6 Luglio 2013 ore 17,30 S.Maria di Licodia presentazione del libro “Io So ” di Antonio Ingroia

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Donna Ninetta Bartoli, la prima sindaca d’Italia Da: da www.fidapa.com

Ninetta Bartoli

Ninetta Bartoli, è stata la prima donna italiana a diventare sindaco, nell’aprile del 1946. E’ un personaggio noto a pochi nell’ambito della sua isola, merita invece di essere conosciuto da tutti. L’elezione di Ninetta non è avvenuta in una grande città del Nord, dove le donne che pure si erano sacrificate fino alla morte durante la lotta partigiana, si videro comunque sbarrare nomine e carriere dal prevalere delle candidature maschili e neppure, in qualche capoluogo di provincia all’avanguardia, nel resto dell’Italia. No, Ninetta è stata per dodici anni sindaco in un piccolo paese di 600 abitanti: Borutta, cittadina collinare sita alle spalle di Sassari.

Oggi Borutta, seguendo un destino comune a tanti paesi della provincia italiana, è ancora più piccola di allora (305 abitanti), di origini antichissime (il sito era abitato già nel neolitico), ha una storia di tutto rispetto, strettamente intrecciata sia alle lotte intestine che a quelle che opposero i Sardi agli invasori genovesi e spagnoli nel corso di secoli.

Inizialmente Borutta era la cittadina meno importante della regione, edificata accanto alla più ricca e potente Sorres. Tuttavia, dall’inizio del quattordicesimo secolo Sorres cominciò a decadere e poi fu abbandonata: di essa rimasero visibili, nel tempo, solo i ruderi della splendida chiesa romanica di San Pietro con l’abbazia. Qui basti dire che della fine di Sorres si avvantaggiò Borutta, nella quale fu trasferito il Vescovado.
Inquadrato il suggestivo sfondo, veniamo a Ninetta Bartoli, primo sindaco d’Italia al femminile. Bisogna innanzitutto dire, che questa persona non è stata una semplice icona, un’immaginetta profilata sullo sfondo di vicende politiche che la sfioravano poco e niente. Si è trattato invece di una donna notevole, energica e determinata, che all’inizio del mandato si trovò di fronte un paese povero, senza acquedotto, senza elettricità nelle case, affiancato dai pur prestigiosi ma trascurati ruderi dell’antica e gloriosa abbazia di cui abbiamo detto. Di fronte a tutto questo Ninetta si rimboccò le maniche, affrontando la situazione con energia e conseguendo notevoli successi.
Ninetta (alcune fonti citano il secondo nome di “Bartola”) Bartoli nacque nel 1896 da una famiglia nobiliare locale. Aveva un’unica sorella che si sposò presto, trasferendosi altrove.

A Ninetta fu impartita l’educazione tradizionale delle ragazze benestanti: fu mandata in collegio presso l’Istituto delle Figlie di Maria, a Sassari, come è noto, questo tipo di educazione era finalizzato a rendere le convittrici molto pie e timorate, di buone maniere e colte quel tanto che bastava per non sfigurare in società: tanto le si riteneva destinate al matrimonio.

Le arti femminili non rientravano però fra i suoi interessi prioritari, infatti s’impegnò soprattutto nell’assistenza presso la parrocchia e fu artefice della fondazione della casa di riposo. Il suo ruolo di tramite fra la comunità ed il mondo esterno, i suoi legami con la DC sassarese (Famiglia di Antonio Segni, futuro Presidente della repubblica), le assegnarono un considerevole seguito, guadagnato con la concretezza del fare, per cui la sua candidatura nelle liste della DC fu una conseguenza naturale. I suoi risultati elettorali furono ottimi: su 371 votanti ottenne 332 preferenze, la sua lista ebbe 12 seggi e fu nominata sindaco da 13 consiglieri su 14, lei non si votò.

