Sostieni il festival “Fino al cuore della rivolta”

  Il festival della Resistenza “Fino al cuore della rivolta” è arrivato quest’anno alla decima edizione ma ha bisgono di tutto il vostro aiuto. Sosteneteci con le sottoscrizioni e aiutateci promuovere la campagna di autofinanziamento dal basso, girando questa newsletter ai vostri contatti. Potete seguirci anche su FB e su Twitter. La ricompensa più grande sarà una bellissima edizione del festival!

Il collettivo Archivi della Resistenza – Circolo Edoardo Bassignani ha deciso di lanciare una campagna di sottoscrizione (crowdfunding) sulla piattaforma Produzioni dal basso (clicca qui), in occasione della X edizione del Festival della Resistenza “Fino al cuore della rivolta”, che avrà luogo presso il Museo Audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo (MS) dal 31 luglio al 5 agosto 2014 . In pochi ci avrebbero scommesso all’inizio, ma il nostro festival, anno dopo anno, è cresciuto fino a diventare il più importante festival in Italia, dedicato alla Resistenza. Raggiungere  questi risultati e dieci anni di “onorata carriera” non è stato facile, ma è stato possibile soltanto attraverso l’entusiasmo dei/delle tanti/e compagni/e che in questi anni hanno lavorato volontariamente al festival, al pubblico che ci ha tanto sostenuto fino a div entare un’unica grande famiglia e, soprattutto, grazie all’esempio dei partigiani e delle partigiane che sono una presenza costante in tutte le nostre iniziative.

Le difficoltà non sono tuttavia mancate, e anzi sono aumentate sempre più negli ultimi anni, con una riduzione drastica dei contributi da parte degli enti (al punto che il festival è attualmente autofinanziato dall’associazione almeno fino al 70%). Le ragioni di tali difficoltà economiche sono molteplici e complesse. Quest’anno, poi, le previsioni sono ancora più nere, eppure non vogliamo rinunciare a regalarvi, a regalarci, una decima edizione davvero speciale. Per noi rimane fondamentale mantenere lo spirito di autonomia che ha caratterizzato la programmazione del festival e, soprattutto, che tutte le iniziative siano rigorosamente ad ingresso libero, così come è stato finora. “Fino al cuore della rivolta” è un “bene comune” per questo  chiediamo a tutti voi di aiutarci a farlo sopravvivere, con una donazione. Lo chiediamo, fiduciosi, a chi è salito almeno una volta nel bosco delle Prade e ha potuto toccare con mano l’eccezionalità di questo contesto, il valore delle nostre iniziative culturali, ma lo chiediamo anche a chi non ci conosce bene e in questi anni ci ha seguito, magari solo da lontano o attraverso i social network. E poi, perché no?, lo chiediamo anche a chi sente parlare per la prima volta di noi, ma ha a cuore i valori dell’antifascismo e la trasmissione degli ideali che hanno ispirato la Lotta di Liberazione.

                            

Descrizione Festival

“Fino al cuore della rivolta. Artisti per la Resistenza” è un festival della cultura che ha l’obiettivo di far incontrare le giovani generazioni con quel patrimonio di idee e di valori che ci deriva dall’esperienza della Resistenza e la cui conoscenza ancora oggi si dimostra fondamentale nel nostro vivere civile.

Lontani dalle stanche commemorazioni con “Fino al cuore della rivolta” si intende affrontare il tema della Resistenza attraverso forme di comunicazione artistica (musica, teatro, poesia) ma anche dibattiti, seminari e laboratori. Con questa manifestazione Archivi della Resistenza – Circolo Edoardo Bassignani vuole proporre uno spazio di riflessione e di incontro dove le nuove generazioni possano avvicinare i «vecchi partigiani» per riflette insieme sul nostro passato, per pens are un domani migliore.

«Fino al cuore della rivolta» si articola in due sezioni: la prima in Primavera, in occasione del 25 aprile nel borgo di Fosdinovo e la seconda occasione nella prima settimana di agosto il festival si sposta alle Prade, nel Museo audiovisivo della Resistenza, luogo -simbolo di questo rinnovato esercizio della memoria, con un programma di spettacoli teatrali,proiezionireadingconcerti e dibattiti che si svolge in più giorni, coinvolgendo artisti e intellettuali di fama nazionale. Gli spettacoli vengono collocati in uno scenario naturale di grande suggestione (con una interessante rifunzionalizzazione di uno dei luoghi della battaglia): il pubblico si trova infatti all’interno di un bosco di castagni secolari, che vorrebbero suggerire una simbolica salita ai monti, proprio «fino al cuore della rivolta».

Il festival nasce come un naturale sbocco dall’esperienza dell’associazione nella raccolta e nella valorizzazione del patrimonio storico, in collaborazione con quegli artisti che si sono mostrati particolarmente sensibili verso la tematica e si sono fatti coinvolgere dal progetto (alcuni spettacoli sono delle anteprime assolute, concepite appositamente per l’appuntamento).

Il percorso è arrivato al suo decimo compleanno, ma ogni volta che si conclude una edizione, subito nuove idee si fanno avanti, segno che il festival non si è ancora irrigidito in una formula preconfezionata, ma vive dei continui stimoli e della passione di tutti i soci volontari che ogni anno lavorano per la sua realizzazione. Dall’inizio del 2012 l’associazione è diventata il gestore del Museo Audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo (MS) e ha fondato il Circolo culturale enogastronomico “Archivi della Resistenza”, che è aperto tutto l’anno e affianca alle aperture del museo le attività culturali, artistiche e culinarie.

Il festival, che vuole essere idealmente dedicato a tutti i combattenti per la Libertà passati, presenti e futuri, deve il suo nome al verso di una bellissima poesia di Paolo Bertolani, in cui si rivolge al padre partigiano.

