Il bandito della Guerra fredda da woodpress.com Un libro di Pietro Orsatti per Imprimatur editore

Sovranità limitata. Il diario del generale Castellano

Con questo post inizia il rilascio di documenti e testimonianze alla base della ricerca del libro “Il bandito della Guerra fredda” di Pietro Orsatti per Imprimatur editore.

Il documento, il diario del generale Giuseppe Castellano dal 25 luglio al 29 agosto 1943, testimonia come si giunse alla firma dell’armistizio fra gli Alleati e l’Italia avvenuto a Cassibile il 3 settembre 1943. Conservato negli archivi nazionali statunitensi (NARA) nel Casellario dell’Oss (Office of Strategic Services, i servizi segreti americani dell’epoca che in seguito si trasformeranno nella Cia) e desecretato fra il 2003 e il 2004 (RG 226 , numero 33854, serie 92, busta 621, fascicolo 5).

Si tratta del racconto in prima persona delle trame (come racconta lo stesso Castellano del colpo di stato) che portò alla caduta di Mussolini, dell’atteggiamento assolutamente folle i irrealistico dei Savoia e del loro entourage e dei primi incontri che lui stesso ebbe a Madrid e Lisbona che portarono all’armistizio. Che fu una resa senza condizioni.

Il punto di partenza.

In seguito Castellano in Sicilia si macchiò della strage del pane a Palermo del 19 ottobre 1944 e degli incontri con i principali capi mafia (primo fra tutti Calogero Vizzini) per “Formation of Group favoring  Autonomy under direction of Maffia (sic)”.

Scrive Castellano:

La mattina del 19 agosto, Campbell mi invita a casa sua per le ore 22.30. Qui incontro George Kennan (l’incaricato d’affari americano), il generale Smith (capo di gabinetto del generale Eisenhower) e il brigadiere Strong, dell’esercito britannico. Sono arrivati da Algeri poche ore prima apposta per potermi incontrare. L’ambasciatore mi presenta. I presenti mi salutano con un cenno del capo. Nessuno mi stringe la mano. Ci sediamo. Il generale Smith inizia a leggere un foglio con i termini dell’armistizio. Io lo ascolto con attenzione e mi accorgo di essere dinanzi ad una nuova situazione, diversa da quella affrontata con Hoare. Chiarisco agli astanti di non aver mai parlato di armistizio, di essere lì per studiare la situazione e per offrire la collaborazione delle truppe italiane. Il generale Smith mi informa che il documento è stato preparato dal generale Eisenhower all’indomani della caduta di Mussolini, prima ancora che io iniziassi a muovermi. Negli ultimi giorni è stata aggiunta al documento solo una pagina supplementare contenente le decisioni prese da Roosevelt e da Churchill. Sono stati avvertiti delle mie richieste da Hoare. Viene poi letto un secondo documento. Io replico che i punti della discussione sono altri. Il generale Smith mi risponde seccamente: ha ordini di trasmettermi i due documenti e mi chiede di accettarli integralmente e senza condizioni.

SCARICA IL DOCUMENTO INTEGRALE 

Nella foto, da sinistra a destra: Brigadier Kenneth W. D. Strong, Generale di Brigata Giuseppe Castellano, Generale Smith e Franco Montanari del ministero degli esteri italiano, 3 settembre 1943

In edicola l’Almanacco di filosofia di MicroMega da: micromega.net


“Gli intellettuali e la religione”, “Socialismo, comunismo e l’eredità di Gramsci”: sono i due temi del nuovo numero di MicroMega (1/2017), un ricco Almanacco di filosofia con cui la rivista torna al vecchio prezzo di 15 euro e alla frequenza delle otto uscite per anno. Interventi di: Arendt, Graves, Maritain, Pievani, Touraine, Rovelli, Viano, Cacciari, Argentieri, Lagioia, Esposito, Sasso, Mancuso, Givone, Cordero, Savater, Honneth, Anderson, Engelmann, Badiou.
SOMMARIO – ACQUISTA: iPad | e-book Amazon, BookRepublic, Feltrinelli

PRIMO PIANO

Aborto, abrogare l’obiezione è l’unica soluzione di Paolo Flores d’Arcais
In un paese come l’Italia in cui i medici obiettori sono il 70% i correttivi delle assunzioni ad hoc sono insufficienti. L’unico modo per assicurare il diritto delle donne a interrompere la gravidanza è la coerenza di un’abrogazione dell’obiezione clericale che avrebbe dovuto essere stabilita già 39 anni fa.

Come fare funzionare la 194. Una proposta cristiana di Noi Siamo Chiesa
“Il personale sanitario obiettore sia obbligato a dedicarsi in modo gratuito e permanente a qualche attività in campo assistenziale o sociosanitario per dare testimonianza della genuinità della sua obiezione”. Di fronte alle crescenti difficoltà nel garantire il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza il movimento di cattolici di base “Noi Siamo Chiesa” rilancia la proposta fatta dai cristiani che, pur contrari all’aborto, hanno appoggiato a suo tempo la 194.

194, ben vengano le assunzioni di medici non obiettori di Maria Mantello
La Regione Lazio sarà la prima ad avere ginecologi non obiettori assunti per far valere il diritto della donna all’aborto. Finalmente un’operazione concreta che riporta nel giusto alveo la 194, trasformata nella terra promessa dell’obiettore-ginecologo, fino a impedire l’interruzione volontaria di gravidanza.

FILOSOFIA – IL RASOIO DI OCCAM

Contro la sinistra globalista di Carlo Formenti
I teorici operaisti italiani di matrice “negriana”, che trovano spazio sulle colonne del giornale “Il Manifesto”, detestano la sinistra che scommette su quelle lotte popolari che mirano alla riconquista di spazi di autonomia e sovranità, praticando il “delinking”. Ma così facendo diventano l’ala sinistra del globalismo capitalistico.

 

ARTICOLI

 

Don Ciotti: “La politica si metta al servizio della società (civile)” intervista a don Luigi Ciottidi Giacomo Russo Spena
Dal ruolo del Papa alla battaglia per il “reddito di dignità”, dal contrasto alla povertà all’importanza della nostra Costituzione. Una conversazione con il fondatore di “Libera” che ha appena lanciato “Numeri Pari”, una rete di associazioni che si batte per la giustizia sociale: “Le disuguaglianze vanno combattute sia sotto il profilo etico, perché umiliano la pari dignità delle persone, sia pratico, perché disgregano la coesione sociale e il senso di comunità”.

 

Per il lavoro, con i tassisti contro Uber di Alessandro Somma
Un conflitto tra il vecchio che difende i suoi privilegi, e il nuovo che avanza verso un futuro radioso: così è stata rappresentata la lotta dei tassisti contro le norme a favore di Uber. Mai come in questo caso, però, le semplificazioni sono l’anticamera delle menzogna, qui amplificata da complessi tecnicismi.

 

“Gli ‘eredi’ di Pannella ci vogliono sfrattare” di Carlo Troilo
Guidati da Maurizio Turco, leader del “Partito Radicale Non violento Transnazionale e Transpartito” – PRNVTT, vogliono cacciare Radicali Italiani e Associazione Luca Coscioni dalla storica sede di via di Torre Argentina, portando alle estreme conseguenze lo scontro verificatosi all’ultimo congresso.

“The Great Wall” di Zhang Yimou di Giona A. Nazzaro
Con “The Great Wall”  – successo enorme in Cina, fallimento al botteghino Usa – Zhang Yimou, cineasta di regime, si piega senza colpo ferire a quella che lo sguardo ufficiale cinese ritiene essere l’estetica dello spettacolo digitale globale.

“Fermare l’occupazione per salvare Israele” di Fulvio Scaglione
“Temiamo la scomparsa del carattere democratico dello Stato”. Parla il professor Daniel Bar Tal, eminente psicologo israeliano che, dopo aver scritto libri sulla psicologia della guerra, ha lanciato una campagna a cui hanno aderito già 500 tra scrittori, scienziati, diplomatici e artisti israeliani per far capire che l’occupazione delle terre palestinesi fa male anche agli israeliani e cambia la natura del loro Paese.

Concorrenza fra partiti e sistema elettorale di Guido Ortona
Un buon funzionamento della democrazia implica che la concorrenza fra i partiti politici venga adeguatamente promossa (se insufficiente) e tutelata. Condizione necessaria per ciò è che il sistema sia proporzionale. Un’eventuale soglia di sbarramento deve essere molto bassa, e un premio di maggioranza è quasi sicuramente dannoso.

L’AFRICA DEL DUCE. I Crimini Fascisti in Africa di Antonella Randazzo

Antonella Randazzo

L’AFRICA DEL DUCE
I crimini fascisti in Africa

Ed. Arterigere – Pagg. 365

Il libro ripercorre, dall’avvento del fascismo fino alla caduta di Mussolini, gli eventi più significativi del colonialismo fascista, attraverso documenti ufficiali, lettere, quotidiani e altre pubblicazioni dell’epoca. L’Istituto Luce si curò di mostrare soltanto gli aspetti piacevoli e rassicuranti di ciò che accadeva nelle colonie: soldati che aiutavano i bambini, che costruivano strade, ascari incolonnati che facevano il saluto fascista o che ammiravano le opere del genio italiano. Non furono mostrate le terribili immagini dei morti, delle operazioni di bombardamento con i gas, oppure i campi di prigionia. Tutto apparì agli italiani come un’avventura utile, una missione di “civiltà”. I retroscena furono nascosti e sarà difficile portarli alla luce anche dopo molto tempo.
Come nella propaganda di oggi, i soldati italiani apparivano buoni e altruisti, in “missione di pace e civilizzazione”.
Le foto di ciò che realmente accadeva durante la guerra in Etiopia furono fatte circolare soltanto dopo il conflitto. Non erano foto del Luce, ma di soldati e di giornalisti stranieri. In queste foto si videro immagini agghiaccianti: corpi sventrati, bambini mutilati, la testa mozzata del degiac Hailù Chebbedé esposta sulle piazze di Socotà e Quoram, e altre atrocità commesse dai soldati italiani. I bombardamenti terribili con gas tossici avevano sterminato intere tribù, ma nulla si sapeva in Italia.
Il nazifascismo fu uno dei volti del potere del gruppo egemone, un volto che si era espresso così ferocemente, fino a quel momento, soltanto fuori dall’Europa, nelle terre considerate di nessuno, dove si poteva saccheggiare e sfruttare impunemente. Dove i crimini più terribili non venivano nemmeno conosciuti e la vita delle persone non valeva nulla.
Questo libro permette di capire profondamente le dinamiche distruttive proprie del colonialismo, e i metodi di dominio sui popoli.
E’ una pubblicazione che parla di fatti del passato, ma che apre la mente alla comprensione dei metodi distruttivi utilizzati anche oggi nel Terzo Mondo.
Oggi, dopo più di sessant’anni, il problema del colonialismo è ancora tragicamente aperto. Dopo i recenti fatti riguardanti la Libia, si può dire che il neocolonialismo occidentale è ancora una tragica realtà, e continua a produrre sofferenza e morte. Analoghi a quelli del passato sono i tentativi di far credere nella missione filantropica e democratica delle autorità occidentali.
Le tecniche di dominio diventano sempre più sofisticate, in virtù del progresso scientifico e tecnologico, ma le motivazioni rimangono tragicamente le stesse.

