Fonte: The post internazionale (Tpi)Autore: redazione Turchia, le Nazioni Unite denunciato la morte di duemila persone e la violazione dei diritti umani nella zona sudorientale

Le Nazioni Unite hanno denunciato in un rapporto la morte di circa duemila persone nella regione sudorientale della Turchia da luglio 2015 a dicembre 2016 e gravi violazioni di diritti umani nel corso delle operazioni governative di sicurezza nella zona.
Nei documenti si fa riferimento anche a 500mila sfollati soprattutto di etnia curda. Dalle immagini satellitari diffuse si può poi avere un’idea del grado di distruzione della regione. Gli ispettori dell’Onu hanno documentato uccisioni, torture e sparizioni, soprattutto durante il coprifuoco.

Il governo turco non ha consentito agli investigatori di avere accesso nel paese e ha rigettato le accuse. “Le autorità turche hanno contestato la veridicità dei rilievi fatti nel rapporto”, ha dichiarato l’alto commissario delle Nazioni Unite Zeid Ra’ad al Hussein.
Secondo l’organizzazione, ancora più grave è l’assenza di un’indagine interna avviata dalla Turchia per fare chiarezza su migliaia di morti sospette. L’Onu riporta che 800 delle vittime appartenevano alle forze di sicurezza e altri 1.200 avevano compiuto azioni violente contro lo stato.
Nel rapporto, tra i tanti episodi, si fa riferimento alla detenzione di 189 persone nella città di Cizre nel 2016 senza viveri e ai resti carbonizzati di una donna consegnati alla sua famiglia dopo la morte.

Fonte: agenzia direAutore: redazione Per L’Unicef sono più di mezzo miliardo i bambini che vivono in aree di guerra o di disastri natura

 

Secondo l’Unicef circa 535 milioni di bambini – quasi 1 su 4 – vivono in paesi colpiti da conflitti o disastri, spesso senza accesso a cure mediche, istruzione di qualita’, nutrizione e protezione adeguate; di questi: i tre quarti – 393 milioni- vivono in Africa Sub Sahariana, il 12% in Medio Oriente e Nord Africa. Circa 50 milioni di bambini sono stati sradicati – piu’ della meta’ di loro ha dovuto lasciare la propria casa a causa di conflitti. Nel Nord est della Nigeria, circa 1,8 milioni di persone sono sfollate, almeno 1 milione di queste sono bambini. In Afghanistan, quasi la meta’ dei bambini in eta’ scolare non va a scuola. In Yemen, circa 10 milioni di bambini sono colpiti dal
conflitto. In Sud Sudan, il 59% dei bambini in eta’ da scuola primaria non vanno a scuola; 1 scuola su 3 nelle aree di conflitto e’ chiusa. A due mesi dall’Uragano Matthew, che ha colpito Haiti, oltre 90.000 bambini sotto i 5 anni hanno ancora bisogno di assistenza. Mentre continuano ad intensificarsi le violenze in Siria, il numero dei bambini che vivono sotto assedio e’ raddoppiato in meno di un anno. Circa 500.000 bambini adesso vivono in 16 aree sotto assedio in tutto il Paese, tagliati quasi completamente fuori dall’assistenza umanitaria e dai servizi di base.I nuovi dati sono stati lanciati oggi in occasione del 70esimo anniversario della fondazione dell’Unicef (che ricorre domenica 11 dicembre). In questi 70 anni il lavoro dell’Unicef e’ stato incessante in ogni angolo del mondo per portare aiuti salva vita, supporto di lungo periodo e speranza ai bambini le cui vite e il futuro sono stati minacciati da conflitti, crisi, poverta’, diseguaglianza e discriminazione. “L’Unicef e’ stato fondato per portare aiuto e speranza ai bambini le cui vite e il cui futuro erano a rischio a causa di conflitto e deprivazione, e questi dati cosi’ ampi – che rappresentano ogni singola vita di circa mezzo miliardo di bambini – sono un forte promemoria, perche’ la nostra missione diventa sempre piu’ urgente ogni giorno” ha dichiarato Anthony Lake, direttore generale dell’Unicef.

