Rifiuti nucleari nell’Ennese La consegna del silenzio da: siciliainformazioni.com

Rifiuti nucleari nell’Ennese
La consegna del silenzio

Rifiuti nucleari nell’Ennese <br /> La consegna del silenzio

Ben 90 mila metri cubi di rifiuti nucleari italiani potrebbero arrivare presto in Sicilia. La scelta ricadrebbe su un’ex miniera di salgemma perché i depositi salini, per la loro bassa permeabilità, si prestano ad ospitare, a lungo termine, rifiuti nucleari. Gabriele Urzì, presidente di siAmo la Sicilia, è preoccupato per “le indiscrezioni sulla possibilità che la Sicilia potrebbe essere scelta come sede per lo stoccaggio di rifiuti nucleari. I ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, avverte Urzì, “hanno individuato un’ex miniera di salgemma nei pressi dei comuni di Agira, Leonforte e Nissoria, nell’Ennese”.

La Sogin – azienda dello Stato incaricata della dismissione degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi – di concerto con i Ministeri sopra citati – sospetta Urzì – avrebbe “lanciato una subdola campagna informativa in ordine al progetto in argomento, finalizzata a convincere gli italiani ad accettare il materiale tossico nel proprio ‘giardino’”.

“Le miniere, casomai, vanno usate, insieme al turismo e all’agricoltura, per rilanciare l’economia siciliana, non per contenere rifiuti”, auspica Urzì, lamentando che “ovviamente la “politica regionale è totalmente assente”. Ed è qui che l’emerita associazione di cittadini siciliani, intenzionata a mettersi di traverso, si sbaglia. Stavolta a mantenere la consegna del silenzio è stata l’informazione siciliana, tutta intera.

La notizia è stata anticipata da SiciliaInformazioni, che ne è venuta a conoscenza grazie ad autorevoli referenti. E’ stata illustrata, commentata, ripresa più volte con dettagli e considerazioni, ma non ha trovato spazio, nonostante sia stata rilanciata dalle agenzie, Ansa e Italpress fra le altre.

Avrebbe potuto essere smentita dalle autorità di governi, nazionale e regionale, come notizia non rispondente al vero. Invece niente. Come se fosse stata data una consegna del silenzio. Eppure le associazioni ambientalisti che non l’hanno trascurata, l’hanno rilanciata. E’ vero, non ne hanno fatto un cavallo di battaglia, ma ciò è dovuto al fatto che ad ogni denuncia era come lanciare una pietra nello stagno.

Se le “indiscrezioni” sono solo tali, il problema non esiste. Basta una nota ufficiale del Ministero competente o della Sogin per ripristinare la verità. I rifiuti nucleari non saranno stoccati in Sicilia? Bene, scrivetelo e il fascicolo si chiude.

L’altra ipotesi è che si voglia saggiare l’entità delle reazioni, l’impatto sul territorio, e decidere di conseguenza. Se le cose stessero così, la consegna del silenzio equivarrebbe a complicità, magari inconsapevole.

Dal momento che quei “90 mila metri cubi di rifiuti nucleari” non sarebbero accolti con favore da alcuno, sarebbe il caso di coinvolgere le comunità interessate in modo trasparente. Nessuno può sottrarsi alla parte di responsabilità che gli compete in un Paese moderno e civile. Ma la parte deve essere distribuita. La Sicilia è diventata negli anni Sessanta la pattumiera petrolchimica. Cinque anni or sono rischiò di diventare anche la pattumiera dei rifiuti italiani con i quattro mega-termovalorizzatori. Ed ora i rifiuti nucleari?

A morte i Borsellino! Crocetta sta bene dove sta! da: antimafia duemila

lodato-borsellinodi Saverio Lodato – 18 agosto 2015

Di questi Borsellino non deve rimanere neanche la semenza. E’ un cognome che in Sicilia deve essere cancellato, per sempre. Hanno fatto più danni loro ai mafiosi che lo Stato italiano in un secolo e mezzo di chiacchiere sull’argomento.
Paolo, il capostipite, faceva il magistrato e si mise insieme a quell’altro gentiluomo di Giovanni Falcone per rendere la vita impossibile ai “picciotti” e alle loro famiglie. La lezione gli venne data, eccome se gli venne data, ma è come se non fosse servita a niente.
Suo figlio Manfredi, infatti, fa il poliziotto, cioè “lo sbirro”, e pretende pure di lavorare in Sicilia. Lo capite: magistrato il padre, “sbirro” il figlio…
Suo fratello, Salvatore, da anni si è messo in testa di trovare l’”agenda rossa” che abili manine dello Stato-Mafia e della Mafia-Stato ritennero più conveniente far sparire dalla scena del delitto. Non solo. Salvatore si scontrò perfino duramente con Giorgio Napolitano, il capo dello Stato che voleva intralciare a tutti i costi il processo di Palermo sulla trattativa con l’accusa pericolosamente rappresentata (sono punti di vista) da Nino Di Matteo.
Sua sorella Rita da anni, scendendo in politica, ha fatto le umane e divine cose perché il sentire comune della gente sulla metastasi mafiosa cambiasse radicalmente. Niente da fare.
Sua figlia Lucia, pretendeva addirittura di inceppare il sistema sanitario siciliano ostacolando ambizioni, interessi, affari sporchi, di una casta di medici e funzionari che si richiamavano invece al “Metodo Tutino”.
Ecco perché ai “bravi ragazzi” di Sicilia, al solo sentire pronunciare il cognome Borsellino va il sangue agli occhi.
Perché dalla strage di Via D’Amelio sono trascorsi 23 anni anche per loro. E non accettano, non capiscono, non digeriscono che un’intera famiglia abbia ereditato il messaggio del capostipite.

