Fiom, a metà novembre lo sciopero generale con cortei e sit in in tre regioni. Solidarietà dai lavoratori della Toscana | Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

Sciopero generale dei metalmeccanici a meta’ novembre che sarà realizzato attraverso due o tre manifestazioni territoriali, in vista poi dello sciopero generale della Cgil che dovrebbe tenersi ai primi di dicembre. Alla proposta di Maurizio Landini manca solo l’approvazione finale del Comitato centrale della Fiom che sta discutendo proprio in queste ore. “Abbiamo pensato che rispetto ad un classico sciopero generale – ha continuato Landini – sarebbe più utile mettere insieme 2-3 manifestazioni con i rispettivi scioperi in diverse date per il nord, il centro e il sud. Le città potrebbero essere Milano, Napoli e Terni, quest’ultima da valutare in base a quello che succederà”.
Intanto, oggi sono scattati in Toscana scioperi e presidi in solidarietà ai lavoratori Ast di Terni dopo quanto accaduto ieri a Roma. A Lucca, spiega la Cgil regionale in una nota, astensione dal lavoro, proclamata dalle Rsu, stamani per un’ora alla Perini e alla Finder Pompe, per protestare contro “l’azione antidemocratica che le forze di polizia e il Governo hanno dimostrato nei confronti di gente onesta che reclama i propri diritti”. Sciopero di un’ora anche al Pignone di Massa (Massa Carrara) e di mezz’ora al Comune di Rosignano Marittimo (Livorno). Ancora i componenti Cgil Rsu della Novartis Vaccines hanno proclamato per oggi un’ora di sciopero con presidio davanti all’ingresso dei siti aziendali di Siena e Rosia. Questo pomeriggio poi a Firenze, “a sostegno della vertenza degli operai Ast e per scongiurare il ripetersi di simili episodi di violenza”, alle 17 Fim, Fiom e Uilm fiorentine faranno un presidio sotto la prefettura: lasciate libere le Rsu di indire ore di sciopero per partecipare all’iniziativa. Presidio, sempre alle 17, anche a Massa, davanti alla prefettura, indetto dalla Cgil e dalla Cisl di Massa Carrara. Per l’esecutivo di Cgil Toscana “i fatti avvenuti ieri a Roma sono gravi e denotano un inaccettabile e pericoloso avvitamento della situazione sociale del Paese. Il frutto di una campagna contro il lavoro, i lavoratori e le loro rappresentanze che in primo luogo il Governo ha il dovere di interrompere con parole ed atti chiari”. La Cgil Toscana invita poi i propri iscritti “al massimo del rigore, la massima compostezza, la massima vigilanza, a partire dalle prossime manifestazioni che ci vedranno impegnati per contrastare misure ingiuste, sbagliate e tese ad alimentare le diseguaglianze”. Rammarico per i fatti di Roma è stato espresso anche dalla Uil Toscana.

“Licenziamo Renzi”. Il sindacalismo di base in piazza contro Austerity e Jobs act | Autore: fabio sebastiani da: controlacrisi.org

Presidi e cortei in tutte le regioni d’Italia con ben 27 appuntamenti, adesioni allo sciopero che nei trasporti ha registrato un valore medio del 60%, partecipazione di studenti, disoccupati e movimenti per il diritto all’abitare, delegazioni di lavoratori delle più importanti vertenze in atto in questo momento e una presenza attiva alle mobilitazioni che, a detta degli organizzatori, ha sfiorato le centomila presenze.

E’ questa la scheda del primo sciopero generale contro il Governo Renzi. Uno sciopero generale che porta la firma di Usb, Orsa, Cib-Unicobas, “Licenziamo il Governo per giusta causa”. “Abbiamo chiamato i lavoratori e loro hanno risposto – dichiara Pier Paolo Leonardi – c’è chi fa le passeggiate e chi fa le lotte. Si sta distruggendo il presente ed il futuro di questo Paese”, ha aggiunto.A causa dell’adesione allo sciopero nazionale, la compagnia aerea spagnola Vueling ha improvvisamente cancellato oggi 25 dei 38 voli in partenza e 24 di quelli in arrivo che assicura ogni giorno dall’aeroporto di Fiumicino. Inevitabili pesanti disagi per i passeggeri che, a quanto hanno riferito, non sono stati avvisati, come pure le altre strutture del Leonardo da Vinci. Disagi nei voli anche a Palermo.

“Forte la risposta nella prima fascia di sciopero nel settore dei Trasporti – si legge in un comunicato Usb – con una media nazionale del 60% di adesione. Il 100% ha scioperato a Napoli in tutte le società del tpl, con una media del 60% nelle aziende della regione Campania. A Trento sciopera il 90%. A Bologna e Forlì fermi il 70% dei bus; il 50% a Reggio Emilia;  a Rimini, Cesena e  Ferrara oltre il 40%. Soppresso il 90% dei treni regionali in Emilia Romagna. A Roma bloccati il 70% dei bus; metro A e B rallentate e  ferma la Roma-Giardinetti.  Adesione al 30% nel Cotral del Lazio. A Venezia fermo il 70% del trasporto urbano ed extraurbano; a Verona, Sala SCC, 50% degli operatori in sciopero, con ripercussioni in tutto il traffico ferroviario del Veneto. In Friuli, media del 40%. Fermo il tpl extraurbano in Sicilia. Si rammenta che la Torino e a Perugia lo sciopero è stato impedito dalla Commissione di Garanzia, con la motivazione del concomitante svolgimento del “Salone del Gusto” e di “Eurochocholate”.

