Venerdì 4 ore 17,30 presso cgil via crociferi n.40 riunione comitato provinciale.

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Il cammino di Crocetta, dal Modello Sicilia al “Modello Lombardo” da: tempo stretto

 

 

 

Più passano i mesi più il governatore somiglia a quel predecessore dal quale vuole prendere sempre le distanze. Sono tante le analogie tra il Crocetta degli ultimi mesi e l’ex Lombardo, dagli sponsor al divide et impera, dal vizio delle nomine al sogno della supergiunta, dalla parabola di un governo iniziato nel 2008 con un colore e finito, rocambolescamente, sul fronte opposto.

 

Domenica, 29 settembre, 2013 – 08:29
Scritto da: Rosaria Brancato

 

Ci sono figli che trascorrono tutta la vita cercando di dimostrare di essere diversi dai genitori, salvo accorgersi, in piena maturità, di essere “sputati” come due gocce d’acqua. Fenomeni analoghi accadono anche in politica. Prendiamo Crocetta, salutato un anno fa come il “rivoluzionario che piace ai 5 Stelle” e che adesso, in piena guerra con il Pd, si trova a ripercorrere passi con le stesse scarpe del predecessore dal quale ha preso le distanze, Lombardo. Iniziato come l’applaudito Modello Sicilia, il governo Crocetta rischia di tramontare come Modello Lombardo, (non mi riferisco alla regione, ovviamente). Nato “grillino in salsa sicula”, crescendo si sta tramutando nell’odiato avo, avviandosi verso una maturità da lombardiano. Messo all’angolo dal Pd dovrà scegliere e cercare quella maggioranza in Aula che lo possa fare governare, secondo un film già visto. Le analogie tra i due sono tante, dagli sponsor alle giunte, dal metodo divide et impera al vizietto delle nomine, dai ribaltoni alla spiccata inclinazione al controllo di uomini e cose. Un anno fa, era il 2 novembre, negli studi di La7, il neo governatore ascoltava le dichiarazioni di Cuffaro dal carcere: “Di amici eletti ne ho in tutte le liste- diceva l’ex presidente- comprese  quelle di Grillo. Crocetta invece i miei amici non li aveva nella lista dell’Udc, li aveva addirittura nel listino”. Immediata la risposta:  “Nelle mie liste non ci sono Cuffariani perché  l’Udc in Sicilia è ormai un partito ‘decuffarizzato’”. E alla  Santanché, che in studio lo accusava di dover fare gioco-forza il mercato delle vacche,  il neo eletto replicava sdegnato: “voglio autoconvincermi che, al di là dei partiti, troverò tante persone per bene che sono disponibili a questo, altrimenti ce ne andiamo a casa”.

Nell’arco di un anno, a piccoli passi, si è registrato il passaggio dal Modello Sicilia al Modello Lombardo  ed è apparso quel mercato delle vacche che fin quando lo ha fatto Lombardo erano becere ma diventano  sacre quando lo fanno altri.

Vediamo le analogie. Lombardo fu eletto nel 2008 grazie ad un’alleanza con Pdl-Udc che doppia con il 60% dei voti il Pd. Quattro anni dopo, nel luglio 2012 Lombardo si dimette dopo aver cambiato quattro giunte, ben 30 assessori, e dopo liti con gli alleati, riappacificazioni, nuove alleanze. Dal Pdl-Udc iniziale passa a giunte di varie sfumature e nell’ultima volata una sorta di monocolore Lombardo  con i fedelissimi. Nel 2009, un anno dopo l’elezione, rompe con il Pdl approfittando delle divisioni interne tra lealisti e non, ma pochi mesi dopo litiga anche con Miccichè. Con  l’Udc, battibecca, poi fa pace, ma alla fine divorzia. Dal 2008 al 2012, in un turbinio di assessori e “tecnici d’area” (eufemismo usato dal Pd per piazzare suoi uomini), Lombardo conclude la parabola con il Pd di Lumia e Cracolici e con Fli (gli ex finiani).