I giornali riportano la notizia che, per decisione del Viminale, Lucia sarà scortata da uomini armati e potrà svolgere il suo “prezioso lavoro” nel pianeta Sanità a patto di lasciare Palermo e trasferirsi a Roma. Molti dicono che “non si conoscono” i motivi di questa scelta romana. La stessa Lucia si è detta sorpresa dalle notizie che la riguardano. Qualche politicante siciliano, esprimendole “solidarietà!  ha perso una buona occasione per tacere. C’è chi si interroga su oscure “segnalazioni” dell’immediato pericolo che corre Lucia, c’’è chi ipotizza l’esistenza di intercettazioni telefoniche coperte da segreto e che avvalorerebbero tali preoccupazioni.
Ed è quasi con tenerezza che siamo costretti a registrare l’imbarazzo di certi opinionisti che nelle ultime settimane si erano gettati a capofitto nel piatto ricco del’”antimafia delle passerelle” e che ora non sanno darsi una “lettura” di questa nuova minaccia contro Lucia salvo dovere ammettere che se la mafia continua a esserci, di una qualche forma di antimafia continuerà a esserci gran bisogno.
Serve a poco chiedersi “cosa c’è dietro”. Basta e avanza ciò che è sotto gli occhi di tutti.
Lo dicevamo all’inizio: dei Borsellino non deve restare neanche la semenza.
La Sicilia continua a produrre vittime designate, bersagli mobili, liste nere di persone a rischio per le cose che dicono, per quello che fanno, per quello che rappresentano nell’immaginario collettivo. Ma sul serio, non a parole.
La Sicilia che si libera, la Sicilia che si emancipa, la Sicilia che volta le spalle al passato resta, nella migliore delle ipotesi, una pia illusione che troppo ancora dovrà attendere per tradursi in realtà, nella peggiore, invece, il cavallo propagandistico di una politica senza scrupoli che con la mafia convive, ci sta in ottimi rapporti, ci fa affari come niente fosse.
Prendete il buon Rosario Crocetta. E’ rimasto “governatore” a dispetto dei santi. Ha evitato – in un  soprassalto di umana lucidità – di suicidarsi quando la valanga delle intercettazioni, proprio sull’argomento Sanità-Tutino-Lucia Borsellino lo aveva investito in pieno. Poi, a rianimarlo del tutto, sono arrivate le bombole d’ossigeno dei capi bastone di Sala D’Ercole per i quali una poltrona da onorevole val bene un Crocetta… Il Pd poi, che come sapete è il partito dei primi della classe, da un lato gli dà l’ossigeno e dall’altro, un giorno sì e un giorno no, minaccia di asfissiarlo. State tranquilli: ci sono scorte di bombole sino alla fine della legislatura.
Non risultano – tranne che non ci siano sfuggite – dichiarazioni del buon Crocetta su Lucia che finisce sotto scorta. E dire che Crocetta – a sentirlo in tv – deve volere un gran bene a Lucia.
Allora che dobbiamo concludere?
Diciamo così: Lucia ha perduto la sua battaglia a palazzo D’Orleans. Si ritrova sotto scorta e deve lasciare la Sicilia.
Il buon Crocetta, che fu lungimirante nell’evitare il suo suicidio, resta dov’era umanamente e politicamente.
Va tutto secondo copione gattopardesco.
Ma che qualcuno non ci venga a dire, Crocetta in primis, che il suo governo è mal visto dalla mafia.
Crocetta – con tutto il rispetto che merita la sua carica – minchiate non ne deve raccontare.
Sono i Borsellino che stanno sui coglioni alla mafia. Non il suo governo. E almeno a questa elementare verità Crocetta abbia il buon senso di rassegnarsi.

saverio.lodato@virgilio.it

Il presidente della Sicilia si fa pagare lo sbiancamento anale dal Servizio Sanitario Nazionaleda: mafia capitale

Il presidente della Sicilia si fa pagare lo sbiancamento anale dal Servizio Sanitario Nazionale.

La Sicilia dello sbiancamento:Pubblichiamo l’articolo comparso oggi su Il Fatto Quotidiano a firma di Pietrangelo Buttafoco, che affronta il caso Tutino da un altro punto di vista.

Più che Gomorra, Sodoma. In merito alle recenti vicende siciliane, l’arresto di Matteo Tutino, il medico personale di Rosario Crocetta, c’è un dettaglio rimasto appeso: lo sbiancamento anale. Tutino, mago del body jet, il trattamento estetico che a Palermo – secondo la Procura – veniva messo in conto al Servizio Sanitario pubblico, con questa rifinitura destinata alla clientela vip aggiorna l’immaginario dei retrogradi, apre le finestre della mente e scava profonde prigioni al pregiudizio. Un dettaglio utile questo – e lo è – non certo per le indagini dei Nas ma per l’evoluzione dei costumi. Trattasi di un intervento a colpi di bisturi e suture per ingentilire l’orifizio d’evacuazione – al punto di farne un fodero di candida porcellana – e pare sia molto richiesto dai pazienti più scavallati a conferma di ciò che nei frastornati anni ’80 suonava ancora come profezia: “Il culo diventerà la fica del 2000!”.

