Le donne all’inizio del 900 e nella Resistenza. di Santina Sconza da : anpicatania.info

Le donne già nei primi anni del novecento lottavano per i diritti, nel marzo del 1908 a New York le operaie della fabbrica tessile Cotton ,iniziarono a protestare per le pessime condizioni in cui erano costrette a lavorare . Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni ,fino all’8 marzo. Quel giorno il proprietario della fabbrica Mr. Jonson ,chiuse le operaie all’interno dell’edificio per evitare che uscissero e non lavorassero .Scoppiò un incendio e le 129 operaie rimasero uccise . In quel periodo In Europa ,In America ,in Russia, le donne scioperavano nelle fabbriche per la riduzione dell’orario lavorativo a otto ore, l’istituzione di un giorno di riposo settimanale,il rispetto dei loro diritti politici e sociali, il diritto di voto.
A proporre l’otto marzo come giornata di lotta a favore delle donne e per ricordare la tragedia delle operaie di New York , fu Rosa Luxemburg.
Al congresso di Copenaghen del 1910, Clara ZetKin raccoglie l’appello delle femministe americane e propone di dichiarare l’8 marzo giornata internazionale di lotta delle donne.
Solo le socialiste italiane non aderiscono. Così nel 1910 l’8 marzo si festeggia in tutto il mondo tranne in Italia .
Ciò non significa che le donne in Italia non lottavano ,anzi tra gli anni 1914 e il 1917 ,l’inizio della prima guerra mondiale le lotte delle donne non sono legate al diritto al voto ma in difesa delle condizioni di vita.
1 maggio 1914 a Torino scesero in piazza in centomila per protestare contro la guerra, esse erano il 40 per cento della forza lavoro organizzate in vari comitati e circoli ( tessili, maestre , impiegate, cucitrici, operaie,)
In campagna le donne sono iscritte alla Federterra organizzazione contadina cui a capo c’è una donna Agostina Altobelli.
L’entrata nel mondo del lavoro ( contadine, fittavole…) della federterra si organizzano a difesa delle condizioni di vita contro gli agrari che chiedono di aumentare i profitti provenienti dalle campagne ed utilizzano le nuove formazioni fasciste per azioni violente contro le donne organizzate.Il nuovo partito comunista nato nel 1921, considerava le donne solo perché lavoratrici salariate e non come lavoratrici casalinghe non salariate, era considerato prioritario solo l’organizzazione dell’assemblee di delegati di lavoratori o lavoratrici per conquistare la massa operaia.
Nel 1929 con la crisi mondiale, le donne ritornano in fabbrica con salari più bassi degli uomini. Tutta la forza lavoro maschile qualificata, è sostituita con mano d’opera femminile più a buon prezzo e più ricattabile che accetta anche il lavoro di catena. Il PC rispolvera la vecchia teoria per cui le donne sono la causa della disoccupazione maschile, considera le donne non la parte più sfruttata e ricattabile della classe operaia ma una pericolosa massa di riserva che il padrone usa contro la classe operaia maschile considerata l’unica in grado di essere rivoluzionaria.
Nel Fascismo
Con l’avvento del fascismo ( mano armata del capitalismo) per costringere le donne a far figli e tornare a casa sceglie la violenza , il peggioramento della condizione di vita e di lavoro, il licenziamento e le persecuzione contro l’organizzazione in fabbrica. Dal 1927 al 1934 scoppiarono molti scioperi e agitazioni gestiti dalle donne nella maggior parte dei casi.
Nel 1927 scioperano le sigarai di Venezia, le astucciaie di Bologna, le mondine di Vercelli e Novara. Le operaie della Tollegno respingono le tessere del dopo lavoro fascista.
Nel 1929 6000 tessili a Pordenone.
nel 1930 scioperano le risaiole contro la riduzione del 35% del salario in 40,000.
nel 1931 10,000 tessili di Varano Borghi per otto giorni.