E andiamo a Crocetta. Il governatore è un tesserato Pd. Si è autocandidato mentre il Pd guardava altrove. Ci ha pensato l’Udc di D’Alia,, lo stesso partito che ha candidato Lombardo, a sposare la causa, seguito a ruota dal Pd. Sponsor democratici di Crocetta sono gli stessi Lumia e Cracolici che hanno sostenuto a spada tratta gli ultimi due anni lombardiani, nonostante le polemiche interne al partito. In sostanza Crocetta è il candidato degli stessi ex alleati di Lombardo. Gran parte degli uomini che l’appoggiano oggi sono gli stessi che hanno sostenuto il predecessore tra i quali il leader di Articolo 4, Lino Leanza braccio destro di Lombardo, e due ex giunta 2008, Michele Cimino e Pippo Gianni, mentre un altro ex assessore, Titti Bufardeci è stato scelto da Crocetta quale componente del Cga. L’attuale assessore in quota Udc, Cartabellotta è stato uno dei dirigenti più vicini a Cuffaro e Lombardo, l’assessore Patrizia Valenti è stata a capo della segreteria tecnica dell’ex presidente, la Borsellino dirigente generale dell’ex assessore Massimo Russo. Per restare a Messina, gli ultimi 2 anni di giunta lombardiana hanno visto assessore Mario Centorrino, su indicazione di Francantonio Genovese, lo stesso che ha voluto Bartolotta. Se un anno dopo l’elezione Lombardo ha rotto l’alleanza col Pdl oggi Crocetta, ad un anno dalla sua elezione, rischia di dovere fare con il Pd le stesse scelte dell’ex. E così come Lombardo potè contare su Miccichè, il governatore spera di fare leva sulle divisioni interne al Pd, renziani in testa.   Come ha fatto il predecessore anche  Crocetta dovrà cercarsi la maggioranza all’Ars e potrà contare, ad esempio sugli Articolo 4 di Leanza e sul Drs di Beppe Picciolo, entrambi ex Mpa. Infine, così come Lombardo anche lui sta usando la strategia dei “tecnici di area”, puntando su assessori a “sua immagine e somiglianza” che siano fedelissimi più a lui che ai partiti che li hanno messi lì. Ma Crocetta sta affinando le doti del predecessore, forte di una sorta di immunità mediatica. Se Lombardo avesse nominato Orietta Berti  assessore sarebbe stato in prima pagina per mesi. Invece Crocetta nomina uno scienziato che ha corpo e anima nel supermondo, un artista in tournee, una studentessa fuoricorso, sostituisce Battiato  con la sua segretaria e nessuno batte ciglio. Crocetta affina l’arte del predecessore. E forse, quando pensa ai suoi rimpasti, ha l’occhio all’ultima giunta dell’ex, il Superlombardo.  Ci sono poi  altre analogie. Lombardo  ha creato l’MpaCrocetta  il Megafono con il quale ha messo radici in Senato  ed in tutti i Consigli comunali dell’isola. Lombardo è stato il papà del nominificio al punto che nell’agosto 2012,  quando da dimissionario era riuscito a sfornare 120 nomine in 3 mesi l’Ars votò il decreto bloccanomine.  Ma se il buon Raffaele i consulenti  li sceglieva tra gli alleati, Rosario si fida solo dei suoi. In 10 mesi ha totalizzato 100 nomine, ha commissariato il commissariabile, comprese le Province e si appresta a fare di più con Ato e manager sanità.

Oggi Crocetta è come Lombardo nel 2010, e da qualche parte i voti in Aula dovrà prenderli, con qualcuno in giunta dovrà governare. A meno che non ceda al Pd e molli Megafono e ambizioni. All’Ars può contare sui voti di Megafono, Udc, Art.4 e Drs e di volta in volta sui grillini, alleati della prima ora che però gli hanno dato fiducia fino a dicembre. Se dovesse ampliare la giunta a Art 4 e Drs rischierebbe di trovarsi fianco a fianco gli stessi ex assessori di quel predecessore al quale non vorrebbe mai somigliare.

In quella intervista di un anno fa, dal carcere, Cuffaro disse  “li voglio vedere tra un po’”. E’ trascorso un anno e il Modello Sicilia è lontano al punto che se Crocetta dovesse riutilizzare quel termine i grillini lo denuncerebbero per millantato credito.  Come ha detto il giornalista Pierangelo Buttafuoco “quello di Crocetta non è più un programma politico ma un palinsesto”. E’ come se fosse ancora in quello studio di LA7 nel quale ha annunciato, un anno fa, i primi due decreti, quello sui tagli alle indennità e quello sull’incandidabilità per gli indagati per associazione a delinquere e corruzione. “Se non li faccio entro tre mesi ce ne andiamo tutti a casa”. Poi però è andata in un altro modo.

Rosaria Brancato

Berlusconi apre crisi di governo. Si va verso Letta bis con appoggio “scilipotiani” M5S | Fonte: controlacrisi.org | Autore: A. F.

 

Berlusconi, da vero show man, fa le cose spettacolari e non lascia delusi i propri fans: nel giro di pochi minuti apre la crisi ordinando ai suoi ministri di abbandonare la nave del governo e i suoi ministri obbediscono all’istante. Il 4 ottobre la giunta del Senato voterà la sua decadenza da senatore e non sono bastate le parole di Napolitano su indulto e amnistia a placare l’animale politico, ferito e umiliato da quelle regole e leggi che non ha mai rispettato perché ritenute ‘ingiuste’. Bisognava fare qualcosa di clamoroso. La prima mossa sono state le dimissioni dei parlamentari del Pdl, che hanno innescato il meccanismo di difesa del Pd con la mossa della ‘sospensione’ delle scelte dell’esecutivo, che probabilmente determinerà a partire da martedì l’aumento di un punto percentuale di Iva. Poi, lo showdown finale: tutti a casa, questo governo non rispetta i patti sottoscritti. Il gioco è semplice, Pd e Pdl si alternano ad accusarsi a vicenda, mettendo al centro la responsabilità dell’aumento dell’Iva. Un gioco sporco che sarà, comunque, pagato da tutti i cittadini con rincari di tutti i beni in commercio.
Ma vediamo ora quali possono essere gli scenari futuri. Letta chiama Napolitano e lo avvisa della crisi in atto. I due sono d’accordo: si va in Parlamento e si apre una discussione alla luce del sole. Tutti devono sapere. E’ ipotizzabile una bagarre in aula, con i diversi schieramenti che si urlano addosso, ma a questo siamo abituati. Ma il bello è che il gioco è finalizzato a sfruttare il momento di discussione in aula per chiedere a tutti i parlamentari di assumersi le proprie responsabilità davanti al Paese, che soffre la crisi e ha bisogno di un governo stabile. A questo punto il Pdl manterrà la propria posizione e scenderà in piazza al fianco del suo condottiero. E gli altri? Pd, Scelta Civica, Sel e qualche ‘Scilipoti’ cinquestellato formeranno (almeno ci proveranno) la nuova maggioranza per un Letta bis. E altro giro, altra corsa. Vendola ha già detto di essere disponibile se il Pd abbandona alleanza con il Pdl. E il deputato Nuti, attuale capogruppo alla Camera del Movimento Cinque Stella, ha fatto intendere che una decina di senatori sarebbero pronti a ‘tradire’ il gruppo per appoggiare il governo bis.

