http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/pio-la-torre/946/default.aspx
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da Il Fatto Quotidiano – 29 aprile 2015
“Dogmatici e poco critici”. E il tradizionale convegno di ANTIMAFIADuemila su Falcone salta
I relatori? “Dogmatici e poco critici, tranne Morosini”’. Il tema del convegno Ibridi connubi tra mafia e pezzi dello Stato? “È un concetto indefinito, quand’è che Falcone pronunciò quella frase?”. E alla fine la richiesta di scuse per le frasi, ritenute ingiuriose, del pm Nino Di Matteo, che alla scorsa edizione del convegno, in quella stessa aula magna, lo aveva bollato come “negazionista e poi giustificazionista” della trattativa stato mafia: “Questa (la facoltà, ndr) è casa mia – ha urlato Giovanni Fiandaca, il penalista del Pd trombato alle europee, in faccia ad un allibito redattore diAntimafia Duemila – e dopo 15 anni non avrete più carta bianca”. Risultato? Una vera e propria censura preventiva di una commemorazione di Giovanni Falcone: per la prima volta dopo 15 anni il tradizionale convegno organizzato dalla rivista antimafia non verrà ospitato dalla facoltà di Giurisprudenza di Palermo, la stessa in cui Falcone si laureò.
“Un’entrata a gamba tesa del professor Giovanni Fiandaca”, delegato del rettore Roberto Lagalla “per le attività a sostegno dello sviluppo delle politiche a sostegno della legalità e della trasparenza” scrive il direttore Giorgio Bongiovanni nell’editoriale in cui spiega il gran rifiuto, chiarendo che il titolo del convegno è tratto proprio dall’intervento di Falcone al convegno dal titolo “La legislazione premiale” svolto nell’aprile del 1986 a Courmayeur. Al professor Fiandaca non è piaciuto il tema ma neanche i relatori, i magistrati Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita e la scrittrice Stefania Limiti moderati dal nostro collega Giuseppe Lo Bianco, tutti “dogmatici e poco critici”.
C’è il sospetto che sul tema della trattativa al professore non piaccia neanche il contraddittorio: un anno fa le Agende Rosse gli proposero un dibattito a due voci con il direttore di questo giornale, Marco Travaglio, ma il penalista rifiutò sostenendo che “un uomo di legge non si confrontava con un giornalista”.
A dicembre gli proposero come avversario dialettico l’avvocato Fabio Repici, ad un dibattito alla presentazione del film di Sabina Guzzanti “la trattativa”. Ma Fiandaca rispose: “Non mi interessa”. “E oggi – conclude il direttore Bongiovanni – resta la profonda amarezza nel constatare l’arroganza di chi è abituato a gestire il potere a suo uso e consumo, a discapito degli studenti che in quella scuola studiano”.
Tratto da: Il Fatto Quotidiano del 29 aprile 2015
Foto di copertina: il pm Nino Di Matteo relatore alla conferenza “Trattative e depistaggi” organizzata presso l’Università di Giurisprudenza di Palermo il 18 luglio 2012 (© Giorgio Barbagallo)
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Movimento Comunista Internazionale
– Iniziativa comunista europea sul diritto al lavoro e alla tutela dei disoccupati
– No alle politiche migratorie assassine dell’UE
Movimento operaio internazionale
– FSM: 1° Maggio 2015, con determinazione, internazionalismo e lotta
– Il movimento sindacale al bivio?
– La settimana di 30 ore: alla conquista del tempo perduto…
Transizione – analisi e prospettive
– Libertà per chi? La base di classe delle libertà civili
Della guerra
– Dall’Iraq allo Yemen, la trappola confessionale (seconda parte)
– I droni dei serial killer
Mondo – politica e società
– America latina e Stati Uniti: Una relazione asimmetrica
Mondo – salute e ambiente
– EXPO e TTIP: Le manette della dittatura capitalista che occorre combattere
– Devastazione e saccheggio
Gioventù comunista
– Il ruolo dei comunisti nella Resistenza
Grecia
– Manifestazione del PAME presso gli uffici UE di Atene contro la politica europea sugli immigrati
Spagna
– PCPE: 1° Maggio, unire la classe operaia e rinforzare le fila comuniste
Ucraina
– Un regime all’insegna del revisionismo e del negazionismo
Vietnam
– La grande vittoria della Primavera 1975
– Vo Thi Thang: la ragazza del sorriso della vittoria
Italia – politica e società
– Milano: Il PD cancella il corteo del 25 Aprile
– 1° Maggio: parliamo di lavoro, non c’è niente da festeggiare
Scuola
– Smantellamento della scuola pubblica. Una cronistoria per capire quando è cominciato
Lettere
– 70 anni dalla resistenza: scaduti i diritti d’autore
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Su questo numero di ANPInews (in allegato):
APPUNTAMENTI
►Oggi 28 aprile seduta del Consiglio Regionale della Lombardia con intervento del Presidente nazionale dell’ANPI sul tema 70esimo della Liberazione
►Dal 30 maggio al 2 giugno, a Carpi (MO), quarta Festa Nazionale dell’ANPI
ARGOMENTI
Notazioni del Presidente Nazionale ANPI, Carlo Smuraglia:
► Breve cronaca di un 25 aprile straordinario
► Durerà?
