ANPInews 107

 

Su questo numero di ANPInews (in allegato):

APPUNTAMENTI

 

Dal 7 al 16 febbraio, su iniziativa del Comitato Provinciale ANPI del Verbano Cusio Ossola, e con l’orazione ufficiale di Carlo Smuraglia: 70esimo anniversario della Battaglia di Megolo 

ARGOMENTI

Notazioni del Presidente Nazionale ANPI, Carlo Smuraglia:

Verrebbe voglia di dire, di fronte alla “fatidica” data del 20 febbraio: ma facciano quello che vogliono, purché lo facciano e soprattutto purché si scenda sul concreto e si affrontino i problemi reali, grandi come case, della “gente”. Mi permetto di proporre un’agenda…

Si è creata, in tutto il Paese, un’atmosfera di attesa per la “fatidica” data del 20 febbraio, in cui una riunione della Direzione del PD dovrebbe sciogliere tutti i nodi e indicare le vie del nostro futuro. Francamente, sono poco interessato a tutte le  illazioni, invenzioni, soluzioni che si leggono sui giornali e si ascoltano (per chi riesce ancora a farlo) nei talk-show. Verrebbe voglia di dire, di fronte a queste chiacchiere più o meno sommesse: ma facciano quello che vogliono, purché lo facciano e soprattutto purché si scenda sul concreto e si affrontino i problemi reali, grandi come case, della “gente”. Ma sarebbe troppo comodo, ed allora mi proverò io, povero “untorello”, direbbe il Manzoni, a indicare l’agenda, così come per un sogno che poi morirà all’alba, come diceva Montanelli (oggi sono in vena di citazioni!). Ecco la mia “suggestione”: (…)

Un nuovo polverone sul Presidente della Repubblica e un’inedita alleanza tra berlusconiani e grillini?

(ultim’ora). La news era già pronta, quando è  scoppiato l’ennesimo   polverone, a seguito della pubblicazione di un libro del giornalista Alan Friedman. Non c’è il tempo, adesso, per addentrarsi in una questione di cui si attendono ancora gli sviluppi. Ma l’immagine del polverone è già evidente; e l’idea di un connubio tra i berlusconiani e i grillini per sostenere l’impeachment del Presidente Napolitano è già sul campo. Possiamo solo porci qualche interrogativo: si rendono conto, questi signori, di cosa vuol dire la messa in stato d’accusa di un Presidente della Repubblica (secondo l’art. 90 della Costituzione, l’ipotesi è quella di “alto tradimento o attentato alla Costituzione”)? (…)

  ANPINEWS N.107-1

Abbiamo ripetutamente preso posizione sul progetto di riforma costituzionale d’intesa con altre Associazioni, a partire dalla più nota e significativa (“Salviamo la Costituzione”). Abbiamo approvato e fatto nostro un documento, proprio sull’art. 138 e sul percorso per le modifiche alla Costituzione, predisposto dai Comitati Dossetti e indirizzato a tutti i Senatori.

 

 

La nostra mobilitazione continua
In Parlamento, si sta procedendo a tutta velocità, nell’esame del disegno di legge
Costituzionale, che contiene gli indirizzi per la progettata riforma e una modifica anche
dell’art. 138 della Costituzione.
Una celerità incomprensibile e sospetta. Abbiamo ripetutamente preso posizione, su tutto
questo, d’intesa con altre Associazioni, a partire dalla più nota e significativa (“Salviamo la
Costituzione”). Abbiamo approvato e fatto nostro un documento, proprio sull’art. 138 e sul
percorso per le modifiche alla Costituzione, predisposto dai Comitati Dossetti e indirizzato a
tutti i Senatori.
Continua la nostra mobilitazione; e speriamo che lo sia anche nelle sedi periferiche dell’ANPI,
dove sono necessarie manifestazioni, incontri con parlamentari, ecc. Qualunque iniziativa può
essere utile per fermare l’inaccettabile percorso che si sta seguendo in Parlamento.
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Il Movimento 5 Stelle di Catania aderisce alla manifestazione del 25 aprile nel nome della Resistenza e dell’Antifascismo, quale valori fondanti della nostra democrazia

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Minacce alle Femen: “Vi taglieremo i seni. Li mangeranno i nostri cani”. Un’attivista: “Non ci fermeremo!”| Autore: isabella borghese da: controlacrisi.org

Ci ha lasciati esterrefatti la notizia del 2 aprile che riguarda l’internazione della giovane diciannovenne delle Femen, Amina Tyler. Ma a questa disumana ingiustizia la reazione esterna è stata altrettanto chiara e forte.
Tre attiviste del gruppo hanno manifestato a Milano davanti al consolato tunisino a Milano. Una protesta che è stata proclamata a livello internazionale: in Francia 15 attiviste che erano riunite davanti all’ambasciata tunisina sono state arrestate: avevano incitato donne a inviare foto a seno nudo. Numero anche le minacce rovolte a loro sulla pagina internet.

E anche l’Italia risponde a questo dramma umano con l’idea di creare un gruppo Femen nel nostro paese. “Stiamo organizzando il movimento e ci sono ancora cose da sbrigare a livello logistico – raccontano due delle ragazze italiane che hanno partecipato al presidio davanti all’ambasciata – Di noi c’è bisogno anche qui: siamo attiviste femministe che lottano per l’uguaglianza tra donne e uomini, vogliamo la fine di ogni cultura patriarcale, siamo contro le dittature, la religione e lo sfruttamento sessuale. In Italia c’è un bel po’ di lavoro da fare”.

Le tre italiane sono Giorgia, Elvire e Tiziana le tre protagoniste della manifestazione che conoscevano Amina e con cui stavano programmando un’azione in Tunisia.
“Stavamo preparando un’azione delle nostre, in topless, da fare in Tunisia con lei –  dichiara Elvire – Lei avrebbe voluto farla da sola ma noi le abbiamo detto di aspettare. Lei ha deciso, nel frattempo, di pubblicare la sua foto a seno nudo coperto dalla scritta “il mio corpo mi appartiene e non è di nessuno” ma la situazione da lì è degenerata. Per cinque giorni non abbiamo più saputo nulla di lei. Poi ci siamo messe in contatto con due giornalisti che l’hanno intervistata e che ci hanno detto che è segregata in casa e non sta bene: il cugino l’ha picchiata e i genitori le danno tranquillanti per non farla reagire. Non la mandano nemmeno a scuola. Dicono che è pazza e che si fatta manipolare da persone esterne. Ma non è vero: è lei che è venuta da noi”.

Le Femen attraverso vari contatti locali si stanno muovendo affinché Amina venga liberata e possa così espatriare.
“Non siamo però ancora riuscite a parlare con lei. Ci hanno detto che lei forse non vuole andarsene ma restare in Tunisia e lottare da lì per la libertà delle donne arabe – continua Elvire – E’ la prima volta che una ragazza araba viene sequestrata dopo un’azione. Ci sono delle Femen che avevano fatto manifestazioni in Tunisia ma mai a seno scoperto. Noi siamo qui perché ci rendiamo conto che la situazione è difficile e vogliamo lottare per lei. Lei non è sola e deve essere liberata”.

Ma le Femen non hanno paura e proseguono con il loro credo e la loro attività.

“Ma noi non ci facciamo intimidire – ribadisce Elvire. – Anzi, le nostre azioni diventeranno sempre più radicali proprio a causa delle reazioni violente dell’Islam nei confronti del corpo femminile. Un comportamento come quella che c’è stato contro Amina è una dichiarazione di guerra”.

ANPInews n. 68 – 18/25 marzo 2013 Periodico iscritto al R.O.C. n.6552

 