Va da sé che è Buttanissima Sicilia. Io non sapevo ci fosse questa elaborata pratica estetico-chirurgica (allegramente rubricata, a esclusivo privilegio di pochi, nei rimborsi del servizio sanitario nazionale), e se il primo accostamento mentale rimanda ai riti descritti da Goethe nel Faust – e non solo il bacio sul buchino sporco del Demonio nel sabba, ma ai turgori di Mefistofele mentre guata voglioso i sederini degli angioletti – l’esito simbolico non può che confermare Palermo nella modernità perché, e sia detto una volta per tutte, la Sicilia è un passo avanti anche rispetto alla Costituzione Americana dove i matrimoni omosessuali ormai sono più che garantiti.

Dopo Gomorra dunque, è l’epoca di Sodoma. E non è più questione di diritti, di amori uguali tutti fatti di uno stesso sì, ma di piacere, di squisito diletto in zona “ovale”. Così si legge nella trascrizione delle intercettazioni – “ovale” – laddove poi per “brasiliana” non s’intende più la depilazione pubica tanto in voga tra le signore degli anni ’90 bensì di modellamento del gluteo, portato ad altezza di scaldabagno. Ed è il gluteo maschietto, il protagonista, giusta sostituzione del fondoschiena femminile, quello che ai tempi del gallismo siciliano che fu, ai giovanotti ingravidabalconi – ammirando le ragazze a spasso – faceva dire: “Io per delle natiche così dare un miliardo!”. A fargli eco, un altro amico: “Uno? Due di miliardi!”.

Tutta un’altalena di cifre in merito al popò – nel formato chitarra, quello delle donne – fermata dalla spietata considerazione delle signorinelle sempre spiritose: “Le natiche ci sono, sono i miliardi a mancare!”. Ecco, è il famoso mutamento di costume, e sebbene Crocetta sia stato un disastro alla prova del Governo, quanto a civilizzazione – anche grazie al suo medico personale – non gli si potrà negare un primato: avere consegnato coppole e lupare al sollazzo epicureo. E per fortuna a Sodoma, più che a Gomorra.

All’indomani della sua vittoria elettorale, il 29 ottobre 2012, Crocetta convoca la conferenza stampa per le ore 12,00 a Marina di Tusa, presso l’Atelier sul mare. E’, questo, il bellissimo albergo di Antonio Presti, un sincero combattente sul fronte della lotta alla mafia che – dopo un’ora, dopo due e quindi tre – si muove a pietà verso il bivacco stanco dei giornalisti, va sotto al balcone della stanza del presidente e gli urla: “Bottana, scendi!”. Ovviamente è detto per scherzare, naturalmente è fatto per giocare e Crocetta, infatti, sbuca dalle persiane, sorride e, cespuglioso di sonno e sogni – i colleghi tutti non potranno che confermare questa scena, rimasta nei loro taccuini – avvia la raggiante rivoluzione. Va da sé, tutta di Buttanissima Sicilia.

Sicilia, la protesta di Greenpeace contro le trivellazioni che rischiano di compromettere l’ecosistema Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

Lo scorso 4 giugno c’è stata la firma di un protocollo di intesa tra la Regione Siciliana e Assomineraria, Eni, Edison e Irminio per lo sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio presenti nel Canale di Sicilia. Un’attività che mette in serio pericolo le splendide coste a vocazione turistica dell’isola. Gli attivisti di Greenpeace, ieri e oggi, hanno portato proprio sulla spiaggia di Mondello e nel porto di Palermo la loro protesta estrema, simulando un disastro ecologico ed esponendo uno striscione con il messaggio: “Un mare di bugie – Crocetta regala il nostro mare ai petrolieri”.

“Solo due anni fa, l’allora candidato alla presidenza della Regione – hanno ricordato i militanti di Greenpeace – firmava il nostro appello contro le trivellazioni nel Canale di Sicilia”. Dalla nave Rainbow Warrior, ormeggiata nel porto di Palermo, gli ambientalisti chiedono all’Anci Sicilia di intraprendere una battaglia giudiziaria per fermare il progetto “OffShore Ibleo” al largo della costa tra Gela e Licata. Per Greenpeace lo studio di impatto ambientale di Eni e’ “insufficiente”, mentre definisce il decreto ministeriale “silente” sotto il profilo del rischio geologico ed ambientale e della sicurezza in caso di incidenti, autorizzando, tra l’altro, attivita’ rischiose in un’area tutelate con siti della rete “Natura 2000”.
“Questo decreto e’ scandaloso – ha detto in conferenza stampa il direttore della campagne di Greenpeace Alessandro Gianni’ -. E’ gravissimo che sia stato autorizzata la realizzazione di impianti industriali quando non si conoscono nemmeno gli scenari da valutare”. Dal monitoraggio dell’associazione, sul rischio ambientale da trivelle emerge poi che sarebbero una ventina le concessioni in fase di definizione per progetti di ricerca e coltivazione di compagnie petrolifere nella costa sud della Sicilia, da Marsala a Ragusa. Per fermare “le perforazioni nel mare Nostrum”, per Greenpeace tocca ai sindaci agire per chiedere la revoca delle autorizzazioni.