A Roma, ad aprire il corteo sono stati i lavoratori Meridiana, applauditissimi, che stanno rischiando un taglio di 1.400 posti di lavoro. Molto folta la presenza dei vigili del fuoco e di alcune situazioni di lotta come gli addetti “Canados”. Un corteo “unitario”, dove non ci sono gli altri sindacati “ma ci sono lavoratori, precari, disoccupati, studenti e occupanti di case”. Al corteo nella capitale ha partecipato il segretario del Prc Paolo Ferrero.
A Bologna sul camioncino che apre il corteo compare un fantoccio con la faccia del premier Matteo Renzi e la scritta “scemo” incollata sul petto. Il fantoccio è stato lasciato poi nel cortile della sede di Unindustria. “Oggi si sciopera, non si fa finta e non si fa una passeggiata”. I manifestanti, circa 800, sono partiti da piazza XX Settembre con l’obiettivo dichiarato di attraversare il centro della citta’ ed andare a protestare davanti alla sede di Unindustria. “Abbiamo fatto un errore, abbiamo fatto scioperare troppi lavoratori del trasporto pubblico locale – dice lo speaker dal sound system, che parla di una partecipazione di non meno di duemila persone- e molti manifestanti non sono riusciti ad arrivare, altrimenti saremmo il doppio o il triplo”. Come annunciato nei giorni scorsi, partecipano alla manifestazione i consiglieri comunali Massimo Bugani e Marco Piazza del M5s. Un corteo “unitario”, dove non ci sono gli altri sindacati “ma ci sono lavoratori, precari, disoccupati, studenti e occupanti di case”. Arrivando in via Rizzoli da via Indipendenza, una delegazione si è staccata del corteo per deporre la corona di fiori sotto il sacrario dei caduti partigiani in piazza Nettuno, con scritto “Antifascisti sempre”.A Napoli Con in testa un lungo striscione di protesta contro l’abolizione dell’articolo 18, il lavoro precario e il governo Renzi, il corteoo è partito da piazza Mancini. L’iniziativa ha visto anche la partecipazione dei precari Bros, dei disoccupati organizzati di Giugliano e Casoria e di Rifondazione Comunista. Alcune migliaia di persone che hanno scandito slogan contro il governo, la precarieta’, il jobs act. Slogan di protesta anche all’indirizzo delle altre sigle sindacali, in particolare alla Cgil e al segretario Susanna Camusso.

A Genova il corteo aperto dallo striscione “LICENZIAMO RENZI” è stato di poco meno di un migliaio di persone. Il corteo è partito dal  centro per l’impiego per sottolineare la vergogna della riforma del lavoro di Renzi ed ha sostato poi sotto la sede dell’Inps “per ricordare la violenza e l’ingiustizia  della riforma delle pensioni e il tentativo di furto del TFR da parte di Renzi”.  Quindi all’Agenzia delle Entrate per sottolineare l’enormità dell’evasione fiscale mai combattuta se non a chiacchiere. Infine il corteo si è concluso sotto la sede di CONFINDUSTRIA “unica e vera beneficiaria delle riforme di Renzi”.
Da Imperia a La Spezia nel corteo erano presenti lavoratori di moltissime categorie del pubblico e del privato. Autisti e lavoratori dell’aeroporto,  infermieri, impiegati pubblici, lavoratori dell’igiene ambientale, vv.ff., guardie giurate, precari e dipendenti di cooperative tutti insieme “per dire basta alle politiche violentemente antipopolari del governo Renzi burattino bugiardo manovrato dalla UE”.

“Contro il Jobs Act e l’austerity lo strumento c’è. Lo sciopero Usb del 24 ottobre!”. Intervista a Tomaselli Fonte: contropiano | Autore: redazione

Sciopero generale il 24. La piattaforma stavolta sembra decisamente “politica”, e rivolta non solo contro il governo italiano. Cosa è cambiato?
Veramente USB dal 2010, anno della sua costituzione, ha sempre attribuito le responsabilità politiche della crisi soprattutto alle istituzioni e ai grandi gruppi di potere europei ed internazionali, più che alla politica italiana. Certo, poi ci sono i governi nazionali e quelli che si sono succeduti dal 2007 in poi ce l’hanno messa tutta per far contenti Unione Europea, BCE e Fondo Monetario Internazionale.
Oggi forse le cose sono un po’ più chiare a tutti ed è più facile spiegare ai lavoratori ed alla gente comune che sarebbe inutile puntare il dito soltanto sul governo Renzi se non si attaccano le politiche internazionali, a cominciare da quelle europee.
La sovranità nazionale nell’ambito legislativo – e nello specifico in quello del lavoro, delle politiche economiche e sociali – è ridotta quasi a zero e se si vuole invertire la tendenza è indispensabile mettere sotto accusa le politiche dell’Unione europea e quelle di chi, come Renzi, le applica in Italia. Quindi si, questo sciopero generale, nelle sue motivazioni assume oggi un valore che va oltre i confini nazionali.Anche la Cgil “medita” uno sciopero, ma forse a novembre. Intanto anche la Fiom ha cominciato a contestare Renzi quando si presenta in fabbrica e minaccia addirittura l’occupazione delle fabbriche. Quanto è credibile questo “indurimento” del vecchio sindacato italiano? Non rischia comunque di arrivare a giochi fatti?
Lo sciopero della Cgil! Quale sciopero e quale Cgil? Mi viene da rispondere così, perché negli ultimi anni, ogni volta che accade qualche cosa di pesante per il mondo del lavoro, partono le bordate della Camusso che dopo le immancabili riunioni con Cisl e Uil, che regolarmente non se la filano per nulla, e la spinta della Fiom – parla di sciopero generale. Non mi sembra che ce ne siano stati da parte loro, in questi anni di crisi e di attacco continuo ai diritti ed al salario. Sarebbe quindi ora di smetterla con le evocazioni. E quando parlo di evocazioni parlo anche della Fiom. Se Landini inizia a fare conflitto vero nel Paese troverà USB sul campo, perché lo pratica da anni.
Forse è anche possibile che prima di Natale la Camusso indica lo sciopero generale, ma a giochi fatti rappresenterebbe la solita minestra riscaldata utile a far sfogare la gente ed affermare la propria identità.
Il 24 ottobre c’è uno sciopero generale che può essere utilizzato da chiunque volesse dare un segnale forte e cade proprio nel momento nel quale si sta facendo passare il peggio del peggio in parlamento e sui posti di lavoro: tutti sono invitati a partecipare, soprattutto chi in Cgil continua a fare opposizione interna e chi continua ad evocare mediaticamente l’occupazione delle fabbriche ma non riesce ad esprimere all’esterno reale e concreto conflitto sociale.
In questo senso ci rivolgiamo però soprattutto a quei delegati e a quegli iscritti della Cgil che chiedono lo sciopero generale e sono sempre più delusi: lo strumento c’è, il 24 Ottobre, utilizzatelo!

Vedi qualche segno di ripensamento – tra i soggetti sindacali e politici – sulle scelte fatte finora e che sembrano aver facilitato il compito dei “riformatori”?
Non mi sembra che ci siano segnali che vadano in direzione contraria a quanto fatto sino ad ora. Certo, qualche ripensamento si intravede, o meglio si legge tra le righe del caos interno al PD o nelle formazioni di ciò che rimane della cosiddetta sinistra radicale o negli scossoni interni alla Cgil. Ma quel che preoccupa è che quasi nessuno tra questi soggetti dimostra di avere un progetto che, partendo da un’analisi concreta dell’attuale fase politica ed economica, rimetta in discussione complessivamente e radicalmente i modelli sociali ed economici del sistema. Nessuno parla in modo critico dell’Unione europea, nessuno dice che ci stanno trasformando in una grande Grecia, in un mercato da sfruttare in tutti i sensi.
Ripensamenti? No, altrimenti questi soggetti non continuerebbero a speculare sulle spoglie del paziente che è quasi deceduto; non si limiterebbero a parlare di riforma elettorale, di Senato, di province e di altri problemi che poco hanno a che vedere con il mondo reale che si trova davanti tutti i giorni chi lavora senza contratto e con salari a livelli inferiori di quelli dieci anni fa, chi il lavoro lo ha perso e chi non sa neanche che cosa sia, chi studia senza futuro e chi è in pensione con un reddito da fame.

