65° anniversario dell’uccisione di Carmelo Salanitro: Catania 24 aprile 2010. Gli interventi di Maria Salanitro Scavuzzo, Anna Marano, il contributo di Giuseppe Giarrizzo

Il 24 aprile a Catania, presso l’aula consiliare della Provincia, organizzato dall’ANPI e dall’ANED, di fronte ad un folto pubblico, tra cui  circa 50 studenti dei licei catanesi Mario Cutelli e Boggio Lera, si è svolto un pubblico incontro sul 65° anniversario dell’uccisione del prof. Carmelo Salanitro nel lager di Mauthausen.

In onore all’ evento, il preside del Liceo classico di Catania Mario Cutelli, prof.ssa Rosetta Camilleri, ha spostato presso l’aula consiliare la cerimonia di consegna dei premi agli studenti vincitori del Premio Salanitro 2009-2010, indetto dal 2003 dal Liceo.

Alla fine della commemorazione, in relazione alla delibera di giunta provinciale del novembre 2006 che intitola l’aula consiliare a Carmelo Salanitro,  da parte dell’Anpi è stata donata alla provincia una targa da collocare all’ingresso dell’aula, consegnata al presidente del consiglio provinciale Giovanni Leonardi. La targa  è stata installata giorno 28 aprile.

Pubblichiamo i testi degli interventi di:

* prof.ssa Maria Salanitro Scavuzzo

* prof.ssa Anna Marano

* Il contributo del prof. Giuseppe Giarrizzo

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Maria Salanitro Scavuzzo

 Sono trascorsi 65 anni dal giorno della Liberazione e 65 anni dalla morte di Carmelo Salanitro nella camere a gas di Mauthausen. Era nato ad Adrano nel 1894. Ad Adrano frequentò il ginnasio, poi, anche per il suo ottimo rendimento scolastico, fu accolto nel collegio Gulli e Pennisi di Acireale dove completò gli studi liceali. Restò ad Acireale anche nel periodo universitario, quando nel 1911 si iscrisse alla Facoltà di Lettere. In quegli anni studiava e nello stesso tempo insegnava presso l’Istituto e il collegio San Michele dei padri filippini.

Dopo la laurea, conseguita nel 1919, e il ritorno ad Adrano inizia la sua breve carriera politica nel neonato Partito Popolare, poiché entra nel direttivo della sezione adranita del nuovo partito con il ruolo di segretario.

Collabora con il sacerdote Vincenzo Bascetta che nel 1914 era stato prosindaco di Adrano. Nel 1920 fu comprimario assieme a padre Bascetta di una rovente campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio provinciale di Catania. Il 7 novembre i Popolari ottennero una grande vittoria. Padre Bascetta fu eletto con 2268 voti, Salanitro con 2194. Aveva 26 anni.

Nel novembre 1923 tutte le amministrazioni passarono nelle mani dei fascisti e naturalmente da quel periodo si perdono le tracce di ogni attività politica pubblica di Carmelo. Quale fosse il suo stato d’animo negli anni del fascismo trionfante possiamo dedurlo dal breve diario che iniziò il 28 ottobre del 1931 con queste parole: «Oggi mercoledì si entra nel 10° anno del regime fascista. Oggi compiono nove anni esatti da che il 28 ottobre 1922 ha avuto inizio una farsa che non potrà avere se non uno scioglimento tragico. Da oggi imprendo a parlare, per mezzo di questo diario, con me stesso; perché siamo ridotti a tale che anche con qualche amico fidato, se tu vuoi parlare delle cose del tuo paese, devi abbassare il tono della voce e guardare circospetto intorno alle pareti mute che ti circondano».

In quegli anni Carmelo si dedica con grande passione all’insegnamento del latino e del greco e trasmette ai suoi allievi la sua profonda conoscenza del mondo classico. So, per testimonianze scritte e orali, che era un professore molto severo ma anche giusto, mai fazioso. I giovani sono i migliori giudici della preparazione di un insegnante e, in proposito, mi piace citare il giudizio del magistrato Nello Sciacca, originario di Biancavilla, che sentì le lezioni di Carmelo ad Adrano e nel 1992 nel libro intitolato Lungo i sentieri dei ricordi ricordò il suo professore con queste parole: «Carmelo Salanitro insegnava latino e greco, e, se in tale insegnamento qualcuno lo eguagliò, mai nessuno lo superò». Lo conobbero alunni di varie città siciliane, poiché dopo un anno di insegnamento fuori dalla Sicilia, a Taranto, passò ad Adrano, a Caltagirone, ad Acireale e infine fu trasferito al liceo Cutelli di Catania, dove si imbatté nel suo delatore, il preside di allora.