anpinews

Su iniziativa della Sezione ANPI di Tolentino (MC) e del Comune, si svolgeranno, a partire dal
22 marzo, delle iniziative pubbliche per commemorare il 69° anniversario dell’eccidio di
Montalto (MC), in cui persero la vita, per mano nazifascista, 26 giovani.
Pubblichiamo di seguito il programma della giornata conclusiva, domenica 24 marzo, dove
prenderà la parola il Presidente Nazionale ANPI:
ore 8.00
Una delegazione ANPI deporrà corone di alloro a San Severino Marche, Borgiano, Muccia,
Caldarola, Vestignano e Montalto;
Piazza Libertà, ore 9.00
Raduno e formazione del corteo che si dirigerà verso il Cimitero accompagnato dal Gruppo
Bandistico “Nicola Simonetti” dell’Ass. “Nazareno Gabrielli – Città di Tolentino”;
Famedio dei caduti, ore 9.30
Celebrazione della Santa Messa (in caso di pioggia la Santa Messa sarà celebrata presso la
Basilica di San Nicola);
Piazza della Libertà, ore 10.30 (in caso di pioggia Sala Consiliare)
Deposizione corona alla lapide dei Caduti Saluto del Sindaco di Tolentino – Saluto del
Presidente ANPI di Tolentino – Intervento del Sindaco del Consiglio dei Ragazzi e di un
rappresentante delle Scuole Superiori – Orazione ufficiale di Carlo Smuraglia, Presidente
Nazionale dell’ANPI.
Piazza Libertà, ore 11.40
Partenza in pullman per Montalto con sosta a Caldarola per onoranze al Cippo della Medaglia
d’Argento Aldo Buscalferri.
Ulteriori info su:
http://www.comune.tolentino.mc.it
http://www.anpitolentino.it
http://anpimarche.wordpress.com
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► Pubblichiamo di seguito il messaggio di cordoglio della Presidenza e della
Segreteria Nazionale ANPI per la scomparsa di Teresa Mattei, Partigiana e
Costituente
Ci ha lasciato Teresa Mattei, partigiana combattente, Costituente, per anni componente
della Presidenza onoraria dell’ANPI.
Un lutto gravissimo per tutti i sinceri democratici e antifascisti: Teresa è stata il simbolo di
una lotta autentica e appassionata per l’uguaglianza nei diritti di tutti i cittadini, senza alcuna
distinzione: proprio l’articolo 3 della Costituzione porta la sua firma.
Una vita di battaglie, la sua, a cominciare dall’esperienza partigiana – fu valorosa
combattente nella formazione garibaldina Fronte della Gioventù con la qualifica di
Comandante di Compagnia – fino all’attività nell’Assemblea Costituente, di cui a 25 anni fu la
più giovane componente, alle battaglie successive per i diritti delle donne, per non
dimenticare il suo impegno nell’educazione dei minori: fu lei a fondare la Lega per i diritti
dei bambini alla comunicazione che promosse in tutto il mondo campagne per la pace e
la non violenza, come anche la Cooperativa di Monte Olimpino, la cui attività era tesa a
far realizzare – in piena autonomia – ai bambini delle scuole elementari e degli istituti per
handicappati, dei documentari e cortometraggi. Alcuni di questi furono ospitati nel 1969 dalla
mostra del Cinema di Venezia.
Il cinema, una passione che l’ha accompagnata per anni. Ma la più grande fu forse quella per
i giovani. La trasmissione della memoria alle nuove generazioni è stata un’altra “battaglia”
che ha segnato buona parte della sua esistenza. Memoria attiva, che guarda al futuro. Ci
piace oggi ricordare e riportare uno dei suoi ultimi messaggi – accorato, pieno di senso di
responsabilità e tenacia morale seppure pronunciato con voce ormai flebile – rivolto ai
giovani dell’ARCI di Mesagne (Brindisi): “Siete la nostra speranza, il nostro futuro. Custodite
gelosamente la Costituzione. Abbiamo bisogno di voi in modo incredibile. Cercate di fare voi
quello che noi non siamo riusciti a fare: un’Italia veramente fondata sulla giustizia e sulla
libertà”.
Porteremo con noi – e non cesseremo mai neanche un giorno di trasmetterla alle ragazze e ai
ragazzi – la forza di queste parole, la loro carica di futuro e di limpido e inossidabile amore
per il Paese.
LA PRESIDENZA E SEGRETERIA NAZIONALE ANPI
Roma, 13 marzo 2013
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ARGOMENTI
NOTAZIONI DEL PRESIDENTE NAZIONALE ANPI
CARLO SMURAGLIA:
Stiamo vivendo una fase molto complessa e difficile della vita politica, in cui si alternano
momento di preoccupazione e spesso di rabbia a momenti addirittura esaltanti. Vedrò di
esaminare rapidamente gli uni e gli altri, pur essendo costretto ad una relativa brevità per il
numero, appunto, degli eventi da prendere in considerazione.
► E’ motivo di soddisfazione e di speranza che la scelta del nuovo pontefice sia
caduta su un uomo molto più incline ad esaltare la povertà piuttosto che gli
splendori della Chiesa. Così come conforta l’idea che il nuovo Pontefice usi parole
e adotti comportamenti che rappresentano, per tutti, un segnale positivo.
L’elezione del nuovo Pontefice riguarda essenzialmente la Chiesa ed i credenti; ma in qualche
modo finisce per riguardare tutti, soprattutto quanti in questa occasione intravedono segni di
cambiamento e di rinnovamento, sentendo riecheggiare parole ed espressioni che
sembravano dimenticate. In effetti, è motivo di soddisfazione e di speranza che la scelta sia
caduta su un uomo molto più incline ad esaltare la povertà piuttosto che gli splendori della
Chiesa. Così come conforta l’idea che il nuovo Pontefice usi parole e adotti comportamenti
che rappresentano, per tutti, un segnale positivo. La solidarietà, l’attenzione agli umili ed ai
poveri, il richiamo ad un Santo passato alla storia come il “poverello di Assisi” mostrano
un’attenzione importante al malessere, ai disagi sociali, ai drammi di una società in grave
crisi, da cui quale bisogna uscire non solo con una nuova economia e una nuova politica, ma
anche con una nuova etica. Per questo, abbiamo considerato l’avvento di Papa Francesco
come un’indicazione che conforta le attese e le speranze di tutti coloro che aspirano ad una
società più giusta ed equa. Che tali aspirazioni provengano anche dall’autorevole voce del
Papa incoraggia gli sforzi di coloro che si adoperano per il cambiamento e soprattutto
lavorano perché la solidarietà umana prevalga finalmente, sugli egoismi. In questo contesto,
anche noi laici possiamo dare un sincero benvenuto al nuovo Pontefice.
► L’elezione di Laura Boldrini e Pietro Grasso: si tratta di persone, in un certo
modo, nuove per la politica, ma di larga esperienza nel campo della socialità, la
prima, e dell’impegno contro la criminalità organizzata e in favore della legalità, il
secondo. La loro storia personale è di per sé significativa e rappresentativa di una
reale volontà e possibilità di rinnovamento
L’elezione dei due Presidenti della Camera e del Senato, nella persona di Laura Boldrini e
Pietro Grasso, rappresenta un ulteriore motivo di soddisfazione e addirittura di entusiasmo. Si
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tratta di persone, in un certo modo, nuove per la politica, ma di larga esperienza nel campo
della socialità, la prima, e dell’impegno contro la criminalità organizzata e in favore della
legalità, il secondo. La loro storia personale è di per sé significativa e
rappresentativa di una reale volontà e possibilità di rinnovamento. Le parole che
hanno pronunciato in occasione dell’insediamento sono di ulteriore conforto e
speranza. Il richiamo ai disoccupati, agli esodati, agli imprenditori strangolati dalla crisi, agli
emigranti , agli esclusi, fatto dalla Boldrini, riempie il cuore e suscita nuove speranze. Ancor
di più ci conforta e soddisfa l’auspicio che la Camera diventi la “Casa della buona politica”, e
l’attenzione dedicata agli emigranti, alle donne colpite dalla violenza, agli esclusi, cioè a tutto
un mondo che non è quello dei poteri, dell’arroganza, dell’abuso, della corruzione, ma
piuttosto quello della sofferenza, della correttezza, della trasparenza. Si legge, nelle parole
della Boldrini, l’immagine di un mondo pulito e giusto. E finalmente nell’aula del
Parlamento che un tempo si volle “sorda e grigia” ma poi per troppo tempo è
apparsa dimentica dalla nostra storia nella sua parte migliore, si sente dire che “i
diritti sono stati scritti in Parlamento ma sono stati costruiti liberando gli italiani
dal fascismo”. Parole di grande rilievo e ricche di significato, cui fanno eco quelle
pronunciate da Grasso, nuovo Presidente del Senato, che parla di legalità e di
impegno contro le mafie, e sottolinea la necessità della verità per le tante stragi
impunite che l’Italia ha subìto in questo dopoguerra. Parole che hanno di per sé
un grande significato, ma sono corroborate e irrobustite dalla storia di questi due
Presidenti, che le fa ritenere parole di vita e di impegno e non di semplice rito.
E poi ci si lasci esultare all’idea che una donna venga eletta ad una carica così importante,
nella quale – certo – è stata preceduta da altre due donne, negli anni passati, ma in cui il
cammino femminile verso la parità anche ai vertici sembrava essersi arrestato. Anche questo
fa ben sperare che parole come libertà ed uguaglianza tornino a risplendere, acquistando
concreta effettività, nel firmamento non solo del Parlamento, ma di tutto il Paese.
Non entriamo nel dibattito politico sulla durata di queste cariche e sulle prospettive
istituzionali per il prossimo futuro; e neppure vogliamo andare al di là di una felice presa
d’atto di quella libertà di opinione e di azione che si è manifestata al Senato. Vedremo nei
prossimi giorni e nei prossimi mesi quali saranno i frutti; intanto riempiamoci gli occhi e il
cuore di questa fioritura primaverile.
► Al richiamo di “Libera”, 150.000 mila persone, cittadini e cittadine, in gran
parte giovani, si sono riunite ed hanno sfilato per le vie di Firenze, per ricordare le
vittime della mafia, anzi delle mafie. E’ un fatto estremamente significativo, che ci
mostra un Paese che non vuole arrendersi all’inciviltà, alla barbarie della
criminalità organizzata
Poiché siamo in tema di vicende di alto significato, non posso fare a meno di ricordare che, al
richiamo di “Libera”, 150.000 mila persone, cittadini e cittadine, in gran parte giovani, si
sono riunite ed hanno sfilato per le vie di Firenze, per ricordare le vittime della mafia, anzi
delle mafie. E’ un fatto estremamente significativo, che ci mostra un Paese che non vuole
arrendersi all’inciviltà, alla barbarie della criminalità organizzata e neppure alle offese che il
tempo reca alla memoria. Sono stati letti, a Firenze, novecento nomi di caduti in questa
“guerra” implacabile, che ha colpito e colpisce ancora commercianti, sindacalisti, sacerdoti,
imprenditori, carabinieri, poliziotti, sindaci, magistrati, giornalisti e tante persone comuni,
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uomini e donne, colpevoli solo di non aver subìto e di aver cercato di reagire, rivendicando il
diritto di essere liberi. C’è ancora in Italia chi non si limita a protestare, ma opera,