Sicilia, contro la Regione in crisi di bilancio incombe lo sciopero generale Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

Cgil, Cisl e Uil della Sicilia mettono lanciano l’ultimatum al governatore Rosario Crocetta e all’Assemblea regionale siciliana. Senza “risposte immediate” alle emergenze dell’Isola nei prossimi giorni partira’ la mobilitazione generale. “Non e’ un ricatto – dice il segretario generale della Cisl Sicilia, Maurizio Bernava – ma senza un cambio di passo nei prossimi quindici giorni avvieremo iniziative di lotta sempre piu’ dure fino ad arrivare allo sciopero generale. Non abbiamo visto una sola proposta concreta per uscire dalla crisi, solo il caos con dirigenti che rispondono al ceto politico e non ai siciliani”.
Da mesi i dipendenti degli enti regionali aspettano gli stipendi e non hanno nessuna certezza sul futuro.
Il leader della Cgil Michele Pagliaro punta il dito sulla “politica distratta” di fronte ad una “situazione che e’ drammatica ed esplosiva. La legge di stabilita’ continua ad essere impugnata con oltre mezzo miliardo di euro di spesa bloccata.
Proprio ieri Crocetta ha dovuto ingoiare il nuovo stop al ‘salva-stipendi’ da 132 milioni, con la fumata nera in commissione Bilancio sull’emendamento del governo da 100 milioni per Comuni e forestali. Causa, l’incertezza nelle coperture finanziarie.
Costretto ad affrontare una crisi di liquidita’ e di credibilita’ contabile, in ordine alla quale chiede chiarezza anche la Corte dei conti che attende ancora la trasmissione del Rendiconto 2013 e che aspetta Crocetta al varco del giudizio di parificazione di giugno sui conti della Regione, per nulla scontato, Crocetta assiste al frastagliamento delle alleanze politiche che lo sostengono, a cominciare dal Pd. Gli attacchi al giurista Giovanni Fiandaca, candidato alle Europee, accusato di “negazionismo” rispetto alla presunta trattativa Stato-mafia, hanno fatto saltare parecchi ponti sulla strada che lo legava ai ‘colonnelli’ di Renzi. Si allarga intanto l’ampia area dei ‘dissenzienti’ che rappresenta gia’ la meta’ del gruppo all’Ars, capeggiata da Antonello Cracolici. Si parla apertamente di “governo incapace e dannoso” e di “esperienza alla Regione al capolinea”

Da stasera tornano i blocchi del movimento dei forconi. L’Anpi: “Massima vigilanza, c’è in mezzo la destra” Autore: fabrizio salvatori da. controlacrisi.org

Partira’ questa sera dalla Sicilia, il blocco dei trasporti degli autoconvocati dell’Immacolata, che potrebbe durare anche diversi giorni e al quale sono pronti a dare man forte frange sciolte di agricoltori, commercianti e piccoli imprenditori che vogliono “mazze e pietre” per cacciare il governo e anche ampi settori della destra.
Il Viminale e’ in allerta non solo per evitare il collasso della circolazione ma anche per il rischio di infiltrazioni da destra, compresa quella degli ultra’, al quale si aggiunge l’allarme su “recrudescenze mafiose” levato dal ministro per la pubblica amministrazione Gianpiero D’Alia. Scritte minatorie contro i trasportatori che lunedi’ saranno al lavoro e contro la Cna sono infatti comparse a macchia d’olio in diverse citta’ e localita’ della Sicilia.
Complice il divieto assoluto di assembramenti nei punti nevralgici della rete stradale, gli irriducibili della protesta in Sicilia, per ora accantonano i blocchi. A dirlo il leader Mariano Ferro in vista delle iniziative previste fino alle 24 del 13 dicembre: “Piu’ che di blocchi, parlerei di presidi di solidarieta’. Faremo volantinaggi, poi non so cosa accadra’. Dipendera’ dal clima e dagli animi che sono molto tesi, ve lo assicuro”.

A Torino, Cna, Cia e Confagricoltura hanno chiesto tutela al prefetto Paola Basilone che ha messo in campo una task force.

 

E anche l’Anpi (Associane Nazionale dei Partigiani Italiani) piemontese ha chiesto massima vigilanza anche perchè sembrerebbe che Torino si sarebber presentati falsi agenti di polizia in borghese che invitano i commercianti a chiudere lunedì prossimo per evitare tafferugli. “Invitiamo tutti gli antifascisti ed i democratici a respingere con fermezza le iniziative illegali messe in atto da questi provocatori”.

 

Non solo, Diego Novelli, ha diramato via rete una nota dove si legge che “Un fantomatico ‘Coordinamento nazionale per la rivoluzione’ attraverso Facebook ha indetto per lunedì prossimo una manifestazione di protesta in tutta Italia rivolgendosi in modo particolare agli ambulanti, ai negozianti, agli autotrasportatori e ad altre categorie invitando il popolo italiano alla ribellione”.