Questo è quello che pensiamo noi di controlacrisi.org, che siamo contro tante crisi, ma non di certo contro la crisi del governo Letta. Pensiamo che la scelta più saggia per salvare questo Paese dal baratro sia andare subito alle elezioni e chiedere ai cittadini di invertire immediatamente una tendenza che sta mangiando la carne e le ossa di milioni di persone. Nessun governo appoggiato dalla troika (Fmi, Bce e Ue), potrà mai invertirla, semplicemente perché risponderebbe sempre ai diktat internazionali di austerità e riduzione dei diritti per compiacere i mercati finanziari. Serve, al contrario, un redistribuzione delle risorse dai ricchi ai poveri, serve una politica industriale per creare buona occupazione, avviando una riconversione ecologica della produzione, serve più welfare e scuola pubblica. Serve una politica di sinistra, in Italia e in Europa. Ma questa è un’altra storia e cercheremo di urlarla il 12 ottobre in piazza, riprendendo in mano la Costituzione, resa carta straccia in questi anni di inciucio centrodestra-centrosinistra.

Camusso: questa destra disprezza il Paese. Reagire difendendo le istituzioni | Fonte: cgil

 

Parla Susanna Camusso:disprezzano l’Italia bisogna fermarli. Il segretario Cgil: «La crisi politica drammatizza i problemi del lavoro e delle imprese. Questa destra disprezza il Paese, bisogna reagire alle minacce»

«Siamo agli ultimi giorni di Pompei, c’è Berlusconi invece del vulcano». Susanna Camusso, leader della Cgil, trova una battuta amara parlando con l’Unità appena dopo la notizia delle dimissioni dei ministri Pdl dal governo. «Questa decisione conferma che la destra è pronta a sacrificare tutto per l’interesse personale di Silvio Berlusconi. Non c’è alcuna ragione di governo, ma solo la volontà di rompere. Viene prima Berlusconi e poi tutto il resto, con disprezzo verso il Paese, le istituzioni democratiche, le persone che soffrono. Mi allarma la disinvoltura con cui si ignorano volutamente le difficoltà delle imprese, dei lavoratori».

Camusso,c’è la crisi di governo, nata dalla necessità di salvare il condannato Silvio Berlusconi. Cosa ne pensa?

«La Cgil e tutto il sindacato sono ovviamente molto preoccupati. La crisi scoppia mentre si provava con grande fatica a ridare un po’ di smalto al Paese, si tentava di risollevarlo dagli effetti di una crisi lunga e devastante. Invece, niente. Vincono ancora gli interessi personali, individuali. Perché in una logica politica populista quello che conta è il destino del capo, gli altri non valgono nulla»

Cosa teme da questo corto circuito politico e di governo?

«La crisi drammatizza due elementi. Primo: aggrava gli effetti della crisi pluriennale sulle famiglie che, mese dopo mese, hanno visto moltiplicarsi le difficoltà per la perdita del lavoro, la caduta del reddito, il deterioramento delle condizioni di vita. Secondo: l’attacco alle istituzioni è intollerabile, la progressione degli insulti e delle offese alla presidenza della Repubblica, alla magistratura, al Parlamento ha da tempo superato il livello di guardia. È bene ribadire oggi che non è nella potestà di nessuno, né dei partiti, né di singoli leader, attaccare e piegare ai loro interessi le istituzioni democratiche. Il problema vero non è quello della decadenza di Berlusconi, la questione più grave per la nostra democrazia è che un leader politico, un personaggio pubblico come Berlusconi non ha sentito il dovere di dimettersi dopo la condanna ».

Vede un pericolo per la stabilità politica, delle istituzioni del Paese?

«Vedo gli attacchi di Berlusconi e dei suoi: mi fanno orrore. Noi siamo figli della Liberazione, del sacrificio del popolo italiano, siamo cittadini fedeli alla Costituzione. Non si possono più accettare queste minacce».

Rischiamo di restare senza governo. Ci toccherà rimpiangere le larghe intese e l’esecutivo Letta?

«Abbiamo molte critiche e perplessità sull’azione del governo Letta. Ma la sua caduta interrompe un tentativo di discussione, di elaborazione, in cui noi sindacati abbiamo presentato alcune proposte importanti, di un progetto diverso per uscire dalla crisi. La nostra urgenza è trovare una via d’uscita veloce al modello dell’austerità come politica economica, un’alternativa al liberismo e definire un rinnovato intervento pubblico. Sono temi che stanno discutendo i nostri vicini in Europa, persino in Germania, dopo la vittoria di Angela Merkel, le questioni aperte sono queste. Come è possibile riprendere la strada dello sviluppo, del lavoro, della redistribuzione del reddito, dell’equità, senza ammazzare i cittadini di sacrifici? Proviamo a pensarci e ad agire».

Cosa fa il sindacato, cosa farete, davanti alla crisi politica che potrebbe essere lunga e di difficile soluzione?