► La tragedia del Mediterraneo: come uscirne?
► Il caso “Mori”
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Il terremoto in Nepal potrebbe aver provocato 10 mila vittime. Lo dice il premier Sushil Koirala che invoca un intervento internazionale. Finora i morti accertati sono 4.485, i feriti 8.235, ma sotto le macerie ce ne sarebbero almeno altri seimila. Quattro le vittime italiane. Ci sono 39 italiani ancora non rintracciati ma “questo non vuol dire che siano dispersi”, ha precisato il ministro degli Esteri Gentiloni. Il sisma dello scorso 25 aprile ha spostato il terreno sotto l’area di Kathmandu fino a tre metri verso sud. I senzatetto, secondo il Centro nazionale delle operazioni di emergenza (Neoc), sono almeno un milione, mentre 6,6 milioni di persone sono state colpite in varia misura dal terremoto. Gli edifici distrutti completamente sono almeno 400 mila. Una catastrofe umanitaria di proporzioni bibliche.
Ma le notizie che si hanno da quello che è diventato un inferno sono ancora frammentarie. Il Paese è estremamente tortuoso e frastagliato e le difficoltà di comunicazione sono enormi. Diverse localita’, nelle vallate piu’ remote, sono ancora isolate e non sono state raggiunte dai soccorsi. Il governo stima inoltre che ci siano 400 mila edifici distrutti. Le vittime italiane – Renzo Benedetti e Marco Pojer sono state travolti da una frana mentre stavano facendo trekking a 3500 metri di quota nella Rolwaling Valley. Lo raccontano due compagni di spedizione, Iolanda Mattevi, ferita, e Attilio D’Antoni, illeso, ricoverati entrambi all’ospedale di Kathmandu. Sono morti anche Oskar Piazza, del Soccorso alpino del Trentino Alto Adige, e Gigliola Mancinelli, 51 anni, di Ancona, due dei 4 speleologi dispersi. Sono quasi due milioni i minori in Nepal che hanno bisogno di aiuto. Lo rende noto Save the Children calcolando 30 su 75 i distretti colpiti dal grave sisma, soprattutto nella regione occidentale e centrale.
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Il risultato è che per ogni uovo o pomodoro lanciato verso Salvini – meglio: per ogni uovo o pomodoro di cui stampa, tv e web narrano al grande pubblico italiano la traiettoria – da parte di una ridottissima minoranza di persone sveglie, attive e indignate dai suoi slogan che si danno appuntamento nei luoghi del suo tour (e purtroppo cadono nella sua trappola teatrale, che scatta solo se lui suscita reazioni così plasticamente mediatizzabili), ebbene ci sono dieci nuove adesioni alle sue tesi tra la stragrande maggioranza degli italiani-medi, dalla mente che russa sodo e lo spirito che rutta al più. Dieci voti virtuali nuovi contro un reale uovo che vola!
Salvini lo sa, ci conta (ci conta che volino uova, al più, mai sampietrini), politicamente vive di questo e per questo soltanto.
Perché sa che gli italiani svegli, attivi e indignati dal suo razzismo e dalla sua inumanità (in cui, ripeto, non crede probabilmente nemmeno lui stesso) sono davvero pochi; mentre tantissimi sono gli indifferenti ai moti dell’anima e dell’intelletto, e all’azione conseguente da essi, che però si solleticano a sentire qualcuno in televisione così sfacciato da dire con voce ferma ciò che essi pensano in cuor loro ma che si vergognano pure di sussurrare in famiglia: le frattaglie dell’egoismo sociale più gretto.
Gli indifferenti.
Ieri era l’anniversario della morte di Gramsci, del 1937. E per fausta coincidenza, quasi un contrappasso, esattamente otto anni dopo veniva arrestato dai partigiani, definitivamente, Mussolini: il mandante di un’infinità di nefandezze – compresa quella morte precoce e funestissima.