È facile intuire che nelle sue lezioni doveva fermarsi soprattutto su quegli autori che gli fornivano lo spunto per porre l’accento sui problemi che riguardavano la società del suo tempo: l’aspirazione alla pace, la triste condizione delle classi subalterne, l’estrema povertà delle classi contadine che costituivano la maggioranza della popolazione della sua città natale. A questi suoi sventurati concittadini Carmelo esprimeva una fraterna solidarietà. Per l’aspirazione alla pace e per l’importanza del lavoro del contadino gli era utile la lettura delle Georgiche di Virgilio.

Dovette leggere anche ai suoi alunni delle pagine di Tacito, perché esse forniscono un facile spunto alla critica di ogni forma di tirannide.

Vincenzo Bellante, che fu suo alunno nel 1933 a Caltagirone, lo ricordava severo, preparato, ma sosteneva che nulla nel suo dire avrebbe fatto pensare a un uomo con un interesse politico. Probabilmente i suoi alunni erano troppo giovani per capire che il discorso sul passato era anche un discorso sul presente.

Le critiche al regime si colgono chiaramente in due pubblicazioni, una stampata ad Adrano nel 1929 su Omero, l’altra stampata a Caltagirone nel 1933 sulle Georgiche di Virgilio.

Capirono la polemica sottesa a molte pagine di quei saggi i suoi colleghi e gli uomini di cultura che avevano aderito in massa al fascismo, in parte perché credevano alle “magnifiche sorti e progressive” che quel regime prometteva, in parte per non esporsi perché, come dice Alessandro Manzoni nei Promessi sposi, «uno il coraggio non se lo può dare». Capirono e proprio per questo innalzarono un muro di silenzio introno a quei saggi.

Lento ma costante è stato il riconoscimento dell’intelligenza e della grandezza morale di Carmelo Salanitro. Nel 1946 il Comune di Adrano pose un busto nel piccolo viale degli uomini illustri della villa pubblica di Adrano.

Il catanese Concetto Marchesi, anche lui uomo di scuola, poiché insegnò letteratura latina in varie università d’Italia, nella seduta della Camera del 10 ottobre 1949, presentando un’interrogazione relativa all’assegnazione di posti direttivi negli istituti medi governativi, citò con dovizia di particolari la persecuzione politica di cui era stato oggetto Carmelo Salanitro e la tragica conclusione di quella persecuzione.

Il 24 aprile del 1968 i professori e il preside del liceo Cutelli si sentirono in dovere di apporre una lapide commemorativa nell’atrio della scuola. I molti libri di giornalisti, di storici, di compagni di sventura nei campi di concentramento contengono pagine che lo ricordano. Le troviamo raccolte nel volume che contiene gli atti del Convegno sulla vita, l’opera, l’impegno civile del professore Carmelo Salanitro nel centenario della nascita, convegno che si tenne il 16 aprile del 1994 e fu organizzato dall’allora assessore alla Cultura del Comune di Adrano, il professore Pietro Scalisi. Quegli atti rappresentarono un momento determinante per la conoscenza della figura di Carmelo anche oltre i confini della Sicilia.

Nel 2004 sono venuta a conoscenza che in un convegno organizzato il 24 aprile di quell’anno a Catania Giovanni Salanitro aveva letto qualche pagina di un diario di Carmelo, che si trovava fra le carte di suo padre, Antonino Salanitro, anche lui insegnante di latino e greco come il fratello e deceduto nel 1989. Né io né mio marito, scomparso nel febbraio di quello stesso anno, eravamo al corrente dell’esistenza di quello scritto e spesso penso quale gioia avrebbe provato mio marito nel leggere i segreti pensieri di quel padre che rimpianse per tutta la vita.