L’impatto di conflitti, disastri naturali e cambiamenti climatici costringono i bambini a lasciare le proprie case, intrappolati all’interno dei confini dei loro paesi, esponendoli
a rischi di malattie, violenze e sfruttamento. Le emergenze che oggi affrontano i bambini piu’ vulnerabili minacciano di vanificare i grandi progressi fatti nelle ultime decadi: dal 1990, il numero di bambini che morivano prima del loro quinto compleanno e’ stato dimezzato e centinaia di milioni di bambini sono stati tirati fuori dal ciclo della poverta’. Il tasso di bambini in eta’ da scuola primaria, fuori dalle scuole, e’ stato ridotto di oltre il 40% tra il 1990 e il 2014.
Nonostante i significativi progressi, troppi bambini vengono lasciati indietro a causa del loro genere, razza, religione, appartenenza a gruppi etnici o disabilita’, perche’ vivono in condizioni di poverta’ o in comunita’ difficili da raggiungere o semplicemente perche’ sono bambini.

“Non importa se un bambino vive in un paese colpito da conflitto o in pace, il suo sviluppo e’ importante non solo per il suo futuro ma anche per il futuro delle nostre societa’”, ha aggiunto Lake.

Autore: redazione “Hotspot Italia”, dopo la denuncia parte l’appello in difesa di Amnesty international. “Essenziale fare quadrato contro chi le ha definite cretinaggini” da: controlacrisi.org

La scorsa settimana il rapporto Hotspot Italia di Amnesty International ha denunciato gli episodi di violenza e illegalità che ormai da tempo si registrano nel sistema italiano di identificazione e accoglienza. Basandosi su un accurato lavoro di raccolta di testimonianze, Amnesty ha messo media e istituzioni di fronte alla sistematica violazione di principi costituzionali e di convenzioni internazionali, ovvero di quelle pietre miliari della nostra convivenza civile intese a garantire il rispetto dei diritti umani, la libertà e la dignità di ogni persona.Il Capo del Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del Viminale ha descritto il rapporto come un insieme di “cretinaggini” e di “falsità” costruite a Londra e non in Italia. Un attacco violento, “difficile da comprendere in una normale dialettica democratica tra cittadini e istituzioni”, si legge in un appello lanciato da una lunga lista di associazioni che si occupano di accoglienza e di difesa dei diritti umani -. L’obiettivo comune, infatti, dovrebbe essere la tutela di quegli standard di accoglienza e rispetto della persona che sempre più vengono erosi dalle politiche di respingimento ed esternalizzazione delle frontiere imposte dall’Unione dopo il varo, nel maggio 2015, dell’Agenda europea sulla migrazione”.

“Riteniamo essenziale fare quadrato attorno a chi ha avuto il coraggio civile e politico di denunciare senza mezzi termini – continua l’appello – gli abusi ripetuti e comprovati delle forze di polizia perpetrati dentro e fuori i centri: episodi di ingiustificabile violenza nel corso delle procedure di identificazione e di prelievo forzato delle impronte come pestaggi, utilizzo di manganelli elettrici e umiliazioni sessuali; violazione dei diritti della persona messi in atto nei trattenimenti prolungati all’interno dei cosiddetti hotspot; violazione del diritto internazionale agita nei respingimenti semplificati e nei rimpatri di massa verso paesi retti da regimi come il Sudan e l’Egitto”.

Amnesty ha tenuto a sottolineare, nel rapporto, che molte operazioni vengono compiute senza che si verifichi alcuna violazione, “grazie alla professionalità degli agenti di polizia”. “È per questo che è necessario che tutti i soggetti che si occupano di migrazione – a cominciare da quelli istituzionali – accolgano – conclude l’appello – con gratitudine il lavoro di denuncia fatto dalla società civile e appoggino la richiesta avanzata da Amnesty International di un’indagine indipendente su quanto avviene nei centri di identificazione o negli altri luoghi in cui si registrano forme di detenzione amministrativa, comunque denominati”.

Noi siamo a fianco di Amnesty, pronti a rilanciarne e continuarne il lavoro.