(staffetta )

quando mancavi all’aria della casa

e a me pargolo insonne dicevano

che era per futili impegni fuori piazza

dove il buttare stravolto degli ulivi

tocca le case, le vite tremanti al chiuso

io non sapevo che già molto lontano

guidavi messaggi, uomini

fino al cuore della rivolta,

e ti aspettavo credulo finché non mi prendeva

un sonno duro – e oltre i vetri pioveva,

si metteva spesso un vento che era

lungo fiele nei pensieri di chi ti sapeva

come dentro a un mare – ora che il cuore è stretto

per tanta memoria dissolta, che morta

è la pietà

(Tratta da Paolo Bertolani, Piccolo cabottaggio, Contatto Edizioni, 2004)

                                  

Hanno partecipato

Lunghissimo è l’elenco dei personaggi e degli artisti che hanno preso parte alle precedenti edizioni del festival: Ivan Della MeaMaurizio MaggianiDario VergassolaStormy SixYo Yo MundiAscanio CelestiniThe GangGiovanna Marini;Banda OsirisMoni OvadiaE’ ZeziDaniele SepeClaudio LolliCisco e le Mondine di NoviMarcello Fois e i Tenores di Orosei Simone Cristicchi e il coro di Santa FioraBobo Rondelli e Franco LoiGinevra di MarcoMargherita HackTiziano ScarpaDaniele SilvestriNadaTêtes de BoisPierpaolo CapovillaJolanda InsanaDavid Riondino;Tre allegri ragazzi mortiAlessio LegaMarco RovelliApuamaterBlanca TeatroAntica Rumeria Lagrima de Oro;‘Zuf de ZurPaolo PietrangeliBanda JoronaPaolo CiarchiSandra BoninelliClaudio CormioSuonatori Terra TerraFiati SprecatiTano AvanzatoEnrico StassiNuovo Canzoniere BrescianoGian Piero AlloisioI Giorni cantati di Calvatone e Piadenai poeti dell’Ottava rima e tanti altri…

Programma edizioni: 2005 2006< /a> 2007 2008< /a> 2009 2010  2011 2012 2013

                                

Rete di collaborazioni

In questi anni l’associazione Archivi della Resistenza – Circolo Edoardo Bassignani ha allargato sempre più la rete delle collaborazioni e dei patrocini coinvolgendo le sezioni ANPI di Sarzana, Carrara, Villafranca-Bagnone, LericiOrtonovo, Fosdinovo, Castelnuovo Magra, Massa – Sez. Patrioti Apuani, tutti facenti parte del Comitato Sentieri della Resistenza. Negli anni passati ha avuto il patrocinio di Regione Toscana e Consiglio regionale – Assemblea legislativa della Liguria, Province di Massa Carrara e della Spezia, dei Comuni di Fosdinovo, Carrara,  Sarzana,Castelnuovo Magra, Lerici, Ortonovo, Massa e La Spezia. Inoltre ha la collaborazione di importanti festival e centri di ricerca: in primis Festival Lunatica, la Fondazione Ignazio Buttitta di Palermo, l’Istituto Ernesto de Martino di Sesto Fiorentino (FI), il Circolo Gianni Bosio di Roma, la Lega di Cultura di Piadena (PC), il Museo Cervi di Gattatico (RE), l’Associazione Italiana di Storia Orale (AISO), l’Istituto Pedagogico della Resistenza di Milano, gli Istituti Storici della Resistenza Toscano e Apuano.  E dal 2013: Crisoperla – Associazione biologica per una economia solidaleScuola Abreu per AullaValSusa FilmFestRete del caffè sospeso. Infine Contatto Radio – Popolare Network è, come ogni anno, la radio ufficiale del festival.

Video

Promo 2012

Promo 2011

Canale Youtube di Archivi della Resistenza

Informazioni

www.archividellaresistenza.itinfo@archividellaresistenza.it 3290099418

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Il governo Tambroni e la rivolta di Genova (1960)

Manifestazione Antifascista – Genova 30 Giugno 1960

casablanca

https://issuu.com/casablanca_sicilia/

I Sicilianigiovani/ giugno 2014/www.isiciliani.it da: isicilianigiovani

I Sicilianigiovani/ giugno 2014/www.isiciliani.it

 

L’antimafia difficile

“Mafiosi, fuori dalla comunità!” di Gian Carlo Caselli

Verso l’Expo, allegramente di Nando dalla Chiesa

Estate ’14 di Riccardo Orioles

Un sindaco coraggioso di Attilio Occhipinti

Beni confiscati di Giovanni Caruso

SiciliaUn anno con Renato di Tonino Cafeo

Colombia Il cielo sopra Bogotà di Norma Ferrara

Sicilia Santa Rosalia liberaci tu di Giulia Crisci

Colombia La guerra senza fine di Sara Manisera

Mediterraneo “Io, scafista per caso di Giuseppe Cugnata

Il rimorchio non porta al largo di Franҫois Maliet

Napoli Divieto di mare di Luca Rossomando

Bologna Vivere nel “Guasto” di Laura Pergolizzi

Somalia Sventola il Tricolor di Antonio Mazzeo

Napoli La nomina che salva Polis di Armando Capezzuto

Santino Cosa Nostra a Palermo oggi di Francesco Moiraghi

Periferie I meandri della droga di Ivana Sciacca

Rostagno Ciao Mauro Giustizia è fatta di Lillo Venezia

Rostagno La notte in cui la mafia ha perso di Rino Giacalone

Rostagno “Un’inchiesta lunga una vita” di Norma Ferrara

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Memoria Due storie parallele di Salvo Vitale

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Storia Sicilia arretrata: ci chi è la colpa di Elio Camilleri