Nel 2005 ho fatto pubblicare la fotocopia che mi è stata consegnata nei tipi della c.u.e.c.m. con il titolo Carmelo Salanitro, pagine dal diario 28 ottobre 1931-6 giugno 1932. In quella circostanza ho potuto giovarmi della preziosa collaborazione di Nicola Torre, che purtroppo non è più tra noi.

Il saggio introduttivo, opera dello storico Rosario Mangiameli, è stato definito “esemplare” dagli storici di mia conoscenza.

Intanto al liceo Cutelli, a partire dall’anno scolastico 2003-2004, è stato creato un “Premio Salanitro”, consistente nell’assegnazione di tre borse di studio annuali. Un premio prestigioso che è stato reso permanente nel 2009.

Un altro evento è stato l’intitolazione a Carmelo Salanitro dell’aula consiliare della Provincia di Catania. La delibera del Consiglio provinciale è datata 6 novembre 2006. Non mi risulta che sia stata fatta un’inaugurazione ufficiale con i festeggiamenti di rito. Mi auguro che la data non sia lontana e che mi sia concessa la gioia di essere presente alla cerimonia.

 

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prof.ssa Anna Marano

24 APRILE 1945 – 24 APRILE 2010

Il Liceo M. Cutelli  “fascistizzato”, il Professore scomodo.

 

Il “Premio Carmelo Salanitro”, istituito nell’anno scolastico 2003-2004 dal Liceo “M. Cutelli” di Catania in memoria di Carmelo Salanitro, fa riferimento alla “luminosa coscienza cristiana” che portò il coraggioso professore a condurre in solitudine la lotta antifascista e antinazista e a sacrificare la libertà e poi la vita per difendere i valori della libertà e della pace.

A tali valori, fondamentali nella società democratica, devono ispirarsi le opere degli studenti, italiani o stranieri, che intendono partecipare alla competizione. I vincitori sono premiati con le tre borse di studio annuali destinate alle distinte sezioni del concorso:

  • “Testo” (saggistica, narrativa, poesia, teatro, ecc);
  • “Opera artistica” (grafica, pittorica, plastica, musicale, filmica,
  • ecc.);
  • “Elaborato multimediale”.

Nel 2010 il “Premio Carmelo Salanitro” è alla VII edizione e dallo scorso anno è inserito tra le competizioni riconosciute nel piano nazionale di promozione delle eccellenze del MIUR.

Se il riconoscimento ministeriale attesta la validità dal punto di vista delle finalità proprie – istituzionali – della scuola pubblica, l’invito rivolto dall’ANPI alla comunità scolastica del Liceo Cutelli a partecipare con un coinvolgimento diretto all’incontro del 24 Aprile 2010 presso l’Aula Consiliare della Provincia Regionale di Catania per la commemorazione del prof. Carmelo Salanitro nella ricorrenza del 65° anniversario della morte nella camera a gas del Lager di Mauthausen  testimonia come si stia sempre più riconoscendo che negli ultimi anni il Liceo Cutelli  – quel Liceo che nel novembre del 1940 avviò uno dei suoi docenti al carcere fascista e poi, per non casuali circostanze, alla deportazione nazista – abbia svolto nel contesto cittadino e provinciale, accanto all’ANPI e ad altre associazioni e istituzioni e in verità assieme anche all’opera di singole persone impegnate in diversi campi, il suo compito di contribuire alla “rimemorizzazione” (questo il termine usato dall’ANPI in un suo comunicato) la figura più alta dell’antifascismo catanese,  e con ciò abbia, almeno in parte, onorato il suo debito.

In realtà il “Premio” è nato da un negazione: dalla mancata intitolazione della scuola a Carmelo Salanitro, un’iniziativa proposta nell’aprile 2003 proprio dall’ANPI. Iniziativa, peraltro, da me

condivisa per il suo netto significato a fronte di tanti assensi condizionati o strumentali.

Al posto dell’intitolazione, più voci avevano suggerito l’istituzione di un premio, di una borsa di studio. Così, per evitare il rischio – ricorrente nella storia del Liceo Cutelli che con la figura per molti versi scomoda di Carmelo Salanitro ha avuto, come ho detto in altre occasioni, un rapporto quanto meno problematico – di non fare proprio nulla dopo aver vagamente prefigurato altre iniziative più condivisibili di una intitolazione, è nato il “Premio”.