In un decennio realizzò opere importantissime: l’acquedotto con l’allaccio dell’acqua a tutte le case, le fognature, la centrale elettrica, ricostruì inoltre l’abbazia di S. Pietro di Sorres e tante altre opere infrastrutturali e sociali. Fu una sindaca davvero al servizio della sua comunità, riuscendo ad imporre le proprie scelte politico – programmatiche agli enti sovraordinati, la provincia e la Regione, con l’esercizio della sua autorevolezza. La sua esperienza politica tuttavia deve essere ascritta ad un sistema pre-partitico e pre-politico, in cui il notabilato locale era il naturale detentore del potere e anche se il suo governo, rappresentò una rottura dei vecchi schemi maschilisti, tuttavia la sua esperienza venne meno quando incominciarono ad emergere, alla fine degli anni 50, elementi di novità politica rappresentati da giovani democristiani del sassarese che si chiamavano: Giovani turchi. Furono quei giovani DC che nel ‘56 misero in minoranza i “vecchi” dirigenti della Dc sassarese, fedeli a Segni. A capeggiare quei giovani turchi c’era Franceso Cossiga, tra di loro vi erano numerosi rinnovatori, tra cui Beppe Pisanu.

Nel 1958 alle amministrative fu sconfitta da un giovane medico, aveva 62 anni.

Morì nel 1978, la camera ardente fu allestita nella sala comunale di Borutta e l’ufficio funebre fu celebrato dal Priore di S.Pietro di Sorres.

Nota.

(ll nome giovani turchi deriva dagli appartenenti ad un movimento politico dell’inizio del XX secolo nell’Impero Ottomano, ispirato dalla mazziniana Giovine Italia, e costituito allo scopo di trasformare l’impero, allora autocratico e inefficiente, in una monarchia costituzionale.)

 

Storia di Modesta Rossi-Casa del Vento

I Siciliani giovani/ giugno 2013/ www.isiciliani.it

Leggilo online, scaricalo, stampalo e diffondilo su

www.isiciliani.it/sicilianipdf

CaselliRicordo di Bruno Caccia/ Dalla ChiesaI giudici e l’antimafia al nord/ CavalliLombardia: silenzio sull’antimafia/ Roccuzzo“Diceva Fava… “/ Riccardo OriolesLa speranza/ R.O.Il modello Messina/ Antonio MazzeoMuos: il gioco delle parti/ Lettera da Istanbul/ Romeo, D’Amico, Cenarli, Flaccavento L’altro ieri a Istanbul/ OrsattiMafia a Roma/ BongiovanniI soldi sporchi di Cosa Nostra/ OgnibeneUstica: Stato disperso/ GiacaloneD’Alì: il processo e il silenzio/ CapezzutoCamorra e politica/ Dino Frisullo: il pacifista/ GiammussoPeriferie/ IacopinoCittadini: a scuola d’italiano/ Salvo OgnibeneBeni confiscati a Rimini/ Salvo CatalanoBusiness rifiuti/ Giorgio Ruta e Francesco RutaCemento spacca giunta/ GiudiceCatania: il Pua/ Di Florio Abruzzo / C.CataniaLe città perdute/ Salvo Vitale Belvedere = Malvedere/ Carlo Gubitosa, Kanjano, Flaviano Armentaro, Mauro Biani MAMMA/ G.Bucca L’albero Falcone/ Spina Il cinema di Giuseppe Fava/ E.Camilleri Quattro tumuli di frumento/ Jack Daniel Treno a errata velocità/ Occhinegro “Perché amiamo le stelle”/ Caruso Catania: il “rinnovamento”/ Abbagnato “Dell’Utri, grazie per il governo”/ De Gennaro Quando c’era Lui/ Orsatti Chi ha vinto a Roma/ Rossi Grandi parole e piccole omertà/ Appari-Di Girolamo Marsala bevi e taci/ Gandini Nord e Sud/ Cittadinanza , beni comuni/ Vita Prism ti controlla. Ora/ Ioppolo Mafia e fiction/ Occhipintii Le mamme di Niscemi/ Di Stefano-La Porta Lea Garofalo, la sentenza/ Presidio Lea Garofalo Gli studenti con Lea e Denise/ M.Mazzeo La scelta di Lea/ Giacalone Chi c’è alla Commissione Antimafia?/ Caponetto Da Catania alle Langhe/ D’Urso- Bruno Diario dalla nostra rete/ Orioles L’Ingegnere/ Giuseppe Fava Quando parliamo di mafia/