Non sembra aria da grandi mobilitazioni vincenti, comunque. Anche l'”antipolitica”, che pure sembra un sentimento diffuso e ancora forte, non sembra più mordere come prima. Da cosa dipende?
E’ faticoso mobilitare i lavoratori anche perché è sempre più difficile trovare lavoro e sempre più facile perderlo. La gente è stanca e mancano punti di riferimento forti e credibili a livello politico: quelli che una volta ti spingevano a ricercare e praticare il cambiamento, a rimboccarti le maniche ed a lottare, quelli che ti facevano utilizzare lo strumento sindacale non soltanto per difendere i tuoi interessi particolari, ma anche per tentare di costruire un sistema ed un mondo migliore di quello che ti ritrovi a vivere. Oggi manca la politica, quella vera. E tutto è diventa più difficile.
Io credo però che mobilitarsi, lottare e più in generale partecipare, sia qualche cosa che parla anche al cuore e alla testa della gente e che sia necessario continuare a praticare il conflitto, anche se marginale o circoscritto, piuttosto che evocarlo sui grandi temi senza mai arrivare a praticarlo come fa più di qualcuno.
E sono convinto che proprio dai conflitti locali, da quelli sulle specifiche vertenze, da quelli interni alle categorie ed ai singoli posti di lavoro, si costruisce poi una mobilitazione generale che deve avere caratteristiche globali, ma non deve mai abbandonare la quotidianità dei problemi della gente. Così stiamo costruendo la giornata del 24 Ottobre.

Il sindacalismo di base, in diverse componenti, sembra ancora incapace di fare un salto di qualità. La prima data scelta – il 14 novembre – non è stata mutata nemmeno quando si è saputo che la partita del jobs act sarebbe stata chiusa entro ottobre. Perché?
Dal nostro congresso nazionale dell’anno scorso è emersa un’esigenza che poi è diventata anche un obiettivo: il superamento del sindacalismo di base come oggi è realizzato per costruire il sindacato di classe. Un sindacato indipendente, di massa e generale, che coniughi l’intervento a livello territoriale con quello nazionale, quello del posto di lavoro con quello di categoria. Insomma, un sindacato che nella pratica come nell’analisi, coniughi gli interessi specifici e quelli generali.
Se partiamo da questo presupposto è evidente che quelle attuali forze sindacali che in generale vengono definite “di base” e che sono divise in decine di sigle e siglette, talvolta riescono ancora a dare risposte specifiche in particolari situazioni, ma molto più spesso sono assolutamente inadeguate agli obiettivi che ritrovi nei loro comunicati o nei loro statuti. USB ha imboccato un’altra strada, più difficile e sfidante, ma a nostro avviso la sola che può far fare un salto di qualità al sindacato in questo paese, recuperando valori e pratiche sindacali che si sono abbandonate da decenni: al tempo stesso senza cadere nella spirale che ha trasformato la stessa Cgil in un sindacato che non pratica conflitto e non indica obiettivi di reale cambiamento.

Che significa in pratica?
Tu hai toccato un aspetto che per certi aspetti può essere chiarificatore. USB ad agosto ha proposto una riunione a tutti gli altri sindacati di base per costruire una risposta comune a ciò che si stava prospettando e si sta concretizzando oggi. La riunione si è svolta all’inizio di settembre e si è intrecciata con un percorso già avviato in estate da alcune forze sociali e sindacali (compresa USB), quella dello “strike meeting”. Si è quindi deciso di costruire uno sciopero generale e sociale per il 14 novembre prossimo. Poi è accaduto di tutto e le accelerazioni delle misure sul lavoro da parte del governo ci hanno fatto riflettere. Abbiamo proposto a tutte queste forze di anticipare lo sciopero generale al 24 ottobre, data al centro dell’agenda politica ed istituzionale che riguarda la controriforma del lavoro.
Senza entrare nei particolari, gran parte di questi soggetti ha risposto “no”, perché ognuno aveva costruito un suo percorso fatto di altri scioperi di categoria, di momenti di protesta, di propaganda ed informazione ai quali non voleva rinunciare, di tentennamenti o di vecchi rancori…. e così ci siamo trovati ad indire lo sciopero generale noi, l’Unicobas e l’Orsa, pur lasciando aperta anche la finestra del 14 novembre. Questo è un esempio che definisce chiaramente “chi fa che cosa”. Non parlo degli altri sindacati o di altri movimenti, parlo di USB. Se dobbiamo essere efficaci dobbiamo essere chiari e se necessario saper modificare tempi, modalità e tipologia di intervento, per essere adeguati alle risposte che vogliamo dare. I rituali della politica e del “far sindacato di base”, per come si è sviluppato negli ultimi decenni, è a nostro avviso superato. E la giustezza di tale posizione viene confermata dalle migliaia di lavoratori, di delegati e rappresentanti di altre sigle sindacali che in questi ultimi anni si sono avvicinati ad USB, ne hanno rinforzato la struttura e stanno trasformando questo sindacato in quello che ci eravamo prefissati con la sua costituzione nel 2010: un’alternativa credibile, un sindacato conflittuale ed indipendente, che tende a diventare, giorno dopo giorno, consenso dopo consenso, in un sindacato di classe e di massa