Vorrei ricordare, a proposito del rapporto problematico cui ho accennato, alcuni momenti.

Il primo, il più rilevante, è ben noto. Era il 1940, l’Italia  era entrata in guerra e dal Ministero dell’educazione nazionale giungevano alle scuole le indicazioni specifiche per l’attivazione di un’educazione patriottico-fascista che avrebbe dovuto sostenere la causa bellica integrando quella educazione ideologico-fascista che da diversi anni accompagnava l’istruzione pubblica italiana, con gli adattamenti necessari al profilo della cultura classica nel caso dei Licei come il Cutelli.

Consideriamo che dai verbali del Collegio dei docenti del tempo ( da me studiati assieme ai miei alunni nel laboratorio storiografico  sulla documentazione dell’Archivio storico del Cutelli che dal 2002 propongo alle mie classi per tracciare una storia del Liceo dal 1897 agli anni più recenti) emerge un convinto entusiasmo per il fascismo.

Le adunanze dei professori cominciavano con il saluto al Duce al quale il Collegio dei Professori rispondeva  con un vibrante “A Noi!” e al Segretario Federale si rivolgevano “gli applausi vibranti di tutti”. Il preside Rosario Verde raccomandava ai professori del Cutelli di controllare che gli alunni salutassero “romanamente i superiori anche fuori di scuola”. E’ certo possibile che a tale comportamento non corrispondesse in tutti un reale sentimento di condivisione – come risulta anche dalle pagine del diario di Carmelo Salanitro -, ma si può dire che in ogni caso fosse autentica  l’intenzione di compiacere o almeno di non dispiacere al regime. Prescindendo dall’eventuale conformismo dei docenti, si può senz’altro affermare che il preside Verde era particolarmente zelante nel vigilare  sull’educazione fascistizzata  dei giovani, anche per non trovarsi in imbarazzo nel caso di una  eventuale visita dei gerarchi fascisti che avesse colto impreparati gli alunni  su ciò che riguardava il Duce e le vicende del Fascismo, con conseguente valutazione negativa del suo operato prima ancora che di quello dei docenti.

Molto disponibile al dialogo con gli insegnanti, Verde  non sembrava voler abusare della sua autorità, ma si mostrava intransigente nelle  questioni connesse all’interesse politico del regime. Da perfetto preside fascista nel marzo 1940 si preoccupava che i programmi di Cultura Militare fossero svolti con particolare cura, anche con ore di lezione integrative per gli approfondimenti. Del resto quei giovani da studenti sarebbero divenuti soldati e quindi per far loro sviluppare uno “spirito agilmente militare” occorreva inculcare “l’abito della disciplina militare, avviare la precipua formazione del carattere, la consapevolezza e l’entusiasmo per la partenza del [nostro] esercito, la dedizione completa di ciascuno al Duce e al Regime”; occorreva che sapessero “cantare gli inni della Rivoluzione fascista e i principali inni patriottici”.

Gli studenti erano autorizzati ad assentarsi per partecipare alle manifestazioni della G.I.L. e del P.N.F. “spontaneamente e con entusiasmo, onorati e fieri d’indossare la divisa fascista, quando ne siano autorizzati e di assolvere tutti i compiti che il Regime fascista assegna loro” ed anzi venivano segnate nei registri di classe proprio le assenze da quelle manifestazioni per tenerne “debito conto nell’assegnazione dei voti” agli scrutini, così come venivano adeguatamente valutate negli scrutini le “benemerenze” e le “classifiche” conquistate presso la  G.I.L.

Le direttive del Preside sulle “norme didattiche” erano che nell’ambito della lezione, ove possibile, si parlasse agli alunni del Fascismo, che “lo svolgimento dei programmi fosse avvivato da opportuni riferimenti alla dottrina e alla storia del Fascismo”, che si traesse “ sempre occasione non solo dagli argomenti delle [sue] lezioni, ma anche dagli avvenimenti nazionali e internazionali per illustrare agli alunni l’operato del Fascismo e la prodigiosa attività del suo Capo”, che si desse “il massimo rilievo al processo formativo dello stato unitario italiano che confluisce nel Fascismo”. Avvicinandosi l’entrata in guerra dell’Italia, nel maggio del 1940  il Preside richiese che gli insegnanti si dichiarassero “pronti a servire il partito e (…) a disposizione del Segretario Federale”. Pare che i docenti  esortati approvassero “per acclamazione”.