IN ALLEGATO L’EBOOK: STORIE QUA E LA’

DA’ UNA MANO A RIPORTARE I SICILIANI IN EDICOLA:

IT 28 B 05018 04600 000000148119

(Iban Banca Etica, “Associazione Culturale I Siciliani Giovani)

Catania 29 giugno 2013 manifestazione GAYPRIDE.

L’ANPI di Catania ringrazia l’arcigay per le 5 giornate condivise insieme, è stato un lavoro duro e interessante di cultura, di gioia,di vita e di grandi ideali. L’ANPI  lotta sempre affinchè i diritti di tutti vengano attuati in Italia, come prevede la Costituzione.

Grazie, Santina sconza presidente provinciale Catania

 

Energia elettrica, dal 1° luglio aumento delle bollette dell’1,4%. Diminuisce il gas: -0,6% da: controlacrisi.org

Dal 1° luglio le bollette di Energia Elettrica per le famiglie aumenteranno del +1,4 %, vale a dire un aumento di 7 euro su base annua per un’utenza domestica tipo (2700 KW/h).

Diminuisce, invece  del -0,6% il gas. Corrisponde a -7 € su base annua per un’utenza domestica con un consumo annuale pari a 1400 mc.
“Questa diminuzione – dichiara Federconsumatori – è un segnale importante, oggi conferma il trend in discesa che è iniziato a partire dallo scorso trimestre ed è dovuto in larga parte alla modifica degli assetti del mercato del gas e al passaggio dai contratti Take or Pay ai contratti Spot, e l’Autorità ribadisce che l’effetto dell’introduzione del nuovo metodo di approvvigionamento della materia prima (…) porterà a una riduzione complessiva del 7% entro l’anno”.

 

“Non è sostenibile – aggiunge – l’aumento dell’energia elettrica, specialmente in un quadro di mercato come quello di oggi. Assistiamo ad una diminuzione dei prezzi sul mercato all’ingrosso, dovuta alla diminuzione del gas e alla forte produzione di energia elettrica attraverso fonti di energia rinnovabile, ma nonostante questo le famiglie vengono caricate di ulteriori aggravi dovuti ai costi di dispacciamento”.

“Rinnoviamo la richiesta nei confronti del Governo – conclude – di incentivare una drastica diminuzione delle bollette, che sarebbe attuabile spostando i costi degli oneri di sistema sulla fiscalità generale e riducendo la tassazione applicata sulle fatture degli italiani, specialmente l’aliquota IVA ingiustamente calcolata anche sulle imposte

Se lo studio allontana il lavoro Fonte: il manifesto | Autore: Alba Sasso

 

Sconforto è la parola che forse definisce meglio lo stato d’animo di chi si ferma ad analizzare i provvedimenti per l’occupazione varati dal governo. Una misura in particolare salta subito agli occhi, e ferisce nel profondo: la proclamazione, di fatto, dell’inutilità degli studi. I posti di lavoro previsti infatti sarebbero riservati a giovani privi di titoli di studio come il diploma, e ovviamente la laurea.