ADIF (Associazione Diritti e Frontiere)

Campagna LasciateCIEntrare

Per adesioni info@a-dif.org

Yasmina14@hotmail.it


Hanno già aderito

Progetto Melting Pot Europa

Lunaria

Lunaria, Volontariato Internazionale

Coop. Sociale Be Free

Associazione Garibaldi 101

Associazione K-Alma

Antigone

CILD (Coalizione Italiana Libertà e Diritti)

Ri-Make milano

Clinica Legale per i Diritti Umani (Università di Palermo)

Osservatorio Migranti Basilicata

Oltreconfine-Scuola di italiano per Stranieri (Benevento)

Associazione Africa Insieme (Pisa)

Rifondazione Comunista, Sinistra Europea

Tenda per la Pace e i Diritti

Rete Antirazzista Catanese

Ospiti in Arrivo

Comitato Verità e Giustizia per i nuovi Desaparecidos

Rete Solidale Pordenone

Associazione Immigrati di Pordenone

Archivio Memorie Migranti

Campagna Welcome Taranto

CostituzioneBeniComuni

La Kasbah

Milano Senza Frontiere

Possibile

Zeroviolenza

CSA Ex Canapificio (Caserta)

Confederazione COBAS Sicilia

Associazione Energiafelice

Associazione per i Diritti Umani

Cittadinanzattiva

Naga

Ex Opg Occupato

Comitato 3 Ottobre

Asus (Messina)

Migralab Sayab (Messina)

Palermo Senzafrontiere

Organizzazione 24 marzo Onlus

Borderline Sicilia

Scuola Mondo San Giuliano Terme (Pisa)

Missionari Comboniani Palermo

Associazione Parsec

Borderline Europe

Leftlab (Prato)

MSNA Minori Stranieri Non Accompagnati Blog

Fondazione Casa della Carità “Angelo Abriani”
Casa Internazionale delle Donne
ACAT Italia (Azione dei Cristiani per l’Abolizione della Tortura)

ARCI Grottaglie
Comitato per i Diritti Civili delle Lucciole – Pordenone

Collettivo Antigone

Progetto Rebeldia – Pisa

MEDU (Medici per i Diritti Umani)

Associazione Ambulatorio Internazionale Città Aperta (Genova)

Rete dei Comuni Solidali

Articolo 21

Laboratorio 53

Fonte: agenzia direAutore: redazione Migranti, il fenomeno dei minori non accompagnati spiegato da un magistrato

 

“Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la potesta’ si apre la tutela”. E’ l’articolo 343 del nostro codice civile, non c’e’ bisogno di altro se non di queste due righe per tutelare un minore rimasto solo. A Palermo questo articolo di legge sbatte ogni giorno con una marea di bambini e ragazzi che sbarcano sulle coste della Sicilia ‘non accompagnati’, 7000 in meno di un anno.

Solo un minore su dieci – racconta l’Unicef- ha la fortuna di avere con se’ un genitore quando tocca terra. Sbarcano soli, orfani perche’ padre e madre sono morti nella traversata, o gia’ li avevano persi prima in guerra, o sono stati messi in mano agli scafisti nel tentativo estremo di salvare almeno loro. Ecco, quando i minori soli riescono ad arrivare, li dovrebbe accogliere anche l’articolo 343 facendo attivare immediatamente le procedure della tutela. E al tribunale di Palermo quella norma un magistrato ce l’ha molto a cuore e la fa valere tutti i giorni. Si chiama Fabio Pilato, fa il giudice tutelare. Invitato a Patti (Messina) all’Indiegeno Fest che, alla sua terza edizione, fa musica sostenendo Emergency per la cura dei migranti sulle coste siciliane, Pilato da’ numeri “abbastanza
preoccupanti.

Soltanto nel 2016, nel circondario di Palermo- dice – abbiamo aperto 800 tutele, 800 procedimenti per altrettanti minori non accompagnati il che significa avere il dovere di garantire a ciascuno di questi ragazzi un futuro, un inserimento, un’integrazione nel territorio”.
I numeri sono enormi ma le soluzioni dovrebbero essere chiare e condivise. Come spiega il magistrato pero’, “occorre una premessa culturale, ragionando in un’ottica giusnaturalistica di richiamo ai valori sostanziali come quello della dignita’ umana”. L’ottica “dei diritti umani e dell’effettivita’ della tutela. Non abbiamo bisogno di alcuna riforma”, sottolinea Pilato, basta rimboccarsi le maniche, “partire a livello territoriale”. Duro lavoro sul territorio quindi, ispirato ai valori del giusnaturalismo, le cui norme non scritte regolano condotte universalmente valide preesistenti ad ogni legge positiva: su questi presupposti “l’ufficio del giudice tutelare insieme al
comune di Palermo e ad altri soggetti istituzionali – racconta il magistrato siciliano- sta cercando di creare un metodo di lavoro specifico attraverso la sottoscrizione di un protocollo di intesa per garantire a ciascun minore un progetto di accompagnamento alla vita”.