In questo clima di zelo entusiastico e/o conformismo, nella scuola fascista, nel Cutelli fascista o fascistizzato, Salanitro maturò la sua scelta coraggiosa di far circolare un messaggio anti-fascista, libertario e pacifista, scelta che lo  portò all’arresto nel novembre 1940 nelle circostanze che furono rese pubbliche solo nel settembre 1945, grazie ai provvedimenti di rimozione dall’incarico e di confino a tre anni presi dall’AMGOT in relazione all’attività spionistica svolta dal preside Verde in collaborazione con l’OVRA. Della sorte di Salanitro, invece, si seppe solo tra il maggio e il giugno del 1946.

Sempre dai verbali del Cutelli veniamo a sapere che due giorni dopo l’arresto si svolse una seduta del Collegio nella quale si registrò asetticamente l’assenza di Salanitro ed il preside Verde procedette con assoluta normalità alla programmazione didattica ed educativa di inizio d’anno, che riproponeva le “Norme riguardanti l’insegnamento delle varie discipline”, le indicazioni per “l’educazione politica degli alunni” e le “Norme disciplinari” del precedente anno scolastico. Con assoluta normalità, come se non fosse accaduto nulla. O quasi. Perché i colleghi di Salanitro sapevano cosa era accaduto ma non avevano il coraggio di parlare.

L’unico elemento di un qualche significato è la richiesta del professore Vito Tanteri di essere sostituito nella carica di segretario del Collegio. La richiesta fu accolta e fu trovato un nuovo segretario. Forse qualche reazione al caso Salanitro c’era stata, nel corso di quella seduta. Ma non sarebbe stata verbalizzata, per le solite ragioni… Così, forse, Tanteri non se la sentì di collaborare tanto attivamente al seppellimento anticipato di un collega che stimava.

E arriviamo al 1943, 6 novembre. Sono passati tre anni di guerra, il fascismo è crollato ed anche l’Italia fascista. Delle precedenti sedute del Collegio non resta alcuna traccia, stranamente. C’erano state tre riunioni in tre giorni consecutivi  – 14,15 e 16 maggio 1943 per gli scrutini – ma non ci sono i verbali né il registro.  Il verbale della nuova “adunanza” è redatto in un foglio separato ed è firmato dal solo preside Verde.  Sia pure con qualche esitazione, il Collegio, riunito in seduta straordinaria nella Succursale di via Coppola dopo anni di emergenza bellica (bombardamenti compresi), finalmente rompe il silenzio. Lo stesso preside Verde cerca di adeguarsi ai nuovi rapporti di forza e di compiacere al Comando delle Forze Alleate che hanno nominato un nuovo Provveditore agli studi, al quale propone di rivolgere un saluto. Nel verbale suonano parole nuove: un professore parla di “libertà di pensiero anche in tempi tristi di servitù politica” con riferimento al nuovo provveditore. Ma ecco che si scopre che la seduta è stata convocata su richiesta sottoscritta due giorni prima, secondo la normativa, da più di un terzo dei professori (primi due firmatari i

professori Boemi e Tanteri), e che l’o.d.g. è stato fissato dai richiedenti e non dal preside. Si dovrebbe per prima cosa approvare un verbale di una riunione svoltasi il 27 marzo, ma il preside si appiglia ad una questione di forma per non rendere conto al prof. Boemi che pressa insieme a tutto il Collegio. Verde, alle strette, afferma che il registro dei verbali “fu sepolto insieme con tutto il materiale d’archivio della Presidenza sotto le macerie della sede di piazza Duomo n.8 in seguito a bombardamento aereo” e per di più in agosto la segreteria e la presidenza trasferitesi in altri locali “furono saccheggiate da ignoti ladri”. Ovviamente Verde non è creduto. Spalleggiato dal prof. Tanteri, il prof. Boemi gli risputa in faccia gli argomenti, compromettenti ora che il vento è cambiato, di quella seduta del 27 marzo, svoltasi dopo due o tre giorni che il Preside era stato a rapporto dal ministro Biggini, venuto a Catania: “comunicazioni del Preside sullo svolgimento dei programmi delle singole discipline che debbono avere inizio e fine a Mussolini e questo non solo per la storia in cui occupa il posto che è a tutti noto, per la filosofia in cui ha lasciato orme indelebili  con una nuova concezione della vita, per l’italiano a cui ha dato origine ad un nuovo stile letterario, ma anche per la matematica, le scienze, il latino, il greco” .