«Nel direttivo Cgil dei giorni scorsi abbiamo definito questa situazione “la tempesta perfetta”, perché la crisi di governo si combina con i nodi irrisolti del Paese: la mancanza di politica industriale, la questione delle reti, la tutela e lo sviluppo di attività strategiche. Penso a Telecom Italia, al destino di Finmeccanica, ad Alitalia. Non c’è alcun dubbio che questi sono i fronti su cui combatteremo. Partiamo da qui, da queste imprese, da questi settori per cercare di cambiare la stagione dell’economia».

Però siamo riusciti a dare il controllo di Telecom agli spagnoli di Telefonica per 800 milioni di euro, un capolavoro.

«E non è finita. Sento ancora dibattiti astrusi sulla rete di accesso. Vorrei ricordare che nessun Paese europeo ha separato la rete dalla compagnia di telecomunicazioni, vorrei aggiungere che nella liberissima Olanda il governo ha imposto “l’azione d’oro” quando un miliardario messicano ha pensato di comprarsi la rete. Francia e Germania, nostri amici e concorrenti, non hanno mai pensato di rinunciare a una grande compagnia aerea nazionale, di lasciarla ad altri, perché hanno ben chiaro che da queste imprese dipende la connettività dei loro Paesi col mondo. Su Finmeccanica vorrei solo dire che siccome parliamo di importantissimi sistemi industriali integrati, strategici per il futuro del Paese, nessuno pensi di poter far cassa trascurando l’opposizione dei lavoratori e dei sindacati ».

La crisi di governo, però, ha fatto scattare l’aumento dell’Iva, così rispetteremoil tetto del deficit al 3%

. «È un risultato che ne porta un altro, drammatico. L’aumento dell’Iva è uno schiaffo a chi paga i beni di consumo già di più in proporzione rispetto al reddito. Da questo aumento non saranno certo colpiti i redditi elevati, i ricchi sempre più ricchi non fanno fatica. Pagano, invece, le famiglie, i pensionati, i cittadini con redditi bassi che fanno già fatica a fare la spesa. Abbiamo tolto l’Imu anche alla prima casa dei miliardari e aumentiamo il costo dei beni di prima necessità. È folle: così si tutela solo il privilegio dei più ricchi».

Quali sono i sentimenti dei lavoratori in giro per il Paese?

«Incontro lavoratrici e lavoratori davanti alla fabbriche preoccupati e intimoriti. Temono di non riuscire a difendere il loro futuro, i loro figli. C’è chi cerca nella soluzione individuale la strada per superare le difficoltà, ma purtroppo non funziona. La paura porta a rinchiudersi. Dopo tutti questi anni di crisi, di chiusure, di licenziamenti vediamo come la rassegnazione sconfini nella rabbia. Bisogna fare un grande sforzo per mantenere in essere i legami sociali, delle comunità, del lavoro, la solidarietà verso chi ha pagato un prezzo altissimo alla crisi. Il sindacato, nonostante tante critiche, mantiene un ruolo importante».

Camusso, poniamo il caso che si vada a votare presto.

«Così no. Spero almeno in un soprassalto di responsabilità da parte di tutti i partiti per approvare una nuova legge elettorale. La maggioranza che sostiene questo governo si era impegnata a varare la riforma elettorale. Andare al voto con questa legge non risolverebbe nulla».

Andiamo alle urne, cosa vorrebbe chiedere alla sinistra?

«La sinistra ha commesso molti errori. Spero che, per ritrovare una radicata presenza e una diffusa partecipazione democratica, chi si è lasciato affascinare dal leaderismo individuale e dai partiti personali abbandoni queste tentazioni. Abbiamo bisogno di condividere obiettivi e valori, vorrei che la riduzione delle diseguaglianze fosse la priorità di un programma politico progressista. Non ci si può presentare agli elettori dicendo per prima cosa che si rispetterà il tetto del 3% del deficit e stop. Bisogna avere coraggio, proporre grandi investimenti, ridare allo Stato un ruolo attivo, seguire i patti europei ma con maggiore giustizia sociale nelle azioni di governo».

Come usciamo da questa emergenza?

«Il momento è molto difficile. Ma non dobbiamo farci intimidire dall’aggressione e dagli insulti, le istituzioni democratiche si difendono con determinazione. Bisogna avere la forza di reagire, non si possono sempre subire le minacce. Reagire. Questa è anche la condizione fondamentale per far ripartire il Paese».

( Rinaldo Gianola)

Palermo, il corteo No Muos invade il centro e libera gli attivisti alla Regione | Autore: fabio sebastiani da: controlacrisi.org

 

Un pomeriggio di corteo pacifico, e colorato di tante bandiere, ma anche  partiti politici della sinistra e del movimento sindacale, che ha attraversato il centro della citta’ di Palermo fino a raggiungere piazza Indipendenza, il quadrilatero attorno al quale si trovano i Palazzi istituzionali della Regione e del Parlamento siciliano. E da palazzo delle Aquile i No Muos, dopo una trattativa con questura e polizia sono anche riusciti a tirar fuori gli attivisti che il giorno prima l’avevano occupato. Per gli organizzatori, a sostenere la lotta contro i radar non meno di cinquemila persone.