partecipa e si impegna per la convivenza civile, per la libertà, per i diritti sanciti
dalla Costituzione.
Ho presenziato anch’io ad una delle manifestazioni preparatorie a Milano, e già
ero stato convinto partecipe di questa voglia complessiva di non arrendersi; la
manifestazione di Firenze e i tanti giovani che vi hanno partecipato mi convincono
ancora di più che se ci sono tanti aspetti negativi nelle vicende che stiamo
vivendo, c’è tuttavia una forte volontà di costruire un mondo nuovo. Una volontà
con cui l’ANPI non può che essere in piena assonanza, perché questo è anche il nostro
intento e il nostro sforzo, per il ricordo dei caduti e delle vittime e per l’orgoglio e l’impegno
di lavorare perché a tutti sia restituita la dignità e la libertà di vivere secondo le regole
elementari della correttezza e dell’equità e nel reale rispetto dei valori fondanti del nostro
sistema costituzionale.
► Grande attenzione, approfondimento, ma anche passione al Convegno
dell’ANPI Nazionale del 16 marzo a Milano. Ed è questo il segno più importante,
così come il fatto che il pubblico non fosse solo femminile ma registrasse anche la
presenza di molti uomini: a riprova del fatto che la battaglia per la libertà,
uguaglianza e parità non è riservata al genere femminile, ma impegna, nello
stesso modo, tutti, indipendentemente dal sesso
Anche se, in questo caso, si tratta di un fatto almeno in parte di minore rilievo rispetto ai
precedenti di cui ho parlato, voglio dedicare qualche parola alla magnifica riuscita del
Convegno Nazionale promosso dall’ANPI e organizzato dal coordinamento donne dell’ANPI. Il
Convegno si è svolto a Milano, nella bella cornice del Salone degli Alessi a Palazzo Marino,
nella giornata di sabato 9, con relatori illustri (Menapace, Lunadei, Gagliani, Mantegazza), un
intervento del Presidente Nazionale dell’ANPI e le splendide conclusioni di Marisa Ombra. La
sala era piena di un pubblico strabocchevole. E tale è stato per l’intera giornata. Al mattino
c’erano anche molti giovani, ragazze e ragazzi, studenti, che hanno partecipato con estrema
attenzione anche se costretti a sedere per terra perché non c’erano più posti e hanno
proposto anche interessanti ed intelligenti domande dopo le prime relazioni. Il tema era “La
violenza e il coraggio” (donne, fascismo, antifascismo, Resistenza, ieri ed oggi). Si
voleva esplorare quale sia stato il comportamento e l’ideologia del fascismo nei
confronti delle donne, come esse abbiano reagito e quanto di quelle ideologie e
della resistenza femminile sia riuscito a superare la soglia del tempo, restando
presente e vivo anche ai giorni d’oggi.
Si è discusso, dunque, non solo di memoria e di comportamenti passati, ma anche
di ciò che accade nel presente, di quanti pregiudizi restano in piedi contro le
donne e quanto ancora sopravvive delle peggiori concezioni proprietarie, in casa e
fuori, da parte degli uomini. Lo si è fatto con attenzione e approfondimento, ma
anche con passione. Ed è questo il segno più importante, così come il fatto che il
pubblico non fosse solo femminile ma registrasse anche la presenza di molti
uomini: a riprova del fatto che la battaglia per la libertà, uguaglianza e parità non
è riservata al genere femminile, ma impegna, nello stesso modo, tutti,
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indipendentemente dal sesso: per la semplice ragione che si tratta di una
battaglia di civiltà.
Rimarchevole anche il fatto che i partecipanti fossero non solo milanesi ma provenienti da
molte parti d’Italia, alcune perfino dalla Calabria e dalla Sicilia: un fatto di rilevante entità,
che rivela attenzione e volontà di partecipazione e di approfondimento.
A tutti quelli che hanno partecipato, talvolta con particolare e personale sacrificio, va
doverosamente rivolto un ringraziamento sincero. Così come un forte ringraziamento va
rivolto ai relatori e a tutti coloro che hanno contribuito con letture, grafici, audiovisivi a
determinare una cornice significativa per l’intero evento; alle compagne e amiche del
Coordinamento donne dell’ANPI, che hanno materialmente e con fatica organizzato, con
estrema cura, il Convegno e tutti gli aspetti logistici e comunicativi, col contributo saliente
anche dell’Ufficio stampa nazionale dell’ANPI; alla Segreteria dell’ANPI milanese, il cui
apporto è stato determinante per garantire presenza e successo all’iniziativa. Alla fine è “il
gioco di squadra“ che vince sempre; anche se, purtroppo, ancora una volta si deve
riscontrare la scarsissima volontà di parteciparvi da parte degli organi di comunicazione e di
informazione, che palesemente hanno sottovalutato la rilevanza della discussione e del
Convegno stesso, imperniato su temi che riguardano non tanto e solo la memoria, ma anche
e soprattutto il presente. Anche su questo dovremo fare una riflessione attenta, perché il
fenomeno si ripete ed è incredibile che in questo Paese si tardi ancora a comprendere che il
progresso complessivo è dovuto soprattutto alla composizione di tanti fatti concomitanti, di
tanti eventi, insomma di tanta partecipazione, della quale è opportuno ed utile che sia dato
conto.
► Avevo parlato la settimana scorsa degli sforzi del “Cavaliere”, per evitare i
processi. Adesso, alle malattie più o meno consistenti ed agli impegni politici
addotti per ottenere rinvii dei processi, si è aggiunta una nuova pagina, davvero
poco esaltante: la richiesta di trasferimento dei processi ad altra sede (Brescia)
per “legittimo sospetto”
Poiché non mancano mai gli aspetti negativi, debbo soffermarmi, sia pure brevemente, su
almeno due fatti che in questi giorni ci hanno colpito, e tutti negativamente. Avevo parlato la
settimana scorsa degli sforzi del “Cavaliere”, per evitare i processi. Adesso, alle malattie più o
meno consistenti ed agli impegni politici addotti per ottenere rinvii dei processi, si è aggiunta
una nuova pagina, davvero poco esaltante: la richiesta di trasferimento dei processi ad altra
sede (Brescia) per “legittimo sospetto”. La legge prevede che tale richiesta (che se accolta,
comporterebbe il rischio di ricominciare tutto daccapo) possa essere avanzata quando “gravi
situazioni locali” possano turbare lo svolgimento dei processi, pregiudicando la libera
determinazione e determinando eventualmente motivi di “legittimo sospetto”. Ora, di gravi
situazioni locali non se ne sono viste davvero, a Milano, fatta eccezione per la eversiva
manifestazione dei parlamentari del PDL, davanti e dentro il Palazzo di Giustizia. Ma di questo
avvenimento non si parla, nella richiesta di rimessione, per la ovvia ragione che ne sono stati
protagonisti gli stessi che, in definitiva hanno proposto, sempre a nome e per conto del
“Cavaliere” la richiesta di trasferimento dei processi. Per il resto, non c’è stata altro che
qualche legittima critica, del resto formulata e formulabile in qualunque parte di Italia,
riguardo a ciò che stava avvenendo al palazzo di giustizia di Milano, in cui lo sforzo degli
imputati e dei loro sostenitori non era quello di difendersi nel processo ma quello di
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difendersi dal processo, dunque dalla stessa giustizia. E allora resta la tesi del “legittimo
sospetto” che i Magistrati di Milano non siano imparziali. E perché mai? E perché tutti, visto
che ormai non si tratta più solo dei Pubblici Ministeri ma dei Giudici del Tribunale anche in
diversa composizione dei Collegi e dei Magistrati della Corte d’Appello di Milano? Tutti toghe
rosse? “Ma va là”, direbbe uno dei difensori di Berlusconi, noto per questo tipo di
esclamazioni. Ma chi può credere davvero a queste tesi? E perché ci si dovrebbe
scandalizzare perché di fronte a una ininterrotta serie di richieste di rinvio per mille diverse
ragioni, quando si è addotta una malattia, i giudici hanno disposto la “visita fiscale”, come si
fa con qualunque cittadino? Siamo sempre allo stesso punto: alla pretesa di
Berlusconi di essere diverso dagli altri, di avere una sua giustizia, che non lo
disturbi, che rispetti i suoi tempi e le sue occupazioni. Una pretesa assurda, che
chiaramente viola di per sé il principio di uguaglianza, oltreché la logica più
elementare. E tuttavia, forse Berlusconi qualcosa otterrà ancora una volta: magari la
possibilità di guadagnare quel mese che gli preme di salvare, per poi ritrovarsi ,dopo un po’,
con tutti i suoi processi da definire, salvo a lamentarsi del loro accumulo. Ma quanto potrà
ancora durare tutto questo? Ce lo chiediamo in tanti, nella speranza che una buona volta
riescano a prevalere il buon senso e la ragione, e soprattutto la giustizia.
► Alla scuola di fanteria di Cesano è stato chiamato a svolgere una lezione un
personaggio come Mario Merlino, noto per i suoi trascorsi (e non solo) fascisti,
amico di Delle Chiaie e di Erich Priebke ed oggi legato ai principali leader del
l’estremismo nero italiano. Si è trattato di una scelta vergognosa
Alla scuola di fanteria di Cesano è stato chiamato a svolgere una lezione un personaggio
come Mario Merlino, noto per i suoi trascorsi (e non solo) fascisti, amico di Delle Chiaie e di
Erich Priebke ed oggi legato ai principali leader del l’estremismo nero italiano. Si è trattato di
una scelta vergognosa; e a quanto narrano giornali insospettabili come il Messaggero, lo
svolgimento della “lezione” è stato ancora peggiore: della stessa idea; alla “manifestazione”
ha preso parte anche una ex appartenente al servizio ausiliario femminile della Repubblica
sociale italiana, ci sono stati momenti di esaltazione, il dono di un mazzo di fiori e così via.
Insomma, una manifestazione fascista in una scuola militare! E’ davvero il colmo.
E’ vero che lo Stato Maggiore dell’esercito, chiamato in causa da interpellanze parlamentari,
si è impegnato ad un approfondimento della vicenda, ha negato l’esistenza di qualsiasi forma
di revisionismo storico e si è dichiaro disponibile ad ospitare manifestazioni e convegni di
taglio completamente diverso. Ne prendiamo volentieri atto, ma il fatto resta ed è gravissimo,
perché rivelatore di inclinazioni assai pericolose anche all’interno delle Forze Armate e in
particolare in chi ha consentito una simile manifestazione. L’ANPI Provinciale di Roma ha
preso una netta, chiara e tempestiva posizione, con ripetuti interventi e
comunicati sulla vicenda. Ora resta da vigilare perché gli impegni assunti dallo
Stato maggiore dell’esercito vengano mantenuti e non accada che tutto finisca (anche
le promesse) nell’oblio, come spesso avviene, disgraziatamente, in questo Paese.
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Per comunicazioni e informazioni scrivere a:
ufficiostampa@anpi.it
L’ANPI è anche su:
http://www.anpi.it/facebookhttp://www.anpi.it/twitter