Storie “Mi chiamano Dudù…” di Jack Daniel

Foto Catania: i mille volti a cura di Giovanni Caruso

Rifiuti zero: qui, ora! di Carmelo Catania

Ragusa La guerra della Monezza di Simone Lo Presti

Abruzzo Il caso Vasto di Alessio Di Florio

Ndrangheta di Andrea Zolea

Milano Il processo Zambetti di Ester Castano

Trattativa “Scotti: io non so niente” di Miriam Cuccu

Falange Armata di Giovanni Spinosa e Antonella Beccaria

Testimoni di giustizia: proposte di tutela Assoc.Rita Atria

Pianeta La corsa al bitcoin di Fabio Vita

Ogni mattina una politica diversa di Giovanni Abbagnato

Tangentopoli infinita di Riccardo De Gennaro

Giudici: prima isolati poi esclusi di Mattia Maestri

Pentecoste antimafia di Fabio D’Urso

“Aprite la finestra e raccontate” di Antonio Roccuzzo

Un giorno a Comiso di Giuseppe Fava

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(Iban Associazione Culturale I Siciliani Giovani, Banca Etica)

I mondiali antirazzisti sono diventati maggiorenni Fonte: Il Manifesto | Autore: Pasquale Coccia

I mon­diali anti­raz­zi­sti sono mag­gio­renni, quest’anno com­piono 18 anni. Il per­corso lungo e fati­coso per arri­vare alla mag­giore età, dice che il tempo ha dato ragione all’idea nata all’interno di Pro­getto Ultrà dell’Uisp, quella di orga­niz­zare un mee­ting per unire le tifo­se­rie ita­liane ed euro­pee impe­gnate nella lotta al raz­zi­smo negli stadi. E la Fse ( Foot­ball sup­por­ters europe, http://www.fanseurope.org) per ren­dere omag­gio al più grande mee­ting mon­diale di squa­dre di cal­cio anti­raz­zi­ste, cele­brerà in Ita­lia il con­gresso euro­peo dei tifoso di cal­cio ( Effc).A Castel­franco Emi­lia, loca­lità Bosco Alber­ganti, in pro­vin­cia di Modena, dove si svol­gono i mon­diali anti­raz­zi­sti (www.mondiali$$antirazzisti.org) con­flui­ranno oltre 140 squa­dre di cal­cio in rap­pre­sen­tanza di paesi euro­pei ed extraeu­ro­pei, alle quali si uni­ranno le squa­dre di altri sport dal rugby alla pal­la­volo, dal basket al tchouc­k­ball fino al cric­ket. Com­ples­si­va­mente ani­me­ranno i mon­diali anti­raz­zi­sti oltre 250 squa­dre, che dal 2 al 7 luglio si incon­tre­ranno all’insegna della lotta al raz­zi­smo nello sport e nella società. Ai mon­diali anti­raz­zi­sti di Castel­franco Emi­lia a Bosco Alber­ganti è pre­vi­sta la par­te­ci­pa­zione di ultrà impe­gnati da anni nella lotta al raz­zi­smo nel cal­cio, tra i quali spic­cano quelli del Mar­si­glia, del Borus­sia Dort­mund e del Sankti Pauli.

«Per i 18 anni dei mon­diali anti­raz­zi­sti — afferma Carlo Bale­stri idea­tore e anima della mani­fe­sta­zione– chie­de­remo il diritto di cit­ta­di­nanza uni­ver­sale per tutti. I nostri sono mon­diali dal basso, ai quali pos­sono par­te­ci­pare tutti, senza esclu­sione, non sono i mon­diali delle èlite, quelle che can­cel­lano le fave­las e cedono alla cor­ru­zione. Quest’anno alle par­tite, alle mostre e ai fil­mati, oltre alla pre­sen­ta­zione di libri, nell’ambito del con­gresso dei tifosi euro­pei, vi saranno dibat­titi che riguar­de­ranno il ruolo dei tifosi nei movi­menti e nelle pro­te­ste sociali, in par­ti­co­lare saranno pre­senti i tifosi di squa­dre che sono stati pro­ta­go­ni­sti delle pri­ma­vere arabe, ma non man­che­ranno quelli pro­ve­nienti dall’Ucraina. Un tema che verrà affron­tato anche quello del rap­porti tra i tor­nei inter­na­zio­nali di cal­cio e i diritti umani, su que­sto argo­mento inter­ver­ranno, tra gli altri, un cal­cia­tore pro­fes­sio­ni­sta che ha gio­cato in Qatar e un ex cal­cia­tore. Si par­lerà della spi­nosa que­stione del rap­porto tra cri­mi­na­lità orga­niz­zata e cal­cio, in col­la­bo­ra­zione con Libera».

I tifosi pro­ve­nienti da ogni parte d’Europa in occa­sione del loro con­gresso, costi­tui­ranno cin­que gruppi di lavoro su que­sti temi: «Divisi cadiamo», «orga­niz­za­zioni nazio­nali dei tifosi»; «la nostra par­tita è sugli spalti»! «Coreo­gra­fie e stru­menti di tifo»; «man­tieni il cal­cio sporco!» «Festeg­gia le riva­lità, com­batti le discri­mi­na­zioni»; «guar­dare una par­tita di cal­cio non è reato, ini­zia­tive e aiuti legali dei tifosi per i tifosi con­tro la repres­sione»; «sup­por­ter liai­son offi­cers in Ita­lia, chi sono, cosa fanno, aggior­na­mento per i tifosi italiani».

L’anno scorso a dare il cal­cio di ini­zio ai mon­diali anti­raz­zi­sti fu Cècile Kyenge, mini­stro dell’Integrazione del governo Letta, che torna quest’anno per l’appuntamento di Castel­franco Emi­lia. A tutte le squa­dre che por­tano nella Piazza Anti­raz­zi­sta un mani­fe­sto (pos­si­bil­mente bilin­gue) che docu­menti il carat­tere e le atti­vità della pro­pria squa­dra, ver­ranno asse­gnati tre punti extra per il tor­neo di cal­cetto. Bar e risto­ranti saranno in fun­zione tutto il giorno fino a notte, men­tre la mat­tina saranno attivi i cen­tri estivi per i bam­bini. A tutti i par­te­ci­panti ai mon­diali anti­raz­zi­sti è con­sen­tito il cam­peg­gio libero all’interno dell’area di Bosco Alberganti.