 

Sul fronte dell’ordine pubblico, il Viminale gia’ sa che dovra’ fare i conti con Forza Nuova e Casapound che hanno dato via web la loro adesione invitando chi li segue a manifestare con il tricolore ma senza etichette, come chiedono Ferro e soci. In attesa di valutare le proporzioni dell’agitazione, il ministero ieri ha emanato una circolare ai prefetti che ha esortato i funzionari a non tollerare assembramenti e blocchi, e a procedere agli sgomberi. “Ci e’ arrivata la comunicazione da parte delle Prefetture di Catania, Ragusa, Siracusa e Messina che dice che ci e’ vietato tutto”, ha commentato Ferro aggiungendo: “non possiamo adeguarci: siamo disponibili a farci arrestare”.
Soddisfazione per la retromarcia di due sindacati siciliani – Aias e Forza d’Urto, che hanno disdetto l’adesione – e’ stata espressa dal sottosegretario ai trasporti Rocco Girlanda. “Ritengo doveroso chiarire che lunedi’ non c’ e’ un fermo del settore dell’autotrasporto – ha dichiarato inoltre Girlanda – ma solo di alcuni che aderiscono a movimenti di protesta concomitanti con altre categorie che hanno in animo forme di dissenso eclatanti che stanno assumendo in questi giorni preoccupanti toni di carattere ‘rivoluzionario’, dal quale si discostano tutte le maggiori associazioni dei vettori”.
“Quello di lunedi’ non puo’ essere definito in alcun modo uno sciopero dell’autotrasporto. Nessuna fra le dieci federazioni piu’ rappresentative del settore ha deciso di aderire”, ha detto il presidente di Unatras, Paolo Ugge’. “E’ una protesta che nulla ha a che vedere con i problemi dell’autotrasporto, per i quali le associazioni di categoria hanno sottoscritto con il Governo precisi accordi. Quanto potra’ succedere lunedi’ rientra sempre piu’ in una iniziativa politica che mira alla protesta fine a se stessa e non puo’ trovare la condivisione degli imprenditori del trasporto”.

Sicilia, i rifiuti tossici avvelenano gli abitanti dell’isola da: lettera 43

Sicilia, i rifiuti tossici avvelenano gli abitanti dell’isola

 

Scarti radioattivi. Residui di pirite. Amianto. Le scorie contaminano la terra siciliana. E i morti aumentano.

 

di

 

 

Il primo a parlare dei rifiuti radioattivi in Sicilia fu il pentito Leonardo Messina, nel 1992.
Il boss di maggiore spicco della mafia isolana, capocantiere presso una delle miniere per l’estrazione di kainite, raccontò a Paolo Borsellino che nelle cave di Pasquasia, dove lui lavorava, si celavano rifiuti atomici provenienti dall’Est Europa.
Ora, secondo il presidente della commissione speciale per le miniere dismesse siciliane, Giuseppe Regalbuto, quegli stessi scarti tossici stanno uccidendo decine di persone. Regalbuto ha presentato alla procura di Caltanissetta un dossier in cui è presente una mappa delle aree più a rischio della Sicilia.
MORTI SOSPETTE. «Troppe morti sospette degli abitanti si verificano vicino ai siti segnalati», ha detto a Lettera43.it. «La Regione Sicilia ancora dorme e non mette in moto nessun meccanismo per mappare tutte le miniere dismesse e le problematiche ambientali e di salute che ne riguardano».
La procura di Caltanissetta ha aperto un’indagine per traffico illecito di rifiuti e disastro ambientale. Ecco di seguito i siti finiti nel mirino dei magistrati.

 

 

Miniera di Pasquasia (Enna)

 

Dal 1959 al 27 luglio 1992 la miniera di Pasquasia ha sfornato sali alcalini misti, in particolare Kainite per la produzione di solfato di potassio. Senza preavviso, ha cessato l’attività estrattiva per ospitare nel suo complesso rifiuti nucleari. Sono molteplici i report che certificano la presenza di scorie radioattive all’interno delle cave in provincia di Enna. Nel manuale di «indirizzi generali e pratiche di gestione dei rifiuti radioattivi», stilato nel 1990, dall’Enea (l’organo nazionale deputato per legge all’individuazione di soluzioni per l’eliminazione dei rifiuti radioattivi prodotti in Italia), si parlava chiaramente «di azioni per la costruzione, in collaborazione con l’azienda Italkali di Palermo, di un laboratorio sperimentale sotterraneo nella miniera attiva di sali di Pasquasia».
Nel 1997 la procura di Caltanissetta dispose un’ispezione su una galleria profonda 50 metri, costruita all’interno della miniera proprio dall’Enea, e rilevò la presenza di alcune centraline di rilevamento. Non si riuscì mai a chiarire che cosa esattamente dovessero monitorare. Numerose sono state le interrogazioni parlamentari in merito al mistero di Pasquasia che non hanno avuto mai risposta. Nel frattempo la Regione Siciliana, ha avviato la bonifica superficiale della zona, dissequestrando la miniera. Ammonta a 20 milioni di euro il costo delle operazioni affidate alla azienda bergamasca 1 Emme.
«La bonifica non comprende il sottosuolo», ha detto a Lettera43.it Marco Lupo, il dirigente del dipartimento Acqua e Rifiuti dell’assessorato alla Energia della Regione Siciliana.
L’ex consegnatario della miniera, Pasquale La Rosa, imputato per disastro ambientale per non aver smaltito quegli scarti d’amianto, è stato assolto da ogni accusa. Così, a seguito delle operazioni di bonifica, potrebbero persino riprendere le attività estrattive. Strano ma vero, la prima ditta a essersi dichiarata interessata a un’eventuale ripresa delle estrazioni di sali è proprio la Italkali. Quella che la possedeva già negli Anni 80, quando tutto ebbe inizio.