“Odio gli indifferenti,” scriveva Gramsci nel ’17, “l’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della Storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la Storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”
Compagne e compagni, date retta: odiamo con maggior costrutto, risparmiamo uova e pomodori!
Voltiamo le spalle al teatro e lavoriamo pazientemente – determinatissimi, da nuovi partigiani – per un’egemonia di classe che salvi questo Paese (e noialtri gente per bene) anzitutto da se stesso.
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A Washington ormai è un «macabro rituale»: una volta al mese membri del Congresso, facenti parte delle commissioni sull’intelligence, vanno al quartier generale della Cia a «visionare i filmati di persone che saltano in aria, colpite dagli attacchi dei droni in Pakistan e altri paesi». Lo riporta il quotidiano statunitense The New York Times (25 aprile), sottolineando che questa «parvenza di supervisione» serve a far apparire «un rigoroso controllo, da parte del Congresso, sul programma di uccisioni mirate». Programma che «la Casa Bianca continua a sostenere», promovendo ai più alti ranghi i funzionari della Cia che lo hanno costruito dieci anni fa, «alcuni dei quali sono stati anche alla guida dei programmi sull’uso della tortura nelle prigioni segrete». I droni killer sono ormai «integrati nel modo americano di fare la guerra».
Questo resoconto del New York Times conferma che il presidente Obama, quando ha incontrato il premier Renzi, non poteva non essere a conoscenza dell’uccisione di Lo Porto con un drone Cia, avvenuta tre mesi prima. Dimostra che il «tremendo dolore», da lui tardivamente espresso, non implica un cambio di politica sull’uso dei droni killer. È lo stesso Presidente degli Stati uniti (riportavamo sul manifesto il 12 giugno 2012 in base a un’inchiesta del New York Times) ad approvare la “kill list”, aggiornata di continuo, comprendente persone di tutto il mondo che, giudicate nocive per gli Stati uniti e i loro interessi, sono condannate segretamente a morte con l’accusa di terrorismo. Soprattutto quando «insieme al terrorista, che verrà colpito dal drone, c’è la famiglia», spetta al Presidente «la valutazione morale finale». Giunto il nullaosta del Presidente, l’operatore, comodamente seduto alla consolle di comando del drone negli Stati uniti a 10mila km di distanza, lancia i missili contro quella casa in Pakistan o in un altro paese indicata come rifugio del terrorista. È stata soprattutto la Cia a usare i droni killer in Afghanistan, Pakistan, Iraq, Yemen, Somalia e diversi altri paesi. Il Comando per le operazioni speciali del Pentagono, che effettua azioni parallele a quelle Cia, ha cercato nel 2013 di assumere il controllo di tutte le operazioni dei droni, ma non c’è riuscito.
La Cia continua ad operare con un numero imprecisato di droni killer. Si aggiungono a questi circa 250 droni da attacco della U.S. Air Force, parte di una flotta di circa 7500 droni di tutti i tipi gestiti dal Pentagono. Il loro numero è in aumento, tanto che scarseggiano i piloti di droni. Quelli in servizio sono costretti a turni stressanti, che accrescono i «danni collaterali». Ma l’alto numero di vittime civili è dovuto soprattutto al fatto che la maggior parte degli attacchi dei droni (oltre il 60% in Pakistan) è diretta contro case abitate anche da donne e bambini. Il numero di vittime civili è destinato ad aumentare con l’uso di velivoli robotici in grado di decollare, attaccare e rientrare alla base autonomamente. Tra questi il nEUROn, costruito da un consorzio europeo di cui fa parte Alenia Aermacchi, che sarà capace di «effettuare automaticamente il riconoscimento del bersaglio». In attesa della guerra robotizzata, Roberta Pinotti (che come Renzi ha iniziato da caposcout) è decisa a far partecipare l’Italia alla guerra dei droni: ha chiesto a Washington di poter armare gli MQ-9 Reaper, i droni killer Usa acquistati dall’Italia, ciascuno capace di lanciare 14 missili «Fuoco dell’inferno». Ottimi per distruggere in Libia i barconi dei trafficanti di essere umani. Salvo il «danno collaterale» di qualche altra strage di innocenti.
