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Cameron in difficoltà
Il premier britannico David Cameron ha detto che un’azione militare sarebbe “impensabile” in caso di “vasta opposizione” al consiglio di sicurezza dell’Onu, sottolineando tuttavia che l’approvazione dell’Onu non costituisce l’unica base legale per un intervento. Non solo. Il premier britannico ha aggiunto che “dobbiamo imparare dalle lezioni del passato, anche se lo spettro degli errori del passato non deve paralizzarci. Dobbiamo fare la cosa giusta nel modo giusto”. Cameron ha addirittura ammesso che “alla fine non c’è la certezza al 100% di chi sia responsabile. Bisogna giudicare. D’altro canto non c’è la certezza al 100% su quale sia la strada o l’azione più efficace o destinata a fallire, ma credo si possa essere sufficientemente certi che un regime che ha utilizzato armi chimiche in 14 occasioni è più che probabile che sia responsabile per questo vasto attacco e che, se non si fa nulla a riguardo, si convinca di poterlo rifare con impunità”.La volontà di punire Assad resta, sui tempi e modi sembra esserci qualche incertezza.
Obama alla prova del G20
Il vertice del G20 a San Pietroburgo di giovedì e venerdì prossimi si fa quindi più complicato per gli Usa. Certo, per uno come Obama che ha fatto spallucce anche all’Onu, potrebbe sì aprirsi la prospettiva di un intervento in solitario, ma a quel punto gestirne le conseguenze sarebbe davvero molto arduo. Alti funzionari dell’amministrazione citati dal New York Times, precisano che non e’ stata presa alcuna decisione, ma che un attacco potrebbe esserci dopo che sabato gli ispettori dell’Onu in Siria saranno ripartiti.
Le prove non arriveranno subito
Anche Ban Ki moon rientra in fretta e furia a New York, e gli esperti di armi chimiche delle Nazioni Unite faranno rapporto al segretario generale non appena usciti dalla Siria, ma “prove” definitive delle Nazioni Unite arriveranno soltanto dopo che i campioni raccolti nelle ispezioni saranno stati analizzati da laboratori in Europa: ci sono “procedure precise” messe a punto dallo stesso Sellstrom, capo delegazione Onu, e questo – precisano i funzionari – potrebbe prendere “giorni”. I dati di intelligence in mano a Usa e Gran Bretagna non danno d’altra parte la certezza “al cento per cento” che Assad sia il diretto responsabile della strage del 21 agosto.
Diplomazia al lavoro
Intanto la diplomazia ha continuato a muoversi: Mosca e Berlino si sono dette d’accordo sull’importanza di discutere in Consiglio di Sicurezza il rapporto degli ispettori. L’auspicio della cancelliere tedesca Angela Merkel, che ha parlato ieri con Vladimir Putin, Francois Hollande e Barack Obama, e’ stato di una “rapida e unanime reazione internazionale all’interno del Consiglio”. Analogo pressing e’ stato fatto dal ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle con il collega cinese Wang Yi mentre la Francia ha chiesto agli alleati di aspettare il dossier Onu prima di impegnarsi in un intervento. Al Palazzo di Vetro i P5 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza con diritto di veto) sono tornati a riunirsi per la seconda volta ieri in 24 ore, stavolta su richiesta della Russia. All’uscita, volti scuri e bocche cucite. La Russia intende utilizzare il suo potere di veto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per fermare qualsiasi intervento militare in Siria.
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«Questo dunque è il problema che vi presentiamo, netto, terribile e inevitabile: dobbiamo porre fine alla razza umana oppure l’umanità dovrà rinunciare alla guerra?»
Lo scrivevano Bertrand Russell e Albert Einstein nel 1955.
Sono passati quasi sessant’anni, ma l’umanità non ha ancora rinunciato alla guerra. Anzi, ancora una volta, viene presentata come l’unica opzione possibile per mettere fine a un conflitto.
Non lo è. L’abbiamo visto con i nostri occhi in Iraq, in Afghanistan, in Libia: le guerre “per la pace” hanno solo alimentato altra violenza e in questi Paesi i civili continuano a morire, ogni giorno.
Ai morti già causati dalla guerra in Siria se ne aggiungeranno altri, perché scegliere le armi oggi significa decidere sempre, consapevolmente, di colpire la popolazione civile: nei conflitti contemporanei il 90% delle vittime sono sempre bambini, donne e uomini inermi.
Centinaia di migliaia di persone hanno già abbandonato la Siria per cercare rifugio nei Paesi vicini. Li abbiamo incontrati anche in Sicilia, dove i nostri medici stanno garantendo le prime cure ai profughi che stanno sbarcando sulle coste di Siracusa.
In tutti questi anni abbiamo visto che la guerra è sempre l’opzione più disumana, e inutile.
Chiediamo che l’Italia rifiuti l’intervento armato e si impegni invece per chiedere alla comunità degli Stati l’immediato intervento diplomatico, l’unica soluzione ammissibile secondo il diritto internazionale, l’unica in grado di costruire un processo di pace che abbia come primo obiettivo la tutela della popolazione siriana, già vittima della guerra civile.
L’umanità può ancora decidere di rinunciare alla guerra: difendere e praticare i diritti umani fondamentali è l’unico modo per costruire le basi per una convivenza pacifica tra i popoli.
(28 agosto 2013)
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