Autore: redazione Scuola, i tagli all’organico e alle buste paga documentati dalla Corte dei Conti. E da settembre spariscono 51 istituti da: controlacrisi.org

La Relazione 2016 sul costo del lavoro pubblico della Corte dei conti, pubblicata nei giorni scorsi, ha evidenziato quanto denunciato da tempo dal sindacato dal mondo della scuola: tra il 2008 e il 2014 il personale docente di ruolo è sceso di 9 punti, i dirigenti scolastici sono stati ridotti di oltre il 30%, si è risparmiato sugli automatismi stipendiali bloccando gli scatti di anzianità, si è negato il rinnovo contrattuale e l’adeguamento stipendiale anche al solo costo della vita.

Dopo il dimensionamento degli istituti, è così arrivato pure quello del personale e del relativo trattamento economico. Nel 2014 un docente ha guadagnato in media 30.699 euro lordi; un dirigente scolastico 62.890 euro, mentre un dirigente di seconda fascia dell’Università ha percepito 94.455 euro; un dirigente delle Regioni 93.450 euro; un dirigente ministeriale di prima fascia 178.301 euro. Per il personale Ata, sottolinea il sindacato Anief, poi, i compensi rasentano la soglia di povertà: 22.000 euro. A scanso di equivoci, è bene sapere che la riforma della Buona Scuola, approvata un anno fa, se si eccettua l’immissione in ruolo di circa 47.000 nuovi docenti “potenziatori”, non ha sanato nulla.

Con il nuovo anno scolastico, intanto, spariranno 51 scuole. La perdita arriva a 102 istituti, perché il taglio riguarda altrettante sedi sottodimensionate, che scenderanno da 385 a 334. In tutto, si passerà da 8.382 scuole dello scorso anno a 8.281. È la solita operazione in chiave spending review, aggravata dal dato Miur che ha certificato un incremento di allievi. E a rifilarla è quell’Esecutivo che, più di tutti, si è professato promotore di una scuola di qualità.

Marcello Pacifico (Anief-Cisal) commenta: in questo modo si costringono i presidi a fare i salti mortali per gestire due o anche tre scuole a testa, con spesso una decina di plessi distanti chilometri tra loro. Dal 1° settembre saranno 2mila, uno su quattro, gli istituti che andranno in reggenza. In questo modo continueremo ad avere scuole abbandonate al loro destino, affidate a vicari sottopagati e a presidi, a loro volta, con stipendi dimezzati e costretti a vivere alla giornata e a tamponare a distanza le emergenze.