INDICE

INTRODUZIONE……………………………………………….7

CAPITOLO I – Dallo Stato liberale al fascismo……..21

CAPITOLO II – Il duce e la politica estera…………..73

CAPITOLO III – La pacificazione della Libia………107

CAPITOLO IV – Le guerre in Somalia……………….147

CAPITOLO V – La costruzione dell’Impero……….163

CAPITOLO VI – L’Apartheid di Mussolini…………235

CAPITOLO VII- La caduta del fascismo e la perdita delle colonie..269

CONCLUSIONI…………………………………………….307

DOCUMENTI………………………………………………317

BIBLIOGRAFIA…………………………………………..357

INTRODUZIONE

Ancora oggi, dopo più di sessant’anni, esistono diversi luoghi comuni sul periodo coloniale e sul periodo fascista, che non trovano alcun riscontro nella realtà storica dei fatti. Ad esempio, molti italiani abbracciano ancora il punto di vista proposto, dopo l’armistizio, da monsignor Domenico Tardini, che in un promemoria destinato agli americani sosteneva che gli errori di Mussolini erano iniziati alleandosi con la Germania di Hitler. Secondo Tardini, l’alleanza con la Germania aveva allontanato Mussolini dalla tradizione italiana e della Chiesa. Il duce “agendo di testa sua” era stato indotto ad entrare in guerra. Le argomentazioni di Tardini omettono e negano una serie di fatti storici ormai accertati e documentati. Il regime fascista aveva già portato l’Italia alla rovina (prima ancora dell’alleanza con Hitler) con la sua politica economica da saccheggio e con la guerra d’Etiopia. Tardini non fa emergere il carattere violento e bellico dell’ideologia fascista, che spinse Mussolini, appoggiato dai suoi complici e dal re, prima ad avvicinarsi ai paesi imperialistici, che vedeva come i più forti, e poi ad entrare in guerra al loro fianco presagendo una vittoria eclatante e vantaggiosa. Non era stato soltanto Mussolini a volere la guerra, ma tutti i fascisti (industriali, banchieri, agrari e parte del popolo) e anche il re, lo testimoniano parecchi documenti e giornali dell’epoca che inneggiavano alla “guerra lampo”. Un altro elemento che confuta l’idea di Tardini è l’aggressione brutale che Mussolini aveva già attuato contro l’Etiopia. In Etiopia era stata praticata una politica imperialistica e violenta, che era la natura stessa del fascismo, da cui derivò l’avvicinarsi a Hitler. Quindi, l’imperialismo e la scelta della guerra erano già insite nella politica espansionistica del duce e non furono affatto dovute all’imposizione o all’influenza di Hitler.
La tesi di Tardini, pur essendo del tutto errata, è ancora presente nella coscienza degli italiani, anche per i fatti successivi all’armistizio, cioè il voltafaccia del re e l’arresto di Mussolini. Questi fatti spinsero molti a prendere le distanze dal duce e a cercare delle giustificazioni, dato che fino a poco prima si erano dichiarati suoi devoti sostenitori. Si affermò così il mito del duce che era stato traviato dal diabolico Hitler.
Ma la verità, sempre più dura e spiacevole dell’illusione, è che il regime fascista fu un sistema politico-economico criminale, sostenuto attivamente da molti italiani.
Questo libro tratta dei crimini commessi nelle colonie africane, parecchi crimini, che possono competere con la cattiveria e la criminalità di Hitler.
Il colonialismo italiano è una parte di storia poco conosciuta, soprattutto perché per molti anni si è attuato un vero e proprio insabbiamento degli eventi più crudeli. I motivi dell’insabbiamento istituzionale e politico sono dovuti a diversi fattori, politici ed economici. L’Italia intraprese il percorso coloniale senza una razionalità ben precisa, motivata da ragioni legate al periodo storico, cioè dal prestigio e dal desiderio di imporsi come grande potenza europea. L’impresa coloniale non è stata un affare conveniente per il paese (sia nel periodo liberale che fascista), e richiese un costo molto alto, sia economico che di vite umane (italiane ma soprattutto africane). Un altro motivo dell’oblio è che il colonialismo non fu una parte di storia per noi onorevole. Abbiamo anche noi, come gli altri paesi europei, seguito la logica del profitto e della sopraffazione, con la pretesa assurda di rimanere comunque ‘brava gente’. In Italia si è affermato un altro luogo comune non suffragato dai fatti: che avessimo realizzato nelle nostre colonie una sorta di ‘colonialismo buono e quasi pacifico’. Nel periodo coloniale, e anche successivamente, si diffuse l’idea che la nostra indole di persone socievoli e cordiali si fosse manifestata anche in ambito coloniale, e avessimo realizzato una sorta di paradiso per gli indigeni. Ma non andò così. Il potere coloniale italiano inflisse agli indigeni ogni sorta di violenza e sopruso: dalla deportazione alla giustizia sommaria, dall’espropriazione delle terre alla decimazione del bestiame, dal lavoro forzato alla segregazione razziale. Le repressioni, il razzismo e le espropriazioni erano già ampiamente praticati anche nel periodo liberale, ma sotto il fascismo si ebbero diverse leggi che autorizzarono la segregazione razziale, e una serie di provvedimenti che per gli indigeni equivalevano alla morte o alla miseria. Il fascismo impedì con ogni mezzo la formazione di una borghesia indigena, non permise agli indigeni di acquisire conoscenze, se non quelle basilari e rudimentali, e li estromise da tutte le posizioni di potere, rendendoli esclusivamente sudditi, completamente sottomessi al potere italiano.
L’uso dei gas mortali fu per molto tempo negato. Mussolini cercò di cancellarne le tracce documentarie, e anche dopo la sua caduta era difficile parlarne senza essere accusati di calunnia o di avere poco rispetto per le forze armate.
Anche negli anni ’60 le documentazioni sulle guerre coloniali omisero parecchi elementi e non mirarono a fare chiarezza sui fatti. Ad esempio, un libro di Vincenzo Lioy sulle operazioni dell’Aeronautica in Eritrea e in Libia, pubblicato nel 1964 dal “Comitato per la documentazione dell’opera dell’Italia in Africa”, non spiega e non chiarisce la lotta della resistenza libica, limitandosi a parlare di “ribelli”, proprio come si faceva durante il fascismo per nascondere che il popolo libico non voleva il dominio italiano. Sotto il fascismo la propaganda si prodigò a diffondere l’idea che gli indigeni delle colonie si sottomettessero con entusiasmo alla superiore civiltà italiana, ricevendo non pochi benefici. Negli anni ’60 ormai si poteva conoscere la verità storica. Tuttavia, Lioy non cita nemmeno l’uso dei gas, pur avendo a disposizione documenti e telegrammi che lo testimoniavano inconfutabilmente. Ammettere l’esistenza di un popolo che rifiutava il dominio italiano, come avverte Salerno, equivaleva ad ammettere che la terribile repressione attuata dal governo fascista era diretta a tutto il popolo libico, cioè “riconoscere che in molti casi, forse nella maggioranza dei casi, gli aviatori italiani gettarono le loro bombe su concentramenti di civili e non, invece, su gruppi di soli armati”. (1)
Negli anni ’70 il presidente libico Muhammar Gheddafi parlava di gravi crimini commessi dall’Italia contro i libici. Quello che raccontava, cioè l’uso dei gas, le uccisioni arbitrarie, il genocidio della popolazione del Gebel e i campi di concentramento, apparvero come esagerazioni. L’Italia non aveva conoscenza dei veri fatti accaduti e conservava ancora le notizie date dalla propaganda, cioè notizie di “lavoro italiano”, di miglioramento della situazione delle colonie e di fiere coloniali in cui venivano mostrati soltanto gli aspetti commerciali e superficiali della situazione nelle colonie. Ma alcuni autori, come Eric Salerno, Angelo Del Boca o Giorgio Rochat, fecero studi approfonditi e trovarono telegrammi, documenti e lettere che testimoniavano che in Libia erano avvenuti fatti criminali gravissimi. La “missione civilizzatrice” e le belle immagini del “lavoro italiano” avevano nascosto il genocidio del popolo libico, attuato soprattutto per fare spazio ai coloni italiani.
Per realizzare i suoi obiettivi Mussolini si valse di collaboratori che condivisero con lui completamente i disegni criminali, e a volte lo superarono in crudeltà. Uno di questi fu il Maresciallo Rodolfo Graziani, che nel 1937 attuò in Etiopia una repressione senza limiti di crudeltà. Fu troppo persino per il duce, che volendo migliorare l’immagine del fascismo, decise di sostituirlo con il più mite Duca D’Aosta.
Mussolini si occupò di reprimere definitivamente la lotta partigiana in Libia, e poté sperimentare la potenza dell’Aviazione italiana contro la popolazione inerme, su cui fece gettare una grande quantità di gas mortali.
La propaganda fascista parlava di gruppi fanatici e bande criminali che venivano sconfitti dalla civiltà evoluta dell’Italia, che portava pace e benessere ovunque.
Si arrivò a comandare agli aviatori di bombardare ovunque vedessero qualcosa che si muoveva nei luoghi non soggetti al dominio italiano. Lo scopo era quello di terrorizzare la gente, per indurla alla totale sottomissione. Un altro scopo era quello di studiare attentamente gli effetti dei gas sulla popolazione. Uno dei tanti protagonisti, l’aviatore Vincenzo Biani, nel suo libro “Ali sul deserto”, scrisse:

“Gli occhi degli aviatori, raccolta la visione dello spettacolo, riprendevano la fissità scrutatrice della indagine fredda, quando si trattava di guidare di nuovo la propria macchina sul folto della massa nemica.
(…) Una carovana di un centinaio di cammelli, terrorizzati dalle prime esplosioni, si erano allontanati in gran fretta, dondolando sulle groppe i loro carichi malfermi, ma due Romeo, che li avevano visti, volsero da quella parte.
Il primo passo sputando addosso alle bestie una spruzzata di pallottole che nella maggior parte andarono a vuoto, poi l’Arma s’incantò e non volle più saperne di sparare.
Il pilota si arrampicò per aria lasciando libero il campo al compagno che sopraggiungeva, rasente a terra, dalla coda verso la testa della carovana, mettendo a segno un intero caricatore sui fianchi dei cammelli.
Molti stramazzarono a terra, scoprendo i ventri obesi e annaspando nell’aria con le zampe lunghissime, unico mezzo a loro disposizione per dire che erano dispiacenti di morire. Ma nessuno li compianse.
(…) Una volta furono adoperate alcune bombe ad iprite, abbandonate dal tempo di guerra in un vecchio magazzino ed esse produssero un effetto così sorprendente che i bersagliati si precipitarono a depositare le armi”. (2)

Gli appelli delle comunità islamiche a denuncia dei crimini che l’Italia stava attuando non servirono a nulla. Eppure erano appelli chiari e ben documentati. Uno di essi, ad esempio, diceva:

“La gente ha appreso che l’Italia ha diretto ottantamila arabi del Gebel el Akdar e li ha posti nel deserto di Sirte togliendo loro i propri terreni col pretesto di volerli colonizzare per mezzo degli italiani i quali sanno fare meglio degli arabi. Il mondo ha appreso che l’esercito italiano ha occupato Cufra ed ha ucciso una quantità di arabi che difendevano il proprio paese. (…) La storia dell’umanità, anzi la storia dei barbari, non ha mai registrato fin adesso maggiori atrocità né più vili, né più selvagge di quanto hanno fatto, questa volta, gli italiani in Tripolitania e nella Cirenaica.
(…) Gli italiani si sono incamminati verso Cufra preceduti dagli aeroplani i quali incominciarono a lanciare bombe sulle abitazioni uccidendo gran numero di donne, bambini e vecchi. Quando poi gli italiani hanno occupato Cufra estenuando i disgraziati arabi con la superiorità delle loro armi, hanno permesso il massacro in Cufra per la durata di tre giorni nei quali hanno commesso atti a cui nessuno può pensare.
(…) hanno squarciato il ventre delle donne (…). Della popolazione di Cufra furono uccisi in combattimento duecento martiri mentre essi difendevano le loro abitazioni e il loro onore.” (3)

L’Italia del fascismo era un’Italia repressa duramente dalle leggi fasciste, un’Italia che sempre più veniva soggiogata dall’unico punto di vista fascista, nell’incapacità di capire le tante insidie della propaganda. Il re e la Chiesa si mostravano sempre più entusiasti del fascismo e delle sue politiche coloniali.
Il re, grazie a Mussolini, avrà la Corona imperiale, mentre la Chiesa, oltre ai vantaggi dei Patti Lateranensi, avrà la garanzia di vedere tutelati i suoi interessi economici. Il Banco di Roma, come altre banche e imprese, sarà protagonista di prima grandezza nelle vicende coloniali italiane. La spinta delle banche e delle imprese è stata sempre molto forte nell’appoggiare le guerre coloniali, era stato così anche per la guerra italo-turca di conquista della Libia, nel 1911-1912, così sarà anche per la guerra etiopica. Nel mondo capitalistico italiano erano molti i settori, ad esempio quello armatoriale, quello cantieristico o navale, che traevano enormi profitti dalle vicende coloniali.
Caratteristiche proprie del colonialismo fascista furono la massiccia propaganda e la rigida censura, che crearono consensi e nascosero gli aspetti più terribili dei fatti coloniali, impedendo denunce e indignazioni, che furono presenti nel periodo liberale. Nel fascismo la guerra all’Etiopia venne propagandata come una guerra nazionale, che avrebbe permesso all’Italia di salire un primo scalino per riaffermare la sua antica grandezza. Mussolini, attraverso l’aggressione all’Etiopia, tenterà di sollevare le sorti di un paese economicamente distrutto, in cui la gente iniziava ad accorgersi che il fascismo non era dalla parte delle persone comuni, e in cui molti giovani erano disoccupati e annoiati dalle restrizioni del regime. La guerra d’Etiopia permetterà a tutti di sentirsi protagonisti. Scrisse Indro Montanelli:

“Ognuno voleva passare alla Storia come il conquistatore di qualcosa: Starace fece il diavolo a quattro per entrare per primo a Gondàr. E Badoglio ebbe il suo daffare per tenere in freno iniziative spericolate e per dirimere gelosie e rivalità. Per la marcia su Addis Abeba, dopo l’ultima conclusiva battaglia, si dovettero contingentare i posti d’imbarco sugli automezzi della colonna: volevano andarci tutti.
(…) Non era un’altra Italia che nasceva in Abissinia, ma la stessa Italia, coi suoi gerarchi, i suoi uggiosi rituali, la sua jungla di regolamenti contraddittori, le sue clientele, le sue fazioni.” (4)

Non erano pochi quelli che sapevano, ma per molti anni anche i protagonisti della guerra d’Etiopia negarono la crudeltà praticata nelle colonie. Del resto, anche altri crimini del fascismo apparivano inesistenti. Il mondo intero osannò il governo antidemocratico e repressivo del fascismo. Ad esempio, nell’America del 1932, un sondaggio che chiedeva chi è “il più grande uomo del mondo” vide vincitore Mussolini, e il “New York Times” lo definì “l’uomo di Stato più chiaroveggente del momento”. Negli anni ’30, nessuno più si ricordava o diceva come quel governo era salito al potere.
Il nazifascismo fu uno dei volti del potere capitalistico, un volto che si era espresso così ferocemente, fino a quel momento, soltanto fuori dall’Europa, nelle terre considerate di nessuno, dove si poteva saccheggiare e sfruttare impunemente. Dove i crimini più terribili non venivano nemmeno conosciuti e la vita delle persone non valeva nulla. Lo studioso Ali A. Dawi fa notare come alcune caratteristiche del diritto internazionale hanno permesso che il colonialismo fosse legale:

“Il diritto internazionale tradizionale, di origine europea, è largamente fondato sulla distinzione tra le nazioni civilizzate (europee) e quelle che non lo sono (non-europee). Questo diritto riserva alle prime i benefici del ‘diritto pubblico europeo’ e consacra il loro diritto di porre le seconde sotto la dominazione coloniale. Inoltre, il diritto internazionale e coloniale non costituiva altro se non delle regole adottate dagli Stati colonialisti per limitare la loro competizione coloniale. D’altro canto, il diritto interno dello Stato colonizzatore non può, evidentemente, arbitrare i propri rapporti con il paese colonizzato. In effetti, questo diritto non è che l’espressione della forza bruta del vincitore”. (5)

Fino a quando una cultura si sentirà superiore alle altre avverrà una sorta di “dualismo morale”, che farà coesistere due aspetti contrastanti: quello del rispetto della persona umana e dei suoi diritti nello Stato di Diritto, e quello delle persone appartenenti ad altre terre, considerate inferiori e, quindi, devono sottostare alla volontà degli appartenenti alla cultura che ha formulato il diritto stesso, nella doppia legislazione.
Tutte le potenze europee, anche quelle che si dichiarano democratiche, hanno attuato nelle colonie una crudeltà senza limiti, con la giustificazione della presunta superiorità culturale dell’Europa. Solo per fare qualche esempio, gli inglesi massacrarono i mahdisti del Sudan, i tedeschi gli Herero in Namibia e i belgi i congolesi.
Mussolini, con la guerra d’Etiopia, suscitò indignazione da parte dell’opinione pubblica inglese perché negli anni ’30 stava emergendo una nuova sensibilità verso le terre non europee. L’opinione pubblica occidentale induceva a pensare che il periodo coloniale, con i suoi crimini e le terribili repressioni, stesse tramontando. Ma così non sarà, e anche dopo la Seconda guerra mondiale avverranno parecchi massacri contro i popoli che lottavano per la loro libertà. Ricordiamo, ad esempio, i Mau Mau del Kenya, che furono considerati dagli inglesi “feroci e selvaggi terroristi” soltanto perché volevano le loro terre, e furono repressi ferocemente fino alla sconfitta. I Mau Mau, alla fine della guerra, avevano ucciso complessivamente 100 inglesi, mentre questi ultimi avevano massacrato e deportato almeno 130.000 indigeni, praticando torture nei campi di concentramento appositamente creati. Anche in Algeria avvenne un genocidio tra il 1954 e il 1961. I francesi, pur di conservare il dominio sulla colonia, uccisero un milione e mezzo di patrioti algerini.
Le potenze europee furono ambigue e di fatto condiscendenti verso la ferocia coloniale dell’Italia fascista, e dopo la Seconda guerra mondiale i vincitori aiutarono l’Italia a insabbiare i crimini commessi contro l’Etiopia. Non potevano certo permettere che un paese africano istituisse una Norimberga contro un paese europeo, altrimenti quante Norimberga avrebbero potuto essere istituite per i crimini commessi in Africa!
La violenza espressa dal regime fascista era stata accettata e ritenuta utile: il cosiddetto “biennio rosso” aveva terrorizzato l’intera Europa dei privilegi, e aveva spinto le autorità ad accogliere con favore sistemi politici rigidi e autoritari, in cui il potere era concentrato nelle mani di poche persone. Si crearono stretti legami, sin dai primi attacchi squadristi, fra industriali incattiviti dai continui scioperi, imprenditori agricoli e fascisti.