Verde subisce e passa al secondo punto dell’O.d.G.: “Indirizzo di saluto al prof. Carmelo Salanitro”. Dà lettura del testo predisposto dal gruppo dei Docenti firmatari: “Il Collegio dei professori del R. Liceo Cutelli riunendosi per la prima volta dopo storici avvenimenti, nel riprendere dopo lunga interruzione la sua attività in una mutata atmosfera di libertà di pensiero e di parole, manda il suo saluto augurale al Prof. Carmelo Salanitro, formulando voti perché esso possa presto tornare alla vita civile, alla famiglia e alla scuola, alla quale aveva dedicato con spirito di libertà, e fu questa la sua unica colpa, gli anni migliori della sua giovinezza”. Naturalmente l’indirizzo di saluto fu approvato all’unanimità, non senza che il Preside in sede di dichiarazione di voto favorevole, “anche per sentimento umanitario”, provasse a discolparsi. E’ tale la sfacciataggine da far superare ogni residua prudenza. Il prof. Tanteri passa alle accuse esplicite e quindi diviene chiaro che tutti avevano seguito la vicenda dell’inchiesta (il commissario dell’OVRA Pupella che si chiudeva con Verde in presidenza, valutazioni esplicite di segno negativo nei confronti di Salanitro da parte del Preside) e sapevano. Il passo successivo di Verde è di appellarsi al giudizio dei superiori gerarchici per non render conto ad un semplice professore, ma – ormai l’atmosfera è incandescente – il prof. Boemi gli rinfaccia le accuse ormai diffuse, anche per mezzo di “un manifesto anonimo dattilografato, comparso sulle mura cittadine”, che lo indicano come spia fascista anche troppo zelante perfino per le stesse autorità fasciste.

Un paio di settimane dopo questa strana seduta, in cui accusando il Preside i Docenti del Cutelli accusano, senza rendersene pienamente conto, anche se stessi, Verde fa le consegne dell’ufficio al vice-preside Cesare Bianca.

Una brutta storia, in cui tuttavia la responsabilità individuale non è certo coperta dalla responsabilità collettiva.

Ma prima di arrivare al Cutelli degli anni più recenti, che vede le iniziative di singoli docenti, anche in collaborazione con l’ANPI e con Nicola Torre e la sua casa editrice, l’istituzione del Premio, l’intitolazione a Carmelo Salanitro della Sala dei professori,  l’intitolazione al suo nome della succursale, ci sono altri momenti da ricordare per il chiaroscuro con cui si disegna il rapporto del Cutelli con la figura di Carmelo Salanitro.

Nel dopoguerra, nella nuova sede in via Firenze – è 12 gennaio 1953 – il Collegio si riunisce con la presidenza del Prof. Giuseppe Cantone, che mette ai voti la proposta avanzata da alcuni colleghi “di onorare la memoria dei proff. Salanitro e Barletta, morti in tragiche circostanze per aver tenuto fede al proprio ideale politico, intitolando al loro nome due aule scolastiche”. Il dibattito è intenso e il Collegio si divide: alcuni accolgono la proposta, altri la criticano propongono iniziative diverse: l’istituzione di una borsa o la promozione di una raccolta di studi. Non si raggiunge l’accordo e si passa alla votazione: favorevoli 22, contrari 12, gli astenuti 32, troppi. La discussione viene rinviata a data da destinarsi.