Sembra chiaro che “il giorno dopo” il jobs act ci troveremo davanti a un “mondo nuovo” – o molto antico – che metterà ogni forza sindacale davanti a molti aut aut. Come si prepara l’Usb a questo “cambio di passo” che si annuncia pesante?
Il Jobs act è l’ultimo di una serie di provvedimenti che sarebbero stati già pesanti e contestabili in una situazione economica del paese che qualcuno definirebbe “normale”: diciamo l’Italia prima dell’inizio della crisi. Oggi questi provvedimenti, oltre ad essere oltraggiosi rispetto a gran parte della popolazione italiana che non arriva a metà mese, oltre a sottrarre diritti e salario, a determinare privatizzazioni e nuove tasse locali, a far sembrare elemosina gli 80 euro elargiti in cambio del blocco dei contratti o del taglio dei posti di lavoro, sono profondamente inutili ai fini dichiarati di rilancio dell’economia.
E allora bisogna continuare a dire con forza che il lavoro si crea non abbassando il suo costo o regalando moneta alle grandi imprese per assicurar loro i profitti che si attendono, ma attraverso un ruolo diverso dello stato e del pubblico, che deve poter intervenire direttamente nei settori che ritiene strategici e trainanti, anche attraverso le nazionalizzazioni. Serve una politica che ci stacchi dall’Unione Europea che sta destrutturando completamente tutti i settori produttivi dove questo paese eccelleva. Serve una politica che abbia il coraggio di prendere queste decisioni. Serve un sindacato che non guardi in faccia a nessuno, che non abbia governi amici e che costruisca conflitto vero sia a livello vertenziale, sia a livello generale.
Questo è quello che cercherà di fare USB, sapendo che più si avvicinerà l’obiettivo di essere considerato l’alternativa al sindacato concertativo e collaborativo, più saranno i lavoratori che si organizzeranno in USB, maggiori saranno gli ostacoli che si frapporranno sul nostro cammino, più gravose le responsabilità e ancor più pesanti i tentativi di fermarci. Ma noi siamo così: più tentano di impedire il nostro agire sindacale, maggiori sono le energie che riusciamo a mettere in campo.
Il 24 Ottobre è un passaggio importante, ma soltanto un passaggio e dimostreremo a tutti di esserci: abbiamo la testa dura e se ne accorgeranno!

“Contro il Jobs Act e l’austerity lo strumento c’è. Lo sciopero Usb del 24 ottobre!”. Intervista a Tomaselli Fonte: contropiano | Autore: redazione

Sciopero generale il 24. La piattaforma stavolta sembra decisamente “politica”, e rivolta non solo contro il governo italiano. Cosa è cambiato?
Veramente USB dal 2010, anno della sua costituzione, ha sempre attribuito le responsabilità politiche della crisi soprattutto alle istituzioni e ai grandi gruppi di potere europei ed internazionali, più che alla politica italiana. Certo, poi ci sono i governi nazionali e quelli che si sono succeduti dal 2007 in poi ce l’hanno messa tutta per far contenti Unione Europea, BCE e Fondo Monetario Internazionale.
Oggi forse le cose sono un po’ più chiare a tutti ed è più facile spiegare ai lavoratori ed alla gente comune che sarebbe inutile puntare il dito soltanto sul governo Renzi se non si attaccano le politiche internazionali, a cominciare da quelle europee.
La sovranità nazionale nell’ambito legislativo – e nello specifico in quello del lavoro, delle politiche economiche e sociali – è ridotta quasi a zero e se si vuole invertire la tendenza è indispensabile mettere sotto accusa le politiche dell’Unione europea e quelle di chi, come Renzi, le applica in Italia. Quindi si, questo sciopero generale, nelle sue motivazioni assume oggi un valore che va oltre i confini nazionali.Anche la Cgil “medita” uno sciopero, ma forse a novembre. Intanto anche la Fiom ha cominciato a contestare Renzi quando si presenta in fabbrica e minaccia addirittura l’occupazione delle fabbriche. Quanto è credibile questo “indurimento” del vecchio sindacato italiano? Non rischia comunque di arrivare a giochi fatti?
Lo sciopero della Cgil! Quale sciopero e quale Cgil? Mi viene da rispondere così, perché negli ultimi anni, ogni volta che accade qualche cosa di pesante per il mondo del lavoro, partono le bordate della Camusso che dopo le immancabili riunioni con Cisl e Uil, che regolarmente non se la filano per nulla, e la spinta della Fiom – parla di sciopero generale. Non mi sembra che ce ne siano stati da parte loro, in questi anni di crisi e di attacco continuo ai diritti ed al salario. Sarebbe quindi ora di smetterla con le evocazioni. E quando parlo di evocazioni parlo anche della Fiom. Se Landini inizia a fare conflitto vero nel Paese troverà USB sul campo, perché lo pratica da anni.
Forse è anche possibile che prima di Natale la Camusso indica lo sciopero generale, ma a giochi fatti rappresenterebbe la solita minestra riscaldata utile a far sfogare la gente ed affermare la propria identità.
Il 24 ottobre c’è uno sciopero generale che può essere utilizzato da chiunque volesse dare un segnale forte e cade proprio nel momento nel quale si sta facendo passare il peggio del peggio in parlamento e sui posti di lavoro: tutti sono invitati a partecipare, soprattutto chi in Cgil continua a fare opposizione interna e chi continua ad evocare mediaticamente l’occupazione delle fabbriche ma non riesce ad esprimere all’esterno reale e concreto conflitto sociale.
In questo senso ci rivolgiamo però soprattutto a quei delegati e a quegli iscritti della Cgil che chiedono lo sciopero generale e sono sempre più delusi: lo strumento c’è, il 24 Ottobre, utilizzatelo!

Vedi qualche segno di ripensamento – tra i soggetti sindacali e politici – sulle scelte fatte finora e che sembrano aver facilitato il compito dei “riformatori”?
Non mi sembra che ci siano segnali che vadano in direzione contraria a quanto fatto sino ad ora. Certo, qualche ripensamento si intravede, o meglio si legge tra le righe del caos interno al PD o nelle formazioni di ciò che rimane della cosiddetta sinistra radicale o negli scossoni interni alla Cgil. Ma quel che preoccupa è che quasi nessuno tra questi soggetti dimostra di avere un progetto che, partendo da un’analisi concreta dell’attuale fase politica ed economica, rimetta in discussione complessivamente e radicalmente i modelli sociali ed economici del sistema. Nessuno parla in modo critico dell’Unione europea, nessuno dice che ci stanno trasformando in una grande Grecia, in un mercato da sfruttare in tutti i sensi.
Ripensamenti? No, altrimenti questi soggetti non continuerebbero a speculare sulle spoglie del paziente che è quasi deceduto; non si limiterebbero a parlare di riforma elettorale, di Senato, di province e di altri problemi che poco hanno a che vedere con il mondo reale che si trova davanti tutti i giorni chi lavora senza contratto e con salari a livelli inferiori di quelli dieci anni fa, chi il lavoro lo ha perso e chi non sa neanche che cosa sia, chi studia senza futuro e chi è in pensione con un reddito da fame.