Respingere l’indifferenza, la rassegnazione, la “distrazione”, in nome di quei giovani che a partire dal 1943 ebbero il coraggio di riprendere in mano il loro destino e il loro futuro

Intervento del Presidente Nazionale dell’ANPI, Carlo Smuraglia, in
occasione della manifestazione di apertura del 70° anniversario della
Resistenza, a Torino, al Teatro Carignano, per ricordare gli scioperi
del marzo 1943

Si avvia qui, oggi, nella splendida cornice di un bellissimo e glorioso
Teatro, gremito, un lavoro che ci impegnerà per i prossimi tre anni, per
ricordare degnamente l’anniversario della Resistenza. Un avvio felice,
bisogna dire, poiché oltre al ricordo ed alla rievocazione degli scioperi del
marzo 1943, che saranno tenuti dal Sindaco di Torino, Fassino, da un
illustre storico come il Prof. Della Valle e dal Presidente Nazionale
dell’Anpi a nome di tutte le Associazioni partigiane, ci sarà anche una
importante tavola rotonda con i tre Segretari Generali delle
Confederazioni sindacali CGIL, CISL e UIL, da cui dovrà nascere non solo
un giudizio su quei fatti, ma anche un’attualizzazione.
E’ bene, infatti, che ci impegniamo tutti a fare in modo che le
“celebrazioni” del 70° riescano ad evitare il connotato “liturgico” e di
pura celebrazione. E’ doveroso, certamente, ricordare gli scioperi del ‘43,
un atto di enorme coraggio e di grandissimo impegno politico; è doveroso
anche ricordare le vittime, perché vi furono arrestati e deportati e non
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pochi persero la vita. Ma è altrettanto, e forse più, doveroso cogliere
l’occasione per cercare di recare un contributo alla conoscenza ed alla
valutazione dei fatti, da molti – ancora oggi – ignorati, per una riflessione
sul loro significato e valore, anche alla luce del presente e del futuro.
E’ stata, dunque, una scelta positiva quella di abbandonare il carattere
celebrativo che troppe volte ha contraddistinto le nostre manifestazioni
sulla Resistenza, per cercare di comprendere appieno ciò che è avvenuto in
Italia tra il ’43 e il ’45 e per cogliere il ruolo rappresentato dagli scioperi,
nel contesto complessivo della Resistenza; nel quale essi si inseriscono a
buon diritto, anche perché quelli del marzo 1943 furono solo l’avvio di un
movimento, che continuò con gli scioperi dell’estate, dell’autunno,
dell’inverno del ’43, per poi arrivare ai grandissimi scioperi della
primavera 1944, in concomitanza con le iniziative della Guerra di
Liberazione e in particolare della Resistenza armata.
La Resistenza, infatti, è stata una vicenda straordinaria, forse la più bella e
significativa della storia d’Italia; una vicenda che colpisce anche per la
sua complessità, perché la lotta armata si coniugò con la resistenza non
armata, nelle sue mille forme e manifestazioni, perché – per la prima volta
nella storia – si trovarono a reagire alla dittatura fascista e poi alla
occupazione tedesca, persone di varie ideologie, di varie professioni e
mestieri, uomini e donne uniti nella stessa ansia di libertà e di democrazia.
Anche se è ormai pacifico che gli scioperi, anche quelli del marzo 1943,
furono contrassegnati da una forte carica politica, è altrettanto sicuro che
essi furono effettuati da tanti lavoratori diversi per idee e per
consapevolezza, ma concordi nel cercare non solo la protesta ma anche il
riscatto. Così, in tutta la Resistenza, poterono operare insieme comunisti,
socialisti, cattolici, liberali, perfino monarchici e molti anche
semplicemente contrari al fascismo e ansiosi di libertà.
3
E’ in questo contesto che si inserisce l’esplosione del 5 marzo 1943 e dei
giorni seguenti, che lasciò stupiti e impreparati molti cittadini e molti
fascisti, questi ultimi – poi – pronti a reagire con la violenza del potere.
Ed è questa la ragione per cui sono contrario a ridurre la Resistenza ai
venti mesi che vanno dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 ed a
valorizzare soltanto gli aspetti della lotta armata.
La Resistenza fu un insieme di atti e di comportamenti, armati e non, diretti
a contrastare la prepotenza fascista, a liberare il Paese dalla dittatura e
dall’occupazione tedesca, a preparare un futuro di democrazia. Ed è in
questo complessivo contesto che vanno considerati anche gli scioperi,
come parte integrante di un movimento di liberazione estremamente
complesso e ricco.
Di questo quadro, intendo sottolineare prima di ogni altra cosa un dato
che è la costante di tutto ciò che è stata la Resistenza: il coraggio e la
responsabilità delle scelte.
Per meglio capirlo, occorre partire dalla contestualizzazione degli scioperi
del marzo 1943, che aprirono – appunto – una fase di lotta e di impegno
civile che si concluse solo con l’insurrezione del 25 aprile.
Quando i lavoratori di Torino incrociarono le braccia, alle 10 del 5 marzo,
da più di 20 anni erano spariti l’associazionismo, la solidarietà di classe,
lo sciopero. Era dal 1926 e più ancora dal 1930, con l’avvento del nuovo
codice penale, che lo sciopero era diventato un reato. E quale reato! Il
codice penale lo puniva, soprattutto se collegato a finalità politiche, con
pene severe, che – considerata anche l’aggravante dello stato di guerra e
quella della finalità coercitiva dell’Autorità – prevedevano una sanzione
fino a 2 anni di carcere per i partecipi e fino a 4 anni per i capi e
promotori.
4
Ma il fatto, inconcepibile per il fascismo, era di per sé inseribile anche fra
i reati contro la personalità dello Stato; e in questo caso si passava
dall’associazionismo sovversivo, punito da 5 a 12 anni, al disfattismo
politico o economico, punibile con pena non inferiore a 5 anni. La
competenza non era più del Tribunale ordinario o della Corte di Assise, ma
del Tribunale speciale per la difesa dello Stato, (organismo più politico che
giudiziario) o addirittura dei Tribunali Militari.
Ma c’è ancora di più: essere considerato sovversivo, allora, significava
essere esposto a qualcosa di più immediato delle sanzioni penali: dopo
l’arresto, l’invio ai campi di concentramento o di sterminio, dove il
trattamento è a tutti noto.
Di fatto, chi entrò in sciopero, sapeva a quali conseguenze andava
incontro; e non era un’ipotesi teorica, perché, in effetti, furono centinaia
gli arrestati o deportati; e di essi, non pochi non fecero più ritorno.
Eppure, al suono delle sirene, a partire dal 5 marzo, decine di migliaia di
lavoratori entrarono in sciopero a Torino, a Milano, a Sesto S. Giovanni e
in tanti altri luoghi (217 aziende e oltre 150.000 scioperanti, solo tra
marzo e luglio).
Scioperi determinati da motivi economici, ma che contenevano qualcosa di
molto più rilevante, dimostrando una frattura irreversibile rispetto alla
continuità del regime fascista.
E furono soprattutto i fascisti a coglierne l’aspetto politico. Fu il
comandante dei C.C. Hazon, fu il questore di Torino, fu il Capo della
polizia Senise a cogliere lo sfondo politico e, a loro dire, “sedizioso” degli
scioperi, perfino al di là della consapevolezza dei singoli manifestanti.
5
D’altronde, le parole d’ordine “pane e pace”, come la richiesta di fine
della guerra erano incompatibili con l’accettazione della sopravvivenza
del regime fascista.
Ebbene, la caratteristica fondamentale di questi scioperi, fu – appunto – il
coraggio, l’accettazione dei rischi gravissimi e facilmente prevedibili.
E’ questo che dobbiamo ricordare, prima di ogni altra cosa, anche per far
conoscere una realtà spesso dimenticata e sottovalutata, soprattutto da
parte di generazioni abituate a sentire parlare dello sciopero come di un
diritto e ad esercitarlo liberamente.
Un coraggio che accomuna queste azioni che oggi ricordiamo, a tutto il
resto della Resistenza e colloca gli scioperi all’interno di essa.
L’impostazione che a lungo ha prevalso e di cui ho fatto cenno, pur
comprensibile, non coglie tutti gli aspetti della Resistenza ampiamente
intesa, che è composta da tutto ciò che è stato reazione e rivolta contro il
fascismo e impegno contro l’occupazione nazista e contro la R.S.I., e
comprende un insieme di atti e di comportamenti che hanno tutti alla base
il coraggio delle scelte e la responsabilità.
E’ coraggio quello di chi intraprese e condusse la resistenza armata, ben
conoscendo i propri limiti di preparazione e di esperienza militare e ben
conoscendo l’enorme disparità di mezzi, strumenti ed uomini rispetto ad un
esercito attrezzato e organizzato come quello tedesco. Eppure, quei
combattenti – che spesso pagarono il loro coraggio con la morte – non
esitarono ad affrontare i rischi, con la ferma volontà di ottenere la
liberazione del Paese, a qualunque costo ed a qualunque prezzo.
E’ coraggio quello degli scioperanti del ‘43, consapevoli dei gravi rischi
cui andavano incontro.
6
E’ coraggio quello dei giovani renitenti alla leva, che, al richiamo della
R.S.I., si trasformarono in “sbandati” per sottrarsi all’arresto ed alle
peggiori conseguenze e, molti, finirono poi per aderire alle bande che
intanto si erano formate nelle montagne, oppure operavano nelle città.
E’ coraggio quello dei circa 600.000 militari che, dopo l’8 settembre,
rifiutarono di aderire all’invito dei tedeschi e dei repubblichini a
collaborare e in effetti, furono trattati – molti – non come prigionieri di
guerra, ma come schiavi, alcuni finirono nei lager, e molti non fecero
ritorno.
E’ coraggio quello del complesso di azioni e comportamenti che è stato
giustamente inserito non già nel concetto di resistenza passiva, troppo
riduttivo, ma in quello di “resistenza non armata”, che comprende tutti
coloro che rifiutarono la guerra e contribuirono alla liberazione nei mille
modi che la storia ci ricorda: dalle donne che, non solo combatterono con
le armi, ma affrontarono il pericolosissimo mestiere di staffetta o furono
amorevoli soccorritrici di prigionieri e feriti e misero in campo – nelle
repubbliche partigiane – un complesso di “intendenza”, come scrivono
alcuni storici, che andava al di là di qualunque esperienza del passato, ai
contadini che spesso aiutarono i partigiani ben sapendo che se li avessero
scoperti, tedeschi e fascisti, li avrebbero fucilati, e incendiate le loro case;
ai sacerdoti che cercarono di difendere le popolazioni dalle violenze e
brutalità, pagando spesso con la loro vita.
Questa è, dunque, la Resistenza, che oggi dobbiamo ricordare nella sua
interezza, proprio partendo da una vicenda, come quella degli scioperi
della primavera del ‘43, così diversa dalla lotta armata, ma così ricca di
implicazioni, di significati, di valori.
7
Questa è la Resistenza che dobbiamo non solo ricordare, ma prima di tutto
far conoscere, contro ogni forma di negazionismo, di revisionismo o anche
di semplice sottovalutazione. Una Resistenza da ricordare ad un Paese
smemorato, che troppo spesso preferisce dimenticare o rifiuta di conoscere
anziché menarne vanto ed esserne orgoglioso, come accade, invece, in ogni
Paese a riguardo delle pagine più straordinarie della sua storia.
Perchè da questa Resistenza nasce non solo un ricordo e neppure solo una
memoria che stenta a diventare collettiva, ma viene un grande
insegnamento, di cui dovremmo fare tesoro. In quel coraggio delle scelte,
degli scioperanti come degli altri, armati o non armati, c’è la forza di un
esempio. Se negli scioperanti, così come in tutti i combattenti per la libertà,
gli internati militari, le donne, i contadini, i sacerdoti, ci fosse stato un
calcolo sui rischi, la Resistenza non ci sarebbe stata, il nostro Paese si
sarebbe coperto di disonore ed a questo avremmo aggiunto il discredito di
essere stati liberati da altri.
Quel coraggio, che non è fatto di spregiudicatezza e di sterile ardimento,
ma di consapevolezza e di volontà politica, dev’essere per noi un simbolo
ed un incitamento.
Viviamo in tempi difficili e duri e stiamo attraversando una crisi che
assume sempre di più caratteri drammatici e preoccupanti, riguardando –
insieme – l’economia, la vita sociale, la politica e la stessa democrazia. Ma
ne abbiamo viste tante, in questo dopoguerra, dagli attacchi alla
Resistenza e alla Costituzione, alle iniziative e manifestazioni neofasciste,
ai tentativi di golpe, alle stragi di cittadini inermi, fino al terrorismo. E
siamo riusciti a vincere le difficoltà, a superarle, con fatica, ma ritrovando
ogni volta la solidarietà, la volontà di libertà e di democrazia, l’impegno
collettivo.
8
Oggi, nell’affrontare le dure difficoltà di una crisi gravissima e l’incertezza
che colpisce intere generazioni e soprattutto i giovani, dobbiamo riferirci a
quegli esempi, richiamarci alle scelte ed al coraggio di chi seppe resistere,
ai combattenti per la libertà, ai valori che li ispiravano e che poi sono
stati trasfusi in una Costituzione molto avanzata, ma troppo esposta ad
attacchi, insidie e pericoli. Nelle peggiori difficoltà, nei momenti più
difficili, dobbiamo pensare a quegli uomini , a quelle donne che, a partire
dal marzo 1943, ebbero il coraggio di riprendere in mano il loro destino e
il loro futuro, assumendo le proprie responsabilità e considerando
l’impegno civile e l’obiettivo finale superiori di gran lunga ai rischi che
potevano correre.
In loro nome dobbiamo respingere l’indifferenza, la rassegnazione, la
“distrazione” che ancora permea troppi cittadini del nostro Paese e ad
esse contrapporre la volontà di riscatto, per uscire dalla degenerazione
economica, sociale e politica in cui versa il nostro Paese. Dobbiamo anche
ricordare che la Resistenza non è nata solo da una sterile protesta contro i
fascisti e i tedeschi, ma è stato coraggioso impegno, sforzo di volontà per
compiere scelte decisive e vincenti.
E’ con questa ispirazione che dobbiamo procedere alle celebrazioni del
70° anniversario della Resistenza; restando ancorati fermamente al
passato, a quegli anni straordinari, a quel movimento complesso che
abbiamo definito “Resistenza”, a quelle aspirazioni non solo alla libertà,
ma anche alla democrazia; ma nello stesso tempo dobbiamo sapere
guardare al futuro, con il coraggio e il senso di responsabilità di chi si
rende conto di avere un grande debito nei confronti di coloro che si sono
impegnati per la nostra libertà, e un forte dovere verso quanti , da noi, si
aspettano di ricevere sicurezza, libertà, uguaglianza e democrazia. Lo
dobbiamo soprattutto ai giovani, che si trovano a vivere in una società
9
ingiusta ed hanno il diritto di aspirare ad un presente e ad un futuro
migliore di quello attuale e, infine, più degno di essere vissuto.
Torino – 9 marzo 2013

