e online è molto importante per loro. Qualsiasi cosa facciano, la pubblicano immediatamente sul web per mostrare quello che stanno facendo, proprio come Daesh. Alba Dorata blocca il confine con l’Albania per due ore: lo filmano e lo mettono online. Quando distruggono gli alloggi dei migranti, lo pubblicano online. Vogliono far vedere che agiscono. E funziona.

Quale pensi che sia la strategia di Alba Dorata per il futuro?

Stanno aspettando il loro momento. Credo sia la verità che cercavo quando ho iniziato a filmare. L’ultima scena del documentario mostra un intervistato importante affermare che quando Syriza sarà al potere, la prossima [a governare] sarà Alba Dorata. Tutto il film è la dimostrazione di questo [concetto].

Temi che Alba Dorata continuerà a ottenere consensi in Grecia?

Per me è abbastanza chiaro: il mio compagno è ebreo, uno dei miei figli è gay, un altro è anarchico, e io sono una femminista di sinistra e figlia di immigrati. Se Alba Dorata dovesse governare, il nostro unico problema sarebbe capire su quale vagone ci metterebbero.

Se le persone di Alba Dorata salgono al potere, l’unica risposta possibile è restare e combattere, o andarsene. Non c’è spazio per il pensiero libero, per le persone di sinistra, per i gay, per gli antifascisti, e questo si capisce perfettamente dal film. Sono cresciuta con i racconti di mia nonna sulla guerra e sulla resistenza contro gli italiani, poi ho avuto l’enorme privilegio di conoscere il padre del mio compagno Leon, che era ebreo e faceva parte della resistenza in Francia. Mi ha spiegato che non c’era altra scelta che la resistenza. Bisogna combattere per resistere, e se non lo si fa, si accetta quello che accade.


Esposto di Rete disarmo Bombe (italiane) a catinelle da: nigrizia.it

 

L’Italia sta violando la legge 185 che regolamenta l’export di armi, mentre rifornisce di bombe l’aeronautica militare dell’Arabia Saudita che sta bombardando lo Yemen? Lo chiede un esposto della Rete italiana per il disarmo, presentato oggi alle procure di Roma, Brescia, Cagliari, Verona e Pisa.

di Redazione

 

L’Italia ha di recente rifornito di bombe l’Arabia Saudita. Ma questo paese è da dieci mesi in guerra contro lo Yemen. E in Italia abbiamo una legge, la 185 del 1990, che vieta l’esportazione di armamenti verso paesi in stato di conflitto armato e che violano i diritti umani.

È partendo da questi fatti, e ricostruendo il percorso delle autorizzazioni all’esportazione, che la Rete italiana disarmo ha presentato oggi un esposto alle procure di Roma, Brescia, Cagliari, Verona e Pisa: si chiede alle autorità competenti di verificare se sia stata o meno violata la legge 185 che regolamenta l’export di sistemi militari.

«Ci siamo mossi – ha spiegato stamani in conferenza stampa Francesco Vignarca, coordinatore della Rete disarmo – a seguito delle continue spedizioni di tonnellate di bombe dalla Sardegna all’Arabia Saudita: bombe che servono a rifornire le Royal Saudi Air Force che dallo scorso marzo sta bombardando lo Yemen senza alcun mandato da parte delle Nazioni Unite, esacerbando un conflitto che portato a quasi seimila morti di cui circa la metà tra la popolazione civile (tra cui 830 tra donne e bambini) e a una crisi umanitaria. A fronte delle risposte, evasive e anche contraddittorie, degli esponenti del governo Renzi – che in questi mesi non ha mai ritenuto di incontrare le nostre associazioni – abbiamo ritenuto doveroso inoltrare alla magistratura l’esposto».

Nel documento presentato da Rete disarmo vengono ricostruite le sei spedizioni avvenute nell’arco di pochi mesi e le conseguenti reazioni di politica e società civile, elencando inoltre iniziative legali condotte in altri paesi da associazioni che hanno rilevato nelle forniture di armamenti alle forze saudite una violazione del Trattato internazionale sugli armamenti.

