Pubblicato sul mensile dell’ANPI nazionale “Patria Indipendente” , 25 maggio 2008
I siciliani nella Resistenza e nei lager
Per non dimenticare…
Sono una docente di storia e vorrei segnalare l’incontro
con Nunzio Di Francesco, partigiano “Athos” nelle
Brigate Garibaldi, nella mia scuola, il Liceo Scientifico
Leonardo di Giarre (Catania).
L’incontro è stato molto interessante grazie soprattutto
a Nunzio, che ha saputo coinvolgere e appassionare i
nostri studenti, trascinandoli nelle drammatiche vicende
vissute. Una mia alunna ha raccontato questa esperienza.
Mi premeva segnalare il prezioso contributo alla vostra
associazione, e ringrazio tutti voi per l’insostituibile
apporto alla memoria storica così importante oggi per
tutti e in particolare per le nuove generazioni.
(Grazia Messina)
* * *
L’agghiacciante decisione di sterminare gli ebrei che
vivevano in Germania e in Europa venne presa nel
gennaio 1942 durante una riunione segreta dei più alti
funzionari della Germania nazista al Grosser Wannsee,
nei pressi di Berlino, nel corso della quale venne
programmata nei minimi dettagli la “soluzione finale”
della razza ebraica. Tale “soluzione” fu la tragica conclusione
della politica persecutoria antisemita avviata
da Hitler sin dal suo avvento al potere.
Sei milioni e mezzo di uomini, donne, bambini scomparvero
così dal mondo solo perché appartenevano ad
una “razza inferiore”. Furono deportati nei lager più
di 7.000 ebrei italiani, dei quali solo circa 600 sopravvissero.
Anche gli zingari, i dissidenti politici, i partigiani,
gli omosessuali, i testimoni di Geova, furono
annientati dalla spietata barbarie nazista. Si arrivò così
ad un totale complessivo che viene oggi stimato tra
13 e 18 milioni di vittime.
Non bisogna dimenticare ciò che è accaduto. Non dimenticare
vuol dire sapere a cosa portano alcuni atteggiamenti
dettati da sete di potere, egoismo o, semplicemente,
superficialità,
assenza di
pensiero, come
ebbe a dire la studiosa
Hannah
Arendt. Ad esempio,
sapere come
va a finire l’umanità
quando decadono
valori fondanti
come il rispetto
per la dignità dell’uomo,
la solidarietà,
l’amicizia, la
fratellanza, l’ospitalità.
O come va a
finire il mondo
quando sul buon
senso prevale l’uso
della forza, intesa
come guerra o come sopraffazione. Non dimenticare
vuole dire fare sforzi per non ripetere errori che possono
togliere la libertà, portare la morte. Non dimenticare
vuole dire anche capire meglio quello che accade
ogni giorno a ciascuno di noi. Capire che non si
può fare finta di non vedere. Che si diventa complici
oggi come ieri quando si tace davanti alla violenza, alla
censura, davanti alla manipolazione della verità, davanti
alle bugie più sfrontate. Tali sono quelle che ci
propina chi sostiene che la guerra può essere una missione
umanitaria, che la guerra può, a volte, essere necessaria.
Sabato 26 gennaio abbiamo incontrato a scuola, in
occasione del Giorno della Memoria, un ex deportato
politico nel campo di Mauthausen, Nunzio Di Francesco,
il partigiano “Athos” delle Brigate Garibaldi in
Piemonte, con l’intento di comprendere ancor più la
drammaticità della realtà di emarginazione e di brutale
violenza nella quale queste vittime erano costrette a
vivere quotidianamente e che strappava loro ogni forma
di dignità umana, annullandole come persone.
Nunzio Di Francesco
lascia Linguaglossa
per la
guerra e si trova
sul fronte all’annuncio
dell’armistizio
dell’8 settembre
1943. Decide
di unirsi ai
partigiani piemontesi
per lottare
contro i nazisti
che avevano occupato
l’Italia centro-
settentrionale.