In testa al corteo le “mamme No Muos”
Il gruppo di donne che da anni si batte contro la base Usa ritenendo il sistema satellitare dannoso per la salute pubblica a causa dell’emissione delle onde elettromagnetiche. Un rischio per gli abitanti di Niscemi “concreto” nonostante le rassicurazioni dell’Istituto superiore di Sanita’, la cui relazione e’ stata alla base della decisione del governo di Rosario Crocetta di ritirare il provvedimento di revoca delle autorizzazioni concesse due anni fa alla stipula dell’accordo tra il ministero della Difesa e gli Stati Uniti. “I nostri figli non sono cavie di nessuno”, dice Concetta Gualato, presidente del Comitato ‘mamme No Muos’, secondo cui “non si puo’ aspettare altri 20 anni per capire se il Muos puo’ essere la causa di malattie”. Perche’ “Niscemi e’ un paese malato, la maggior parte delle donne ha problemi di tiroide, i nostri bambini si ammalano di leucemia e c’e’ un elevata percentuale di sterilita’”, protestano le mamme al grido urlando “Yankee go home”.

No Tav e No Dal Molin
Al loro fianco delegazioni provenienti da varie parti d’Italia dei ‘No Tav’ della Val Di Susa, dei ‘No dal Molin’ e dei ‘No Triv’. Ma anche Luca Casarini, e le agende rosse, guidate da Salvatore Borsellino. Gli unici momenti di piu’ accesi si sono avuti davanti a Palazzo dei Normanni, quando un gruppo di manifestanti ha sfidato gli agenti in tenuta anti-sommossa piazzandosi a un metro di distanza dal cordone e urlando slogan. Dalla piazza sono partite incitazioni nei confronti dei dieci attivisti che l’altro ieri hanno occupato l’aula del Parlamento, dove hanno trascorso la notte, e che hanno ricevuto la solidarieta’ di esponenti di Sel e del Movimento 5 Stelle, con tre deputati regionali (Stefania La Rocca, Giorgio Ciaccio e Giampiero Trizzino) che hanno srotolato uno striscione affacciandosi dal Palazzo con la scritta “la Sicilia ripudia la guerra, No al Muos”.

Orlando, Ingroia, Ferrero
Al corteo, oltre ad Orlando, il sindaco di Palermo, c’era vari rappresentanti politici, tra cui Antonio Ingroia. Anche il segretario del Prc Paolo Ferrero ha partecipato all’iniziativa. “Siamo contro la realizzazione del Muos – dice Ferrero – e riteniamo vergognoso il comportamento del governo regionale e di quello nazionale, che se ne stanno lavando le mani”. “Lo sviluppo della Sicilia – ha proseguito – non puo’ passare attraverso la militarizzazione del territorio. Sono deluso in particolare dal governo Crocetta che prima ha detto una cosa e poi ne ha fatto un’altra, degno del peggiore trasformismo”. Accanto al sindaco di Palermo anche il presidente del Consiglio comunale Salvatore Orlando e diversi assessori della Giunta, tra cui Giuseppe Barbera, Agata Bazzi e Agnese Ciulla. “La nostra presenza – ha detto il sindaco – è una naturale conseguenza della scelta politica operata dall’amministrazione e dal Consiglio comunale che hanno espresso in modo chiaro la contrarietà a qualsiasi atto contrario alla naturale vocazione di Palermo e della Sicilia quali luoghi di Pace e dialogo fra i popoli”.

Precari, quel brutto pasticcio del decreto sulla pubblica amministrazione. Settimana di proteste | Autore: fabio sebastiani da: controlacrisi.org

 

I precari dell’Istat si mobilitano e organizzano una settimana di proteste, sostenute dalla Flc Cgil. Per mercoledi’ 2 ottobre è prevista una manifestazione nazionale davanti a Montecitorio, per il 4 ottobre, venerdi’ prossimo, hanno indetto invece una giornata di sciopero. Il primo appuntamento e’ per la conferenza stampa di lunedi’ mattina alle ore 11 davanti alla sede centrale dell’Istat, in via Cesare Balbo 16 a Roma.

“Troppe nuvole si vanno addensando sul futuro dei precari e degli enti di ricerca – si legge sul sito di Flc-Cgil -. È necessario chiedere modifiche urgenti ai decreti in corso di conversione (DL 101/13 e DL 104/13) per dare prospettive di stabilizzazione e garanzie occupazionali ai numerosi precari della ricerca”.Il dibattito di questi giorni sta facendo peggiorare le prospettive per gli enti pubblici di ricerca, e più generalmente della situazione di tuttii precari della pubblica amministrazione. Per rilanciare la ricerca, secondo Flc, “occorre superare il precariato esistente, aumentare gli investimenti, attuare un reclutamento straordinario, valorizzare le professionalità esistenti a partire dalla riapertura dei rinnovi contrattuali, una governance nazionale e unica del sistema degli enti pubblici di ricerca”.

Sulla conversione del decreto legge PA, nei giorni scorsi sono intervenuti Rossana Dettori, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Benedetto Attili, segretari Generali di Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl e Uil-Pa. In una nota congiunta inviata ai gruppi e alle commissioni parlamentari, sottolineano “come una componente fortemente ideologica stia caratterizzando le discussioni in corso nonché l’approccio troppo semplicistico e frettoloso”. “E’ allarmante – proseguono i quattro sindacalisti – che rispetto a una questione che tutti affermano di voler risolvere si tenti di far passare delle norme minime di responsabilità per una ‘sanatoria’ lesiva addirittura dei diritti costituzionali. Si tratta di una mistificazione della realtà: il decreto 101/2013 non contiene alcuno strumento di stabilizzazione diretta ma soltanto delle misure minimali, peraltro fortemente insufficienti, per dar vita a un diverso approccio al problema. Il decreto è inoltre a onere zero per la spesa pubblica”. I tre sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil hanno annunciato che se non dovessero esserci modifiche sostanziali sono pronti alla mobilitazione.