Non sembra aria da grandi mobilitazioni vincenti, comunque. Anche l'”antipolitica”, che pure sembra un sentimento diffuso e ancora forte, non sembra più mordere come prima. Da cosa dipende?
E’ faticoso mobilitare i lavoratori anche perché è sempre più difficile trovare lavoro e sempre più facile perderlo. La gente è stanca e mancano punti di riferimento forti e credibili a livello politico: quelli che una volta ti spingevano a ricercare e praticare il cambiamento, a rimboccarti le maniche ed a lottare, quelli che ti facevano utilizzare lo strumento sindacale non soltanto per difendere i tuoi interessi particolari, ma anche per tentare di costruire un sistema ed un mondo migliore di quello che ti ritrovi a vivere. Oggi manca la politica, quella vera. E tutto è diventa più difficile.
Io credo però che mobilitarsi, lottare e più in generale partecipare, sia qualche cosa che parla anche al cuore e alla testa della gente e che sia necessario continuare a praticare il conflitto, anche se marginale o circoscritto, piuttosto che evocarlo sui grandi temi senza mai arrivare a praticarlo come fa più di qualcuno.
E sono convinto che proprio dai conflitti locali, da quelli sulle specifiche vertenze, da quelli interni alle categorie ed ai singoli posti di lavoro, si costruisce poi una mobilitazione generale che deve avere caratteristiche globali, ma non deve mai abbandonare la quotidianità dei problemi della gente. Così stiamo costruendo la giornata del 24 Ottobre.

Il sindacalismo di base, in diverse componenti, sembra ancora incapace di fare un salto di qualità. La prima data scelta – il 14 novembre – non è stata mutata nemmeno quando si è saputo che la partita del jobs act sarebbe stata chiusa entro ottobre. Perché?
Dal nostro congresso nazionale dell’anno scorso è emersa un’esigenza che poi è diventata anche un obiettivo: il superamento del sindacalismo di base come oggi è realizzato per costruire il sindacato di classe. Un sindacato indipendente, di massa e generale, che coniughi l’intervento a livello territoriale con quello nazionale, quello del posto di lavoro con quello di categoria. Insomma, un sindacato che nella pratica come nell’analisi, coniughi gli interessi specifici e quelli generali.
Se partiamo da questo presupposto è evidente che quelle attuali forze sindacali che in generale vengono definite “di base” e che sono divise in decine di sigle e siglette, talvolta riescono ancora a dare risposte specifiche in particolari situazioni, ma molto più spesso sono assolutamente inadeguate agli obiettivi che ritrovi nei loro comunicati o nei loro statuti. USB ha imboccato un’altra strada, più difficile e sfidante, ma a nostro avviso la sola che può far fare un salto di qualità al sindacato in questo paese, recuperando valori e pratiche sindacali che si sono abbandonate da decenni: al tempo stesso senza cadere nella spirale che ha trasformato la stessa Cgil in un sindacato che non pratica conflitto e non indica obiettivi di reale cambiamento.

Che significa in pratica?
Tu hai toccato un aspetto che per certi aspetti può essere chiarificatore. USB ad agosto ha proposto una riunione a tutti gli altri sindacati di base per costruire una risposta comune a ciò che si stava prospettando e si sta concretizzando oggi. La riunione si è svolta all’inizio di settembre e si è intrecciata con un percorso già avviato in estate da alcune forze sociali e sindacali (compresa USB), quella dello “strike meeting”. Si è quindi deciso di costruire uno sciopero generale e sociale per il 14 novembre prossimo. Poi è accaduto di tutto e le accelerazioni delle misure sul lavoro da parte del governo ci hanno fatto riflettere. Abbiamo proposto a tutte queste forze di anticipare lo sciopero generale al 24 ottobre, data al centro dell’agenda politica ed istituzionale che riguarda la controriforma del lavoro.
Senza entrare nei particolari, gran parte di questi soggetti ha risposto “no”, perché ognuno aveva costruito un suo percorso fatto di altri scioperi di categoria, di momenti di protesta, di propaganda ed informazione ai quali non voleva rinunciare, di tentennamenti o di vecchi rancori…. e così ci siamo trovati ad indire lo sciopero generale noi, l’Unicobas e l’Orsa, pur lasciando aperta anche la finestra del 14 novembre. Questo è un esempio che definisce chiaramente “chi fa che cosa”. Non parlo degli altri sindacati o di altri movimenti, parlo di USB. Se dobbiamo essere efficaci dobbiamo essere chiari e se necessario saper modificare tempi, modalità e tipologia di intervento, per essere adeguati alle risposte che vogliamo dare. I rituali della politica e del “far sindacato di base”, per come si è sviluppato negli ultimi decenni, è a nostro avviso superato. E la giustezza di tale posizione viene confermata dalle migliaia di lavoratori, di delegati e rappresentanti di altre sigle sindacali che in questi ultimi anni si sono avvicinati ad USB, ne hanno rinforzato la struttura e stanno trasformando questo sindacato in quello che ci eravamo prefissati con la sua costituzione nel 2010: un’alternativa credibile, un sindacato conflittuale ed indipendente, che tende a diventare, giorno dopo giorno, consenso dopo consenso, in un sindacato di classe e di massa

Sembra chiaro che “il giorno dopo” il jobs act ci troveremo davanti a un “mondo nuovo” – o molto antico – che metterà ogni forza sindacale davanti a molti aut aut. Come si prepara l’Usb a questo “cambio di passo” che si annuncia pesante?
Il Jobs act è l’ultimo di una serie di provvedimenti che sarebbero stati già pesanti e contestabili in una situazione economica del paese che qualcuno definirebbe “normale”: diciamo l’Italia prima dell’inizio della crisi. Oggi questi provvedimenti, oltre ad essere oltraggiosi rispetto a gran parte della popolazione italiana che non arriva a metà mese, oltre a sottrarre diritti e salario, a determinare privatizzazioni e nuove tasse locali, a far sembrare elemosina gli 80 euro elargiti in cambio del blocco dei contratti o del taglio dei posti di lavoro, sono profondamente inutili ai fini dichiarati di rilancio dell’economia.
E allora bisogna continuare a dire con forza che il lavoro si crea non abbassando il suo costo o regalando moneta alle grandi imprese per assicurar loro i profitti che si attendono, ma attraverso un ruolo diverso dello stato e del pubblico, che deve poter intervenire direttamente nei settori che ritiene strategici e trainanti, anche attraverso le nazionalizzazioni. Serve una politica che ci stacchi dall’Unione Europea che sta destrutturando completamente tutti i settori produttivi dove questo paese eccelleva. Serve una politica che abbia il coraggio di prendere queste decisioni. Serve un sindacato che non guardi in faccia a nessuno, che non abbia governi amici e che costruisca conflitto vero sia a livello vertenziale, sia a livello generale.
Questo è quello che cercherà di fare USB, sapendo che più si avvicinerà l’obiettivo di essere considerato l’alternativa al sindacato concertativo e collaborativo, più saranno i lavoratori che si organizzeranno in USB, maggiori saranno gli ostacoli che si frapporranno sul nostro cammino, più gravose le responsabilità e ancor più pesanti i tentativi di fermarci. Ma noi siamo così: più tentano di impedire il nostro agire sindacale, maggiori sono le energie che riusciamo a mettere in campo.
Il 24 Ottobre è un passaggio importante, ma soltanto un passaggio e dimostreremo a tutti di esserci: abbiamo la testa dura e se ne accorgeranno!