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Per l’Invalsi, un istituto di ricerca dipendente dal ministero dell’Istruzione, su tratta di uno spostamento dovuto alla necessità di assicurare l’attendibilità «scientifica» dei dati. Il 5 maggio, infatti, le scuole saranno deserte, o chiuse, considerata l’altissima adesione allo sciopero contro il governo Renzi e il Ddl 2294 sulla scuola attualmente in discussione in parlamento e da approvare «entro metà giugno». Una spiegazione che non ha soddisfatto per nulla gli oppositori del governo. Per i Cobas, che avevano inizialmente convocato da soli il 5 maggio uno sciopero generale contro la «scuola dei quiz» Invalsi e la «Buona Scuola» è un «intollerabile imposizione, illegittima e antisindacale» del Miur.
«Procederemo subito per via legale — ha detto Piero Bernocchi . decisiva è la corale protesta dei lavoratori e dei sindacati che co-promuovono lo sciopero del 5». L’obiettivo è «bloccare lo sciagurato provvedimento che aprirebbe la strada all’annullamento per via amministrativa dello stesso diritto di sciopero». «L’Invalsi — prosegue Bernocchi — èrevede la possibilità di rinvio solo in casi eccezionali». Ma questa richiesta avrebbe dovuto essere avanzata entro il 12 dicembre 2014, con protocollo antecedente al 28 ottobre dello stesso anno. I Cobas proseguiranno la mobilitazione contro i quiz anche il 6 e il 12 maggio. «L’aspetto più grave della vicenda è che il sistema Invalsi è al centro dell’impianto del Ddl Renzi» sostiene Usb scuola che proclamerà il blocco delle attività funzionali all’insegnamento relative alle prove Invalsi per la scuola primaria il 6 e 7 maggio e per quella secondaria il 12 maggio. Il rinvio di 24 ore delle prove «dimostra la debolezza del Governo» a parere del segretario generale della Uil scuola, Massimo Di Menna.
La Gilda degli insegnanti parla di una «strategia per boicottare la grande protesta contro la riformka del governo Renzi». «Ci chiediamo chi abbia assegnato questo potere al presidente dell’Invalsi Anna Maria Ajello — domanda Rino Di Meglio (Gilda), il quale solleva il dubbio che il rinvio sia dovuto alle pressione di «qualche dirigente scolastico». «In tal caso — sostiene — si tratterebbe di una grave ingerenza».
Di «attacco al diritto al dissenso» e di «annullamento del diritto di sciopero», parla anche Danilo Lampis (Unione degli Studenti): «È un atto gravissimo e senza precedenti — sostiene — Il governo continua a millantare un processo democratico inesistente. Da mesi sono inascoltate le proteste contro la “Buona Scuola”, la retorica di Renzi e Giannini sta diventando ridicola. Lo spostamento delle prove è la prova del loro atteggiamento anti-democratico».
Quello dei quiz-Invalsi, e della valutazione di tipo quantitativo e deterministico, è l’ultimo fronte polemico aperto dal governo contro lo sciopero del 5 maggio. A complicare una situazione già tesa è l’accusa di «squadrismo» rivolta dalla ministra Giannini a chi la contesta. Nel Pd ha provocato un’alzata di scudi da parte di Stefano Fassina e, ieri, del presidente Orfini e del vice-segretario Guerini: «è sbagliato impedire di parlare come bollare di squadrismo chi dissente» hanno detto. «Esprimere il dissenso su un brutto Ddl non è lesa maestà — ha detto Domenico Pantaleo (Flc-Cgil) La contestazione subìta, anziché indignarla, dovrebbe indurre la ministra Giannini a riflettere. E con lei la senatrice Puglisi e la dirigenza Pd».
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COMUNICATO STAMPA PER L’AFFISSIONE DI UN MANIFESTO INNEGGIANTE A MUSSOLINI
l’ANPI di Catania è indignata per la vergognosa pubblicazione di un manifesto che inneggia al fascismo e al suo fondatore. Stamattina la città si è svegliata con i muri imbrattati ricoperti da un oltraggioso manifesto fascista che ricorda Mussolini e i combattenti della repubblica di Salò.
L’ANPI ricorda che la legge Scelba del del 20 giugno 1952 e la legge Mancino del 1993, puniscono con pene molto severe dai cinque ai dodici anni di reclusione chi “ persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista….. denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza.”
Pertanto chiediamo al Comune di Catania d’ intervenire immediatamente con la copertura dei manifesti e punendo gli autori di questi ignobili gesti.
Chiediamo al Signor Prefetto e al Questore che aprano un’inchiesta per verificare il contenuto politico del manifesto con i principi costituzionali e le leggi sopra citate per trarne le giuste conseguenze.
Da parte sua ANPI verificherà la possibilità di un ricorso alla magistratura tramite querela per il contrasto penale alle condotte neofasciste.
Catania 28/4/2015
L’ANPI Provinciale Catania
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