Infiltrazioni in Rifondazione? Ferrero chiarisce: “Non caccia alle streghe. Il nodo è la criminalizzazione del dissenso in Italia” Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

“Nei giorni scorsi ho affermato pubblicamente, nella forma più visibile possibile, che i servizi segreti stanno operando per infiltrarci. Questo grido di allarme si basa sulle segnalazioni e sulla documentazione fornitaci da più parti”. Inizia così la lettera del segretario del Prc Paolo Ferrero comparsa sulla sua pagina Facebook in tarda mattinata. Ferrero riferisce che della situazione se ne è discusso in segreteria e insieme è stato deciso di segnalare la questione alla Commissione di garanzia “che dovrà svolgere i suoi compiti di magistratura interna”. Ferrero quindi stronca ogni ipotesi sul fatto che quello che definisce un “grido d’allarme” abbia che vedere “con l’apertura di una qualche assurda caccia alle streghe”. Ha a che fare, invece, “con l’invito ad attuare collettivamente una forte attenzione in modo che non abbiano a succedere atti interni od esterni che possano permettere a chi ne fosse interessato di danneggiare Rifondazione e disgregarla”. Non sfugge a nessuno infatti, sottolinea Ferrero, “come a partire dal mese di ottobre avremo nel paese numerose manifestazioni, così come non sfugge a nessuno che il governo abbia messo in campo in questi mesi una strategia di criminalizzazione del dissenso molto estesa: dal movimento NO TAV della Val di Susa fino alle calunnie su Stefano Rodotà”. E’ in questo contesto, quindi, che è maturata la decisione di “rendere pubblico il problema in modo che se qualcuno avesse intenzione di utilizzare le mobilitazioni dell’autunno come occasione per coinvolgere Rifondazione in provocazioni, si sappia in anticipo chi è il mandante”.

Svezia. “Rom? Razza criminale a parte”. E’ il censimento della polizia | Autore: g.m. da: controlacrisi.org

 

“I Rom? Razza criminale a parte”.

In Svezia, a Skane, i rom sono dunque stati schedati e anche classificati in questo modo. Una razza anche da studiare e codificare.

“Gli inquirenti – riporta blitzquotidiano.it- come una sorta di Gestapo moderna si è avvalsa della tecnologia per ricostruire nomi, indirizzi, estremi dei documenti di riconoscimento, gradi di parentela tra i singoli, discendenza delle famiglie. Unico criterio: l’etnia. Il tutto archiviato in un file nominato “Itineranti”.

Questa lista censita dalla polizia, è stata riportata dal giornale Dagens Nyheter (DN) che l’ha pubblicata in modo integrale. Gli inquirenti prima hanno cercato di negare l’esistenza della lista, subito dopo si sono difesi e hanno spiegato che non è stato adottato nessun provvedimento in seguito alla registrazione.

E’ stato Frederik Reinfeldt, il primo ministro svedese, a sottolineare che la procedura suddetta viola la legge svedese ed è positiva, anche se è arrivata tardi, l’ammissione di responsabilità giunta da parte della polizia.

“Ma il sospetto è che in realtà le schedature di massa su base etnica siano una prassi consolidata – riporta blitz quotidiano.it- tra le varie agenzie preposte a governare l’ordine pubblico. Un agente in pensione che ha chiesto di restare anonimo ha detto al giornale Aftonbladet che la schedatura è stata compilata otto anni fa, quando la polizia aveva dovuto affrontare una serie di reati commessi nella zona e attribuiti alla comunità rom. L’uomo si è detto pentito di aver partecipato a queste schedature di massa e ha rivelato che a suo avviso altre stazioni di polizia nella regione hanno fatto lo stesso”.

L’ufficio per la tutela dei diritti del cittadino, nel frattempo, ha fatto sapere da parte sua che avvierà un’inchiesta.
l’obiettivo è lo stabilire se le persone che sono presenti nella lista siano state penalizzate o discriminate in qualche modo dalla vicenda che, dicono esperti legali intervistati proprio dalla stampa svedese, ha invece infranto moltenorme. Tra queste la Convenzione europea per i diritti umani e le leggi svedesi in tema di raccolta dati e privacy.

Assemblea Generale del Comitato “VIVA la COSTITUZIONE CATANIA” presso la CGIL di via Crociferi, alle ore 18,30 del 3 ottobre p.v.

 

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COMUNICATO

É  convocata l´Assemblea Generale del Comitato “VIVA la COSTITUZIONE CATANIA” presso la CGIL di via Crociferi,  alle ore 18,30 del 3 ottobre p.v.

Odg.:

1)    Presentazione del manifesto “La via Maestra” di M.Landini, S.Rodotá, Don L. Ciotti, L.Carlassale, G.Zagrebelsky.

2)    Partecipazione alla manifestazione del 12 ottobre pv a Roma in difesa della Costituzione, contro le proposte di modifica dell´art. 138.

Interverranno:

1)    Giovanna Marano, giá Presidente Comitato Centrale FIOM

2)    Prof. Ettore Palazzolo, Universitá di Catania

3)    Prof. Mario Serio, Universitá di Palermo

4)    Alessio Grancagnolo, Unione degli Studenti

Si raccomanda di dare massima diffusione all´iniziativa .