L’appoggio del potere economico capitalistico fu dato a Mussolini, così come a Hitler, e quest’ultimo seguì tutti i passi già fatti dal primo per realizzare un sistema di potere analogo, che permettesse l’egemonia assoluta della classe che deteneva il potere economico-finanziario-industriale. Quando Hitler ebbe il potere, la politica finanziaria ed economica era già tutta stabilita e il führer non la modificò affatto. Il quadro era stato posto dalla Reichsverband, che era l’Associazione degli industriali tedeschi, successivamente diventata Wirtschaftslenkung, “imprese private guidate”, ma, al contrario di ciò che si faceva intendere, non era lo Stato a guidare le imprese ma erano le imprese ad avere il potere statale. Queste associazioni non furono create da Hitler, e i programmi finanziari ed economici furono stilati da persone di alto livello nella preparazione finanziaria: da grandi banchieri e da industriali.
Il 14 Febbraio del 1929, papa Pio XI, felice per la firma dei Patti Lateranensi, in un discorso all’Università Cattolica di Milano, così parlava di Mussolini: “Siamo stati nobilmente, abbondantemente assecondati dall’altra parte. E forse occorreva un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare”.(6)
Mussolini era stato l’uomo della Provvidenza anche per gli industriali, che il 7 Marzo del 1920, al Congresso della Confindustria, approvarono un documento in cui si affermava che: “Il Congresso fa voti per un indirizzo di governo che realizzi la disciplina nel potere. (…) Porti alla direzione dello Stato uomini e metodi nuovi”. In Mussolini videro uno di questi “nuovi” uomini. Fin dall’inizio il fascismo fu improntato alla sopraffazione e all’ideologia della prevalenza del più forte. I metodi violenti si imposero prima della Marcia su Roma, e il 28 Ottobre del 1922 il fascismo, come in una grande manifestazione propagandistica, ottenne una legalità che non ebbe mai nella sostanza.
In politica internazionale il fascismo non poteva che abbracciare un nazionalismo ad oltranza, e dopo la proclamazione dell’impero prese inizio un percorso atto a riscattare il malcontento nazionalista del primo dopoguerra. La sete di potere di un esiguo gruppo era insita al fascismo e, insieme al mito della forza, ne rappresentò la caratteristica essenziale.
Con le conquiste africane affiorò in Mussolini lo spettro della mescolanza delle razze e la paura che gli indigeni coloniali potessero pretendere l’uguaglianza con gli italiani. Da queste paure derivò una legislazione volta a rassicurare il duce e i gerarchi fascisti che la superiorità della razza italiana si sarebbe imposta sulla nera, e che le due razze sarebbero state tenute separate e distinte in difesa dell'”orgoglio di razza” del dominante.
Nel periodo liberale l’Italia non era stata meno crudele con gli indigeni coloniali: identica era la sete di conquista, il saccheggio delle ricchezze e lo sfruttamento della manodopera. Tuttavia, il duce attuò un vero e proprio “apartheid”, progettato da scienziati di regime che teorizzarono “l’ibridismo” come un pericolo per la supremazia del bianco. Le leggi razziali del fascismo furono approvate a partire dal 1937, e non furono dirette soltanto contro gli ebrei, ma riguardarono soprattutto indigeni e zingari.
Il libro ripercorre, dall’avvento del fascismo fino alla caduta di Mussolini, gli eventi più significativi del colonialismo fascista, attraverso documenti ufficiali, lettere, quotidiani e altre pubblicazioni dell’epoca.
Oggi, dopo più di sessant’anni, il problema del colonialismo italiano è ancora tragicamente aperto. La Libia non ha ottenuto nemmeno che venissero rispettate le minime richieste, cioè che venissero aiutati a sminare i campi riempiti da mine durante la Seconda guerra mondiale, e conoscere il destino delle persone libiche deportate nelle isole italiane di Ponza, Ustica, Favignana e Tremiti, di cui non si è saputo più nulla. Secondo alcune stime le mine terrestri erano circa 10 milioni, molte delle quali hanno già prodotto gravi incidenti, nella maggior parte dei casi a bambini. I libici chiedono all’Italia di risarcire le vittime delle mine e di ottenere le mappe necessarie allo sminamento.
L’Italia non ha mai chiaramente e approfonditamente fatto i conti col passato coloniale, e la perdita di tutte le colonie dopo la Seconda guerra mondiale fece si che quel passato venisse considerato già concluso, senza bisogno di capirlo e di rigettarlo in modo critico e cosciente.
Un sintomo di rimozione immediata senza conoscenza critica è il divieto di proiettare nelle sale italiane il film “Il Leone del deserto”, che rappresenta alcuni tragici episodi della resistenza libica e della lotta di Omar el-Mukhtàr, il capo eroico fatto impiccare da Graziani nel lager di Soluch.
Anche l’inchiesta televisiva “Fascist Legaci” di Ken Kirby e Michael Palumbo sui crimini di guerra italiani in Africa e nei Balcani non è mai apparsa sugli schermi della televisione di Stato, nonostante la Rai-Tv avesse acquistato il filmato diversi anni fa.
Ci chiediamo, con Angelo Del Boca: “A quando i processi postumi ai Badoglio, ai Graziani, ai De Bono, ai Lessona, ai Cortese, ai Maletti e a tutti gli altri responsabili dei genocidi africani rimasti impuniti?”

NOTE

1) Salerno Eric, “Genocidio in Libia”, Manifestolibri, Roma 2005, pp. 57-58
2) Salerno Eric, op. cit., pp. 63-64
3) Salerno Eric, op. cit., pp. 39-40
4) Montanelli Indro, Cervi Mario, “L’Italia Littoria”, Milano 1979, pp. 347-349.
5) Dawi Alì A., “Alcuni aspetti giuridici della colonizzazione italiana della Libia”, in Angelo Del Boca (a cura di), “Le guerre coloniali del fascismo”, Laterza, Roma-Bari, 1991, p. 361.
6) Chabod Federico, “L’Italia Contemporanea 1918/1948”, Einaudi, Torino 1961.

COME ORDINARE IL LIBRO: Per ordinare il libro occorre scrivere all’indirizzo e-mail
nuovaenergia@rocketmail.com
oppure all’indirizzo:
giadamd@libero.it
indicando nome, cognome e indirizzo completo.
Lo pagherete in contrassegno euro 15,00 + 6,50 per contributo imballaggio, spese postali e contrassegno.
Per ordini superiori ai 100 euro le spese sono gratuite.
I dati personali saranno trattati in osservanza della legge 196/2003 sulla “privacy”.

Di Matteo a Cagliari: davanti agli studenti ha presentato il suo libro ”Collusi” da: vistanet.it

di matteo nino librodi Fabio Lapenna
Mafia e rapporti con il Potere. La giornata cagliaritana di Antonino Di Matteo, Sostituto Procuratore Antimafia della Procura di Palermo si è spesa fra l’incontro con gli studenti della mattina all’Auditorium del Conservatorio di Cagliari e l’aula magna della Cittadella Universitaria di Monserrato con un obiettivo: quello di non pensare a Cosa Nostra come un’accolita di violenti e rozzi personaggi, ma come delle menti pensanti, con una strategia e un ricercato rapporto di convivenza con la politica, con l’impresa, con le Istituzione in senso lato.
“Sappiamo tutto sui delitti di Cogne, di Garlasco, persino le più private abitudini dei protagonisti di alcuni fatti di cronaca e conosciamo superficialmente gli aspetti del sistema mafioso, che invece condizionano le nostre vite, il nostro sistema democratico, la nostra libertà”, puntualizza Di Matteo. Nella sala tutti ascoltano, con attenzione e qualche brivido, le parole del procuratore che da decine di anni lotta in trincea contro Cosa Nostra, dal posto che fu di Giovanni Falcone, troppo spesso lontano dai riflettori. E legge gli estratti delle sentenze definitive, attraverso le quali ci ricorda che Giulio Andreotti, sette volte Presidente del Consiglio “intratteneva rapporti amichevoli e di fiducia con i boss di Cosa Nostra”, e con i quali, almeno fino al 1980 questi rapporti erano, per la Cassazione, diretti e non secondari. “Ma anche Silvio Berlusconi – prosegue il magistrato – viene citato nelle sentenze della Cassazione, con Marcello Dell’Utri, l’uomo attraverso il quale il Cavaliere dal 1974 al 1992, gli anni in cui Cosa Nostra ha mostrato la sua faccia più violenta, intratteneva rapporti con Cosa Nostra e ne ‘approvvigionava’ le casse”.
“L’attenzione della parte sana della società”, ha continuato Di Matteo, “non deve fermarsi all’ala ‘militare’ e violenta della mafia. Ogni volta che il processo riguarda la parte violenta di Cosa Nostra, gli attestati di stima del mondo politico arrivano da destra e da sinistra”.
Diverso il discorso quando si cerca di andare più a fondo: “Una volta, interrogando un collaboratore di giustizia, mi disse che Riina diceva sempre che senza i rapporti col potere, i mafiosi sarebbero stati degli sciacalli e sarebbero stati facilmente sconfitti. Prendiamo l’indagine sulla trattativa Stato-Mafia. Intercettammo, fra gli altri, alcune conversazioni di natura non penale fra Mancino e Napolitano, e proprio per questo le archiviammo, senza che queste, tra l’altro, venissero pubblicate da alcun giornale. In questo caso, dalla politica le critiche furono aspre e il Quirinale sollevò un problema di conflitto di attribuzione. In casi analoghi, di intercettazione del Presidente, ma riguardanti indagini diverse dai rapporti fra lo Stato e la mafia, la stessa questione non fu sollevata, nonostante ci fu anche la pubblicazione delle intercettazioni stesse. Questa disparità fa pensare”. Ed è proprio di questo che parla il libro presentato in aula magna a Monserrato. Si intitola “Collusi” ed è scritto a quattro mani con il giornalista Salvo Palazzolo. Le parole di Di Matteo di oggi erano piene di passione per il proprio mestiere e per la legalità; un coinvolgimento che lo spinge a mettere in pericolo la propria vita pur di raggiungere ciò che sembra irraggiungibile. Questo traspariva dal tono della voce del giudice, dal silenzio delle persone che lo ascoltano attente, spaventate, ammirate, e dagli applausi sinceri che più volte lo hanno interrotto durante il dibattito di oggi.