LUNEDI’ 11 MARZO L’ANPI ASSOCIAZIONE PARTIGIANI D’ITALIA SEZIONE DI CATANIA ORGANIZZA UN INCONTRO PRESSO LA SEDE DI ARCIGAY IN VIA VITTORIO EMANUELE 245 ALLE ORE 18,30 PER DISCUTERE: LA RESISTENZA OGGI: I VALORI DELLA COSTITUZIONE

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LUNEDI’ 11 MARZO L’ANPI ASSOCIAZIONE PARTIGIANI D’ITALIA SEZIONE DI CATANIA ORGANIZZA UN INCONTRO PRESSO LA SEDE DI ARCIGAY IN VIA VITTORIO EMANUELE 245 ALLE ORE 18,30 PER DISCUTERE:

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LA RESISTENZA OGGI: I VALORI DELLA COSTITUZIONE

AL TERMINE DELL’INCONTRO, IL COMITATO ARCIGAY CATANIA OFFRIRA’ AI PRESENTI UN APERITIVO.

Andremo a votare grazie a loro!

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Sabato 23 febbraio dalle ore 18:00 alle 21:00 Incontro con Sebastiano Gulisano Presso il Circolo A.Gramsci Riposto Corso Italia 58 Riposto Presentazione dell’ e-book ”Frammenti d’Italia”

 

Il lavoro, la salute, l’istruzione, l’informazione, la giustizia: cinque princìpi costituzionali attraverso i quali misurare la condizione della democrazia italiana nella Seconda Repubblica. Sono questi gli ingredienti di Frammenti d’Italia – La Repubblica che verrà vista da Sud, il nuovo eBook di Sebastiano Gulisano, ben più ricco delle 133 pagine di articoli, inchieste giornalistiche, reportage e riflessioni cui è composto, contenendo una gran quantità link esterni di approfondimento, che rinviano alla rete e ne fanno anche un prodotto multimediale e multiculturale. Sedici Frammenti di Paese reale – dalle stragi del ’92 all’Ilva di Taranto, passando per la scuola elementare “Nazario Sauro” di Palermo e le manifestazioni studentesche di questi anni, i giornalisti minacciati in Calabria e quelli che piegano la schiena a Catania – raccontati “guardando” da Sud, cioè dalla parte dei più deboli, degli ultimi; dai luoghi in cui i temi innanzi elencati mostrano inequivocabilmente come la Carta costituzionale non solo sia rimasta inattuata ma sia stata sistematicamente violata fino ad arrivare ad essere applicata all’inverso, come nell’ultimo ventennio. Uno scenario, quello tracciato da Gulisano, che fa intravvedere come la Repubblica che verrà sia pericolosamente vicina a diventare Repubblica criminale, invece che, come da Costituzione, Repubblica democratica.

 

L’autore Giornalista, 55 anni, ha iniziato nella redazione de I Siciliani, dopo l’omicidio di Giuseppe Fava, ha scritto e scrive per diversi giornali cartacei e online (fra gli altri: Avvenimenti, Narcomafie, Gli Italiani, Polizia e democrazia, Casablanca, Il Venerdì di Repubblica, I Siciliani giovani); ha pubblicato diversi libri fra i quali: Un delitto inconfessabile. L’omicidio Bonsignore nella Sicilia della mafia e degli affari (con Toni Baldi, ed. Datanews), Un taglio al futuro. L’istruzione ai tempi della Gelmini (Editori Riuniti) e Porcilandia. La vera storia si Sua Innocenza (eBook autoprodotto)

 

 

A.N.P.I. ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA COMITATO NAZIONALE 1 DOCUMENTO APPROVATO DAL GRUPPO DI LAVORO DELL’ANPI NAZIONALE SULLE STRAGI NAZIFASCISTE DEL PERIODO ’43 – ’45 (*) e fatto proprio dalla Segreteria Nazionale dell’ANPI

Il gruppo di lavoro è stato costituito nel mese di giugno 2011, per affrontare l’intera
questione delle stragi nazifasciste del periodo 1943 – 1945, mediante alcune iniziative
immediate e la stesura di un progetto di lavoro che impegnasse l’Anpi, assieme ad altre
istituzioni, fino a quando su quel terribile periodo storico e sugli effetti delle efferatezze
compiute durante esso, non fossero raggiunte verità e giustizia.
Il gruppo ha lavorato intensamente, ed è ora in grado,  dopo la seduta conclusiva di
questa prima fase (31.5.12) di rendere conto di quanto è riuscito da un lato a realizzare e
dall’altro a progettare.
1. Il gruppo ha indicato l’opportunità che l’ANPI si costituisca parte civile nei processi ancora
in fase di avvio davanti ai Tribunali Militari di Verona e Roma, non tanto per conseguire indennizzi,
quanto per contribuire all’accertamento della verità e per sottolineare, anche col suo intervento
diretto nei processi, una rilevante questione di principio, condensata nella formula di ricerca di
“verità e giustizia”.
L’ANPI ha provveduto in tal senso, autorizzando il Presidente, che ha la rappresentanza
legale dell’Associazione, ad intervenire nei predetti procedimenti. In effetti, la costituzione di parte
civile è stata effettuata nei procedimenti sulla strage di Borgo Ticino (Novara) e di Casteldelci
(Rimini) davanti al Tribunale Militare di Verona, nonché nel procedimento relativo all’eccidio di
Cefalonia, in fase di avvio davanti al Tribunale Militare di Roma. I procedimenti sono stati già
avviati e presto si passerà alla fase dibattimentale.
2. Il gruppo ha valutato attentamente lo stato delle conoscenze per quanto riguarda le stragi del
periodo già ricordato, rilevando peraltro che  notevoli risultati sono stati già raggiunti, in sede
giudiziaria e in sede di ricerca storica per quanto riguarda gli eccidi avvenuti lungo la linea gotica
ed oltre, verso il nord (procedimenti penali celebrati soprattutto davanti al Tribunale di Verona, ma
anche in altre sedi, come risulta dal quadro  delineato nel volume di Buzzelli, De Paolis e