L’iniziativa partira’ a settembre. Si basa su tre pietre miliari: primo, “a ciascun minore, che cessa di essere quota per essere restituito alla dignita’ del vivere viene accompagnato un progetto”, spiega Pilato. Poi serve un “elenco di tutori, ovviamente a titolo gratuito”, che non si trovano e “io- lamenta il giudice- sono costretto ad affidarli alla tutela dell’assessore, che vuol dire negare la tutela”. Infine verra’ istituito “un tavolo di coordinamento, una rete sinergica fra istituzioni, associazioni, questura, prefettura, ufficio
scolastico regionale”. Un progetto ambizioso, che non ha bisogno di altro se non della sensibilita’ sui diritti umani e di quelle poche righe dell’articolo 343.

Autore: fabrizio salvatori Turchia, presidio di protesta domani a Roma. Cgil: “La deriva autoritaria aggrava la situazione dei rifugiati” da: controlacrisi.org

“La Cgil condanna fermamente l’aggravarsi della situazione in Turchia, dove in seguito al tentativo di colpo di stato la già avviata torsione autoritaria sta raggiungendo livelli non tollerabili in assoluto, e a maggior ragione per un paese che aspira a far parte dell’Unione Europea. Per questo domani parteciperemo al presidio unitario che si terrà a Roma”. Così il sindacato di Corso d’Italia, nella nota in cui convoca per domani, martedì 26 luglio, un presidio con Cisl e Uil in piazza San Martino della Battaglia (angolo via Palestro), nei pressi dell’ambasciata turca, alle ore 17.30.”Le libertà fondamentali dei cittadini sono colpite con forza, repressione, epurazioni e regolamenti di conti interni stanno minando lo stato di diritto, ed è gravissima la sospensione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che, tra l’altro, respinge la pena di morte”, si legge nella nota.

“Inoltre – sottolinea la Cgil – questa deriva antidemocratica aggrava la situazione dei rifugiati in Turchia, territorio che non può essere considerato sicuro per chi necessita di protezione. Per questo chiediamo all’Unione europea di porre fine all’accordo sui migranti in atto con questo paese, e agli Stati membri di accelerare il reinsediamento dei rifugiati in virtù di un sistema di asilo comune migliorato”.

“La Cgil – si afferma in conclusione nella nota – esprime la sua preoccupazione e si associa alle richieste della Confederazione Europea dei Sindacati: Commissione europea e Consiglio reagiscano con una condanna esplicita e prevedano tutte le misure necessarie, compresa la sospensione del processo di adesione, in caso di violazione dei valori fondamentali dell’UE”.

Autore: fabrizio salvatori Caso Regeni, il sit in di lunedì al Pantheon per chiedere una svolta sostanziale al Governo italiano da: controlacrisi.org

Lunedì 25 luglio dalle ore 19.00 in Piazza della Rotonda al Pantheon è in programma una iniziativa per continuare a chiedere la verità su Giulio Regeni a 6 mesi dalla sua scomparsa. All’iniziativa ha dato la sua adesione anche il Prc. Secondo un rapporto diffuso nei giorni scorsi da Amnesty International, intitolato ‘Officially you do not exist’,le sparizioni forzate sono utilizzate in Egitto come strumento per reprimere il dissenso.
Secondo l’ong con sede a Londra, da quando nel marzo 2015 Magdy Abdul Ghaffar e’ divenuto ministero dell’Interno, centinaia di persone, anche minorenni, sono state vittima di sparizioni forzate e torture da parte delle forze dell’ordine. Studenti, attivisti politici e manifestanti sarebbero stati incarcerati per mesi, bendati e ammanettati, senza che le loro famiglie sapessero nulla.
Nel rapporto e’ citato anche il caso del ricercatore italiano Giulio Regeni, torturato e ucciso dopo essere stato fermato al Cairo.”Ci stringiamo attorno alla famiglia, agli amici di Giulio, al suo legale, ai tanti e alle tante che non si rassegnano alle bugie di stato imposte dalla real politik”, si legge nel messaggio firmato da Paolo Ferrero, segretario del Prc. Il regime di Al Sisi è secondo Rifondazione Comunista “il responsabile di innumerevoli morti, scomparse, torture; sono tanti i Giulio che hanno perso la vita solo perché anche con la conoscenza, difendevano i diritti di chi lavora”. “L’Egitto resta un paese considerato dall’UE sicuro, in cui anche l’Italia continua a rimandare chi fugge perché non è considerato oppositore politico – continua Ferrero -. L’Egitto dei poteri oscuri non vuole che si scoprano mandanti ed esecutori della morte di Giulio Regeni e di tanti oppositori”.