 

Miniera San Giuseppe (Siracusa)

 

La miniera San Giuseppe, nel Siracusano, è nota come la “cava dei veleni”.
Secondo la denuncia presentata da Regalmuto, per anni sono stati depositati rifiuti tossici di derivazione industriale.
I campionamenti effettuati in quella che era un tempo una cava di pietra calcarea utile per l’edilizia hanno accertato la presenza di un’ingente quantità di pirite di ferro, sottoprodotto della lavorazione dell’acido solforico, smaltita negli Anni 70. Quando ancora non era entrata in vigore la legge che disciplina lo smaltimento dei rifiuti speciali, nocivi e pericolosi.

 

Cave di Mussomeli (Caltanissetta)

 

La storia delle cave di salgemma di Mussomeli è stata dimenticata da chiunque. Nessuno ne vuole parlare.
Il luogo, come altri in Sicilia, sarebbe stato destinato a ricevere cumuli di scorie radioattive e rifiuti tossici da un lungo quanto silente peregrinare di camion.
Molti cittadini di Mussomeli sostengono che i camion che giungevano nella miniera sparivano misteriosamente.
Inoltre, attraverso le falde acquifere la miniera starebbe lentamente restituendo ciò che nasconde.

 

Miniera di zolfo di Ciavalotta (Agrigento)

 

La provincia di Agrigento, un tempo, era nota per la presenza di un notevole numero di siti minerari.
La “Ciavolotta” a pochissimi chilometri da Favara è rimasta attiva fino ai primi Anni 70.
L’associazione Legambiente, a seguito delle numerose denunce nel corso degli anni, ha voluto effettuare un sopralluogo per verificare lo stato delle cose.
Le ricerche hanno portato alla luce diverse discariche di amianto, sfabbricidi, materie plastiche e altri rifiuti non identificabili perché incendiati.
In alcuni punti del parco minerario non cresce più un filo d’erba.

 

Bosco Grande e Lago Soprano (Caltanissetta)

Sono 21 già i morti nel 2013, 12 per neoplasie.
Secondo le denunce, negli abissi del Lago Soprano si trovano alcuni residui di Cesio 137, isotopo altamente radioattivo.
A sei chilometri dal paese nisseno c’è poi il cosiddetto “mostro di sale”. Nata come miniera di zolfo, sino a quando non si scoprì la kainite, è rimasta attiva fino al 1988.
Oltre al presidente Ragalmuto, anche la provincia di Caltanissetta ha presentato un esposto sui fatti alla procura.
L’ex assessore del Comune ha chiesto di verificare se nella montagna creatasi con il materiale di scarto della lavorazione della kainite siano presenti radionuclidi naturali riconcentrati, come il Potassio 40.
La zona, secondo le denunce contaminata da rifiuti tossici e ospedalieri, è una riserva naturale

il convegno Il ’43 in Sicilia tra mafia stragi civili e separatismo da La Sicilia

·        Giovedì 28 Novembre 2013

·        OggiCultura,

 

Rosario Mangiameli
Si tiene a Palermo oggi e domani, a Palazzo dei Normanni, un Convegno storico su “Lo sbarco in Sicilia e il mondo nuovo”, una riflessione sulle vicende del 1943 organizzata dalle Università di Palermo, Messina e Catania con il supporto culturale e organizzativo della Fondazione Federico II e con il concorso di numerosi studiosi di università europee.
La scelta dei curatori è quella di proporre la composizione di un contesto vasto, nazionale e mediterraneo, nel quale leggere gli eventi siciliani di quell’anno. L’occupazione/liberazione della Sicilia, infatti, che comportò una svolta nella partecipazione dell’Italia alla seconda guerra mondiale, ebbe anche vaste ripercussioni su scala mediterranea ed europea. La caduta del fascismo (25 luglio) e la successiva paralisi dello Stato (8 settembre) sono le prime e più evidenti conseguenze, annunciatesi d’altronde già durante la battaglia per la Sicilia. Sulla nostra isola si manifestò per prima la crisi di consenso del regime fascista, che portò a una scomposta difesa del fronte e al capovolgimento delle alleanze; tale capovolgimento riconosciuto e sperimentato dalla popolazione prima ancora che sancito dall’attività diplomatica e dalla firma dell’armistizio sotto la tenda di Cassibile. Ciò era conseguenza del ruolo centrale che la Sicilia aveva