Sciopero generale, aumenta la spinta da dentro la Cgil. Dopo Bologna sembra più facile | Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

Oggi lo sciopero della Cgil dell’Emilia-Romagna ha riempito il centro di Bologna e il segretario regionale, Vincenzo Colla, ha concluso il comizio rivolgendosi direttamente alla leader nazionale Susanna Camusso e chiamando chiaramente lo sciopero generale. All’esecutivo, Colla manda un messaggio chiaro: “Fermatevi o vi fermeremo noi, perche’ questo- scandisce il segretario di fronte alle bandiere della Cgil che riempiono piazza Maggiore- e’ un popolo che non si fermera’”. A confortare l’ipotesi che ormai interi pezzi della Cgil vanno in quella direzione ci sono anche le parole di Maurizio Landini. “La manifestazione di sabato 25 ottobre è solo l’inizio – dice a Bari -: dopo si andrà sicuramente anche verso lo sciopero generale perché‚ le ragioni che hanno portato la Cgil ad annunciare la manifestazione sono ancora più confermate”. Secondo Landini, intanto la manovra di palazzo Chigi “non interviene sulle ragioni che hanno prodotto questa crisi e, al di là degli spot, penso che vada cambiata”. “Non perché‚ – ha precisato – ce l’abbiamo con Renzi, ma perché‚ noi abbiamo proposte diverse da quelle che sta facendo il governo per ridurre la precarietà, per estendere i diritti e incentivare la riduzione degli orari di lavoro, per redistribuire la ricchezza nel paese”.
Infine Landini ha definito “singolare che in tutto questo provvedimento non si dica una parola sulle pensioni: trovo sia folle – ha concluso – continuare ad avere un paese in cui l’età pensionabile è stata portata a settant’anni e poi lamentarsi che aumenta la disoccupazione giovanile”. A criticare la manovra è anche il segretario della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo. Quelle misure, dice Pantaleo, “avranno come effetto immediato il peggioramento della qualita’ dell’offerta formativa e delle condizioni di lavoro”. “Viene bloccato il rinnovo del contratto nei settori pubblici con il chiaro intento di ridurre i salari e i diritti in tutte le pubbliche amministrazioni. E’ sicuramente importante aver stanziato un miliardo per la stabilizzazione di una parte dei precari nella scuola. Ma nulla viene previsto per tutti gli altri comparti della conoscenza dove nei prossimi mesi si rischia il licenziamento di tantissimi precari”. Da qui l’annuncio che il sindacato sara’ in piazza il 25 ottobre alla manifestazione promosssa dalla Cgil e a quella unitaria dell’8 novembre. Ma anche che si andrà “avanti con le lotte fino allo sciopero”, assicura Pantaleo.
Lo sciopero generale della Cgil è tutto da definire, mentre quello di Usb è già fissato per il 24 ottobre. “Se la legge di stabilità e’ il sogno di Squinzi che si realizza per i lavoratori sarà un altro incubo”, si legge in una nota del sindacato di base. ”Il taglio dell’Irap, che sino ad ora finanziava il Fondo Sanitario, rischia di decretare la morte del Servizio Sanitario pubblico, mentre il carico dei contributi azzerato alle imprese per i neo assunti verrà pagato dall’INPS, e dunque dai lavoratori”. ”E tutto questo produrrà lavoro? Lo stesso Squinzi mette le mani avanti -aggiunge- sottolineando che sarà il mercato a dirlo…ed ora il mercato è molto depresso. Intanto qualcuno, come ha già fatto Marchionne, avrà maggiori disponibilità finanziarie e potrà pagare super premi ai propri mega-dirigenti e qualcun altro potrà trasferire all’estero le proprie attività”. Stessa critica per la spending review, (“sarà concentrata non sugli sprechi, ma sugli enti locali e sui lavoratori pubblici) e per gli 80 euro (che in pratica saranno molto meno”).

Sicilia, contro la Regione in crisi di bilancio incombe lo sciopero generale Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

Cgil, Cisl e Uil della Sicilia mettono lanciano l’ultimatum al governatore Rosario Crocetta e all’Assemblea regionale siciliana. Senza “risposte immediate” alle emergenze dell’Isola nei prossimi giorni partira’ la mobilitazione generale. “Non e’ un ricatto – dice il segretario generale della Cisl Sicilia, Maurizio Bernava – ma senza un cambio di passo nei prossimi quindici giorni avvieremo iniziative di lotta sempre piu’ dure fino ad arrivare allo sciopero generale. Non abbiamo visto una sola proposta concreta per uscire dalla crisi, solo il caos con dirigenti che rispondono al ceto politico e non ai siciliani”.
Da mesi i dipendenti degli enti regionali aspettano gli stipendi e non hanno nessuna certezza sul futuro.
Il leader della Cgil Michele Pagliaro punta il dito sulla “politica distratta” di fronte ad una “situazione che e’ drammatica ed esplosiva. La legge di stabilita’ continua ad essere impugnata con oltre mezzo miliardo di euro di spesa bloccata.
Proprio ieri Crocetta ha dovuto ingoiare il nuovo stop al ‘salva-stipendi’ da 132 milioni, con la fumata nera in commissione Bilancio sull’emendamento del governo da 100 milioni per Comuni e forestali. Causa, l’incertezza nelle coperture finanziarie.
Costretto ad affrontare una crisi di liquidita’ e di credibilita’ contabile, in ordine alla quale chiede chiarezza anche la Corte dei conti che attende ancora la trasmissione del Rendiconto 2013 e che aspetta Crocetta al varco del giudizio di parificazione di giugno sui conti della Regione, per nulla scontato, Crocetta assiste al frastagliamento delle alleanze politiche che lo sostengono, a cominciare dal Pd. Gli attacchi al giurista Giovanni Fiandaca, candidato alle Europee, accusato di “negazionismo” rispetto alla presunta trattativa Stato-mafia, hanno fatto saltare parecchi ponti sulla strada che lo legava ai ‘colonnelli’ di Renzi. Si allarga intanto l’ampia area dei ‘dissenzienti’ che rappresenta gia’ la meta’ del gruppo all’Ars, capeggiata da Antonello Cracolici. Si parla apertamente di “governo incapace e dannoso” e di “esperienza alla Regione al capolinea”

Pubblico impiego, Usb verso lo sciopero generale. “Contro il blocco dei contratti, contro l’austerity” | Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

Il Coordinamento Nazionale USB Pubblico Impiego, riunitosi ieri, 14 aprile, con i responsabili dei territori e dei settori del lavoro pubblico, ha dato mandato all’Esecutivo Nazionale USB di proclamare lo sciopero generale dell’intera categoria.