Autore: redazione Turchia, Amnesty International lancia l’allarme sul pericolo per la situazione dei diritti umani da: controlacrisi.org

Amnesty International lancia l’allarme sul pericolo per la situazione dei diritti umani all’indomani del sanguinoso tentativo di colpo di Stato del 15 luglio, a seguito del quale sono morte almeno 208 persone e sono stati eseguiti quasi 8000 arresti. Inoltre, diversi esponenti governativi hanno proposto la reintroduzione della pena di morte per punire i responsabili del fallito colpo di stato.Amnesty International sta indagando sulle notizie di detenuti sottoposti a maltrattamenti ad Ankara e Istanbul e ai quali verrebbe negato l’accesso agli avvocati.

“L’elevato numero di arresti e di rimozioni dall’incarico è allarmante e stiamo monitorando attentamente la situazione. Il tentativo di colpo di stato ha scatenato un impressionante livello di violenza. I responsabili di uccisioni illegali e di altre violazioni dei diritti umani devono essere portati di fronte alla giustizia, ma la repressione contro il dissenso e la minaccia di ripristinare la pena di morte sono un’altra cosa rispetto alla giustizia” – ha dichiarato John Dalhuisen, direttore per l’Europa e l’Asia centrale di Amnesty International.

“Sollecitiamo le autorità turche a esercitare moderazione e a rispettare lo stato di diritto nello svolgimento delle necessarie indagini, a garantire processi equi a tutti i detenuti e a rilasciare tutti coloro contro i quali non vi sono prove concrete di aver preso parte ad azioni criminali. Un arretramento nel campo dei diritti umani è l’ultima cosa di cui la Turchia ha bisogno” – ha aggiunto Dalhuisen.

In assenza di numeri esatti, le autorità turche hanno riferito che venerdì notte 208 persone sono state uccise e oltre 1400 ferite a Istanbul e Ankara. Tra le persone uccise figurano 24 “complottisti”, alcuni dei quali sarebbero stati linciati dopo che avevano cercato di arrendersi. Tra le vittime, figurano anche civili scesi in strada a fronteggiare carri armati ed elicotteri in risposta all’appello a protestare rivolto dal presidente Erdogan.

Nei giorni successivi al fallito colpo di stato, le autorità turche hanno avviato rapide purghe all’interno dell’esercito, del potere giudiziario e dell’amministrazione civile del ministero dell’Interno: 7543 “complottisti” arrestati, 318 dei quali posti in detenzione preventiva; 7000 poliziotti sospesi, 2700 giudici e procuratori rimossi dall’incarico (appena meno di un quinto del personale della magistratura), 450 dei quali arrestati.

Le dichiarazioni del presidente Erdogan e di rappresentanti del governo circa il ripristino della pena di morte e il suo uso retroattivo per punire i responsabili del tentato colpo di stato sono particolarmente inquietanti: un passo del genere violerebbe le convenzioni sui diritti umani di cui la Turchia è parte, oltre che le stesse garanzie costituzionali del paese.

“Gli arresti di massa e le rimozioni dall’incarico costituiscono sviluppi preoccupanti in un contesto di crescente intolleranza verso il dissenso pacifico da parte del governo turco. Il rischio è che il giro di vite si estenda ai giornalisti e agli attivisti della società civile. Negli ultimi mesi attivisti politici, giornalisti e altre voci critiche sono stati frequentemente presi di mira e mezzi d’informazione sono stati chiusi” – ha commentato Dalhuisen.