«Non ci risulta – conclude Vignarca – che le Camere siano state consultate in merito a queste spedizioni di bombe all’Arabia Saudita, anzi sono state presentate diverse interrogazioni parlamentari alle quali il governo non ha ancora dato risposta». Le risposte giunte dall’esecutivo Renzi sono state evasive e contraddittorie. Il ministro Pinotti ha affermato che «l’Italia non vende bombe ai sauditi» e che «è tutto regolare per quanto riguarda le autorizzazioni».

Dal settembre scorso la Rete italiana per il disarmo, network che raggruppa oltre venti organizzazioni della società civile, ha documentato queste spedizioni e, con vari comunicati stampa promossi anche con Amnesty International Italia, ha chiesto al governo italiano di sospendere l’invio di bombe e sistemi militari all’Arabia Saudita.

Da Cagliari a Taif

Un carico di migliaia di bombe è partito due settimane fa dall’aeroporto di Cagliari con destinazione la base dell’aeronautica militare saudita di Taif, non lontano dalla Mecca. A partire dall’ottobre scorso due spedizioni sono avvenute via aereo cargo, altre due sono state effettuate imbarcando le bombe ai porti di Olbia e Cagliari). Le bombe sono prodotte dalla RWM Italia, azienda tedesca del gruppo Rheinmetall con sede legale a Ghedi (Brescia) e stabilimento a Domunovas (Carbonia-Iglesias) in Sardegna.

«Considerate le ingenti forniture di bombe aeree della RWM Italia avvenute in questi mesi – ha rimarcato Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio Opal di Brescia che ha svolto uno studio su questa materia (qui in pdf) – riteniamo che si tratti di nuove autorizzazioni all’esportazione rilasciate dal governo Renzi. Saremmo interessati a sapere se l’Unità per le autorizzazioni di materiali d’armamento e ministero degli esteri ritengono che l’intervento militare della coalizione a guida saudita in Yemen sia conforme all’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite e ai principi della nostra Costituzione».

Yemen

Dopo dieci mesi di ostilità – a fianco della Arabia Saudita c’è anche il Kuwait, al quale Finmeccanica si appresta a fornire 28 caccia Eurofighter Typhoon – la situazione in Yemen è tragica: le agenzie dell’Onu, oltre ai morti e ai feriti, dicono di milioni di sfollati, di più metà della popolazione ridotta alla fame e definiscono la situazione come una catastrofe umanitaria. Lo stesso Segretario generale dell’Onu, Ban Ki moon, ha condannato i bombardamenti aerei sauditi su diversi ospedali e strutture sanitarie mentre l’Alto rappresentante per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein, ha inviato al Consiglio di sicurezza dell’Onu un rapporto che documenta “fondate accuse di violazioni del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani” di tutte le parti attive nel conflitto.

La Rete disarmo si augura che «la magistratura (o chi di dovere) prenda presto in esame l’esposto e che, finché la materia non sia accertata, possa sospendere immediatamente l’invio di bombe e materiali militari verso l’Arabia Saudita».

Comunicato stampa Congresso Provinciale ANPI Catania

1000
Sabato 27 febbraio alle ore 9.00 presso il salone Russo della CGIL di via Crociferi 40 si terrà il congresso provinciale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, si discuterà il documento per il 16° congresso nazionale ANPI, si voteranno i nuovi organi dirigenti: il comitato provinciale, la segreteria e il presidente.
Sarà presente Ivano Artioli della segreteria ANPI Nazionale, durante il congresso saranno dati le tessere ad honorem ai tre partigiani Militti, Calò, Serranò e a Gabriele Centineo, Elvira Iovine, Santa Giunta.
Si discuterà del ruolo dell’ANPI e i compiti per il futuro: la pace, la difesa della Costituzione a la sua attuazione, il ruolo dei giovani nella difesa dei diritti, l’impegno antifascista come catalizzatore nella lotta contro i razzismi e il dilagare dei movimenti neonazisti.
Ci auguriamo che tutti gli iscritti partecipino attivamente per presentare documenti di interesse locale per vivificare l’attualità dell’associazione.

La presidente Santina Sconza
Con preghiera di pubblicazione