Tratto da: vistanet.it

micromega newsletter da: micromega.net

PRIMO PIANO

Caro Michele, il nostro ‘no no no’ è costruttivo,
il tuo ‘sì sì sì’ è una resa alla destra
di Alessandro Robecchi
Alessandro Robecchi replica all’articolo di Michele Serra su ‘Repubblica’: “Come può uno sconfitto al referendum, Giuliano Pisapia, unire i vincitori per sostenere un ipotetico governo del capo degli sconfitti? Con la ‘proposta Pisapia’ si chiede alla sinistra di sostenere la destra sbrigativa, decisionista e a-ideologica di Renzi, che in tre anni ha fatto di tutto per aumentare le diseguaglianze, e non per ridurle o attenuarle. No, grazie”.
Il mistero dell’intervista scomparsa
 di Franco Cordero
Perché chiedere un’intervista a uno dei più prestigiosi giuristi europei (di cui sono stranote le posizioni politiche e lo stile comunicativo) per poi non pubblicarla? Perché comportarsi in modo così offensivo verso uno degli intellettuali italiani più stimati e rispettati (anche dai suoi avversari) per la qualità, il rigore, l’indipendenza del suo lavoro? Un episodio che riempie di amarezza e incredulità.
Lettera aperta ai 5 Stelle: elezioni subito, ma con quale governo?
Attenti alle trappole dell’inciucio partitocratico

di Paolo Flores d’Arcais
Un governo Rodotà/Zagrebelsky di coerenza costituzionale, da voi proposto, renderebbe più difficile all’establishment, sconfitto al referendum, un mega inciucio che vi escluda dalla possibilità di governare nella prossima legislatura. SCIENZA – LA MELA DI NEWTON  Giovani ricercatori: una vita sempre più dura di Olmo Viola
Costretti in un’arena competitiva spietata e stressante, i giovani ricercatori sono indotti a elaborare progetti di ricerca “sicuri”, portando la scienza verso un circolo vizioso dove il fine è la pubblicazione di per sé. I risultati di un’indagine della rivista Nature. FILOSOFIA – IL RASOIO DI OCCAM Contro le donne: violenza e pregiudizio di Giancarlo Galeazzi
La “fine del maschio” e la crescita di complessità della identità femminile chiedono una nuova alleanza fra i due generi sessuali, da impostare secondo un modello personocentrico. ARTICOLI
Le scommesse della post-democrazia di Fausto Pellecchia
Nella crisi della democrazia che stiamo vivendo, la differenza tra destra e sinistra, per segmenti sempre più ampi dell’elettorato, sembra ormai dipendere soltanto dai simboli di partito e dai topoi della retorica comunicativa dei loro leader.  L’analisi del confronto democratico diventa così sempre più simile alla tecnica di valutazione delle scommesse calcistiche.
Draghi: una stretta monetaria per soffocare il populismo di Raro
La Bce ha appena annunciato un primo passo verso il ritiro dall’attività di sostegno ai titoli del debito pubblico portata avanti negli ultimi due anni. Una stretta monetaria concepita per soffocare, in un inasprimento della crisi, quel moto di rifiuto della globalizzazione espresso dalle classi popolari impoverite. Da un dicembre all’altro. Ascesa e caduta di Matteo Renzi di Angelo d’Orsi
Il tentativo renziano di manomissione della Carta, vera e propria restaurazione oligarchica, è fallito miseramente. Vinta la battaglia per il NO, dobbiamo tutti impegnarci per la piena applicazione della Costituzione repubblicana e per la costruzione di un’alternativa seria e credibile.
Il “partito della Costituzione” di Michele Martelli
È desolante il balletto dei partiti in gara per intestarsi e strumentalizzare la vittoria del No. Sembrano non aver capito che non hanno vinto loro, ma la Costituzione, ossia la valanga dei cittadini che hanno detto basta ai tentativi decennali di stravolgerla.BLOG MARIA MANTELLO – Renzi e la sua palla avvelenata
Il popolo sovrano si è riappropriato della sua Costituzione al referendum del 4 dicembre. I cittadini sono andati in massa a votare perché il patto costituzionale democratico non v…ALESSANDRO ROBECCHI – Realtà batte narrazione 60 a 40. E ora è il momento del “Che fare?”
Non è la prima volta che lo dico: farsi convincere dalla propria stessa propaganda è un errore idiota, da comunisti. E si direbbe l’ultima cosa comunista rimasta da queste parti. I…FEDERICO TULLI – Pedofilia: il primato della Chiesa di Bergoglio
«Dati attendibili valutano la pedofilia dentro la Chiesa al livello del 2%», disse papa Bergoglio a Eugenio Scalfari in una famosa intervista pubblicata su Repubblica il 13 luglio …GIORGIO CREMASCHI – La lotta di classe ha salvato la Costituzione
Dilagano le analisi sul referendum, in particolare in rapporto alle differenti collocazioni politiche degli elettori, ma a me il dato che pare più evidente è la ripartizione social…ANTONIA SANI – Papà non è simpatico
Credo che questo accertamento abbia sconvolto i figlioli di Matteo Renzi, avvezzi da mille giorni a vedere la figura dominante del padre su tutte le reti televisive, twitter, faceb…PIERFRANCO PELLIZZETTI – 4 dicembre: un punto di partenza, non di arrivo
Passata la sbornia notturna di giubilo per un risultato che oltrepassa le più rosee previsioni (gli amici sanno che avevo pronosticato una vittoria del NO 54 a 46), bisognerebbe in…DOMENICO GALLO – Quel NO che ha salvato la speranza
Il risultato straordinario del referendum del 4 dicembre segna una svolta nella storia del nostro Paese. Dopo trent’anni di attacco alle regole della democrazia costituzionale da p…PANCHO PARDI – 4 dicembre, un giorno di festa. Ora è tempo di attuare la Costituzione
Oggi è una giornata di festa. Solo dieci anni fa il popolo aveva bocciato la “riforma” costituzionale voluta da Berlusconi, che puntava a un poderoso rafforzamento del governo nei …ROSSELLA GUADAGNINI – Referendum, il popolo italiano ha sconfitto la prepotenza
Davide contro Golia, si può fare. E Davide vince. Sull’arroganza, sull’ignoranza, sulla prepotenza, sulla strafottenza del potere esibito, agitato come una clav…

IN EDICOLA MICROMEGA 8/2016

La sharia in Europa, fondamentalismi e democrazia, la Turchia dopo il golpe: sono i temi del numero 8/2016 di MicroMega da giovedì 17 novembre in edicola, libreria, iPad e ebook. In regalo due volumetti con testi di Giorgio Bocca, Indro Montanelli e Cornelius Castoriadis.

newsletter | 10 dicembre 2016  | micromega.net

newsletter da: micromega.net

Come quella di Berlusconi”
intervista a Armando Spataro di Giacomo Russo Spena
Dopo le barricate per bloccare la riforma del 2006, il noto magistrato è attivo ora nella campagna per il NO e invita tutti a leggere la riforma confrontandola con l’attuale Costituzione: “Chi ha realmente a cuore il bilanciamento costituzionale dei poteri dello Stato, allora, comprenderà le ragioni di un impegno per opporsi alla demolizione di principi e valori irrinunciabili per la nostra storia, per la tutela piena dei diritti dei cittadini e per ogni democrazia”.

Referendum, menzogna contro democrazia di Lorenza Carlassare
Le ragioni del “no” sono persino troppe. Una forte mobilitazione è indispensabile per opporsi a una riforma costituzionale costruita sul falso e sull’inganno – a cominciare dagli obiettivi dichiarati: fine del bicameralismo paritario e iter legislativo semplificato – che cela la sua reale sostanza, antidemocratica e illiberale, con trucchi miserabili.

Lettera a mia figlia elettrice sul perché voterò No di Arturo Primavera
Questa riforma è un vero e proprio passo indietro della democrazia, perché l’esercizio del potere verrà di nuovo concentrato in pochi, anziché maggiormente diffuso tra i molti. E alle poche e chiare parole utilizzate dai Costituenti, si sostituisce una cascata di articoli, di norme, commi, rimandi, di estrema farraginosità e complessità.DON FARINELLA Referendum: il vero interesse di Renzi
MANTELLO
 Il SÌ delle falsità, il NO delle verità
CREMASCHI Il SI può vincere solo giocando sporco e lo sta facendo ARTICOLIRenzi, fenomenologia di un imbonitore di Matteo Pucciarelli
Provinciale, spregiudicato, cinico, carrierista. “Alla fin fine, Renzi (…) assume i tratti fisiognomici dell’arrampicatore sociale”. L’ultimo libro di Pierfranco Pellizzetti ci aiuta a capire “chi è realmente e a che cosa effettivamente mira il tentativo del quale si sta facendo promotore” l’attuale presidente del Consiglio.
CORNAGLIA Matteo, stai sereno