Ci si sarebbe aspettati che il premier Letta dichiarasse che questa è una misura del tutto parziale e ancora insufficiente, dedicata soltanto a chi ha di meno e a chi parte con meno chances. Sottolinearlo nella presentazione del piano sarebbe stato almeno un atto di chiarezza. Ma questo avrebbe mostrato in modo esplicito i limiti di questa misura. Il problema infatti è tragicamente molto più vasto e riguarda i giovani tutti. Certo i cosiddetti neet, giovani che non studiano e non lavorano, sono gli invisibili, le fasce più deboli e più colpite che alimentano in misura significativa quel 40% di disoccupazione giovanile che pesa come un macigno su ogni possibile futuro per il nostro paese. Ma la strategia di Europa 2020,che pure si occupa col progetto “Youth on the move” e con l’iniziativa “Opportunità per i giovani” di questo specifico target, si pone come obbiettivo l’individuazione di percorsi che favoriscano il ritorno all’istruzione e alla formazione.

Cresce un paese che non garantisca una solida istruzione di base, qualifiche e diplomi? Cresce un paese che è fanalino di coda in Europa per il numero dei suoi laureati, il 21% nella fascia 25/34 anni, a fronte della media europea del 35,8%, mentre l’Europa ci chiede di portare al 40% questa percentuale entro il 2020? Ogni lavoro, anche quello che può apparire il meno qualificato, ha bisogno oggi di maggiori conoscenze e competenze. In questi anni l’opera di impoverimento del sistema dell’istruzione pubblica è stata sistematica e ha lasciato ferite dolorose, forse difficilmente sanabili.

Ora si proclama ufficialmente che chi ha passato tanti anni a studiare, specializzarsi, formarsi professionalmente ed intellettualmente ha buttato via il suo tempo, i libri non servono. E si tratta di una decisione che pare sposarsi perfettamente con una tendenza che negli ultimi anni ha ridotto la scuola pubblica ad un sistema ferito e depotenziato, tenuto su dall’ostinazione e dall’amore per la scuola di generazioni di insegnanti e studenti che in quei valori continuano a credere.

Questa decisione del governo si inserisce poi in una generale tendenza all’abbandono delle facoltà universitarie. E’ da qualche anno che diminuiscono le immatricolazioni all’università. E certo numeri chiusi e sbarramenti vari non aiutano. Crollano le facoltà umanistiche, in particolare. Cioè quei luoghi della cultura in cui si è formata l’identità della nazione moderna, in cui vien custodita la memoria storica e letteraria di un intero paese. Negli ultimi 20 anni la riduzione di oltre il 25% delle iscrizioni nelle facoltà umanistiche è un dato che dovrebbe far paura a tutti. Sembra quasi il trionfo di una inconsistente banalità, dilagata però nella cultura delle classi dirigenti, quella secondo cui con la cultura “non si mangia”. Laddove invece tutta la storia di questi anni dimostra clamorosamente il contrario, la nostra industria culturale ha continuato a primeggiare nonostante tutto, e a rappresentare una voce importante del Pil nazionale. Ma anche le facoltà scientifiche conoscono una flessione drammatica, destinata a pesare negativamente sul futuro economico e produttivo del nostro paese. E alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi, soprattutto a quelli maggiormente preparati e qualificati e iperspecializzati, per la cui preparazione e qualificazione si è investito, non resterà che emigrare, anzi scappare. Agli altri, a quelli meno “schizzinosi”, ai “cervelli che non possono fuggire”, per trovare lavoro non resterà che coltivare l’ignoranza, in un paese che non sa o non vuole invece coltivare le intelligenze e la creatività.