“Ora è più importante che mai che il governo turco rispetti i diritti umani e lo stato di diritto, esattamente come i promotori del colpo di stato non hanno fatto” – ha concluso Dalhuisen.

L’Iran uccide ogni anno adultere e omosessuali da:# diteloarouhani

foto di Progetto Dreyfus.

Il Consiglio dei Guardiani dell’Iran ha reinserito la lapidazione nel codice penale come punizione per le persone condannate per adulterio. Il condannato viene avvolto da capo a piedi in un sudario e interrato; un carico di pietre viene portato sul luogo e funzionari incaricati compiono l’esecuzione. L’art. 104 del Codice Penale stabilisce che “le pietre non devono essere così grandi da provocare la morte con uno o due colpi”, in modo che la morte sia lenta e dolorosa.

Il termine “omosessuale” ha rilevanza penale e i rapporti sessuali tra due individui dello stesso sesso sono considerati crimini Hudud e soggetti a punizioni da cento frustate fino all’esecuzione. Secondo l’articolo 233, la persona che ha svolto un ruolo attivo sarà frustata 100 volte e quella che ha giocato un ruolo passivo sarà condannata a morte. Se la parte attiva è un non-musulmano e la parte passiva un musulmano, entrambi saranno condannati a morte.

CHIEDIAMO ALL’ITALIA DI NON TACERE DI FRONTE A QUESTE VIOLAZIONI. Ai massimi rappresentanti dello Stato italiano spetta per primi in europa il compito di porre la questione del RISPETTO DEI DIRITTI UMANI universalmente riconosciuti al centro di ogni incontro e intesa con rappresentanti iraniani. In occasione della visita del Presidente Rouhani in Italia, ci auspichiamo che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il Primo Ministro Matteo Renzi usino questa preziosa occasione per DENUNCIARE LE VIOLAZIONI di cui l’Iran si fa continuamente protagonista.

‪#‎DITELOaROUHANI‬ – LE ISTITUZIONI ITALIANE NON DEVONO ABBASSARE LA TESTA SVENDENDO LE NOSTRE COSCIENZE

LA NOSTRA CAMPAGNA: http://www.progettodreyfus.com/poniamo-delle-condizioni-ad…/

Prima Pagina Donne (6-12 luglio 2015) Merkel, Lagarde, protagoniste significative nelle scelte sulla Grecia e l’Europa, le donne nelle parole di Papa Francesco, in America Latina, la mamma del bimbo morto nell’ascensore della metro di Roma, Prospery dalla Libia a Palermo da: ndnoidonne

Prima Pagina Donne (6-12 luglio 2015)

Merkel, Lagarde, protagoniste significative nelle scelte sulla Grecia e l’Europa, le donne nelle parole di Papa Francesco, in America Latina, la mamma del bimbo morto nell’ascensore della metro di Roma, Prospery dalla Libia a Palermo

inserito da Paola Ortensi

Prima Pagina Donne 15 (6-12 luglio 2015)

Ogni settimana quando inizio a scrivere mi domando se sia importante fare il più ampio elenco possibile delle donne in evidenza o/e delle vicende che le hanno riguardate nella settimana presa in considerazione o se sarebbe più utile soffermarsi selezionando poche protagoniste più significative ed approfondendo il senso delle loro vicende. Il dubbio, su cui mi interesserebbe anche avere un opinione delle lettrici o magari lettori di questa rubrica, rimane, e nel frattempo, di volta in volta cerco di usare il buon senso sull’importanza, anche simbolica, delle notizie da riportare. In un filo diretto, allora, con la settimana passata e con “la stagione” che coinvolge il futuro politico della Grecia nell’Unione Europea ma più seriamente l’Unione Europea in prima persona s’impone sottolineare il ruolo ma ancor di più il comportamento della Cancelliera Angela Merkel. La donna che rappresenta oggi il paese più forte d’Europa e che nel silenzio degli ultimi giorni sembra mostrare, mai in modo così evidente, la difficoltà di esprimere la sua personale opinione che sembrerebbe protesa ad “aiutare” la Grecia e l’opinione che deve difendere rispetto al sentire e agli interessi del popolo tedesco la cui dura intransigenza è rappresentata in prima persona dal ministro tedesco delle finanze Schaeuble.