Tina e Maria Elena. Le due Italie al femminile di Angelo d’Orsi
È difficile immaginare due icone contrapposte come queste due donne in politica: sostanza contro apparenza, rigore e cultura contro chiacchiera. Tina Anselmi ha rappresentato al meglio una politica autentica, eticamente fondata, che ci ha portato in dote, con i valori resistenziali, i princìpi fondamentali dello Stato di diritto. Mentre Maria Elena Boschi (figura simbolo del “cambiamento” renziano) lavora in senso uguale e contrario: trasformare la Repubblica da democratica a oligarchica.Arte / Jean Arp, il pescatore di perle di Mariasole Garacci
Una mostra alle Terme di Diocleziano celebra uno tra i maggiori protagonisti della storia dell’arte del XX secolo, esponente del movimento Dada di cui ricorre quest’anno il centenario della fondazione nel 1916.Il suicidio del Psoe sancisce la morte della socialdemocrazia di Steven Forti e Giacomo Russo Spena
Dopo un anno di impasse, e grazie al sostegno dei socialisti, il conservatore Rajoy è stato rieletto premier. Il Psoe – ora a rischio pasokizzazione – ha seguito la linea degli altri partiti gemelli in Europa: abbracciare l’austerity e le larghe intese. All’opposizione resta soltanto Podemos che spera di cavalcare il malcontento.Colombia, dalla guerra alla democrazia? di Emanuele Profumi
Un saggio di Emanuele Profumi ricostruisce la storia di una nazione in guerra da oltre cinquant’anni, e cerca di capire quali siano oggi le reali possibilità per la pace, sfatando i luoghi comuni che la dipingono come il Paese della cocaina o di Pablo Escobar. Ne anticipiamo l’introduzione.A Rio addio laicità: ecco il sindaco evangelico e fondamentalista di Giacomo Russo Spena
Marcelo Crivella, 59 anni, pastore pentecostale e vescovo della Chiesa Universale del Regno di Dio, è il nuovo primo cittadino della città carioca. Difensore della teoria creazionista ed ultraconservatore, parla tranquillamente di teocrazia per il Brasile. A rischio i diritti civili e la secolarizzazione.Le barricate caserecce di Gorino e gli imprenditori politici del razzismo di Annamaria Rivera
Il caso Gorino illustra in modo esemplare come il razzismo popolare sia, in fondo, rancore socializzato: il risentimento per la crisi economica, sociale, identitaria è indirizzato verso capri espiatori, grazie all’opera svolta dai media e dalla politica istituzionale.    BLOGROSSELLA GUADAGNINI – Referendum e tv: par condicio rispettata nella forma non nella sostanza
C’era una volta la regola aurea del 30 per cento: un terzo al governo, un altro alla maggioranza e il rimanente terzo alla minoranza. Bei tempi? Così si direbbe, visto che oggi -a …LORENZO DEL SAVIO E MATTEO MAMELI – Come e perché abbattere le barricate anti-migrazione
Gli abitanti di alcuni paesi italiani si sono opposti all’arrivo di migranti nelle strutture presenti sul loro territorio. È successo altre volte, e non solo in Italia, ma alcuni c…FULVIO SCAGLIONE – Se l’informazione indossa l’elmetto
Non siamo in guerra, per fortuna. Tuttavia siamo in una guerra. Le potenze, e i Paesi che aspirano a diventarlo o non riescono a dimenticare di esserlo stati, si combattono in Siri…CARLO CORNAGLIA – Il bello addormentato nei Boschi
Mentre la battaglia infuria sui casin che Maria Etruria farà con la sua riforma, mentre canta Nessun dorma il toscan tristo messere che vuol sempre più potere, mentre Giorgio Re il…SABINA AMBROGI – Prostituzione minorile dei parioli: la “madre snaturata” e il trionfo del patriarcato
Sei anni per la madre di una delle due ragazze minorenni comprate da uomini maturi nell’appartamento dei Parioli. È la “mamma”, che si iscrive nella categoria tutta italiana e semp…PIERFRANCO PELLIZZETTI – Infrastrutture-gate, corruttori, burocrazie infedeli
L’arresto di Giampiero De Michelis, detto “il Mostro”, e di Domenico Gallo, vulgo “il Diavolo”, rispettivamente il direttore dei lavori e il costruttore in odore di ‘ndrangheta fin…CINZIA SCIUTO – Salvini, le unioni civili e lo Stato di diritto
C’è una legge dello Stato – dunque una norma universale, non applicabile arbitrariamente – che sta mettendo in crisi un partito. La legge in questione è quella sulle unioni civili …ALESSANDRO ROBECCHI – Altro che “cha cha cha”, la segretaria di Caprotti sta ballando il mambo
Ma chi se lo ricorda più Michelino, alias Michele Gramazio, il cantante che nel 1960 conquistava il mondo con il Cha cha cha della segretaria, hit planetario cantato in spagnolo e …IN EDICOLA MICROMEGA 7/2016

newsletter | 7 novembre 2016 | micromega.net

Fonte: www.rifondazione.itAutore: tommaso nencioni Giovane, comunista, cilena. Esce in Italia una raccolta di interventi di Camila Vallejo

Segnaliamo l’uscita di una raccolta di scritti e discorsi della compagna cilena Camila Vallejo, La mia terra fiorita (Castelvecchi 2016). Pubblichiamo la prefazione al volume.
Di cosa ci parla, in queste pagine, Camila Vallejo Dowling, leader del movimento studentesco cileno e attualmente deputata al Parlamento per il Partito comunista cileno e per la coalizione di sinistra Nueva Mayoria? Innanzi tutto, della lotta degli studenti cileni per un sistema educativo più giusto e inclusivo, in un Paese in cui, come apertamente riconosciuto dall’OCSE, l’intero impianto scolastico e universitario è pensato e concretamente architettato per essere posto al servizio di una oligarchia di censo e di potere. Fino dall’epoca della dittatura di Augusto Pinochet la ristrutturazione in senso gerarchico ed elitista del sistema educativo fu individuata dai gruppi dirigenti del Paese andino come uno dei pilastri della propria auto-riproduzione come classe dominante, impermeabile alla mobilità sociale e ai desideri di emancipazione popolare.In un panorama come quello italiano, in cui i mezzi di comunicazione di massa gettano su quanto avviene nel resto del mondo uno sguardo che oscilla tra il distratto, il deliberatamente deformato e il provincialmente ripiegato sulla ricerca forzata di analogie con ciò che si muove nel ristretto ambito della penisola, la riproposizione di questi interventi ha un valore di per sé. Attraverso gli scritti di Camila Vallejo possiamo ripercorrere le tappe di un movimento che ha sconvolto uno dei Paesi-chiave del continente latino-americano, rimesso in moto una stagione politica ingessata e contribuito in maniera forse decisiva alla costituzione di una nuova maggioranza politica che ha insediato di nuovo la socialista Michelle Bachelet alla Presidenza della Repubblica del Cile.
C’è stato un tempo della storia della nostra Repubblica in cui nel Cile ci siamo specchiati. Da una riflessione sui fatti del Cile Enrico Berlinguer fece scaturire la proposta del compromesso storico. E dal golpe in poi tra i due Paesi si è creato un legame che dura tutt’ora, grazie al ruolo giocato sia dai partiti italiani che dalle nostre istituzioni democratiche nella salvezza fisica e nell’accoglienza di centinaia di esuli dalla dittatura. E ancor oggi, attraverso queste pagine di lotta e di analisi , passione e speranza politica, da quanto accaduto in Cile possiamo trarre, se non lezioni, riflessioni utili a comprendere il presente globale.

Ai tempi della belle époque clintoniana e del Washington Consensus ci è stato raccontato un edificante apologo intitolato “globalizzazione”. L’impero del male era caduto, il matrimonio tra democrazia e libero mercato stava abbattendo tutti i muri e tutte le barriere, i benefici delle magnifiche sorti e progressive con un po’ di pazienza sarebbero ricaduti a pioggia su tutte le nazioni e su tutti gli strati sociali. Il conflitto sociale era bandito dalla narrazione ufficiale, e la Democrazia, salvata dai suoi eccessi, aveva davanti a sé un avvenire radioso, dal Baltico alle Ande. Il globo era finalmente libero dalla minaccia del “totalitarismo”, purché gli Stati si fornissero su un solido sistema di argini interni – il “bipartitismo” – ed esterni – le tecnocrazie virtuose insediate ai vertici dei ministeri del Tesoro e delle istituzioni sovranazionali, casta sacerdotale della nuova ortodossia neo-liberale chiamata a vigilare affinché i popoli non tornassero protervamente a “vivere al di sopra delle proprie possibilità”.

L’operazione riuscì perfettamente, ma un po’ all’improvviso, nel 2008, il paziente è morto. E l’autopsia ci ha permesso di ricostruire, a posteriori, tutt’altra storia. Una storia di espropriazioni, concentrazioni inimmaginabili di ricchezze, guerre, disastri ambientali, giganteschi indebitamenti privati e collettivi che facevano da sfondo (nascosto) alla favola bella della globalizzazione. Eppure, per chi lo avesse voluto vedere, proprio nel Cile di Augusto Pinochet il meccanismo della Grande Espropriazione era stato per la prima volta messo in moto. Abbattuto con la violenza il Presidente legittimo Salvador Allende, calarono sulle Ande le schiere dei “Chicago Boys”, gli allievi di Milton Friedman all’Università di Chicago, con il loro bagaglio di ricette neo-liberiste da applicare, per così dire, in vitro, senza le fastidiose interferenze dell’ambiente esterno corrotto dai movimenti sociali, i partiti politici e il ruolo diretto dello Stato nell’economia. Quel progetto che a Santiago (e a Buenos Aires) alla metà degli anni Settanta fu messo in pratica sotto forma di brutale dominio, nei paesi più avanzati giunse sotto forma di (apparentemente) placida egemonia, prima negli Stati Uniti di Reagan e nella Gran Bretagna di Margareth Thatcher, e poi giù per li rami, in varie guise, fin negli angoli più sperduti del globo.

Ed è proprio questa l’asse portante della globalizzazione/espropriazione: l’espansione orizzontale e verticale di ciò che viene sottoposto a “mercato”. Dallo spazio post-sovietico, alla Cina, all’Africa subsahariana, l’economia di mercato ha conquistato lo spazio terrestre in maniera totalitaria, sconvolgendo modi di vita ancestrali, comunità stratificate, ambienti umani e naturali. Ancor più in profondità di quanto aveva fatto la prima rivoluzione industriale, esportata sul dorso delle “mule” dei telai di Manchester, dalle bocche di fuoco delle cannoniere di Sua Maestà Britannica e dalle stive ricolme di schiavi e di spezie sulla rotta del commercio triangolare atlantico. In maniera apparentemente livellatrice, ma in realtà intimamente gerarchica. Costituendo divaricazioni di sviluppo e di ricchezza spaventose tra le zone ricche ed il “Sud globale”, così come recinti di lusso all’interno delle periferie sottosviluppate e sacche di miseria e privazioni fin dentro il cuore stesso dello sviluppo capitalistico. E, allo stesso tempo, “elevando” al rango di “merce” elementi costitutivi della vita in società, come la terra, il lavoro, le cure mediche e, appunto, l’educazione.