1
Il gruppo di lavoro è costituito da Enzo Fimiani, Luciano Guerzoni, Luigi Marino, Edmondo Montali, Toni
Rovatti, Massimo Rendina, Claudio Silingardi, Carlo Smuraglia, Valerio Strinati; ed è stato ed è coordinato da Luigi
Marino. 2
Speranzoni “La ricostruzione giudiziaria dei crimini nazifascisti in Italia”, Torino, 2012), da studi
e ricerche effettuati nell’università di Pisa e da vari Istituti di storia della Resistenza, con la finalità
di realizzare un “atlante” ragionato dalle stragi, veramente completo ed esaustivo.
I numerosi dati raccolti richiedono ulteriori completamenti, come si vedrà appresso; mentre,
bisogna dire che, per quanto riguarda il centro-sud, il livello delle conoscenze è assai minore,
perché le ricerche storiche sono spesso limitate a singole vicende o a particolari territori, mancando
invece un quadro complessivo ed esaustivo di tutto quanto avvenuto, anche in questa grande area ed
in particolare delle stragi commesse dal settembre 1943 dai nazisti in fuga fino a quando si
attestarono sulla linea Gotica. Manca altresì, ancora, un raffronto tra le modalità, in parte diverse
delle stragi e degli eccidi effettuati rispettivamente nel centro-nord, in aree in cui operavano anche
gruppi o brigate partigiane, e al centro-sud, dove l’accanimento contro cittadini inermi e
popolazioni civili non aveva trovato neppure la (inesistente e infondata) “giustificazione” della
necessità di difendersi e di compiere rappresaglie.
Questo lavoro di riflessione ha evidenziato  la necessità di estendere e approfondire le
ricerche, investendo l’intero territorio italiano e mirando a raggiungere un risultato almeno di
conoscenza piena del fenomeno gravissimo di quella che è stata definita giustamente “la guerra
contro i civili”.
A questo fine, mentre sono stati sollecitati istituti e organismi periferici dell’ANPI ad
acquisire tutto il materiale possibile anche relativamente alle efferatezze meno conosciute, si è
ravvisata la necessità di realizzare un coordinamento e una centralizzazione delle ricerche storiche.
Da ciò, i contatti assunti dal Presidente  nazionale dell’ANPI (e componente del gruppo
stragi) col Presidente dell’Istituto per la storia del movimento di liberazione in Italia,  per
raggiungere un’intesa fra Associazione nazionale partigiani d’Italia e Istituto. per la realizzazione di
un progetto unitario.
Acquisita la piena disponibilità del Presidente Onida, è stato realizzato un accordo fra i due
organismi per perseguire gli obiettivi di coordinamento e completamento delle ricerche ai fini della
realizzazione di una mappatura completa di tutte le stragi e di tutti gli eccidi compiuti nel periodo
ricordato, dai nazifascisti, tenendo conto che è storicamente dimostrato che se alcuni reparti
tedeschi si sono particolarmente distinti in atti di autentica barbarie, gruppi e reparti di fascisti della
cosiddetta repubblica di Salò non sono stati da meno, spesso partecipando direttamente, o dando
sostegno oppure ancora fornendo le indicazioni e i suggerimenti anche nominativi necessari per le
operazioni naziste di persecuzione dei civili; offrendo, insomma, un contributo importante alle
barbarie troppo spesso sottovalutate e considerate di minor rilievo.
L’accordo è destinato ad operare nel lungo  periodo, facilitato peraltro dalla piena
disponibilità di quanti (a cominciare dal prof. Pezzino) hanno già lavorato approfonditamente sulla
materia, a contribuire e partecipare al proseguo del lavoro fino al suo compimento.
Naturalmente, un lavoro di così ampio respiro richiederà un coordinamento, a cui
provvederà essenzialmente l’Istituto nazionale, con gli Istituti storici interessati. Richiederà inoltre
disponibilità di fondi, attualmente assai limitati data la scarsità di risorse di cui dispongono sia
l’ISMLI sia l’ANPI. La necessaria ricerca dei finanziamenti potrà trovare sbocchi concreti non solo
in un apporto effettivo del Ministero della Pubblica istruzione, ma anche in un eventuale contributo
da parte della Germania (tema al quale sarà dedicato un apposito paragrafo).  3
3. È stata presa in esame la documentazione disponibile e particolarmente quella acquisita dalla
“Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dell’occultamento di fascicoli relativi ai
crimini nazifascisti” istituita con legge 15.5.2003  n. 107, e conclusa per fine legislatura, col
deposito di due relazioni, una di maggioranza e una di minoranza, trasmesse alla Presidenza della
Camera il 9 febbraio 2006, ma mai discusse in Parlamento. Il lavoro svolto dalla Commissione (che
era stato preceduto da un’indagine del Consiglio superiore della Magistratura militare e da
un’inchiesta svolta dalla Commissione giustizia della Camera) fu assai importante e produsse alcuni
risultati comuni su alcuni punti, nonostante la diversità di opinioni su altri aspetti; soprattutto
condusse all’acquisizione di un materiale documentale veramente imponente, solo in parte
accessibile anche a seguito delle  numerose “segretazioni” disposte nel corso dei lavori.
Peraltro, il lavoro della Commissione rischia di essere del tutto vanificato per varie ragioni:
prima di tutto le relazioni non sono state discusse in Parlamento e dunque non c’è stato un
pronunciamento parlamentare; in secondo luogo, le voluminose relazioni  sono ormai pressoché
introvabili, sicché ne occorrerebbe quanto meno una ristampa; infine, come già accennato, ci sono
parti comunque coperte dal segreto e occorrerebbe un provvedimento, o parlamentare o legislativo,
per “liberarle” e renderle accessibili a tutti. Da ciò la richiesta di rendere accessibili tutti i fondi
archivistici quale che sia la sede del deposito, disponendo il riordino e l’apertura di tutti i fondi al
fine di una piena  conoscenza  ed approfondimento di momenti cruciali della storia nazionale e
dunque non solo del tragico triennio ’43 – ’45 ma anche di quanto accaduto prima e dopo
l’inchiesta parlamentare.
4. Sempre in tema di documentazione, è apparso ed appare necessario anche il ricupero
dell’importantissimo materiale acquisito in sede giudiziaria, sia per i procedimenti già definiti sia
per quelli ancora in corso, ma in fase dibattimentale, sia infine per quelli archiviati o comunque non
iniziati formalmente, nonostante la raccolta di ampio materiale di documentazione. Materiale che
dovrebbe essere raccolto con i mezzi moderni di  cui ormai si dispone, informatizzato ed ammesso
alla divulgazione, attraverso la collocazione  in un sito appositamente dedicato. Esistono già
esperienze positive in questo senso per la raccolta  di materiale acquisito nel corso di diversi
procedimenti (ad esempio, quelli relativi alla strage di Brescia); esperienze che possono utilmente
essere ripetute sul piano della conoscenza, al fine di una sperimentazione ben più ampia anche nel
campo delle stragi nazifasciste.
5. E’ stato effettuato un intenso lavoro diretto a ottenere che delle stragi e di tutto quanto
accaduto si occupi, in modo approfondito, il Parlamento, dando così un indirizzo preciso anche ai
fini della ricerca della verità, della giustizia e delle responsabilità.
È nota infatti la vicenda che ormai va sotto il nome di “armadio della vergogna” (sulla quale
si veda l’ampio lavoro compiuto da Franco Giustolisi, raccolto nel volume “L’armadio della
vergona”. Nutrimenti 2004). Nel 1994, nel corso delle indagini sulla tragedia delle fosse Arbeatine,
si verificò un sorprendente ritrovamento negli archivi della Procura generale militare di Roma:  un
migliaio di fascicoli, ai  quali nessuno aveva messo mano per  lungo tempo, dei quali circa 695
dovevano poi essere trasmessi alle singole Procure militari competenti per  territorio, in quanto
contenenti notizie di reato e gli altri, invece, ritenuti privi di interesse ai fini di indagini processuali.
Fascicoli che, peraltro e contrariamente a quanto affermato da alcune  parti sono state sempre
governati con attenzione e vigilati, con comportamenti certamente non limitati alla semplice
negligenza e con evidenti responsabilità non riconducibili soltanto a comportamenti di singoli
soggetti.
Tant’è che perfino nell’ambito dei suddetti 595 fascicoli, ben 273 non furono inviati
concretamente alla Procura competente, neppure quando l’Armadio fu scoperto; per cui la 4
Commissione parlamentare d’inchiesta presentò specifica denuncia, al riguardo, ala Magistratura di
Roma.
Risultò, come è noto, che il Procuratore Generale dell’epoca aveva disposto (sui 695
fascicoli) un’archiviazione provvisoria: un provvedimento assolutamente irregolare e ritenuto
generalmente illegittimo (v. da ultimo, il volume già citato su “La ricostruzione giudiziaria dei
crimini nazifascisti in Italia”, pag. 112). Di questa gravissima vicenda ci si occupò in sedi diverse e
precisamente in sede parlamentare con la costituzione della Commissione Parlamentare di inchiesta
di cui si è già detto e con le due relazioni conclusive di cui si è fatto cenno; e in sede giudiziaria,
mediante la Commissione d’inchiesta costituita nel 1996, attraverso l’organo di autogoverno della
magistratura militare. Mentre  quest’ultima concluse rilevando  soprattutto un comportamento
“fortemente negligente” di alcuni magistrati militari, in sede parlamentare si rilevarono anche le
connessioni con direttive di ordine politico. Peraltro, come si è detto, è rimasto a tutt’oggi non
esplorato il campo delle vere e complessive responsabilità; che è un fatto in sé gravissimo ma anche
assai deprecabile per le conseguenze e gli effetti, che si protraggono fino ai nostri giorni. Di fatto,
una quantità di processi, si è potuta mettere in moto soltanto molti anni dopo i fatti, con tutte le
difficoltà connesse logicamente al decorso del  tempo ai fini della raccolta di documenti e
testimonianze. Questo lavoro, a giudizio del gruppo, dev’essere condotto a compimento, per ragioni
di verità e di giustizia e perfino per ragioni umane. In effetti, se un Presidente della Repubblica
tedesca è venuto in Italia ed ha chiesto scusa alle vittime della strage di Marzabotto  e dintorni ed ai
loro familiari, da parte italiana non è venuta nessuna scusa per tutto ciò che attiene alla vicenda di
cui si tratta; né alcuno si è fatto carico dei suoi disastrosi effetti concreti. È tempo, ritiene il gruppo
di lavoro, che si concluda questa pagina, con una riparazione piena e totale e con una altrettanto
piena assunzione di responsabilità.
Di fatto, in qualche modo, alle citate carenze, ha potuto supplire la buona volontà di alcuni
Magistrati della magistratura militare; soprattutto rilevante è stata, anche se per forza di cose, non
sempre decisiva dato il decorso del tempo, la svolta compiuta anche attraverso nuovi metodi
investigativi a partire dal 2003 (per più ampie e diffuse notizie, vedere ancora il citato volume di
Buzzelli, De Paolis e Speranzoni, particolarmente pag. 124 e ss.).
Questi aspetti, fortemente positivi, non hanno potuto però da soli riparare allo sfregio che
dalle citate vicende è stato recato anche alla memoria collettiva; da ciò l’urgente e assoluta necessità
della già ricordata riparazione.
6. Gli sforzi compiuti da parte di diversi magistrati militari, con esiti largamente positivi e
significativi, rischiano peraltro di andare vanificati, al di là delle più importanti affermazioni di
principio, per la mancata esecuzione dei provvedimenti adottati in sede giurisdizionale.
Non risulta neppure se il Ministero degli esteri e quello della giustizia abbiano dato corso
alle richieste, pur formulate dai Tribunali militari più volte, di favorire – mediante opportuni
interventi presso le corrispondenti autorità tedesche – l’esecuzione dei provvedimenti di carattere
penale e di quelli civilistici contro singoli, non essendo più possibile, come si dirà oltre, portare
avanti ancora richieste e dar corso a iniziative di esecuzione nei confronti del Governo tedesco in
quanto civilmente responsabile, a seguito di quanto deciso di recente dalla Corte dell’Aja sulla
immunità degli Stati nei confronti di richieste e procedimenti giudiziari provenienti da altri Paesi.
Su questo piano, dunque, c’è ancora molto da fare; e in particolare è doverosa la richiesta ai citati
Ministeri competenti, di fare tutto quanto necessario perché sia resa giustizia almeno nei confronti
dei singoli responsabili. 5
Di recente, si sono ricevute alcune assicurazioni al riguardo, ma è chiaro che non di questo si
tratta, ma di impegni e interventi molto fermi e precisi.
7. Tutto quanto si è detto nei paragrafi precedenti rende improrogabile un serio intervento del
Parlamento, che discuta, rifletta, indirizzi, per raggiungere quegli obiettivi di verità e giustizia di cui
più volte si è parlato.
Si è dunque deciso di prendere contatto con gruppi parlamentari e con Parlamentari
comunque al corrente dei problemi che stiamo trattando, per l’assunzione di iniziative parlamentari.
Il gruppo di lavoro è arrivato anche a predisporre bozze di strumenti parlamentari, che potessero
servire come base di partenza per le iniziative parlamentari, tenendo conto di tutto il lavoro già
comunque compiuto in questa sede.
L’esito dei contatti è stato positivo, tant’è che in data 31 maggio 2012 è stata presentata al
Senato un’ampia interpellanza, sottoscritta da tutti i componenti di un gruppo parlamentare (Partito
democratico) ed aperta all’adesione di qualunque parlamentare, quale che ne sia il gruppo di
appartenenza, che concordi col suo contenuto. Di tale interpellanza, si ritiene opportuno allegare in
questa sede trattandosi di un’iniziativa frutto di un lavoro comune, tutta la parte “dispositiva” (o
meglio di richiesta) (All.to 1), non senza precisare che analoghi  contatti si stanno svolgendo alla
Camera per ottenere che anche in quella sede venga presentata una simile interpellanza.
È del tutto evidente peraltro, che in questa particolare fase della vita politica e di quella
parlamentare, non sarà facile ottenere la pronta trattazione e l’approfondita trattazione che si
ravvisano come necessarie per tutte le ragioni già esposte.
Occorre quindi avviare una forte campagna del Paese, su tutta la tematica delle stragi, per
elevare il tasso di conoscenza, d’interesse e di  sensibilità attorno ad essa (si parla di circa
quindicimila morti) ed ottenere che da  un rinnovato e diffuso impegno di conoscenza e
sensibilizzazione derivi un impulso  anche per l’iniziativa  parlamentare. È sempre in vista di tale
necessità che il gruppo di lavoro ha ravvisato non solo la finalità e l’opportunità di una campagna di
informazione e sensibilizzazione, ma anche quella  di una eventuale promozione di un’ulteriore
iniziativa che serva di stimolo al Parlamento e precisamente di una petizione popolare, da mettere in
campo rapidamente e con gli stessi obiettivi. Il testo della eventuale petizione popolare viene
allegato al presente documento, per opportuna conoscenza, anche se ovviamente si tratta di uno
strumento che per sua natura non può che essere sintetico e molto specifico (All.to 2).
8. Si è dovuta affrontare peraltro anche un’altra tematica di estrema importanza ed interesse,
sempre connessa alla vicenda delle stragi nazifasciste.
Dovrebbe essere noto che in alcuni procedimenti giudiziari, negli scorsi anni, fu deciso di
chiamare in causa come responsabile civile anche il Governo tedesco; alcuni Tribunali emisero
sentenze di condanna a risarcimenti e indennizzi non solo nei confronti dei singoli soggetti, ma
anche nei confronti del responsabile civile. Scelta che fu avallata anche da alcune importantissime
decisioni della Suprema Corte di Cassazione, che affermò il principio che di fronte a “crimini
contro l’umanità” la sovranità degli Stati e le varie forme di relativa immunità dovessero cedere il
passo, ammettendosi quindi la risarcibilità per i danni e l’eventuale riparazione anche a carico dei
Governi in quanto responsabili civili (Ordinanza 14201 del 29.5.2008  delle Sezioni Unite civili;
sentenza 5004/04 delle Sezioni Unite penali ed altre). La Germania  fece ricorso alla Corte dell’Aja
contro queste decisioni e la Corte, con sentenza del 3 febbraio 2012, ha sostanzialmente accolto il
ricorso, riaffermando l’assolutezza  del principio della intangibilità  della sovranità degli Stati da
parte di altre giurisdizioni, anche contro le più avanzate e moderne tendenze, che distinguono tra le 6
efferatezze connesse comunque ad ogni guerra ed i crimini contro i diritti umani e soprattutto nei
confronti di civili, e ritengono che di questi ultimi gli Stati possano essere chiamati a  rispondere
sotto il profilo civilistico.
La sentenza della Corte dell’Aja è stata da più parti criticata, per la rigida chiusura ad ogni
processo di avanzamento dei principi di fondo che regolano il rapporto fra gli Stati, soprattutto a
fronte dei casi di quella che è stata più volte definita la “guerra contro i civili”. Ma essa ormai fa
stato, almeno fino a quando non vi sarà una diversa maturazione negli stessi membri della comunità
internazionale; e non si può che prenderne atto, non senza rilevare  però che la stessa decisione
contiene chiare aperture per possibili soluzioni da raggiungere attraverso accordi fra gli Stati.
In questo senso, dunque, ci sono stati alcuni incontri tra le Associazioni interessate
particolarmente a questi aspetti, fra cui l’ANPI, e il Ministero degli esteri; incontri che hanno
permesso di seguire l’iter di quella strada indicata come possibile dalla stessa Corte dell’Aja.
Sembra che, allo stato, vi siano molte difficoltà, da parte della Germania a procedere a risarcimenti
individuali;  aggiori disponibilità sembrerebbero esserci, ma finora non c’è nulla di concreto, per
forme di “risarcimenti indiretti” o di “riparazione”. Ma è una strada tutta da percorre e per ora –
forse anche indipendentemente dalla buona volontà del nostro Ministero degli esteri – piuttosto in
salita.
La linea che qui si indica, d’intesa con le altre Associazioni interessate alla materia, è chiara:
– In linea di principio, gli ingenti danni alle persone e cose debbono essere risarciti;
– Occorre, in ogni caso, una piena ed esplicita assunzione di responsabilità, da parte della
Germania, in ordine a tutti gli atti di barbarie compiuti dal proprio esercito o parti di esso, in tutto il
territorio italiano dal ’43 al ’45;
– È imprescindibile l’adozione di una linea di “riparazione”,
2
secondo i più moderni concetti e
le più note esperienze intendendosi, per tale, atti concreti, come  il contributo ad iniziative già
esistenti finalizzate alla memoria, l’erogazione dei fondi con destinazioni specifiche in favore dei
Comuni più colpiti; la creazione di una “fondazione” a Roma con la compartecipazione della
Germania, per il coordinamento di tutte le azioni e le iniziative utili al consolidamento della
memoria e alla ricerca della giustizia e della verità (fondazione che ben potrebbe collegarsi
all’iniziativa riferita nel paragrafo 2) e relativa alle intese tra l’ANPI e l’Istituto per la storia del
movimento di liberazione in Italia); l’adozione di misure riparatorie di vario genere che servano alla
conoscenza e alla memoria, con l’utilizzo di monumenti e simili in Italia e in Germania, ed anche
con l’uso della multimedialità, per la completezza della conoscenza e della informazione. Per un
esempio recente di possibili soluzioni riparative, va ricordata la legge adottata dal Canada il 28.4.10
finalizzata a “riconoscere le ingiustizie commesse nei confronti di persone di origine italiana
considerate come “nemico”, nonché a prevedere “indennizzi” convenienti per il finanziamento di
progetti per l’educazione del pubblico”. Ovviamente, la situazione è ben  diversa rispetto alle
atrocità commesse in Italia da rappresentanti dell’esercito tedesco; ma è da segnalare quanto meno
la significativa volontà di indennizzare e riparare.
In sostanza, dunque, ciò che è necessario è che il Governo italiano si impegni a fondo nella
trattativa con la Germania, per ottenere non dei modesti “premi di consolazione”, ma atti effettivi e