Ai mon­diali anti­raz­zi­sti inter­ver­ranno anche i sin­daci delle quat­tro loca­lità che dalla prima edi­zione a oggi, lungo un per­corso di diciotto anni, hanno ospi­tato l’evento spor­tivo. La prima edi­zione si svolse a Monte Cer­vino, in pro­vin­cia di Modena, luogo della prima repub­blica par­ti­giana d’Italia, per alcuni anni la mani­fe­sta­zione spor­tiva anti­raz­zi­sta è stata ospi­tata a Fucec­chio, per poi spo­starsi a Casa­lec­chio di Reno, e ora a Castel­franco Emilia.

L’anno scorso la Coppa Mon­diali Anti­raz­zi­sti è stata asse­gnata alla squa­dra degli Rfc Ska Lions Caserta. Oltre a schie­rare in campo i migranti e i rifu­giati poli­tici, si occupa anche di ripri­sti­nare campi di gioco e recu­pe­rare spazi pub­blici abban­do­nati per met­terli a dispo­si­zione di tutti, in par­ti­co­lare dei bam­bini e dei ragazzi che non hanno un posto dove gio­care. Nell’edizione del 2013, la Coppa Invi­si­bili è stata con­fe­rita di diritto ai Liberi Nan­tes. L’anno scorso gli orga­niz­za­tori dei mon­diali anti­raz­zi­sti asse­gna­rono la coppa l’11 giu­gno, di gran lunga prima dell’inizio della mani­fe­sta­zione spor­tiva inter­na­zio­nale, infatti la squa­dra di cal­cio dei Liberi Nan­tes gioca nel cam­pio­nato di terza cate­go­ria indetto dalla Figc Lazio, a fine cam­pio­nato la squa­dra è arri­vata seconda con 61 punti, dun­que aveva diritto di salire di cate­go­ria, ma è stata esclusa per­ché ha schie­rato gio­ca­tori che non hanno la cit­ta­di­nanza ita­liana, essendo la squa­dra costi­tuita esclu­si­va­mente da esuli in attesa di asilo poli­tico, per­ciò non sono rico­no­sciuti dalla Figc. Una beffa alla quale gli orga­niz­za­tori dei mon­diali anti­raz­zi­sti hanno rispo­sto con ironia.

Pensionati al premier: “Caro Renzi, non stiamo sereni”Fonte: Il Manifesto | Autore: Antonio Sciotto

Pensionati. Gli over 65 scrivono in massa al premier: «Vogliamo anche noi gli 80 euro. Ed è arrivato il momento di rivalutare gli assegni, al palo da anni». Infatti i dati della Confesercenti confermano: dal 2008 persi 1.419 euro di potere d’acquisto, cioè ben 118 al mese

Toc toc. Caro Renzi, c’è posta per te. Ma chissà se il pre­mier aprirà al postino, visto che la valanga di let­tere in arrivo non è per nulla sem­plice da affron­tare. A scri­vere a Palazzo Chigi sono i pen­sio­nati, spesso unica o tra le poche risorse delle fami­glie ita­liane, che tra tasse e man­cata riva­lu­ta­zione dei loro asse­gni dav­vero non reg­gono più. Richie­sta prin­cipe: «Vogliamo anche noi gli 80 euro». Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp – gui­dati dallo slo­gan #Non­stia­mo­se­reni – pun­tano a reca­pi­tare ben 1 milione di mis­sive, e un primo sag­gio è arri­vato qual­che giorno fa dalla Camera del Lavoro di Bolo­gna: da tutta l’Emilia Roma­gna ha rivol­tato sul tavolo del Pd ben 50 mila car­to­line. Ma è solo un assaggio.Il pres­sing, già attivo da qual­che mese – da quando cioè è stato deciso che il bonus Irpef sarebbe andato solo ai lavo­ra­tori dipen­denti – ieri è stato ali­men­tato dai dati usciti dalla Con­fe­ser­centi, che hanno messo in evi­denza un peso fiscale sulle pen­sioni, e una per­dita del potere di acqui­sto causa crisi, che non ha eguali in Europa.

«Nel 2014 – spiega Marco Ven­turi, pre­si­dente dell’associazione di com­mer­cianti – un pen­sio­nato “medio” per­derà 1.419 euro di potere d’acquisto rispetto al 2008. Sono oltre 118 euro in meno al mese, sot­tratti ai con­sumi e ai bilanci delle fami­glie, che sem­pre più spesso sono soste­nuti pro­prio dai pen­sio­nati, diven­tati durante la crisi pila­stri del wel­fare familiare».

Il pro­blema, ovvia­mente, sta nella man­cata riva­lu­ta­zione delle pen­sioni: da anni i pen­sio­nati chie­dono ai vari governi che si suc­ce­dono, un mec­ca­ni­smo che tuteli il loro potere d’acquisto. Il più solerte fu Romano Prodi, che aprì un tavolo per stu­diare un sistema equo di aumento perio­dico: ma con la fine del suo governo, è caduta ogni spe­ranza. Tutti gli altri pre­mier hanno sem­pre rispo­sto pic­che, e anche a Renzi è stata avan­zata la richie­sta di un incon­tro e di un tavolo, ma per ora il “gio­vane” pre­mier si è mostrato più che disat­tento rispetto agli anziani: nes­suna rispo­sta. Una vera e pro­pria ingra­ti­tu­dine gene­ra­zio­nale, se pen­siamo che i qua­ran­tenni di oggi devono tan­tis­simo ai sessanta-settantenni.

Ma non basta, per­ché a pesare sulle pen­sioni non è sol­tanto la man­cata riva­lu­ta­zione, ma anche l’aggravio delle tasse: una con­di­zione, quella degli anziani, che dovrebbe essere tute­lata di più dal nostro sistema fiscale, men­tre su di loro (e sui dipen­denti) si sca­rica al con­tra­rio tutto il peso dello Stato.