La libertà diventa
la sua speranza, la
sua forza. L’11
gennaio del 1945
arriverà al campo
Nunzio Di Francesco mentre parla agli studenti.
Il fazzoletto con il numero che a Nunzio Di Francesco era stato assegnato nel campo di
Mauthausen.
di Mauthausen in Austria, prigioniero politico dei nazisti
e qui vivrà i mesi più terribili della sua vita.
Il 5 maggio del 1945 il lager viene liberato. Nunzio è
malato, pesa solo 30 chili, riceve dunque le prime cure.
Si riprende lentamente, anche ingoiare un boccone
è un tormento infinito.
Rientrato in Sicilia, trova scarsa comprensione tra la
gente che non aveva vissuto il dramma dell’occupazione
nazista e tuttavia continua ad impegnarsi come
sindacalista per difendere gli ideali di libertà che lo
avevano portato ad accostarsi alla lotta partigiana e il
suo impegno civile e morale continua tuttora, come
presidente onorario dell’ISSICO (Istituto Siciliano
per la Storia dell’Italia Contemporanea), dirigente
ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani),
consigliere nazionale ANED (Associazione Nazionale
Ex Deportati), e con la testimonianza che offre ai giovani
e agli studenti nelle scuole, affinché non si dimentichi
il buio che abbiamo attraversato.
Questo incontro è stato diverso da ogni tipo di documentario
storico o rappresentazione cinematografica
dell’accaduto che spesso ci viene presentato. È stato
diverso perché questa volta era uno di loro a raccontare,
uno che aveva vissuto sulla propria pelle la barbarie
e la brutalità dei carnefici nazisti. L’emozione era
forte ed era suscitata soprattutto dall’intensità e dall’enfasi
che Nunzio metteva nell’esposizione della
propria esperienza. Mentre parlava mi scorrevano dinanzi
agli occhi le immagini
dei campi di
sterminio, della tragica
situazione in cui si trovavano
le vittime, e cresceva
sempre più un
sentimento di indignazione
per tutto ciò che
è accaduto e che nessuna
persona di buon
senso poteva, nemmeno
lontanamente, immaginare
avvenisse
realmente. Non si può
rimanere indifferenti a
tali eventi, e non bisogna
rimanere distanti se
vogliamo che la storia
sia davvero maestra di
vita e che la consapevolezza
dei fatti accaduti
possa aiutare a non
commettere più i medesimi
errori. La testimonianza
di questi superstiti
riveste un ruolo
fondamentale per riferire
a coloro che, come
noi, non erano ancora
nati, di cosa l’uomo è
stato capace e, se davvero
“la storia insegna”,
perché non si verifichi
mai più un simile assurdo massacro di innocenti.
Il 27 gennaio è il “Giorno della Memoria” che la legge
italiana nel 2000 ha istituito “al fine di ricordare la
Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali,
la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani
che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la
morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti
diversi, si sono opposti al progetto di sterminio
e, a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite
e protetto i perseguitati”.
Un giorno speciale per tutti, perché bisogna ricordare
che i morti hanno un nome e un cognome, progetti,
affetti, che avevano la nostra stessa voglia di vivere.
Anche noi vogliamo ricordare le vittime, dei regimi
politici e religiosi, i martiri dell’odio e del terrore,
coloro che sono straziati nel fisico e nell’anima fino
ad essere non persone. Vogliamo ricordare per dire
mai più.
Ogni articolo, ogni filmato, ogni contributo alla Memoria
risulta essere una piccola cosa rispetto a ciò che
è accaduto ma, a parer mio, ogni piccola cosa diventa
preziosa se può contribuire a rendere sempre viva la
memoria del genocidio e a non dimenticare affinché,
come ha scritto Nunzio Di Francesco nel suo libro, Il
costo della libertà, «il sacrificio di coloro che non ritornarono
non incontri il tramonto».
Valentina Zarbano, 5a H
– patria indipendente l 25 maggio 2008 l XXIII
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