La crisi del 2008 ha messo in luce la filigrana dei meccanismi di espropriazione, e nella società, a livello globale, hanno preso l’avvio contro-movimenti emancipatori la cui portata comincia ad apparire sotto gli occhi di tutti. Dalla Wall Street assediata dal movimento Occupy del 99% a Piazza Tahrir, dalle acampadas degli indignados alla nuit debout francese, dalla rivolta di Gezi Park a quella di Piazza Syntagma, la storia si è rimessa in movimento. Il moto di emancipazione delle classi subalterne, privo della solida bussola della centralità del conflitto nella grande fabbrica fordista e della struttura politica che gli aveva dato istituzionalità nel Lungo Novecento, si è ri-strutturato lungo un’asse molteplice.

In questo panorama si inserisce a pieno il movimento studentesco cileno esploso nel 2011. Di fronte all’arroccamento dell’élite tradizionale a difesa di un sistema educativo oligarchico funzionale alla riproduzione del proprio potere e della mercificazione del sapere come una delle tante vie all’espropriazione capitalistica, la mobilitazione guidata da Camila Vallejo ha aperto spazi di riforma democratica del sistema scolastico universitario ed al contempo di cambiamento globale.
Perché non solo di riforma universitaria si parla in queste pagine. È continuo il richiamo di Camila Vallejo alla necessità di ampliare il raggio della protesta, di non isolare il movimento studentesco in una cappa “illuministica” (come Vallejo la definisce), di far comprendere alle altre fasce di popolazione escluse dalla Grande Espropriazione la valenza generale del movimento. E, insieme, è altrettanto continuo il richiamo alla necessità di inserire il movimento all’interno di una più vasta trama di “lotte per il potere” e per il recupero della “sovranità nazionale e popolare”.

È pressante, in questa giovane leader della Federazione degli studenti dell’Universidad de Chile e della Joventud Comunista, la necessità dell’articolazione unitaria del conflitto da un lato e del suo sbocco Politico dell’altra: la ricostruzione di quella che un altro grande pensatore del Sud globale, Ernesto Laclau, ha definito la dialettica tra la dimensione orizzontale dei movimenti sociali e la dimensione verticale della lotta per l’egemonia.

È stata infatti una caratteristica della sinistra nella prima fase della globalizzazione l’accettazione
subalterna della separatezza tra i due momenti in cui si articola della lotta politica. Per cui si è oscillato tra un’esaltazione delle virtù taumaturgiche intrinseche della società civile e dei suoi movimenti cosiddetti single issue da un lato, e l’arroccamento attorno alle Istituzioni della politica tradizionale, che ha reciso ogni legame con conflitto sociale in nome della governabilità. Così se i movimenti – che ignorando la questione del Potere non per questo l’hanno abolita – sono stati facilmente disarticolati dai centri oligarchici attraverso un mix di repressione e cooptazione, i partiti della sinistra storica sono stati travolti dal crollo di quelle stesse istituzioni alle quali si erano abbarbicati.
Nello sforzo di Camila Vallejo e di tutto il movimento cileno, così come di altre esperienze coeve sulla cui portata anche in Italia è più che mai necessario cominciare a riflettere, si possono scorgere un immane tentativo reale di emancipazione e un disegno complessivo di ricostruzione della trama del Politico.

Ancora una volta, a distanza di oltre quaranta anni, una lezione da apprendere da un remoto paese chiamato Cile.

newsletter | 29 ottobre 2016 | micromega.net

Segnati l’appuntamento!

Roma, domenica 13 novembre, Teatro Vittoria, ore 10
LE RAGIONI DEL NO
Con Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, Curzio Maltese, Paolo Flores d’Arcais…

REFERENDUM

Di Matteo: “Parlamento eletto con legge incostituzionale
non è legittimato a modificare la Costituzione”

di Nino Di Matteo
“Altro che cambiare la Costituzione, va applicata senza indugi!”. Il pm antimafia di Palermo denuncia le falsità e le mistificazioni della Renzi-Boschi, una riforma che ha come reale obiettivo quello voluto dalla P2 di Licio Gelli: “favorire il potere esecutivo a scapito del legislativo e del giudiziario” trasformando così la democrazia in una “sorta di dittatura dolce fondata non sulla sovranità popolare ma sul potere oligarchico della finanza e dell’economia”. 

Settis: “Una pessima riforma che non affronta i veri problemi del Paese”
di Salvatore Settis
Ritengo necessario pronunciare un energico “No” alla riforma costituzionale – caratterizzata da numerose storture, improprietà e forzature – voluta da un governo che intanto nulla fa per attuare gli articoli della Costituzione fino a oggi rimasti lettera morta.

Medicina Democratica: le modifiche costituzionali sono atti insalubri  di Medicina Democratica
La legge Boschi e la riforma elettorale hanno lo stesso obiettivo: modificare le basi della Repubblica democratica non per rendere più efficienti le istituzioni ma per introdurre una sorta di “premierato” del Presidente del Consiglio. Una deriva autoritaria che dobbiamo contrastare votando “No”.

ARTICOLI

Il tradimento della sinistra di Sergio Cesaratto
Il necessario recupero delle politiche nazionali d’intervento pubblico come asse della sinistra. È la tesi centrale del volume “La scomparsa della sinistra” di Aldo Barba e Massimo Pivetti (Imprimatur). Un testo prezioso che denuncia limiti ed errori di una sinistra, italiana e non solo, ormai da tempo considerata dai ceti popolari come propria nemica.

Colpevolizzare le vittime. La reazione degli islamisti a un film sui non credenti di Marieme Helie Lucas
La messa in onda sulla tv britannica del film “Islam Non-Believers” (I non credenti dell’Islam) ha provocato le proteste degli integralisti. Proteste che preparano il terreno affinché un’eventuale “reazione” brutale, quella minacciata contro i giovani atei, sia giudicata “legittima” da quelli che dovrebbero essere i nostri alleati, ovvero le organizzazioni di sinistra e quelle in difesa dei diritti umani, sulla base del perverso e pericoloso argomento del “in fondo però se la sono cercata”.

“In Polonia si sono poste le basi per l’instaurazione di uno stato totalitario” intervista a Mateusz Kijowski di Frédéric Schneider
Dal suo arrivo al potere il partito Diritto e giustizia (Pis) mette a dura prova le basi dello stato di diritto, afferma il leader del Comitato per la difesa della democrazia (Kod), che guida le proteste antigovernative e filoeuropee degli ultimi mesi e che ha appena ricevuto dal parlamento europeo il premio Cittadino europeo.   

IN EDICOLA MICROMEGA 7/2016

In edicola l’Almanacco di filosofia di MicroMega
Ritorno alla realtà o fughe metafisiche?” è il titolo del nuovo numero di MicroMega (7/2016) in edicola da giovedì 13 ottobre. Un ricco almanacco di filosofia con interventi di Paolo Flores d’Arcais, Maurizio Ferraris, Graham Harman, Quentin Meillassoux, Markus Gabriel, Alberto Toscano, Gloria Origgi e un inedito di Simone de Beauvoir. In regalo due volumetti con la ristampa di testi di Antonio Tabucchi e Giorgio Prodi.

“Ritorno alla realtà o fughe metafisiche?” è il titolo del nuovo numero di MicroMega (7/2016) in edicola, libreria, su ebook e iPad a partire da giovedì 13 ottobre da: micromega.net

Da oggi in edicola l’Almanacco di filosofia di MicroMega

Dopo la sbornia postmoderna novecentesca, in cui la realtà era scomparsa a tutto vantaggio di un mondo fatto di interpretazioni, infatti, pare sia finalmente tornato di moda in filosofia il realismo. Ma qual è il senso di questa inversione di tendenza rispetto all’antirealismo che ha caratterizzato lo scorso secolo? Dal ‘nuovo’ realismo al realismo ‘speculativo’, infatti, è tutto un affannarsi a definirsi realisti con-qualche-aggettivo, ognuno con una diversa sfumatura. Quanto questo richiamo al realismo rappresenta un autentico ritorno alla realtà e non invece una nuova fuga nella metafisica? Parlare di realismo ‘speculativo’, per esempio, non è già una contraddizione in termini che fa rientrare dalla finestra quel che si era fatto uscire dalla porta?

 

L’Almanacco di filosofia è aperto da uno scambio di lettere fra il direttore di MicroMega, Paolo Flores d’Arcais, e Maurizio Ferraris: si tratta dell’ultimo botta e risposta di una corrispondenza iniziata un paio di anni fa (i primi due scambi sono stati pubblicati sui numeri 2/2015 e 3/2016 di MicroMega), in cui i due filosofi affrontano uno dei nodi principali della loro controversia: la natura della morale, la distinzione fra essere e dover essere.

 

Nella sezione successiva MicroMega propone contributi di Graham Harman e Quentin Meillassoux, due dei maggiori esponenti del realismo speculativo, mentre Markus Gabriel propone il suo realismo neutrale. A porre in discussione la possibilità stessa di un realismo ‘speculativo’ è Alberto Toscano, con un saggio in cui critica le posizioni di Meillassoux utilizzando Lucio Colletti, mentre Gloria Origgi analizza le ingenuità che caratterizzano questo revival realista.

 

Chiude il volume un prezioso inedito: la trascrizione e traduzione per la prima volta in italiano di un’intervista televisiva a Simone de Beauvoir, in cui l’autrice di Il secondo sesso spiega il nesso tra il primato riservato all’esistenza sull’essenza, il suo impegno politico e la sua opzione atea. Questa supremazia del finito, del qui e ora, in cui persino la questione Dio diventa secondaria, fece abbattere la censura religiosa sull’intervista che, registrata nel 1958, andò in onda per la prima volta solo nel 1986, poco dopo la morte di de Beauvoir.

 

Anche con questo numero, per festeggiare i trent’anni della rivista, in regalo due volumetti con la ristampa di testi di Antonio Tabucchi e Giorgio Prodi.