avuto assegnato nella guerra: retrovia del fronte africano, poi divenuta essa stessa fronte.
La narrazione degli eventi siciliani del ’43 ha conosciuto diverse stagioni in questi settant’anni: le accuse di tradimento ai comandi militari mosse dai gerarchi fascisti, le illazioni sull’aiuto offerto dai mafiosi alle forze da sbarco, la narrazione di una eroica quanto disperata resistenza in contrasto con le accoglienze festose che la popolazione riservava agli alleati, il confronto tra l’attitudine stragista americana e quella tedesca. Infine il confronto tra l’insorgenza separatista e l’avvio di una politica democratica e autonomistica. Sull’analisi questi aspetti e sulla rielaborazione che ne hanno fatto la storiografia e l’industria culturale, si incentra la prima giornata del convegno
La seconda giornata analizza il contesto mediterraneo, ovvero la crisi dei fascismi di esportazione, il caso spagnolo e quello rumeno e perfino le ripercussioni su aree remote come l’Argentina, teatro di una originale rielaborazione delle tendenze populiste e autoritarie già presenti nel modello italiano. La crisi dei sistemi coloniali è un altro aspetto fondamentale che si annunciò nell’Africa settentrionale e che da lì a poco avrebbe avuto seguito in tutti i paesi sottoposti al dominio europeo. Un altra sessione del convegno riassume i temi del coinvolgimento dei civili nella guerra in Sicilia e nel resto d’Italia, si tratta infatti di un importante punto di svolta del 1943 che vede istituirsi anche in Italia la pratica delle stragi, e quell’escalation che dalla discriminazione porta ai programmi di distruzione dei cittadini di origine ebraica.


28/11/2013

La favola industriale del “triangolo della morte” siciliano da: i siciliani giovani di Rosaria Forcisi

Trenta chilometri di raffinerie e fabbriche altamente inquinanti: la più alta concentra­zione d’inquinamento di tutta Europa

«Viviamo come se ci trovassimo in una stanza chiusa insieme con novanta fumatori. Questa parte della Sicilia è conosciuta come il “Triangolo della morte” perché alla diffusione notevole delle industrie di quegli anni è seguìto un notevole aumento di nascite con malformazioni, leucemie e tumori alle vie intestinali e polmonari. Qui sono presenti tutte le forme d’inquinamen­to: quello della falda acquifera, quello atmosferico e quello dell’ambiente ma­rino»

Fino alle porte di Siracusa

L’area di cui parla il Dott. Solarino, presidente di Decontaminazione Sicilia e docente di Scienze chimiche all’Universi­tà di Catania, è quella del polo petrolchi­mico siracusano.

Trenta chilometri di costa, da Au­gusta alle porte di Siracusa, interamente occupata dagli stabilimenti e dalle raffi­nerie di petrolio. La più alta concentra­zione d’Europa.

«Fino al 1982 le industrie sono state prive di controlli: sali di mercurio, cro­mo, piombo, idrocarburi, pesticidi, oli minerali, ammoniaca venivano scaricati in mare. Non esisteva un interesse a con­trollare, era il periodo delle tangenti, del­lo scandalo Isab, delle autorizzazioni fa­cili; per il problema del “mare rosso” fu­rono arrestate 17 persone, funzionari del­la Enichem, oggi Syndial, per lo scarico in mare di mercurio e sali di ferro, tanto da cambiare il colore del mare appunto in rosso. E’ evidente che il mercurio at­traverso i pesci finiva nella catena ali­mentare, trasformandosi nella prima cau­sa di tumori intestinali e malformazioni congenite».

L’indagine del 1980

L’indagine iniziò nel 1980, quando il medico Giacinto Franco, ex primario dell’ospedale civile di Augusta, e mem­bro di ISDE, Medici per l’ambiente, si ri­volse al Pretore. Il medico vide crescere in misura esponenziale gli aborti sponta­nei e l’imporsi di malformazioni cardia­che, all’apparato digerente e a quello urogenitale e un notevole incremento di malattie tumorali. «Era conseguenza cer­ta dell’inquinamento da diossina e furani. Sapevo e decisi subito di non stare zitto, se uno sa e tace per me è complice».

«Tutto cominciò con le ripetute morie di pesce» continua il dott. Franco «dava­no la colpa alle microalghe e invece sco­primmo che fino a quel momento aveva­no scaricato in mare di tutto.

Decisi di sottoporre tutte le mie ricer­che al procu­ratore Condorelli che denun­ziò l’intera giunta regionale e i sindaci dell’area a ri­schio per tutte quelle auto­rizzazioni fa­cilmente concesse.

“La favola industriale” di Alessio di Modica.

“Poi il giudice fu trasferito”

Per qualche anno le indagini andarono avanti fino a quando il pretore nel 1984 fu pro­mosso e trasferito a Verona e si ri­cominciò a far come volevano.»

«Alcuni anni fa presentammo una pro­posta di legge in cui chiedevamo che nei terreni intorno alle industrie venissero vietate coltivazioni di verdure preferendo la semina di piante oleaginose, come gi­rasoli e colze, che producono oli che non finiscono sulla tavola ma che possono es­sere riutilizzati in impianti di biodiesel, facendo cosi salva la catena alimentare» ci spiega il prof. Solarino, e in effetti nel 2009 con decreto autorizzativo dell’Assessorato regionale all’Industria, si autorizzava il primo impianto per la produzione di biodiesel in Sicilia, che avrebbe dovuto sorgere nell’area bonifi­cata della Syndial.