Il 1934 è l’anno che conosce un maggior livello organizzativo dove le proteste si estendono in tutta Italia, da Legnano a Napoli, le manifestazioni non sono per nulla pacifiche e le donne resistono per parecchi giorni alla forza pubblica.
Queste dinamiche hanno portato la forza lavoro femminile a oltre il 40% pertanto il partito comunista ha una rivalutazione non solo del ruolo delle donne operaie come avanguardia dell’organizzazione ma anche di tutte le donne perché queste sono le più colpite dal regime fascista.
Con l’inizio della guerra coloniale 1936- 37 in Abissinia le donne scendono in piazza contro la guerra a Caltanissetta, Messina, Firenze, Massa Carrara e invadono le sedi del fascio.
Non a caso la Resistenza inizia con lo sciopero delle donne a Torino 5 marzo del 1943 in centomila.
8 marzo del 1943 si recano a piazza Castello a protestare contro la guerra.
La partecipazione delle donne alla Resistenza numericamente può essere così riassunta : settantamila appartenenti nei gruppi di difesa delle donne, duemila con funzioni di supporto ,trentacinquemila parteciparono alla guerra partigiana, 4.563 arrestate , torturate condannate dai tribunali fascisti, 2.750 deportate nei lager nazisti, 1.700 donne ferite, 623 fucilate o cadute in azioni, 512 commissarie di guerra e 16 decorate con medaglie d’oro.
La forza delle donne spesso non era nella coscienza politica ma nell’opposizione alla violenza della guerra e contro la crudele brutalità del nazifascismo, gruppi spontanei di donne si opponevano durante i rastrellamenti alla cattura degli uomini e degli ebrei aiutandoli nella fuga.
Nelle donne di città, invece era diffusa l’insofferenza verso il regime e un’avversione più netta al fascismo e a Mussolini, maturata in famiglia o nei banchi di scuola gestivano l’organizzazione , manifestazioni nelle piazze e nelle scuole e scioperi nelle fabbriche.
Voglio ricordare Maria Teresa Mattei nel 1938 fu espulsa da tutte le scuole del Regno per aver rifiutato di assistere alle lezioni in difesa della razza.
Partecipò attivamente alla lotta della Liberazione con il nome di battaglia “ Chicchi”, soprattutto nelle cellule comuniste che operavano a Firenze. Fu eletta all’assemblea Costituente, fu deputata del P.C.I. e per tutta la vita si occupò dei diritti delle donne e dei minori.
Teresa Mattei Affermava : “ Quel voto ce lo siamo conquistato”
Nessuna resistenza sarebbe potuta essere senza le donne. Si dice che furono poche le partigiane, ma non è vero ,ogni donna che ho incontrato in quel periodo era una partigiana, per aver diviso a metà una patata con chi aveva fame, aver svuotato gli armadi per vestire i disertori, aver rischiato la vita tenendo in soffitta profughi o ebrei .Era quella la vera Resistenza.
Infine voglio ricordare Marcella Ficca Monaco, moglie del medico del carcere di Regina Coeli, che organizzò la fuga di Saragat e Sandro Pertini e molti antifascisti.
Le donne nella Resistenza sono donne che avevano subito la guerra ,guerra voluta sempre dagli uomini, dovettero imparare a” vivere i fatti storici dall’interno, non solo a subire la guerra”.
Donne che pur partecipando attivamente alla Resistenza, combattendo in prima linea o nell’ombra, continuavano a essere mogli, figlie e madri. Una coscienza dei diritti, una volontà di un mondo diverso e il valore della pace, hanno dato la forza di finire il compito che si erano proposte . Donne che pur avendo subito l’atrocità della guerra ,le torture e la fame, non hanno perso la sensibilità femminile, la bellezza di essere donne, come la violenza che le ha attraversate fosse rinchiusa in un inconscio blindato, poiché la libertà ,il rispetto per ogni individuo , la democrazia, la pace hanno ricompensato il dolore.