Comitato Viva la Costituzione Catania

No Muos: quando un popolo si ribella alla sudditanza da: controlacrisi.org

corteo-no-muosdi Lorenzo Baldo – 29 settembre 2013 – FOTOGALLERY
Palermo. L’immagine di Emmanuel, 2 anni e mezzo, che corre felice verso gli agenti in tenuta antisommossa posizionati davanti alla presidenza della Regione Siciliana vale più di mille parole. L’ennesimo tentativo di creare paura e tensione a ridosso della manifestazione organizzata dal movimento No Muos con lo spauracchio di una possibile presenza dei “black bloc” si infrange dinnanzi ad un popolo variopinto che protesta pacificamente. “Questa è la mia terra ed io la difendo e tu?”, è Salvatore Borsellino a ricordare le parole di Giuseppe Gatì, il ragazzo salito alle cronache per la contestazione a Vittorio Sgarbi, in difesa del pool antimafia, morto nel 2009 a 22 anni in un incidente sul lavoro. “Sono qui oggi insieme ai cittadini siciliani – afferma con forza il fratello del giudice assassinato da Cosa nostra e leader delle Agende Rosse –, per impedire che contro la mia terra venga perpetrata l’ennesima violenza”.  Per Borsellino il presidente della Regione, Rosario Crocetta, è stato “non solo debole, ma contraddittorio ed ondivago. Crocetta prima si era opposto a queste centrali di morte, poi si è tirato indietro con la scusa delle penali. Io penso che ci sono elementi di salute pubblica che giustificano lo stop alla costruzione del Muos. Le antenne non devono essere costruite e cercheremo con ogni mezzo di impedirlo”.