E più tar­tas­sata, per para­dosso, è la fascia medio-bassa: «Su una pen­sione cor­ri­spon­dente a 1,5 volte il trat­ta­mento minimo Inps, un ita­liano paga in tasse il 9,17% dell’assegno pre­vi­den­ziale, men­tre i suoi col­le­ghi di Ger­ma­nia, Fran­cia e Spa­gna e Regno Unito nulla», spie­gano alla Confesercenti.

L’associazione mette in evi­denza il risul­tato che emerge nel caso di un trat­ta­mento pen­sio­ni­stico pari a 3 volte il minimo: «Il pen­sio­nato ita­liano è sog­getto a un pre­lievo dop­pio rispetto a quello spa­gnolo, tri­plo rispetto a quello inglese, qua­dru­plo rispetto a quello fran­cese e, infine, incom­men­su­ra­bil­mente supe­riore a quello tede­sco: si va dagli oltre 4 mila euro sop­por­tati dal pen­sio­nato ita­liano ai 39 a carico del pen­sio­nato tedesco!».

«È ora di dare una svolta defi­ni­tiva a que­sta ingiu­sti­zia, ripen­sando il sistema fiscale – con­clude Ven­turi di Con­fe­ser­centi – Soprat­tutto si deve tener conto dell’erosione del potere d’acquisto dei pen­sio­nati, esten­dendo anche a loro, come primo passo, il bonus fiscale, in modo tale da ridurre almeno la per­dita su base mensile».

Richie­sta con­di­visa anche da Carla Can­tone, segre­ta­ria dei pen­sio­nati Spi Cgil: «I pen­sio­nati sono il pila­stro della nostra società – dice Can­tone – Pagano le tasse. Tutte, fino all’ultimo cen­te­simo. Aiu­tano sem­pre le pro­prie fami­glie e in par­ti­co­lare figli e nipoti senza lavoro. E sono sem­pre loro che si fanno carico del lavoro di cura in favore di bam­bini e non auto­suf­fi­cienti». «È per que­sto – con­clude – che il governo deve con­fer­mare l’intenzione più volte annun­ciata di dare anche a loro il bonus fiscale di 80 euro e tute­lare nel tempo il loro potere d’acquisto. Per rilan­ciare i con­sumi ma soprat­tutto per una que­stione di giu­sti­zia sociale».

E sì, anche per­ché secondo un’inchiesta svolta dalla Repub­blica, in catene come Coop ed Esse­lunga, che rap­pre­sen­tano un terzo della grande distri­bu­zione ita­liana, in giu­gno gli incassi non si sono incre­men­tati: sicu­ra­mente è pre­sto per misu­rare l’effetto degli 80 euro (era il mese di debutto), ma per il momento è certo che gli ita­liani hanno pre­fe­rito con­ser­vare, o pagare qual­che bol­letta, o tassa (c’erano le sca­denze di Iva e Tasi).

Pare però – è que­sto il punto che ci inte­ressa – che secondo le ana­lisi della Coop, si sia con­fer­mato in giu­gno un trend: ovvero che le fami­glie di età medio-alta incre­men­tano i con­sumi, men­tre le cop­pie gio­vani li con­trag­gono. Molti gio­vani – magari pre­cari, e per­ciò esclusi dagli 80 euro – vanno a man­giare dai geni­tori, spesso pen­sio­nati. Quindi è dav­vero il caso di aiu­tare que­sti ultimi, per aiu­tare tutti. Insomma Renzi, apri al postino.

Genova 2001: «Ciò che ci insegna Bolzaneto», un capitolo di storia della tortura

G8 2001. «Ciò che ci insegna Bolzaneto»: un capitolo di storia della tortura tratto dai faldoni processuali arrivati davanti alla Corte d’appello

Una scena del film Diaz di Daniele Vicari

Scuola Diaz, caserma di Bol­za­neto: nomi che spic­cano nelle pagine più nere della recente sto­ria ita­liana. Basta una sigla, G8, a ricor­darci come fu cele­brato in Ita­lia il primo anno del nuovo mil­len­nio: l’evento, il gran­dioso tea­tro del potere pre­pa­rato a Genova per acco­gliere gli «Otto grandi» e cele­brare così le magni­fi­che sorti di un’Italia entrata nel club, fu un giorno di bat­ta­glia: ci fu un morto, il gio­vane Carlo Giu­liani ucciso da un cara­bi­niere. La sera, men­tre nella città si alza­vano ancora nuvole di lacri­mo­geni e della festa dei potenti restava una scena di squal­lore e di deva­sta­zione, si sca­tenò la ven­detta not­turna delle forze cosid­dette di sicu­rezza. Quello che avvenne fu defi­nito «macel­le­ria messicana».

Non il Mes­sico, altri luo­ghi e altre macel­le­rie erano nelle menti degli agenti di poli­zia e dei cara­bi­nieri. Quando i fer­mati sce­sero dai cel­lu­lari all’ingresso della caserma, dalla fila degli agenti di poli­zia e dei cara­bi­nieri che li aspet­ta­vano si levò il grido: «Ben­ve­nuti ad Ausch­witz». A par­tire da quel momento fu nei nomi di Hitler e di Mus­so­lini che si sca­tenò una mat­tanza, una siste­ma­tica opera di sadi­smi, cru­deltà, umi­lia­zioni e tor­ture per cen­ti­naia di per­sone inermi, espo­ste senza difesa alcuna alla vio­lenza illi­mi­tata di quei corpi di «uomini dello Stato».