2
Sulla cosidetta “giustizia riparativa” denominata anche come “giustizia di transizione”, v. fra l’altro – E. Fronza. Introduzione al
diritto penale internazionale – Milano – 20120, p. 13 – 16; S. Buzzelli “Giudicare senza necessariamente punire”, nel volume più volte
ricordato, pag. 26 ss.; testo del BILL c. 302 della House of Commons of Canada approvato il 28.4.10. 7
concreti di riconoscimento delle responsabilità, di disponibilità per risarcimenti diretti e indiretti, e
per forme di “riparazione” concrete e tangibili,  che abbiamo una particolare significatività nei
confronti delle attese delle popolazioni e dei cittadini interessati.
3
L’ANPI e le altre Associazioni interessate vigileranno perché si arrivi a soluzioni concrete e
accettabili, che rechino un effettivo contributo alla giustizia ed alla verità.
Le responsabilità della Repubblica  federale della Germania non esauriscono peraltro il
campo dei doveri e degli obblighi riparatori, che riguardano anche lo Stato italiano (Parlamento e
Governo), al quale vanno attribuite responsabilità politiche generali, per tutto quanto accaduto dopo
le stragi e nell’intero dopoguerra, e responsabilità specifiche, per l’occultamento e l’illegale
governo dei fascicoli di cui si è già detto e per l’attività che in generale fu svolta, in varie forme, per
impedire il corso della giustizia.
Restando fermo che le azioni riparatorie della Germania e dello Stato italiano potrebbero
anche confluire, per alcuni aspetti, in iniziative comuni.
9. Occorre, infine, non arrendersi di fronte alla decisione della Corte dell’Aja e restare fedeli ai
princìpi enunziati così puntualmente dalla stessa Corte di Cassazione con le citate sentenze del 2004
e 2008. Bisogna, cioè, dare un fattivo contributo, sul piano dell’orientamento e delle idee perché
avanzi e si rafforzi – a livello nazionale e internazionale – il movimento per l’affermazione di un
preciso limite alla sovranità ed alla immunità degli Stati: quello della inestensibilità delle regole
della prassi internazionale, in materia, in relazione a fatti di tal gravità da non poter essere
considerati come atti di guerra, ma come “guerra ai civili” e “crimini contro l’umanità” e comunque
fatti che attengano a veri e propri misfatti barbarici. La sentenza dell’Aja afferma che solo alcuni
Stati sono sensibili all’introduzione di questi limiti, mentre gli altri propendono per l’immunità in
ogni caso nei confronti di qualsiasi iniziativa giurisdizionale di altri Paesi; ebbene, bisogna che
cresca il novero di coloro che  davvero credono nell’esigenza di rispetto dei  diritti umani  e non
tollerano che essi possano essere impunemente violati e calpestati, anche in periodo di guerra. È ben
vero, che come è stato giustamente rilevato, questo si inserisce nel dato di fatto che è ancora troppo
limitato e ritardato lo sviluppo di  una vera e propria cultura della pace (v. volume ulteriormente
citato, p. 139); ma stiamo parlando di barbarie  e di atrocità spesso inimmaginabili, sempre
perpetrate contro civili inermi; e dunque è davvero doveroso che se ne tenga conto anche nel
contesto dei rapporti tra Stati, perché la tutela dei diritti umani deve essere garantita al di là di ogni
possibile limite.
10. Il gruppo di lavoro non considera esaurito il suo compito con la serie di iniziative già
adottate e con le proposte e le richieste formulate e più sopra sintetizzate. C’è ancora molta strada
da percorrere e il cammino non sarà facile, ma non si potrà essere soddisfatti fin quando i due
obiettivi più volte richiamati (verità e giustizia) non saranno stati raggiunti.  Certo non occorre
precisare ancora, dopo quanto si è detto, che la parola giustizia va intesa in senso ampio e dunque
non solo giurisdizionale, ma anche come funzionale alla ricostruzione storica, considerando inoltre
la cosiddetta “giustizia riparativa” nel più ampio senso che emerge da quanto rilevato; e tutto, nel
quadro della ricerca e dell’affermazione della verità.