E contro quella che viene definita una vera e propria “sudditanza” di Crocetta nei confronti degli USA e del loro diktat sull’installazione del Muos in Sicilia c’è il comitato delle “mamme no-Muos” a far sentire forte la propria protesta. Sono donne di diverse età che portano al collo un cartello con scritto “non siamo cavie”, difendono il diritto alla salute dei loro figli e di tutti quei siciliani che si trovano a vivere vicino alle parabole Muos. Quello stesso cartello pende al collo di centinaia di partecipanti: uomini, donne, vecchi e bambini. Tornano in mente le parole dei professori Massimo Zucchetti (ordinario di Impianti nucleari del Politecnico e research affiliate del MIT – Massachusetts Institute of Thecnology) e Massimo Coraddu (consulente esterno del Dipartimento di energetica), messe nero su bianco in un rapporto del 2011. Stralci di quel rapporto erano stati riportati in una scheda preparata dal giornalista scrittore, Antonio Mazzeo, per conto della Delegazione di sindaci e rappresentanti dei Comitati No MUOS, in audizione a Roma (11 settembre 2012) davanti alla Commissione Difesa della Camera dei Deputati e del Comitato d’inchiesta sull’uranio impoverito del Senato della Repubblica. Il rapporto dei due ricercatori aveva rilevato “l’insostenibilità ambientale del nuovo impianto” e le “gravi carenze” degli studi effettuati dagli americani. “Nella valutazione redatta dalla US Navy nel 2008 – avevano scritto Zucchetti e Coraddu – non viene neppure esaminato quello che probabilmente è il peggiore dei rischi possibili: un incidente che porti all’esposizione accidentale al fascio di microonde, pericolosissimo e potenzialmente letale, anche per brevi esposizioni, a distanze inferiori a circa 1 Km”. “Nonostante gli scarni dati disponibili – avevano aggiunto i due ricercatori – con la realizzazione delle nuove antenne si verificherà un incremento medio dell’intensità del campo in prossimità delle abitazioni più vicine pari a qualche volt per metro rispetto al livello esistente, con la possibilità del verificarsi di punti caldi, con un incremento del campo nettamente superiore. C’è poi il rischio di effetti acuti legati all’esposizione diretta al fascio emesso dalle parabole MUOS in seguito a malfunzionamento o a un errore di puntamento. I danni alle persone accidentalmente esposte a distanze inferiori ai 20 Km saranno gravi e permanenti, con conseguente necrosi dei tessuti”. Possibilità quindi di ammalarsi con maggiori probabilità di Cancro o di qualche forma di leucemia, così come aveva già spiegato Rino Strano, medico, referente regionale del Wwf Italia ed esponente dei Comitati No Muos. “Siamo condannati a morte da queste antenne che stanno già procurando, leucemie, casi di cancro, malformazioni e noi non possiamo dire nulla perché ci sono accordi segreti tra Usa e Italia”. Il dott. Strano specificava di parlare delle 41 antenne NRTF N8 (già attive in provincia di Caltanissetta, in contrada Ulmo, ndr) che “da vent’anni stanno distruggendo la nostra terra e la nostra gente”. “Ho presentato un documento che è stato subito allegato agli atti: un ‘Registro-Tumori’, redatto dalla provincia di Caltanissetta, riguardante un periodo che va dal 2004 al 2008 e dalla quale si evince un aumento considerevole dei casi di morte per tumore fra gli abitanti della zona di Niscemi (dove si trovano le parabole Muos, ndr). Ho trovato anche un militare americano che ha lavorato per 4 mesi sotto le ‘antenne della morte’, ammalatosi di Leucemia, il militare,  ha riferito che molti suoi colleghi si sono ammalati di leucemia, molti fra loro sono già morti, altri ancora, presentano i sintomi di un possibile tumore alla tiroide. Ho consegnato una relazione medica contenente la cartella clinica del militare consistente in 324 pagine, la mia relazione medica ed un dvd riportante la registrazione dell’intervista rilasciata dal militare, intervista fatta, attraverso il militare”.
Mesi fa il New York Times aveva definito la base Nato di Sigonella “Capitale” per i suoi attuali 7500 droni in servizio. A questo serviranno le due antenne alte 149 metri e le tre grandi parabole dal diametro di oltre 18 metri. Eccolo il sistema di telecomunicazioni satellitari della marina Usa, il Muos (Mobile User Object System), dotato di cinque satelliti geostazionari e quattro stazioni di terra. Una sorta di mega telecomando planetario per i Droni. Così come ha spiegato il giornalista Ennio Remondino Sigonella sarà collegata direttamente a due satelliti: l’Ufo e l’Inmarsat. I droni “siciliani”, resistenti a lunghe distanze di volo anche fino a 20 chilometri dal suolo, comunicheranno con loro. Grazie ai propri sensori radar saranno quindi in grado di intercettare oggetti fermi o in movimento. Le informazioni raccolte verranno di seguito trasmesse in tempo reale nella base centrale Mos (Mission operation support), di Sigonella dove hanno già fatto il loro ingresso segretamente altre flotte di droni, Black Hawk che già Usa e Cia utilizzano a livello internazionale. A rivelare la presenza in Sicilia degli armamenti segreti, oltre al NYT è l’Osservatorio di Politica Internazionale che ha sostenuto, testualmente: “In considerazione di tale situazione (l’allarme mondiale di attentati ad opera di al Qaeda, la Primavera Araba, l’attacco al consolato di Bengasi e le varie minacce di guerre, ndr), la Difesa Italiana ha concesso un’autorizzazione temporanea allo schieramento di ulteriori assetti americani a Sigonella”. E ovviamente ci saranno anche gli 800 militari Nato (entro il 2015), per far funzionare quello che a tutti gli effetti è un terrificante “war game”. Ed è contro questa politica di morte che i siciliani si oppongono. Sono le 16,15 quando il corteo parte da Piazza Politeama al coro di “No Muos fino alla vittoria!”. “No al Muos, no alla guerra, assediamo i palazzi del potere” è scritto sullo striscione che apre il corteo. Migliaia di persone provenienti da tutta Italia sfilano per le vie principali di Palermo, destinazione: la presidenza della Regione. Il balletto sul numero dei presenti è quello solito: 2000, 3000, 4000, di meno, di più. In piazza arriva Leoluca Orlando: “La nostra presenza – afferma il sindaco di Palermo – è una naturale conseguenza della scelta politica operata dall’amministrazione e dal Consiglio comunale che hanno espresso in modo chiaro la contrarietà a qualsiasi atto contrario alla naturale vocazione di Palermo e della Sicilia quali luoghi di pace e dialogo fra i popoli”. Poco più là c’è Fabrizio Ferrandelli, deputato regionale del Pd, che afferma l’importanza di battersi affinché la Sicilia “non si trasformi in un avamposto militare”. C’è anche il leader di Azione Civile, Antonio Ingroia, a protestare contro il Muos. “L’unica speranza è non arrendersi mai” si legge su una maglietta dell’associazione antimafie Rita Atria, tra i principali sostenitori della manifestazione e delle iniziative No Muos. Tra la folla c’è anche Salvo Vitale, storico amico e compagno di lotte di Peppino Impastato, che osserva attento questo popolo in marcia per difendere i propri diritti. Nel suo sguardo brillano le sue battaglie accanto a Peppino. Ed è come se il tempo non fosse mai passato. Tra i partecipanti c’è pure Saverio Masi, il maresciallo dei carabinieri che ha avuto il coraggio di denunciare i suoi superiori per non aver voluto catturare Provenzano e Matteo Messina Denaro in alcune occasioni. Dalla sala d’Ercole (dove si svolgono le sedute dell’Assemblea regionale siciliana, ndr), occupata da venerdì pomeriggio da dieci attivisti No Muos, viene diramato un comunicato stampa in cui vengono ribadite le ragioni dell’occupazione: “Il Muos è uno strumento di sopraffazione militarista e di insensibilità verso la salute delle persone. Serve a fare la guerra, a pilotare i droni per neutralizzare il rischio dell’obiezione di coscienza, ferire la carne viva del popolo niscemese. Il movimento No Muos si oppone al fatalismo rassegnato con cui qualcuno vorrebbe farci credere che tutto questo sia inevitabile, che la soggezione del presidente Crocetta verso le autorità statunitensi sia l’unico abito che il popolo siciliano può indossare in questo momento cruciale della nostra vita collettiva”. Nel frattempo i deputati del Movimento 5 Stelle Giorgio Ciaccio, Claudia La Rocca e Giampiero Trizzino srotolano uno striscione di venti metri che recita: “L’Italia ripudia la guerra (‘Italia’ è sbarrato e accanto, in rosso, è scritto ‘la Sicilia’), No muos”. Sono le 18,50 quando i manifestanti si posizionano tra Palazzo d’Orleans, sede della Regione, e l’ingresso secondario di Palazzo dei Normanni, sede dell’Assemblea regionale. In molti gridano: “Non ci sono black block ma solo cittadini che ripudiano la mafia e la violenza!”. Poco prima delle ore 20 gli attivisti No Muos che avevano occupato Sala D’Ercole escono dal Palazzo dei Normanni tra i cori e gli applausi. “La lotta continua, si torna a Niscemi!”, gridano gli organizzatori. Ma la lotta continua – ancora più subdola e strisciante – anche nell’agone politico, tra le diplomazie internazionali, sulla pelle dei cittadini.