Occorrerà che i residui di fascismo interiorizzato, anche perché coerente con una visione della società che lo precedeva e lo aveva reso possibile, siano evidenziati da un fenomeno dirompente come il Sessantotto, perché si arrivi – dopo un silenzio tombale durato quindici anni – a riscontrare un nuovo gesto in memoria di Salanitro: la lapide commemorativa apposta il 24 aprile 1968 nell’atrio della scuola. Il testo dell’iscrizione fu formulato dal prof. Salvatore Stella, docente incaricato dei rapporti con la GIL in epoca fascista, docente al quale un’aula scolastica verrà intitolata – suppongo – senza troppe difficoltà, forse anche grazie a quella lapide. In essa si dice che egli, il professore Salanitro, quel professore che non aveva più voluto la tessera del Partito e quindi

poteva contare solo sul minimo stipendiale ormai da molti anni, quel professore, “con Platone e Tacito aveva insegnato ad amare la libertà e la giustizia”.

Forse un’ulteriore auto-accusa a nome di tutti per non avere provato la medesima “ansia incoercibile di libertà e giustizia” che aveva condotto Carmelo Salanitro alla morte, il 24 aprile  di 65 anni fa.

 

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prof. Giuseppe Giarrizzo

Apprezzo sinceramente l’iniziativa del ricordo di Carmelo Salnitro, assassinato  a Mauthausen il 24 aprile 19454;  e mi rammarico che impegni familiari non derogabili non mi consentono di essere con voi, e ricordare un intellettuale raffinato cui delatori servili consegnarono a morte barbara. 

E nondimeno colgo l’occasione per rinnovare a studiosi vecchi e giovani di chiarire, in un più arioso contesto, la personalità di cristiano e di antifascista del Salanitro.

La finezza intellettuale, la vocazione del maestro che torna a leggere i classici con gli allievi e per gli allievi, non estenuarono – come in tanti altri – la fibra morale. E i brevi scritti ispirati a ideali di giustizia e di pace sociale hanno, nell’insolita sobrietà della scrittura, un valore aggiunto che deriva dalla personalità del letterato che provava  a dare espressione in un tempo di conformismo e di rinunce al “coraggio della verità”.

Lo mostra il drammatico percorso esistenziale: cattolico di estrazione e formazione, si riconobbe nel “murrismo” di padre Bascetta  presto ritradotto da Sturzo nel programma del PPI; e in questo trapasso nel nostro territorio dalla Democrazia cristiana al Partito Popolare Salnitro fu testimone tormentato e consapevole. Perciò lo direi più vicino al socialismo cristiano, vittima della Pascendi e di un ripiegamento reazionario della Chiesa che dovrà attendere il Vaticano II, che non al modernismo esegetico.

La rottura con la Chiesa avverrà solo dopo il Concordato, e con motivazioni in prevalenza politiche. Eppure cenni e accenni dal Diario ne suggeriscono la profondità come testimonianza negli anni Trenta, e nella marginale Sicilia, di una tragedia morale – di cui furono attori nel tempo personalità originali e tormentate come Bernanos ed i Maritain. Purtroppo nessuno ci ha ancora detto delle letture extra-moenia del maturo Salanitro: egli è comunque fuori da tempo dall’atmosfera rarefatta delle sacrestie, e coglie i segnali della barbarie ben visibili dalla metà degli anni Trenta – quando persino Benedetto Croce si spinge ad ammettere, in dialogo con gli amici tedeschi ( da Meinecke a Thomas Mann) , che persino lo Spirito può ammalarsi!

I segnali della barbarie, che per la delazione di colleghi portati al livello della perdita personale della libertà, tutte le volte che l’anticonformismo “disturba” coscienze prone all’obbedienza, e civile e ecclestiastica, per Salanitro diverranno il marchio della ferocia nazista – quello che lo associa, mite testimone della giustizia, ai reietti della terra, agli storpi o ai matti che Hitler vuole cancellare nell’opera demiurgica di purificazione razziale.

Averlo assunto a “partigiano” nella lotta contro il fascismo, lui che imbracciò alcun’arma né vide il suo modo di giustizia manifestarsi in abito militare o di fisica violenza, resta comunque il modo più semplice di fare dell’antifascismo degli anni trenta una religione laica  – e di Carmelo Salnitro un severo ministro senza unzioni. 

E che il carisma di lui, tutelato nel ricordo e tenuto vivo, sia foriero di umana dignità, in un tempo che vecchia e nuova barbarie minaccia. E come nel tempo della sua tragediala minaccia viene all’interno della nostra civiltà.