Alcuni di que­gli uomini, con­dan­nati da sen­tenza di primo grado nel luglio 2008, fecero ricorso in appello. Il com­pito di rie­sa­mi­nare tutta la docu­men­ta­zione venne affi­dato a Roberto Set­tem­bre: di quella sto­ria aveva dovuto occu­parsi come giu­dice in una causa pre­ce­dente nella quale erano stati accu­sati e con­dan­nati i mem­bri del «Black Bloc», causa sca­te­nante del disa­stro della gior­nata geno­vese del G8. Quello che poi gli venne affi­dato era un com­pito diverso: un com­pito simile a quello dello sto­rico, come osserva in aper­tura del libro di rifles­sioni nato da quella espe­rienza, Gri­da­vano e pian­ge­vano La tor­tura in Ita­lia: ciò che ci inse­gna Bol­za­neto (Einaudi, pp. 260, euro 18,00).

In appello si lavora su ciò che è scritto, non si ascol­tano di nuovo testi­mo­nianze, non si vedono com­pa­rire accu­sa­tori e accu­sati. Davanti alla Corte ci sono solo i grossi fal­doni con gli atti del pro­cesso di primo grado: molte migliaia di pagine che il giu­dice rela­tore deve scor­rere per for­marsi un libero con­vin­ci­mento in mate­ria. Quel con­vin­ci­mento prese poi forma in una sen­tenza. Ma qui, nel libro che ha scritto, il giu­dice si è fatto sto­rico. Ha pen­sato che que­sta vicenda dovesse essere cono­sciuta al pub­blico dei let­tori. È a loro che ha voluto sot­to­porre le con­vin­zioni e le pro­po­ste che ne ha ricavato.

Si deve essere grati al giu­dice Roberto Set­tem­bre per que­sto libro: le sue pagine gui­dano il let­tore lungo un per­corso di ricerca met­tendo a fuoco via via situa­zioni, per­sone e com­por­ta­menti, affron­tando e risol­vendo dubbi, cer­cando la verità dei fatti ma anche, alla fine, ponen­dosi il pro­blema di come, per­ché, da quanto lon­tano si sia potuti arri­vare a que­gli esiti. Non si può che essere d’accordo con lui sul punto cen­trale: que­sta è una sto­ria che deve essere cono­sciuta, deve essere medi­tata, per­ché c’è in essa, al di là delle vicende nar­rate, degli orrori di vio­lenza e delle sof­fe­renze umane delle vit­time, un segnale impor­tante per l’intero paese, un segnale che non è stato ancora colto nella sua gravità.

Per capirne la natura biso­gna cono­scere quel che avvenne, allora, den­tro la caserma di Bol­za­neto. Biso­gna leg­gere le depo­si­zioni, col­lo­care volti e sto­rie negli spazi di quella caserma, seguire quel che vi spe­ri­men­ta­rono le vit­time. L’autore sem­bra aver fatto pro­prio la stra­te­gia di rico­stru­zione inte­riore che Igna­zio di Loyola definì come «com­po­si­zione di luogo»: vedere la scena («ver el lugar»), ascol­tare le voci, entrare men­tal­mente nelle situazioni.

Que­sto signi­fica ad esem­pio imma­gi­nare di essere al posto dell’arrestato Alfredo B. men­tre l’agente di poli­zia Gian Luca M. gli afferra con le due mani le dita della mano sini­stra e le diva­rica con vio­lenza lace­rando la mano fino all’osso. Signi­fica anche cogliere il valore di pic­coli det­ta­gli, come quello che affiora nella testi­mo­nianza dell’arrestato Alfio P.: il quale, men­tre rac­conta che nell’infermeria della caserma il medico «non si è com­por­tato come soli­ta­mente si com­porta un medico», ricorda inci­den­tal­mente che lui, il paziente, forse ancora in manette, era nudo, disumanizzato.

L’insieme delle sto­rie qui rico­struite alla fine fa emer­gere nella mente del giu­dice e in quella del let­tore una con­vin­zione «al di là di ogni ragio­ne­vole dub­bio»: qui non si tratta degli eccessi di uomini tra­sfor­mati in bestie asse­tate di san­gue, ine­briate dal pia­cere sadico dell’umiliazione e del dolore delle vit­time. Quello che accadde allora a Bol­za­neto – scrive Roberto Set­tem­bre – «va al di là di ogni sin­gola sto­ria». Siamo davanti alla costru­zione deli­be­rata di un uni­verso con­cen­tra­zio­na­rio. Poli­ziotti e cara­bi­nieri hanno in mente il modello dei campi di ster­mi­nio nazi­sti. Per loro gli arre­stati sono tutti ebrei e comu­ni­sti. La sub-cultura dei tor­tu­ra­tori si esprime nelle can­zoni fasci­ste, nel costrin­gere gli arre­stati a gri­dare «Viva Mus­so­lini» e a fare il saluto romano, nel con­si­de­rare «troie» tutte le donne per­ché di sini­stra, nel minac­ciarle di stu­pri, nel ves­sarle e ter­ro­riz­zarle, nel far gra­vare su tutti la paura della morte.

C’è un mito di fon­da­zione di quell’universo da incubo che si mate­ria­lizza nella caserma di Bol­za­neto, un mito neces­sa­rio e sem­pre pronto a rina­scere quando si cerca legit­ti­ma­zione ideo­lo­gica a un sistema di sopraf­fa­zione, di umi­lia­zione spinta fino all’estremo degrado fisico e men­tale delle vit­time. Que­sto sistema, che si mate­ria­lizzò per ore e per giorni nello spa­zio con­cen­tra­zio­na­rio di Bol­za­neto, lo ave­vano pre­di­spo­sto e lo gover­na­rono uomini dello Stato. Gli atti pro­ces­suali per­met­tono di seguirne i pas­saggi: le foto mostrano i volti mar­chiati da croci trac­ciate a pen­na­rello, i corpi con­tusi, le teste san­gui­nanti. Una vio­lenza fredda e illi­mi­tata è scritta nel volto ince­rot­tato di Gudrun, nei punti sulla gen­giva e sul lab­bro, nella sua man­di­bola frat­tu­rata con sette denti but­tati giù. Da allora sono pas­sati tanti anni, quei gio­vani tor­tu­rati si sono rico­struiti una vita. Roberto Set­tem­bre rac­conta con quanta dif­fi­coltà abbiano ritro­vato esi­stenze nor­mali e come a lungo abbiano dovuto lot­tare col peso di incubi e ter­rori, con la per­dita di fidu­cia nell’umanità tutta.