3
Come è noto, fu istituita a suo tempo una Commissione  italo-tedesca per la ricostruzione storica della vicenda
di cui ci stiamo occupando e lo sviluppo di una “comune cultura della memoria”. La Commissione sta per  completare i
suoi lavori e sembra anche orientata a formulare alcune proposte, tra cui – secondo notizie di stampa – la creazione di
luoghi che ricordano le sofferenze subìte  dagli internati militari italiani, l’istituzione di una Fondazione italo-tedesca di
storia contemporanea, la creazione di un “memoriale” a Padova o a Roma (Corriere della Sera, 26.3.2012). Come si
vede si tratterebbe di ben poco rispetto alle attese e, a nostro avviso, anche di quanto oggettivamente dovuto. 8
***
IN ESTREMA E CONCLUSIVA SINTESI, l’obiettivo del raggiungimento di una completa
verità e giustizia sulle stragi tra il ’43 – ’45 è realizzabile attraverso le seguenti iniziative (alcune
già avviate ed altre da intraprendere):
1. Presenza dell’ANPI, come parte civile, in tutti  i procedimenti in corso davanti ai Tribunali
militari.
2. Completamento della mappa-atlante di tutte le stragi compiute dai nazifascisti sul territorio
italiano, nel suindicato periodo, attraverso:
a) la continuazione e il compimento dei lavori di ricerca già  avviati da Istituti storici,
ricercatori e studiosi;
b) la raccolta e la messa a disposizione di tutta la documentazione già acquisita in sede
parlamentare, liberata da ogni vincolo o segreto;
c) la raccolta, anche mediante informatizzazione di tutto il materiale acquisito in sede
giudiziaria nei processi definiti, in quelli ancora in corso e in quelli archiviati o comunque mai
avviati; con conseguente messa a disposizione di istituti storici, ricercatori, studiosi e cittadini;
d) realizzazione e completamento delle intese tra ANPI e l’Istituto per la storia del movimento
di liberazione in Italia, per ottenere un quadro completo ed esaustivo della tremenda pagina delle
stragi;
e) ricupero della piena accessibilità dei lavori e dei documenti  della Commissione
parlamentare d’inchiesta, e discussione in sede parlamentare sui risultati del lavoro compiuto dalla
Commissione e condensato nelle due relazioni conclusive;
3. Richiesta di assunzione di responsabilità da parte del Governo italiano per tutte le vicende
relative al cosiddetto “armadio della vergogna” con accertamenti definitivi anche della
responsabilità dei singoli e delle responsabilità politiche per i ritardi determinati dall’occultamento
dei fascicoli presso la Procura generale militare di Roma.
4. Sollecita trattazione, in Parlamento, delle interpellanze presentate al Senato il 31 maggio e di
altre interpellanze sul tema; individuazione delle modalità più opportune per una completa
trattazione delle varie questioni connesse alle stragi e al dopo  stragi, in sede di dibattito
parlamentare (v. all. 1).
5. Promozione di una petizione popolare, con acquisizione di firme e sollecita trattazione in
Parlamento (v. all. 2).
6. Promozione di una forte e diffusa campagna, nel Paese, per la conoscenza di quanto
accaduto, per le valutazioni del caso, per ottenere sensibilizzazione adeguata e pressioni sul
Parlamento per un dibattito finalmente  e completamente chiarificatore.
7. Richiesta al Governo e in particolare ai Ministri degli esteri e della giustizia, di adottare tutte
le possibili iniziative per favorire l’esecuzione, anche in Germania, delle sentenze esecutive già
emesse dai Tribunali militari italiani, intendendo per esecuzione sia quella inerente alle disposizioni
penali sia quella attinente alle statuizioni civili. 9
8. Attivare ogni sforzo presso il Ministero degli esteri e il Governo nel suo complesso, affinchè
la trattativa ipotizzata nella stessa sentenza della Corte dell’Aja proceda su binari spediti e
soddisfacenti, sulle seguenti linee:
– Riconoscimento pieno della responsabilità.
– Risarcimento dei danni subiti da vittime civili e dai loro familiari a seguito delle stragi.
– Iniziative di risarcimento in forma indiretta, mediante contribuzione da parte della Germania
ai Comuni interessati per la predisposizione di servizi in favore delle popolazioni colpite e per il
consolidamento della memoria.
– Iniziative di “giustizia riparativa” col concorso del Governo della Repubblica federale
tedesca nelle tante forme già sperimentate in altri Paesi (Polonia, Canada, ecc.). ormai note ma
certamente non esaustive della dimostrazione di una reale volontà riparatrice anche sotto il profilo
dell’ammissione di responsabilità e di contributo alla verità.
– Creazione, in Italia, di una Fondazione italo-tedesca per coordinare le iniziative di ricerca e
ricostruzione storica ed eventualmente anche le iniziative di “giustizia riparativa”.
– Iniziative nei confronti del Governo italiano perché riconosca a sua volta la responsabilità
per i ritardi determinati dall’occultamento di un migliaio di fascicoli, accerti la responsabilità di
singoli soggetti e quelle politiche, assumendo  atteggiamenti e comportamenti di giustizia, verità e
responsabilità nei confronti delle migliaia di vittime e loro familiari, che attendono da tempo che
qualche organismo responsabile formuli almeno le scuse e il rammarico per quanto accaduto.
9. Iniziative, anche sul piano politico-culturale per diffondere ed estendere – in Europa e nel
mondo – l’idea che la immunità degli Stati deve  trovare necessariamente un limite di fronte a
“crimini contro l’umanità” e/o “guerra contro i civili”.
10. Ampia diffusione del presente documento ai fini di una più completa conoscenza della
terribile vicenda delle stragi e di una partecipazione consapevole dei cittadini, dei Governi, del
Parlamento, di tutte le istituzioni, alle iniziative miranti alla chiusura in modo soddisfacente di una
pagina che rappresenta ancora un lato troppo oscuro e drammatico della storia recente del nostro
Paese.
Roma, 12 giugno 2012
Allegati:
1. Stralcio dell’interpellanza depositata in Senato il 31.5.12;
2. Bozza di petizione popolare;
Il gruppo di lavoro: Carlo Smuraglia, Luigi Marino, Enzo Fimiani, Luciano Guerzoni,
Edmondo Montali, Massimo Rendina, Toni Rovatti, Claudio Silingardi, Valerio
S