Uno sciopero che già era nell’aria, ma che si è reso necessario dopo l’emanazione del Def da parte del governo Renzi, con il quale, nella sostanza, si bloccano i contratti di pubblico impego per un altro quinquennio e non si stanziano le risorse per alcuna stabilizzazione dei lavoratori precari.

Secondo il Coordinamento Nazionale USB P.I., “siamo di fronte ad un governo che, come quello Letta e quello Monti, si fa dettare la linea dall’Unione Europea e dalla Banca Centrale Europea, con la differenza che l’attuale premier assomiglia sempre più a un illusionista: dal cappello tira fuori 80 euro per chi ha redditi minimi e contemporaneamente, senza farsi vedere, Renzi taglia di fatto i salari ai lavoratori pubblici del 20%”.

“E’ evidente che con questa decisone – continua il Coordinamento nazionale Usb/Pi – nei prossimi due anni aumenteranno le famiglie sotto la soglia di povertà, a fronte anche del silenzio complice delle altre organizzazioni sindacali”.

L’USB P.I. invita dunque tutte le lavoratrici ed i lavoratori dell’amministrazione pubblica a mobilitarsi e a sostenere lo sciopero USB, che sarà preceduto il 14 maggio prossimo da una giornata nazionale di lotta con iniziative regionali.

Data e modalità dello sciopero saranno definite nelle prossime settimane, anche entrando in relazione con il movimento fatto di organizzazioni sociali e politiche che intende mobilitarsi contro i diktat dell’Unione Europea.

Usb: “Duro colpo di Susanna Camusso alla pratica dello sciopero generale” Autore: RedAzione da : controlacrisi.org

“Susanna Camusso riemerge dall’ombra, in cui da tempo è finita la CGIL e tutto il sindacato concertativo italiano, per assestare con argomentazioni che lasciano allibiti un duro colpo alla pratica dello sciopero generale, uno dei principali strumenti politici di lotta del movimento dei lavoratori”, così Pierpaolo Leonardi, dell’Esecutivo Nazionale USB, sulle recenti dichiarazioni del segretario generale CGIL.

 

Osserva il dirigente USB: “Camusso sostiene infatti che lo sciopero generale lascia fuori dalla lotta quei milioni di soggetti che non possono scioperare semplicemente perché un lavoro non lo hanno. Così, dopo che il sindacato concertativo non si è opposto alla destrutturazione del mondo del lavoro, che attraverso l’ideologia della flessibilità ha macinato diritti e garanzie, e, invece che chiamare i lavoratori allo scontro, quel sindacato ha accompagnato i processi di riorganizzazione e ristrutturazione produttiva perché servivano prima ad entrare, e poi a rimanere, nell’Europa e nell’euro, adesso l’ineffabile segretaria della CGIL tira fuori l’argomento della inefficacia dello sciopero generale”.

 

“Da tempo gli scioperi proclamati dalla USB chiamano alla mobilitazione e alla lotta anche i precari, i disoccupati, i senza casa, i richiedenti reddito, i migranti, gli studenti. Cioè – continua Leonardi – generalizzano lo sciopero a quella parte di società che diventa sempre più ampia e che non incontra più il sindacato nei luoghi di lavoro. E gli scioperi riescono, nelle fabbriche e negli uffici; riescono le manifestazioni attraverso cui si rappresentano e a cui partecipano in massa anche i soggetti sociali figli della frammentazione sociale e produttiva, come dimostrato dallo straordinario successo del 18 e 19 ottobre”.

“Evidentemente – conclude Leonardi – la Camusso ha altri problemi. Il primo è che un sindacato che ha perso l’indipendenza dai governi e dai padroni non può chiamare allo sciopero generale che, per la sua natura prevalentemente politica, metterebbe in crisi il collateralismo di Cgil, Cisl e Uil. Il secondo è che chiamare i lavoratori alla lotta senza indicare l’obiettivo che si vuole raggiungere, o indicando obiettivi assolutamente lontani dalle reali esigenze della gente, come è stato per il ridicolo sciopericchio di quattro ore sulla legge di stabilità, rischia di essere un boomerang per il sindacato stesso. Allora la domanda giusta non è se lo sciopero generale sia ancora utile, ma se il sindacato concertativo e complice sia ancora utile. E la risposta è no”

Cgil e Cisl, ovvero Bonanni e Camusso, a picconate contro lo sciopero generale. Belle facce toste! | Autore: fabio sebastiani