Un gioco delle parti che, non è difficile immaginare, come, in Germania, rimandi alla leadership politica nel paese rispetto alle elezioni che ci saranno. Sono ore decisive quelle che stanno scorrendo e non posso che augurarmi che la Cancelliera riesca a far prevalere la linea che vuole davvero tenere la Grecia nell’Unione e quindi l’Unione Europea come prospettiva riconfermata. L’indiscutibile segno politico dei comportamenti della Merkel trova un interessante confronto con l’altra donna significativa di questi giorni: Christine Lagarde direttore del Fondo Monetario Internazionale ovvero la finanza, le risorse economiche a servizio delle strategie politiche e degli interessi ed equilibri nello scacchiere internazionale dei paesi più forti con gli Stati Uniti in testa. Penso non sia azzardato dire che mai nella politica occidentale due donne sono state così determinanti e sono oggi alla prova, in quanto come è ovvio i ruoli sono determinati anche dalla personalità, capacità e professionalità di chi li interpreta. Mentre l’Unione Europea vive giorni difficili e decisivi per il futuro, catalizzando fortemente l’attenzione dei media e “ delle borse”; Papa Francesco visita ben tre paesi dell’America Latina: Equador, Bolivia e Paraguay. E in ogni discorso, di fronte a moltitudini di persone, pieno di verità e indicazioni pesanti che girano attorno ai problemi veri di quelle terre ma sempre generalizzabili a tutto il mondo, il Papa accenna, anzi, parla costantemente delle donne come grandi portatrici di valori di pace, equilibrio e speranza. Principi che il Papa sottolinea costantemente fino a riconoscere in Paraguay alle donne il merito del mantenimento della pace in quel paese dopo la fine della dittatura. Ed è ancora in Paraguay che riceve le figlie della donna alle cui dipendenze in Argentina lavorò appena diciassettenne da cui molto imparò, secondo quanto ha detto lui stesso, e che per la sua attività e credo politico divenne una delle desparecidos sotto la dittatura dei generali argentini.

Il costante richiamo del Papa alle donne, spesso affiancato e anche parametrato al ruolo di Maria nella chiesa, che di situazione in situazione, di argomento in argomento e di paese in paese viene da lui sempre più frequentemente ripreso, articolato e approfondito, sarebbe interessante e proficuo potesse essere considerato, raccolto e discusso da donne che in contesti laici della politica, sociali, culturali, del femminile hanno da tempo fatto motivo di impegno e promozione. Soffermarsi su protagoniste importanti o su di un femminile sottolineato a ben alto livello non ci allontana da episodi che qui in Italia sono avvenuti nel nostro paese e che hanno il diritto, mi viene da dire, di essere richiamati non solo per il fatto in sé ma per l’incredibile somma di emozioni e riflessioni che comportano.

A Roma, mamma Francesca perde il suo bimbo Marco di 4 anni nel vuoto dell’ascensore di una stazione della metropolitana. Una tragedia senza fine, che mette in mora la funzionalità dei servizi di una città, la capitale d’Italia, che ha indetto il lutto cittadino per il funerale del piccolo, e la generosità di chi ha tentato di risolvere il problema di un ascensore, che teneva prigionieri la mamma e Marco, divenuto arroventato e quasi senza aria; una persona che oggi si sente distrutta e colpevole, di una madre disperata che non accusa ma è insieme al papà di Marco ripiegata in un dolore senza speranza, di gente che vuole esprimere in ogni modo la propria vicinanza e di quell’ascensore in quella stazione della metro ha fatto con fiori e piccoli pupazzi il luogo, della pietà e della solidarietà.