Rimane al let­tore la domanda di quale incubo di odio e di vio­lenza abi­tasse le menti di tutti dei tor­tu­ra­tori. Di que­gli uomini e donne, di quell’insieme di poli­ziotti, cara­bi­nieri, ope­ra­tori sani­tari abi­tual­mente defi­niti «ser­vizi di sicu­rezza» col­pi­sce la defi­ni­zione che vol­lero dare di se stessi. A Paul, una delle loro vit­time, fu chie­sto di rispon­dere alla domanda: «Chi è il tuo governo»; e la rispo­sta che si fecero dare in coro fu: «Poli­zia è il governo».

Si è ten­tati di respin­gere nel pas­sato la minac­cia a cui det­tero corpo allora quei poli­ziotti e quei cara­bi­nieri. Ma sarebbe sba­gliato. Le tare anti­che dello Stato ita­liano, fin dalle sue ori­gini sospet­toso e ostile nei con­fronti dei gover­nati, la sub-cultura fasci­sta che alli­gna nei luo­ghi di for­ma­zione dei corpi di sicu­rezza sono solo la parte affio­rante in super­fi­cie. Il depo­sito del pas­sato non è suf­fi­ciente a chi vuole capire il pre­sente. Qual­cuno – come qui si accenna – ha acco­stato il G8 geno­vese all’11 set­tem­bre ame­ri­cano: lo ha fatto il docu­men­ta­rio The Sum­mit di Mas­simo Lau­ria e Franco Fra­cassa pro­po­nendo la tesi di un com­plotto, di un coor­di­na­mento tra ser­vizi stra­nieri e poli­zia ita­liana per dare un segnale defi­ni­tivo ai con­te­sta­tori dei sum­mit internazionali.

In Egitto processo a el Massry, la rivoluzionaria operaia da: il manifesto

Egitto. L’attivista socialista Mahiennur el Masry resta in carcere per aver violato la legge anti-proteste. Mentre i figli di Mubarak, prosciolti, saranno presto liberi su cauzione

Mahiennur el Massry

«Rove­sce­remo que­sto regime creato sulla legge anti-proteste», ha detto al mani­fe­sto dalle sbarre della gab­bia per i dete­nuti della Corte di Ales­san­dria, Mahien­nur el Mas­sry. L’attivista comu­ni­sta è stata con­dan­nata a due anni di reclu­sione per aver preso parte e orga­niz­zato un assem­bra­mento ad Ales­san­dria d’Egitto per ricor­dare uno dei sim­boli delle rivolte del 2011, Kha­led Said, ucciso dalla poli­zia nel 2010.
«Nella mia cella ci sono decine di figli di con­ta­dini», ha con­ti­nuato l’avvocato, da 40 giorni in pri­gione, avvolta nel velo bianco dei dete­nuti. I ven­ti­la­tori del tri­bu­nale sono stati spenti all’improvviso, nono­stante il caldo tor­rido, come per invi­tare le cen­ti­naia di per­sone, accorse per vedere Mahie, ad uscire dall’aula. Lo sguardo di ghiac­cio del giu­dice She­rif Hafez, noto per la mano dura con­tro i dete­nuti poli­tici, ha gelato il pubblico.

Sve­ni­menti e risse hanno accom­pa­gnato la deci­sione della Corte di tenere Mahie in pri­gione almeno fino al pros­simo 20 luglio. «Dal decimo giorno di Rama­dan, potrete visi­tarmi ogni set­ti­mana», sus­sur­rava tra le sbarre Mahie alla madre e alle sorelle, Mirial e Mahie­sun. Gli avvo­cati, il comu­ni­sta Kha­led Ali e il socia­li­sta rivo­lu­zio­na­rio Hetam Moham­me­din, nelle loro arrin­ghe difen­sive, hanno dura­mente cri­ti­cato la legge anti-proteste e l’arresto immo­ti­vato di Mahie, che, secondo la difesa, par­te­ci­pava ad un assem­bra­mento spon­ta­neo. All’annuncio del rin­vio Mahie ha urlato, seguita a ruota dalle grida di decine di atti­vi­sti: «Con­te­stare è nostro diritto, rifiu­tiamo la legge anti-proteste. La rivo­lu­zione in tutte le strade». Nelle ore di camera di con­si­glio, alcuni foto­grafi sono riu­sciti a scat­tare delle foto all’interno della gab­bia con una pola­roid, poi con­se­gnate alla sua fami­glia. Mahie, insi­gnita del pre­mio inter­na­zio­nale Ludo­vic Tra­rieux per il suo impe­gno poli­tico, ha poi chie­sto tra le sbarre alla sorella Mahie­sun di occu­parsi del caso di una donna, dete­nuta insieme a lei, che non ha abba­stanza denaro per pagare la cau­zione e uscire di prigione.

Lo spa­zio della contestazione

«Cer­cherò di non pro­te­stare per evi­tare l’arresto ma con­ti­nuerò a recarmi in tri­bu­nale per aiu­tare chi non sa nep­pure per­ché è in pri­gione». Que­ste sono state le parole che ci aveva detto Mahie, poco prima di essere arre­stata. I giu­dici egi­ziani hanno col­pito lei per inti­mo­rire un folto gruppo di atti­vi­sti laici che, nono­stante cen­sure e restri­zioni (con la messa al bando del movi­mento 6 aprile, gli arre­sti di tre dei lea­der del movi­mento nato nel 2008 a soste­gno degli scio­peri, la con­danna a 15 anni dell’attivista Alaa Abdel Fat­tah) ha con­ti­nuato a con­te­stare i metodi anti­de­mo­cra­tici dell’esercito. E così, rac­con­tare l’impegno anti-regime di Mahie signi­fica ricor­dare come le con­te­sta­zioni si sono svolte ad Ales­san­dria, una città com­ple­ta­mente diversa dal Cairo, con uno spa­zio pub­blico pro­teso verso il mare ed esteso fino all’immensa Uni­ver­sità cit­ta­dina (dove tra la moschea di Qait Ibh­ra­him e Sidi Gaber si sono svolte le prin­ci­pali mani­fe­sta­zioni dal 2011 in poi) e uno ster­mi­nato entro­terra, con una peri­fe­ria estre­ma­mente disagiata.