Ieri Susanna Camusso aveva sparato a zero, in perfetto sindacalese, questo le va riconosciuto, contro lo sciopero generale. L’aveva fatto, ostendando una certa dose di aperta provocazione, ad un convegno su Claudio Sabattini nei decennale della scomparsa. L’aveva fatto sottolineando il profilo di “arnese inservibile” alle lotte dei lavoratori nella difficoltà della crisi. E fin qui, diciamo, quasi tutto bene.
Le ragioni sono tante, ha aggiunto Camusso, la prima è quella della inadeguatezza rispetto alla forte frammentazione della “classe” dei lavoratori. Quindi, o c’è qualcosa di più dello sciopero generale, oppure? Oppure niente. Signori, si chiude. Il giochino di Susanna Camusso si è subito svelato per un attacco senza precedenti alle mobilitazioni. Va appena ricordato che la signora, che ha l’onore di alloggiare al piano più alto di Corso d’Italia ormai da quattro anni, dovrebbe spiegare cosa ha fatto di concreto il suo sindacato per unificare le lotte e per superare il gap che semmai è noto da decenni. Mettere in piazza l’apparato spruzzato di qualche Rsu non è fare lo sciopero generale, ovviamente. Le quattro ore rimediate in improbabili piazze provinciali gridano vendetta. A rinforzare il profilo da faccia tosta è arrivato subito il signore che invece il piano più alto ce l’ha in via Po’, a due passi dalla signora, presso la sede della Cisl, sostenendo che lui “lo dice da tempo”.
“Per la Camusso lo sciopero generale non basta piu’ per tutti? Beh, alla buon’ora….”, ha risposto alle parole del segretario generale della Cgil secondo cui bisogna “sperimentare nuove forme di lotta efficaci e non esclusive”. “Sono contento di queste affermazioni della Camusso – spiega Bonanni a Palermo – perche’, mi scoccia fare questi discorsi, ma noi li facciamo da tanti, tanti anni. Ma siamo sempre stati incompresi, vilipesi, offesi e aggrediti proprio per questi argomenti. E’ il crollo del muro e di questo sono molto contento”. Bene, ora gli offesi saranno due. Se Luigi Angeletti si vuole accomodare, c’è posto.
Tra pochi mesi si terrà il congresso della Cgil. C’è da giurare che questo sarà uno dei temi più battuti. Vedremo all’opera tutta la creatività dei segretari e dei funzionari Cgil ubriacati da venti anni di concertazione, nel trovare “nuove forme di lotta”. Sarà uno spettacolo da non perdere. Il che non è un male di per sé, anzi. Il punto è che a discuterne, per lo stato comatoso in cui è ridotta la Cgil, saranno “in quattro”, lontani mille miglia dai lavoratori in carne ed ossa, che a questo punto, stando alle parole di Canusso, sarebbero meno che mai titolati a riunirsi sotto le insegne di qualcosa che si chiama organizzazione sindacale.
Era proprio Claudio Sabattini, che aveva capito tutto goà venti anni fa e chce fu un nemico irriducibile di Susanna Camusso, a ricordare che la parola sindacato vuol dire “stare insieme con giustizia”. Lasciamo perdere la “giustizia”, di cui oggi non sembra depositario nessun soggetto che abbia un minimo di autorità e autorevolezza, ma certo lo “stare insieme” è un tema di attualità e di forte crisi per il sindacato. In Cgil non se ne erano mai accorti? Non si erano mai accorti che avendo caldeggiato la precarizzazione del lavoro attraversso l’interinale (parlano i documenti) prima o poi si sarebbe andati a sbattere contro la frammentazione. Ci scuserà la signora Camusso, ma ci vuole una bella faccia tosta a sostenere che lo sciopero generale non è più utile per i motivi di cui sopra. Anche fosse, c’è una precisa e indifferibile responsabilità del sindacato. Alemeno questo lo si vuole riconoscere?
E’ ovvio che a questo punto non ci “faremo dire” cosa è buono e cosa è cattivo. Cosa è giusto fare per salvare almeno gli stracci e cosa no. Non ci faremo vomitare addosso la solita retorica sulla democrazia. Adesso, anche se non ve ne siete accorti “siete per sempre coinvolti”

Il renzismo approda subito in Cgil: basta con lo sciopero generale. Intervento di Giorgio Cremaschi | Autore: giorgio cremaschi

 

In un convegno organizzato dalla FIOM a Bologna Susanna Camusso ha affermato che lo sciopero generale non basta più. Siccome è difficile credere che con ciò la segretaria della CGIL volesse annunciare il passaggio a forme di lotta rivoluzionarie, è probabile che sia giusta la interpretazione che ne ha voluto dare la stampa: basta con lo sciopero generale.

Ma quanti scioperi generali ha fatto la CGIL in questi ultimi anni? L’ultimo che tutti i lavoratori ricordano con rabbia è quello di tre ore per non fermare la riforma Fornero delle pensioni. Uno sciopero finto, fatto per circostanza e con la chiarissima intenzione di non procurare difficoltà al governo Monti appena insediato.

Nessuno sentirà la mancanza di lotte come questa, fatte solo per far guadagnare spazietti nei telegiornali, lotte che i lavoratori hanno imparato a disertare. Gli ultimi scioperi di quattro ore di CGIL CISL UIL, sparpagliati in giornate e territori diversi, sono stati semiclandestini. È fallito anche lo sciopero proclamato dalla FIOM in Emilia la scorsa settimana: poche centinaia di persone in piazza a Bologna.

È colpa delle persone che non hanno più voglia di lottare? No è colpa dei gruppi dirigenti sindacali, che proclamano lotte che servono solo a far vedere che si esiste e che hanno la sola funzione di creare frustrazione ed impotenza in chi le fa.

Nella più grave crisi economica del dopoguerra la CGIL vivacchia tra un convegno e l’altro, senza pensare al conflitto vero, quello che i lavoratori son ancora disposti ad affrontare con grande coraggio, come hanno mostrato i tranvieri di Genova.

Che questa CGIL sia ora spaventata e affascinata dalla nuova leadership del PD è evidente e anche questo è un segno della sua profonda crisi. Accantonato e dimenticato il goffo tentativo della SPI di sostenere Cuperlo, ora tutto il gruppo dirigente della confederazione spera in una legittimazione da Renzi. Il più lesto è stato Maurizio Landini, che al convegno di Bologna si è ben guardato dal polemizzare con la segretaria della CGIL sugli scioperi, e invece ha parlato tanto del sindaco di Firenze. Che incontrerà nella sua città in un convegno tempestivamente organizzato dalla FIOM locale.

Tra Camusso e Landini si è quindi aperta la gara a chi si presenti più innovativo e corrisponda di più al messaggio delle primarie del PD. La grande informazione ha subito colto il segnale e si prepara a misurare i dirigenti della CGIL in termini di maggiore o minore affinità con il renzismo.

Peccato che le due principali figure della CGIL si siano messe d’accordo di fare il congresso sulla stessa posizione, come se nel PD non si fossero svolte le primarie e ci fosse stata una intesa preventiva di vertice sulla composizione dei gruppi dirigenti. In mancanza di un confronto trasparente sulla guida del principale sindacato italiano, la contesa andrà avanti a convegni e controconvegni, indici di gradimento, battute di corridoio.

Naturalmente si potrebbe anche pensare che alla CGIL e ai suoi rappresentati converrebbe oggi allontanarsi dal PD, principale partito dei governi che praticano quelle politiche di austerità che stanno devastando il mondo del lavoro. Converrebbe anche alla democrazia una CGIL che non lasciasse la protesta sociale ai forconi e che con i lavoratori, i disoccupati, i precari, i pensionati, provasse a bloccare il paese. Invece di rinunciare preventivamente ad uno sciopero generale che da tempo immemore non convoca più.

Ma questo sarebbe accusato di essere il sindacato vecchio, vecchio come quello che nel pieno della rivolta reazionaria di massa a Reggio Calabria, portava i metalmeccanici a sfilare nella città e così a cambiare il segno politico di quella protesta.

Ma quello era il sindacato degli anni 70, quello che credeva nella funzione degli scioperi generali. Vuoi mettere quel vecchio modello sindacale con le infinite possibilità di cambiamento della realtà che oggi offrono la partecipazione a Ballarò o a Servizio Pubblico?

Solo una minoranza di sognatori contrasta questo modo di fare sindacato in CGIL, e ha chiamato questa sua posizione: “Il sindacato è un’altra cosa”.

Ma cosa volete che importi, c’è Renzi .