Una solidarietà che dobbiamo raccontare anche rispetto ad una nuova vicenda legata allo sbarco dei disperati che in un esodo senza limiti arrivano in Sicilia. In un gommone da 10 posti 130 esseri umani hanno attraversato il mare dalla Libia all’Italia riuscendo a vederne morire dieci tra cui la mamma incinta di Prospery, una piccola di poco più di due anni che il suo papà è riuscito a salvare tenendola alta fra le sue braccia, perché non fosse travolta e schiacciata e passandola ai marinai della nave che li ha salvati, sentendosi disperato di non poter salvare anche sua moglie . Ancora una volta la vita salvata di una piccola creatura, diviene simbolo di vita e di speranza che in quello che appare un esodo biblico si faccia strada la luce di un futuro degno di essere vissuto. Una speranza che intanto speriamo possa divenire una realtà per Prospery e il suo papà.
Alla prossima settimana……….

| 11 Luglio 2015

Tortura, l’Onu visiterà l’Italia nel prossimo anno. La Cassazione ammonisce il Parlamento:”Ancora non c’è la legge!” Autore: fabio sebastiani da: controlacrisi.org

L’Italia è nella lista dei paesi in cui gli esperti dell’organo dell’Onu per la prevenzione della tortura intendono compiere una missione l’anno prossimo. Insieme a Guatemala, Nauru e Filippine, l’Italia è tra i paesi che il Sottocomitato delle Nazioni Unite per la prevenzione della tortura (SPT) intende indagare per i trattamenti crudeli, disumani o degradanti dei detenuti. L’organo composto da esperti indipendenti collabora con i governi dei paesi che hanno ratificato il Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura (OPCAT).
In tutto 76 Stati hanno ratificato il protocollo. L’l’Italia ha depositato lo strumento di ratifica nell’aprile del 2013. L’anno prossimo, oltre a visitare Italia, Guatemala, Nauru e Filippine, gli esperti indipendenti dell’SPT torneranno in Azerbaijan, per portare a termine una missione interrotta nel settembre 2014, ed effettueranno visite di consulenza nei Paesi Bassi e in Turchia per quanto riguarda i loro meccanismi nazionali di prevenzione. L’SPT prevede anche due visite di follow-up in Paesi visitati in precedenza.

In missione in un paese, la delegazione dell’SPT visita i luoghi in cui le persone sono private della libertà. Alla fine della visita, gli esperti comunicano le loro raccomandazioni e osservazioni allo Stato in un rapporto confidenziale. Lo Stato è incoraggiato a chiedere il documento sia reso pubblico. Secondo la prassi, il Sottocomitato Onu per la prevenzione della tortura (SPT) informerà ufficialmente l’Italia della visita prevista e delle date, solo successivamente le date saranno rese pubbliche, ha spiegato l’ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani a Ginevra. L’SPT decide quali paesi visitare “sulla base di regioni geografiche e l’Italia era uno dei paesi europei che fino ad oggi non hanno ricevuto una visita”, ha aggiunto spiegando che non vi sono “ragioni particolari”. Una visita è prevista in tutti i Paesi che hanno ratificato il Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura.

Tuttavia proprio sul reato di tortura, assente in Italia, nei giorni scorsi è arrivato il monito della Corte di Cassazione. Se la mancanza di questo reato nel codice penale era stata definita “una vergogna nazionale”, i supremi giudici hanno scritto che non si può fare a meno di “rilevare come l’inadempienza dell’Italia nell’adeguarsi agli obblighi della Convenzione Onu crei una situazione paradossale in cui un reato come la tortura che a determinate condizioni può configurare anche un crimine contro l’umanità, per l’ordinamento italiano non è un reato specifico”.
Data l’assenza della previsione di questo reato, i supremi giudici sono stati ‘costretti’ a respingere la richiesta del governo argentino di estradare a Buenos Aires don Franco Reverberi, il sacerdote di Parma accusato dalla magistratura argentina di aver partecipato come cappellano militare “agli interrogatori e tormenti” degli oppositori politici durante il regime del generale Jorge Videla nel 1976. Dato che in Italia non c’è il reato di tortura, la Cassazione ha confermato la prescrizione delle altre accuse ‘assimilabili’ (lesioni personali e sequestro di persona) contestate al sacerdote annotando che si tratta di reati prescritti “per l’ordinamento italiano, essendo trascorsi ben oltre 22 anni e sei mesi dall’epoca dei fatti attribuiti all’estradando, risalenti al 1976”. Quando i reati sono prescritti in base ai calcoli di pena previsti dalle leggi italiane, il nostro Paese non concede l’estradizione. “E’ quindi necessaria una legge che traduca il divieto internazionale di tortura in una fattispecie di reato, definendone i contenuti e stabilendo la pena, che potrà determinare anche il regime temporale della prescrizione.