Stabilimenti obsoleti

Ma la strada si è presentata subito im­pervia e due anni fa, l’Ecoil, l’azienda romana incaricata alla costruzione dell’impianto, si è vista negare dalla Re­gione siciliana i finanziamenti prove­nienti dai fondi europei.

Gli impianti dell’Ecoil non furono rite­nuti rientranti tra quelli ad energie rinno­vabili e cosi il progetto “Biodiesel Sici­lia”, tra mancan­ze di fondi e ricorsi lega­li, è rimasto bloccato nei meandri della burocrazia.

Ma l’inquinamento non è il solo pro­blema che affligge quest’area. Il prof. Solarino è fortemente preoccupato per lo stato di sicurezza degli stabilimenti, con­siderati ormai obsoleti e non a norma ri­spetto ai moderni standard antisismici.

Alto rischio sismico

«Questa è una zona ad alto rischio si­smico. Già nel 1990, a causa di una scos­sa, un grosso serbatoio spanciò, per fortu­na senza aprirsi.

Se ciò dovesse accadere nuovamente, ma­gari con scosse più po­tenti, questi ser­batoi potrebbero collassa­re, riversando nel suolo prodotti petroli­feri facilmente infiammabili che vaporiz­zerebbero im­mediatamente formando una nuvola di fuoco e incendiando anche quegli oli combustibili finiti in mare. Le conse­guenze sulle persone e sul territorio sa­rebbero catastrofiche» conclude il pro­fessore.

Le industrie chimi­che e petrolchimiche RIR – cioè “ad alto rischio di incidente rilevante” – sono ben undici in questo breve tratto di costa.

«Gli impianti non sono mai stati am­modernati. In alcuni casi non si può nem­meno parlare di strutture obsolete, ma semplicemente di strutture che in nes­sun’altra parte del mondo vengono più utilizzate.

Controlli solo tre volte l’anno

A Siracusa l’attività di monito­raggio viene svolta dall’ARPA, l’Agen­zia regio­nale, dal CIPA, il consorzio fon­dato dalle industrie, e dall’Enel. Ho fidu­cia nei con­trolli dell’ARPA ma questi controlli ven­goo effettuati tre volte l’anno per otto ore giornaliere, contro le ol­tre ottomila ore di produzione. Come può definirsi controllo questo? »

In Italia non esiste una normativa anti­sismica specifica e la tipologia d’impian­ti del Polo industriale fu progettata con un carico sismico uguale a quello dei normali edifici civili: ciò significa che, in caso di un forte terremoto o maremoto, questi stabilimenti potrebbero cedere col rischio di causare il più grave disastro ambientale nella storia del Mediterraneo.

Sta per eplodere in Sicilia la bomba del precariato: quasi ventimila a rischio dopo la legge nazionale Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

 

Si riunira’ lunedi’ prossimo l’unita’ di crisi istituita in Sicilia per ‘disinnescare’ la bomba precari. Dopo la conversione in legge del decreto sul pubblico impiego, infatti, e’ a rischio la stabilizzazione di 18.500 precari degli Enti locali siciliani. Nel pomeriggio di ieri il governatore ha incontrato le parti sociali per discutere delle possibili soluzioni alla vertenza. Al tavolo siederanno oltre agli stessi rappresentanti sindacali, anche il presidente della Regione e gli assessori competenti (Funzione pubblica, Economia, Lavoro) e l’Anci. Gia’ lunedi’ verranno messe sul tappeto le proposte dei sindacati, da avanzare in occasione di un incontro a Roma nei prossimi giorni. Un incontro nel quale i sindacati discuteranno della questione col ministro D’Alia, il governatore Crocetta, i ministri e i parlamentari siciliani.E i sindacati hanno gia’ indicato al governo la strada da seguire: ”La Regione dovra’ presentare un proprio piano di razionalizzazione delle spese, una vera e propria ‘spending review’ per via amministrativa, cosi’ come richiesto dalla Ragioneria dello Stato – dicono le parti sociali -, vincolando gli enti locali a un piano di risparmio e stabilizzazione triennale, che dovra’ vedere un progressivo processo di recupero delle risorse messo a disposizione dalla Regione stessa per le stabilizzazioni”. Per la Cgil erano presenti Mimma Argurio e Michele Palazzotto, per la Cisl Maurizio Bernava e Gigi Caracausi; e Giorgio Magaddino per la Uil.

“Rivendichiamo – hanno detto i sindacalisti – maggiore concretezza e coesione in una vicenda di estrema gravità e delicatezza, che coinvolge migliaia di siciliani”.
“Il presidente della Regione – hanno commentato unitariamente Cgil, Cisl e Uil – ha accolto le nostre preoccupazioni, dopo l’approvazione della legge nazionale. E ha fatto propria la nostra proposta. Per far ‘rientrare’ l’emendamento cancellato dalla Camera nella prossima legge di stabilità – spiegano i sindacalisti – bisogna che la Sicilia presenti una proposta credibile”.