 

IL SOMMARIO

DIA-LOGOS
Paolo Flores d’Arcais / Maurizio Ferraris – Controversia sull’essere. Terzo e quarto scambio: la natura della morale
Sui numeri 2/2015 e 3/2016 di MicroMega sono stati pubblicati i primi due scambi di lettere/saggi fra Paolo Flores d’Arcais e Maurizio Ferraris sul nuovo realismo. Nel primo Flores d’Arcais ha esposto sistematicamente e analiticamente tutte le sue obiezioni al New Realism, sottolineando le divergenze di fondo nella comune istanza ‘realistica’, soprattutto in relazione al rapporto della filosofia con le scienze, la separazione tra scienze e ‘scienze’ sociali, la dicotomia tra essere e dover-essere. Ferraris rispondeva riepilogando i pilastri principali della sua teoria. Nel secondo scambio l’attenzione si è concentrata su uno dei maggiori punti di controversia: lo statuto della scienza e la teoria dei paradigmi di Kuhn. In queste ultime quattro lettere si affronta un altro dei maggiori nodi teorici: la natura della morale, la distinzione fra essere e dover essere. I valori sono dei fatti? E se sì, in che senso? ?E se invece non sono dei fatti, in che rapporto stanno con essi? ?Qual è il ruolo della filosofia? I valori li troviamo nel mondo ?o li creiamo?

ICEBERG – realismo / realismi
Gloria Origgi – Le ingenuità del ‘nuovo’ realismo
Finalmente pare che ci si stia svegliando dal sonno (postmoderno) della ragione – nel quale non esistevano fatti ma solo interpretazioni – per riscoprire la ‘realtà’. Ossia l’acqua calda. Se la storia del ‘nuovo’ realismo finisse qui, non varrebbe neanche la pena parlarne. Però, come tutti i convertiti, i nuovi realisti sono, è proprio il caso di dirlo, più realisti del re, e con l’acqua sporca dell’ermeneutica postmoderna vogliono buttar via anche il bambino, ossia il costruttivismo, non riconoscendo la natura sociale di un sempre maggior numero di oggetti ‘reali’.

Graham Harman – La strada verso gli oggetti
Uno dei fondatori del realismo speculativo ‘orientato agli oggetti’ spiega la differenza tra questo e il materialismo speculativo, divergenza che ruota attorno alla domanda: le cose in sé sono direttamente accessibili all’essere umano? Semplificando, il materialismo speculativo risponde affermativamente a tale quesito, mentre l’ontologia orientata agli oggetti si pronuncia negativamente.

Markus Gabriel – Realismo neutrale
Storicamente il problema del realismo è stato spesso interpretato come un’estensione del problema del mondo esterno. Allo stesso tempo si è affermata l’idea secondo cui il realismo sarebbe appropriato solo a certi domini di realtà, mentre per altri sarebbe invece più adatta una forma di antirealismo. In questo saggio l’autore propone un realismo ‘neutrale’ che rigetta entrambe queste convinzioni in modo da trattare il dibattito intorno al realismo indipendentemente dal dibattito sul naturalismo.

Quentin Meillassoux – Solo la contingenza è assoluta   
È possibile costruire una teoria materialista – o realista – che risponda all’argomento principale dell’idealismo, ossia che non possiamo mai conoscere la ‘cosa in sé’ perché non possiamo mai prescindere dal soggetto che conosce? È questo il tentativo portato avanti dall’autore di Dopo la finitudine, che in questo testo espone le principali tesi della sua spéculation factuale.

Alberto Toscano – Contro il ‘realismo’ speculativo di Meillassoux (a partire da Colletti)
È compatibile il materialismo con la speculazione, inevitabilmente metafisica? È pensabile addirittura un ‘materialismo speculativo’? Sulla scorta di Lucio Colletti – e in particolare della sua distinzione fra Kant ed Hegel – l’autore conduce qui una serrata critica al tentativo di Quentin Meillassoux di conciliare l’inconciliabile.

INEDITO
Simone de Beauvoir in conversazione con Wilfrid Lemoine – Dio è superfluo. Il mio esistenzialismo contro ogni metafisica   
Trent’anni fa moriva Simone de Beauvoir. In questa intervista tradotta per la prima volta in italiano, l’autrice di Il secondo sesso spiega il nesso tra il primato riservato all’esistenza sull’essenza, il suo impegno politico e la sua opzione atea. Questa supremazia del finito, del qui e ora, in cui persino la questione Dio diventa secondaria, fece abbattere la censura religiosa sull’intervista che, registrata nel 1958, andò in onda per la prima volta solo nel 1986, poco dopo la morte di de Beauvoir.

newsletter | 27 settembre 2016 | micromega.net

PRIMO PIANO

La verità sul referendum
di Raniero La Valle
Il referendum è uno svelamento della vera lotta che si sta svolgendo nel mondo e della posta che è in gioco. Votare No per difendere la Costituzione è l’unica speranza per tenere aperta l’alternativa e non dare per compiuto e irreversibile il passaggio dalla libertà della democrazia costituzionale alla schiavitù del mercato globale.

Lorenzin, dimissioni! Contro il “Fertility Day”
di Angelo d’Orsi
La campagna per il “Fertility Day” è una manifestazione di fascismo come non si era mai vista nell’Italia repubblicana. Solo i regimi totalitari pretendono di dettare, in un modo o nell’altro, ai loro cittadini se debbano o meno procreare e come debbano farlo, minacciando sanzioni sociali o censure morali verso chi non si adegua. Il ministro della Salute deve dimettersi.
RUGGERI Il ministro Lorenzin e il “prestigio sociale della maternità”

FILOSOFIA – IL RASOIO DI OCCAM

Carlo Antoni, un filosofo liberista di Francesco Postorino
Pubblichiamo alcuni paragrafi del primo capitolo (dal titolo “Estetica”) del volume “Carlo Antoni. Un filosofo liberista” di Francesco Postorino (Rubbettino editore).
ARTICOLI
La finanza internazionale e la controriforma costituzionale  di Guglielmo Forges Davanzati
Perché Renzi investe tutto il suo capitale politico per una riforma che alla gran parte dei cittadini non interessa? La Renzi-Boschi costituisce uno scambio politico fra questo Governo e la finanza sovranazionale. Gli obiettivi? Un assetto istituzionale più favorevole ai mercati e il salvataggio del sistema bancario italiano, in particolare di MPS.
Un sorriso sarcastico. Caricatura e satira al Museo di Roma  di Mariasole Garacci
C’è ancora tempo fino al 2 ottobre per visitare una divertente e nutrita mostra al Museo di Roma sulla caricatura tra XVII e XIX secolo, che propone una distinzione tra il ritratto caricato di matrice carraccesca e berininiana, ironico ma indulgente, e le vignette politiche dei primi giornali satirici.
Rodotà: “Solo la battaglia per la dignità può salvare la democrazia”  di Simonetta Fiori
Dal lavoro al web, dalla famiglia al fine vita Stefano Rodotà analizza una delle parole chiave della nostra contemporaneità: “Le leggi devono proteggerla, è ciò che ci rende umani”.
Alain Badiou: “Nonni e nipoti salveranno il mondo”  di Anais Ginori
“La promessa di un capitalismo dal volto umano ha fallito. La mia generazione può tramandare l’idea del possibile”. Il filosofo francese va oltre il pessimismo e pubblica un saggio col quale spera di convincere i ragazzi a cercare “la vera vita”, rifiutando “i sentieri tracciati, l’ordine costituito, l’obbedienza cieca”.
La tragedia di Abdelsalam e il lavoro al tempo del Jobs Act  di Domenico Tambasco
La triste vicenda del lavoratore egiziano morto a Piacenza è la plastica rappresentazione del lavoro contemporaneo che, sotto un’ipocrita neolingua, cela un mondo vecchio come “i padroni delle ferriere”, dominato da un crudele darwinismo sociale.
Cattiva scuola, colpa dei genitori o della politica?  di Angelo Cannatà
Il decalogo del preside di Bologna è fuorviante. Sposta l’attenzione dai veri mali della scuola – problemi gravi, strutturali, che implicano scelte e decisioni politiche – alle responsabilità (ingigantite) dei genitori.
La Moneta Fiscale per uscire dalla crisi. Appello a Renzi  di Enrico Grazzini
L’emissione gratuita di Moneta Fiscale è l’unica soluzione per riprendere il controllo della politica monetaria e fiscale, dentro le regole dell’euro ma oltre l’euro, e far ripartire rapidamente l’economia italiana, i redditi e l’occupazione con manovre fortemente espansive, senza produrre nuovo debito.
Le polveri killer dell’Ilva, una strage da fermare. Subito  di Antonia Battaglia
La morte di un altro operaio. Migliaia di tonnellate di fumi industriali che sfuggono alle centraline. Gli allarmanti dati sanitari. A Taranto è sempre più emergenza per la popolazione, anche dopo i decreti salva-Ilva. Non c’è più tempo da perdere: bonifica dello stabilimento oppure chiusura, adesso.

Eutanasia neonatale: qualche parola di verità di Eduard Verhagen
Qual è la differenza morale tra l’eutanasia e la sospensione di idratazione e nutrizione artificiale? Nei casi di bambini nati con gravissime malformazioni, in cui ogni ora e ogni giorno rappresentano uno strazio per loro e per i loro genitori, perché l’eutanasia non dovrebbe rappresentare il percorso più umano? A queste domande prova a rispondere il pediatra che in Olanda, nel 2005, ha messo a punto il primo protocollo per l’eutanasia neonatale.

Eutanasia, il problema non è l’età ma la qualità di quella vita di Umberto Veronesi
Nei Paesi che hanno sviluppato una cultura civile e giuridica sui temi del rifiuto dell’eccesso di cure e del rispetto della volontà di dire basta a una vita resa insopportabile da una malattia incurabile, l’atto di porre fine anticipatamente alla vita di un bambino straziata dal dolore, è oggetto di dibattito approfondito e di riflessione politica.

Se il Senato sponsorizza la medicina antiscientifica di Silvia Ciampoli
Organizzato a Palazzo Madama dal senatore Paolo Romani un convegno su “Medicine Tradizionali, Complementari e Non Convenzionali” per favorire l’introduzione nel Ssn di omeopatia, ayurveda e chiropratica. Il Cicap: “Irresponsabile che le più alte istituzioni pubbliche promuovano eventi antiscientifici”.
India, echi di una strage di Roberto Fagnani
Qual è la causa dell’aumento dei suicidi tra gli agricoltori indiani negli ultimi decenni? Dati alla mano, il fenomeno risulta correlato all’operato di multinazionali come Monsanto e alla diffusione dei pesticidi chimici e dei semi OGM.
IN EDICOLA