Abbiamo incon­trato Mahie per la prima volta nel dicem­bre 2012 quando l’Egitto era diviso sulla Costi­tu­zione, voluta dai Fra­telli musul­mani. Insieme a lei abbiamo visi­tato i quar­tieri popo­lari di West el-Aghani, el Ame­reia dove si tro­vano cen­ti­naia di indu­strie, fino alla città costiera di Marsa Matruh. Nel cen­tro urbano si con­cen­trano i ric­chi palazzi nei rioni di Kafr Abdu e Rushdy. Ma più il mare è lon­tano, più i vicoli non asfal­tati e i palazzi di mat­toni nati senza cri­te­rio spun­tano ovun­que. Il lun­go­mare con la torre di Qait Bey e la biblio­teca ales­san­drina sem­brano lon­ta­nis­simi dagli slum di Nadi Sid e Mopg­zar Ali.

Prima dei con­sueti scon­tri dopo la pre­ghiera del venerdì, abbiamo par­te­ci­pato insieme a Mahie alla riu­nione di coor­di­na­mento delle oppo­si­zioni, il Fronte di sal­vezza nazio­nale, ora dis­solto. Il suo amico Tarek Mok­tar aveva appena orga­niz­zato un impo­nente scio­pero dei medici. «Chie­diamo che venga asse­gnato un bud­get per il sistema sani­ta­rio, di sta­bi­lire che la salute è un diritto di tutti e l’aumento dei salari del per­so­nale ospe­da­liero. Sta scio­pe­rando oltre il 90% del per­so­nale medico per­ché la Costi­tu­zione non va in que­sta dire­zione», denun­ciava Tarek. Susan Nada, altra pro­ta­go­ni­sta dei movi­menti di Ales­san­dria, segre­ta­rio del Par­tito socia­li­sta dei lavo­ra­tori, cri­ti­cava dura­mente l’Assemblea costi­tuente defi­nen­dola ille­git­tima, per l’assenza di rap­pre­sen­tanti di donne, con­ta­dini, stu­denti e lavo­ra­tori al suo interno.

Dai Tamar­rod all’arresto

Con que­sto spi­rito abbiamo incon­trato di nuovo Mahie durante le mani­fe­sta­zioni del movi­mento per le dimis­sioni dell’ex pre­si­dente Moham­med Morsi. La cam­pa­gna di rac­colta firme Tamar­rod (rivolta), nel mag­gio 2013, era soste­nuta dai movi­menti libe­rali e socia­li­sti e non era ancora infil­trata da espo­nenti dei Ser­vizi segreti mili­tari, come è stato con­fer­mato in seguito al colpo di stato mili­tare del 3 luglio 2013. Le urla di Mahie echeg­gia­vano più forti di ogni altro uomo o donna che par­te­ci­passe alle mani­fe­sta­zioni alle porte della Corte di Ales­san­dria. Dopo venti giorni di pri­gione, Mahien­nour ha potuto inviare due let­tere dal car­cere. La prima com­mo­vente mis­siva è stata resa pub­blica al suo avvo­cato Moham­med Rama­dan ed ha subito fatto il giro del mondo. Mahie ha chia­mato gli egi­ziani alla lotta di classe. L’attivista ha poi descritto il car­cere come un micro­co­smo di poveri e ric­chi dove i secondi hanno accesso a tutto e i primi a niente, pro­prio come nella vita reale. I dete­nuti della sua cella sono lì per­ché non hanno potuto pagare dei debiti, molti per le spese dei matri­moni dei figli. Nella seconda let­tera dalla pri­gione, l’avvocato ha invece rifiu­tato amni­stie fin­ché non verrà emen­data la legge anti-proteste.

Sono state orga­niz­zate due con­te­sta­zioni per chie­dere il rila­scio di Mahie. La prima si è tenuta alle porte della sede del Cen­tro per i diritti eco­no­mici e sociali (Ecesr) del comu­ni­sta e suo avvo­cato difen­sore, Kha­led Ali, ad Ales­san­dria d’Egitto. 16 atti­vi­sti, tra cui Tarek Mok­tar, sono stati arre­stati e poi rila­sciati. Al Cairo la pro­te­sta si è svolta alle porte del sin­da­cato dei giornalisti.

Ormai, nell’Egitto dell’ex gene­rale Abdel Fat­tah el-Sisi non c’è più spa­zio per la con­te­sta­zione dei gio­vani rivo­lu­zio­nari. Seb­bene il ritorno del vec­chio regime è impla­ca­bile, e i figli dell’ex pre­si­dente Hosni Muba­rak, Gamal e Alaa saranno pre­sto liberi su cau­zione dopo essere stati pro­sciolti da alcune delle accuse di cor­ru­zione a loro carico, Mahie con­ti­nuerà a lot­tare per i diritti di poveri, lavo­ra­tori e delle fami­glie delle cen­ti­naia di atti­vi­sti uccisi nelle pro­te­ste degli ultimi tre anni in Egitto. Le cen­ti­naia di atti­vi­sti di Ales­san­dria invece, tra un caffè e un nar­ghilè nel pic­colo bar a due passi dal cinema Amir, con­ti­nue­ranno a vedere in que­sta incre­di­bile gio­vane donna, il sim­bolo del riscatto della città sul mare.