Per fare scelte diverse sarebbe bastato ascoltare i rettori, gli insegnanti, gli studenti, per capire lo stato comatoso in cui versa il nostro sistema di istruzione ed individuarne le criticità proprio in rapporto al mondo del lavoro. Che avrebbe bisogno sempre di più per crescere di figure di alto profilo culturale e professionale. Costerebbe troppo un piano per il lavoro dei giovani tutti? Che si occupi del disagio e dell’eccellenza, che non dimentichi che è il sapere a produrre vantaggio economico, sociale e civile, capace di creare collegamenti e sinergie tra istruzione, formazione , lavoro anche attraverso incentivi alla ricerca e all’innovazione rivolti alle imprese? Forse sarebbe stato necessario non rinviare bensì cancellare l’acquisto degli F35, peraltro dismessi dagli Stati uniti, per avere gli indispensabili finanziamenti per coprire ampiamente un progetto più forte e coraggioso, senza andare a racimolare risorse dal Fondo di funzionamento universitario o dai Fondi europei, sottraendoli alle regioni che già utilizzano su obiettivi analoghi. Scegliere è difficile, ma è l’unica strada per governare.

Continuare la lotta e respingere il golpismo di destra Fonte: www.zereinaldo.blog.br | Autore: JOSE’ REINALDO CARVALHO*

 

Gli eventi del 20 giugno mostrano che tendenze contraddittorie sono presenti nella grande ondata di movimenti popolari in tutto il paese. Abbiamo bisogno di riflettere su di essi. Il movimento popolare ha nell’attuale esperienza acquisito una mole di insegnamenti tale da sapersi orientare correttamente, e anche da non farsi strumentalizzare come massa di manovra della destra golpista.

In oltre 100 città, tra le quali 25 dei 26 capoluoghi, ci sono state manifestazioni di massa che hanno mobilitato più di un milione di persone. Un movimento civico, popolare, combattivo, giovane, irriverente e – per l’orientamento dei suoi organizzatori e la volontà della maggioranza dei partecipanti – pacifico. Ma la destra ha fatto passi importanti nella strumentalizzazione delle proteste e nel tentativo di deviarle per altri loschi fini.

Le dimostrazioni sono state infiltrate da provocatori che si sono esibiti in atti violenti e hanno assunto parole d’ordine politiche conservatrici. La trasformazione della lotta sociale e democratica in uno scenario di caos e disordine favorisce solo le forze che vogliono un colpo di stato di destra.

Le manifestazioni e i cortei avevano avuto sin dal loro inizio, due settimane fa, come asse portante quello della lotta per la riduzione delle tariffe del trasporto urbano o la loro totale gratuità. In una situazione in cui il trasporto è costoso e di scarsa qualità, con la congestione del traffico in città, la protesta si è ovviamente estesa e ha ottenuto un enorme sostegno popolare.

Allo stesso tempo, di fronte a contrasti evidenti e a disuguaglianze nei centri urbani, che sempre più assomigliano maggiormente a caotici agglomerati di persone che a città a misura dell’uomo e organizzate, la rivendicazione all’inizio relativa alla sola questione dei trasporti presto si è estesa ad altri argomenti ugualmente scottanti.

Inizialmente frainteso da parte delle autorità, visto il loro comportamento altalenante tra alterigia e repressione, il movimento si è trasformato in un gigantesco pronunciamento della popolazione nella lotta per i diritti sociali. Anche la protesta contro la spesa per la costruzione di stadi e altre strutture per la Coppa del Mondo 2014 – anche se sbagliata nella sua impostazione, fuorviante e incline alla violenza – era comprensibile.

Nonostante i limiti della piattaforma, le manifestazioni hanno rappresentato un progresso nella coscienza politica della popolazione. Con l’annuncio della riduzione delle tariffe di trasporto in decine di città – soprattutto a San Paolo, dove le proteste sono nate – è innegabile che la lotta sia stata vittoriosa ed è giusto ribadire un concetto: la lotta è un diritto sacro del popolo brasiliano, conquistato a fatica . Sempre vale la pena di lottare.

Il significato delle manifestazioni di questi giorni è stato proprio quello di festeggiare la vittoria e prepararsi per nuovi passi.

Ma attraverso l’incitamento  dei media al servizio di interessi antipopolari e antinazionali e di centri di potere che rimangono nell’ombra e il torbido lavoro attraverso alcuni reti sociali, si è manifestato il tentativo di far degenerare in chiave reazionaria la situazione, e le manifestazioni, in alcuni casi, sono state infiltrate da gruppi di provocatori, che ricorrono alla violenza, terrorizzano la popolazione, saccheggiano o cercano di entrare nel quartier generale di ministeri, comuni, banche e negozi.

Aggiunto a questo il pericolo di una deriva conservatrice che si esprime attraverso il lancio di slogan che sono chiaramente finalizzati alla destabilizzazione politica del paese, all’isolamento delle forze di sinistra e di al rovesciamento del governo. Pescando nel torbido della confusione politica e ideologica causata dai media, si promuove il rifiuto dei partiti politici e del governo, creando un clima favorevole ad avventure golpiste di matrice fascista.

La pressione per trasformare le manifestazioni in proteste di carattere conservatore contro il governo e i partiti di sinistra è stata tale che lo stesso Movimento do Passe Livre, che fino allora guidava le manifestazioni e che si proclama “autonomo, anticapitalista, orizzontale e apartitico” , si è ritirato dalla manifestazione tenutasi nell’Avenida Paulista. I militanti del MPL hanno iniziato a rendersi conto delle caratteristiche conservatrici presenti in alcuni discorsi, slogan e soprattutto nell’ostilità verso altre organizzazioni del movimento sociale e verso i partiti politici della sinistra.

Quella che avrebbe potuto essere una festa civile e democratica rischia di trasformarsi in una crisi politica e sociale. Mobilitare le persone in manifestazioni organizzate per chiedere diritti e riforme strutturali nel paese è compito imprescindibile dei partiti di sinistra e delle organizzazioni di movimento sociale, che rappresentano gli interessi e le aspirazioni del popolo brasiliano ad una vita decente, a una democrazia ampia e partecipativa e al progresso sociale.

Travisare queste aspirazioni, trasformando giuste proteste sociali in azioni violente per gettare il paese nel caos, serve a interessi antinazionali. Il popolo vuole avanzare nella costruzione della democrazia. Continuerà a lottare per il suoi diritti e respingerà le manovre golpiste della destra.

* segreteria del Partito Comunista del Brasile (PCdoB)

traduzione per Marx 21 di Erman Dovis

Domenichini (PRC La Spezia): “Se 51 anni (di carbone) son troppo pochi, provate voi a respirar” da: controlacrisi.org

 

Mi perdoneranno mai le mondine di Novellara per l’ardire? Questo significa ENEL alla Spezia, un impianto enorme, partito da 1800 MW di potenza, oggi a 1200 (di cui 640 a gas pressoché inutilizzati, il resto, neanche a dirlo, ancora a carbone), ed una storia di una provincia, dei suoi lavoratori nel ventre caldo delle sue caldaie, dei suoi abitanti nei quartieri limitrofi del levante di quel Golfo che pare ormai tutto men che dei poeti. Così le emissioni dell’unica ciminiera rimasta della “Eugenio Montale”, simboleggia l’ennesimo ricatto ambiente-lavoro, il tradimento democratico di un referendum dimenticato.

Ciminiere, bastano pochi sbuffi d’emissioni, penduli da un’autorizzazione integrata ambientale, sul delirio del mare. Oltraggio per oltraggio, la richiesta di AIA risale al 2007, ed in questi 6 anni la centrale ha continuato a funzionare senza alcuna limitazione, se non l’osservazione della norma. Il 7 giugno scorso si è tenuta la Conferenza dei Servizi per la discussione sul rilascio dell’AIA ed il documento approvato consentirà che nella centrale permanga prevalente uso del carbone per altri 8 anni.

Il sindaco spezzino Federici, invece di rilasciare, nel pieno della sua autorità sanitaria, un parere sanitario prescrittivo per la salute pubblica, da recepite in Conferenza dei Servizi AIA, esulta, forse pensando ad un nuovo polo commerciale nelle aree limitrofe all’ENEL, previsto nel piano generale di sviluppo 2013-2017. Ma che l’amministrazione in tema energetico abbiano idee confuse è dimostrato, ritenendo un risultato la riduzione del 14% delle emissioni entro il 2020, quando la direttiva UE impone il 20%.

C’erano i presupposti per “batter i pugni sui tavoli”. Riconoscimento il luogo in cui sorge la centrale, nel cuore di una provincia, valutare le alternative, applicare Migliori Tecnologie Disponibili, monitorare adeguatamente e fare un’indagine epidemiologica sulle incidenze sanitarie, in una provincia dei record tumorali. Niente di tutto questo: esultiamo, come per la deperimetrazione di Pitelli, ed tacciamo sui dati di ricaduta di anidride solforosa portata dai venti, con concentrazioni maggiori a Bolano, Portovenere, Calice e Follo.

Rifondazione comunista ha deciso di lasciare la maggioranza in comune alla Spezia anche perchè nel programma di governo il sindaco disse che “l’obiettivo della dismissione del sito (centrale ENEL) potrebbe aprire nuove prospettive strategiche di utilizzo del territorio e di conversione dell’economia cittadina: diventa allora importante perseguire quest’obiettivo per il futuro prossimo, plausibilmente entro il 2015”. Impegno tradito.

La palla passa al Ministero dell’Ambiente del governo Alfano/Letta, al “nostro” Andrea Orlandoche che pare abbia messo in soffitta il possibilismo sul coincenerimento del CDR con il carbone della centrale, altra battaglia di cui Rifondazione comunista fu protagonista con l’adesione a Rifiuti Zero., Ma il pessimismo della ragione parrebbe superare l’ottimismo della volontà, anche di quella delle larghe intese. Intanto, come le mondini, e quei vigliacchi di quei signori, verranno loro a respirar, nel 2013 è ancora l’era del carbone.

William Domenichini
Rep. prov.le Ambiente e benicomuni PRC La Spezia

Inchiesta Ior, il Codacons presenta un esposto su un caso sospetto del 1973 Autore: fabio sebastiani da: controlacrisi.org

 

Dopo il nuovo scandalo che vede coinvolto ancora una volta lo Ior e i personaggi che si aggirano nei vari ‘dipartimenti’ della galassia economico-finanziaria del Vaticano, il Codacons ha presentato un nuovo esposto alla Procura di Roma, chiedendo di indagare per frode fiscale e riciclaggio in relazione ad alcune compravendite sospette di immobili in capo alla banca vaticana.

La vicenda al centro della richiesta del Codacons trae origine nel 1973, e rimette al centro della scena la fama di “riciclatore” dell’Istituto opere religiose. All’epoca, la Tarquinia spa, societa’ che deteneva numerosi immobili appartenenti ad una nota famiglia romana, dona tutto il suo patrimonio allo Ior. L’operazione viene curata dall’ amministratore della società, all’ epoca braccio destro di uno degli uomini al vertice della banca vaticana. Nel 1988 lo Ior sottoscrive l’ aumento di capitale della Tarquinia spa, conferendo alla societa’ proprio quegli immobili che erano stati donati 15 anni prima dalla stessa Tarquinia spa. Dieci anni dopo, nel 1998, si scopre tuttavia che lo Ior non e’ piu’ azionista di maggioranza della societa’, il cui proprietario risulta essere quella nota famiglia che nel ’73 aveva fatto la donazione degli immobili. L’associazione ha deciso dunque di chiedere alla Procura di Roma di accertare se tali misteriose operazioni possano configurare eventuali reati, come frode fiscale o riciclaggio. Il Codacons chiedera’ inoltre un incontro formale a Papa Francesco, per metterlo a conoscenza dei fatti oggetto di esposto e chiedere un suo intervento in favore della legalita’ e della trasparenza.