Jean Jaurès Una vita per la pace di Antonio Pastore da: anpi .info catania

Jean_Jaurès,_1904,_by_Nadar

La figura del leader socialista francese Jean Jaurès non ha trovato il rilievo che merita nelle svariate iniziative che hanno commemorato lo scoppio della Grande Guerra; eppure Jean Jaurès ha sacrificato la propria vita per la causa della pace nel nobile sforzo di impedire che l’Europa intera sprofondasse nell’immane disastro che l’avrebbe segnata per sempre. Nella fotografia scattata nel 1904 dal celebre fotografo francese Nadar, Jaurès ha 45 anni, (era nato, infatti, a Castres , nel dipartimento del Tarn, Francia meridionale il 3 settembre 1858). Il viso incorniciato da una folta barba, dai lineamenti squadrati che sembrano tagliati con l’accetta, è quello di un vero figlio del Midi francese, di una tempra esuberante e ribelle, nato negli stessi luoghi dove due secoli addietro l’eresia albigese aveva osato sfidare il potere costituito della Chiesa e della monarchia feudale. Proprio nei centri della rivolta albigese, ad Albi, nel locale liceo ed a Tolosa nell’università, Jaurès insegnò filosofia, dopo avere percorso una brillantissima carriera scolastica e frequentato le migliori scuole di Francia, quali il liceo Louis- le – Grand e l’Ecole normale supèrieure, dove si era laureato nel 1881. Il temperamento entusiasta ed appassionato di Jaurès , nemico di ogni ingiustizia, lo portò ben presto, dalle originarie posizioni repubblicane ad abbracciare il socialismo, appoggiando lo sciopero che i minatori di Carmaux avevano proclamato per protestare contro il licenziamento di un loro compagno di fede socialista , Calvignac. Nel 1893 Jaurès venne eletto per la seconda volta deputato socialista per il collegio di Albi, dopo esserlo stato, tra le fila repubblicane , nel 1885 per il dipartimento di Tarn. Ben presto le doti intellettuali e morali ne fecero il leader indiscusso del socialismo francese; come direttore del quotidiano La Petite Republique difese appassionatamente il Capitano Alfred Dreyfus , al centro dell’omonimo caso che sconvolse la vita della Terza Repubblica e propugnò l’alleanza con l’ala più avanzata della democrazia borghese rappresentata dai radicali e dai radicali-socialisti. Tale alleanza portò per la prima volta in Europa un ministro socialista, Alexandre Millerand , a partecipare ad un governo di coalizione presieduto dal radicale Waldeck- Rousseau , il cui programma era quanto di più avanzato si potesse realizzare allora in Europa. L’appoggio dato da Jaurès ai governi di Waldeck-Rosseau e di Emile Combes permise così il varo di una legislazione decisamente progressista sia in materia sociale che dei diritti civili e segnò per sempre la società francese in senso laico e liberale quale ancora oggi la conosciamo. Jaurès riuscì poi a ricucire i rapporti con l’ala più intransigente del socialismo francese, guidata da Jiules Guesde che aveva criticato il blocco, come era stato definito, con i radicali borghesi ed i radicalsocialisti. La riconciliazione fu suggellata dal congresso di Rouen nel marzo 1905 da cui nacque il PSU ( Parti Socialiste Unifiè) , con un programma decisamente collettivista e socialista. L’impegno di Jaurès, da sempre indirizzato in senso internazionalista e pacifista, fu messo sempre di più alla prova dalle nubi di guerra che si addensavano, fitte e minacciose, sui cieli d’Europa, spinte dal vento del bellicismo ed dell’esasperato nazionalismo; come egli amava ripetere il capitalismo reca in sé la guerra come i nembi la tempesta ed in ciò il suo pacifismo, inteso come fratellanza dei lavoratori di tutta Europa e del mondo intero, era indissolubilmente legato all’ideale di una società di liberi ed eguali in senso socialista e si differenziava nettamente da quello, pur nobile ed apprezzabile , di estrazione democratico-borghese. Dopo l’attentato di Sarajevo, Jaurès , comprese bene quale immane disastro si stesse preparando per l’Europa ed il mondo intero e cercò di scongiurarlo con tutte le sue forze, proponendo lo sciopero generale dei lavoratori per fermare la guerra. Purtroppo i partiti socialisti della II Internazionale, primo fra tutti quello socialdemocratico tedesco che costituiva un modello per tutti gli altri movimenti socialisti grazie alla sua forza, alla sua disciplina ed alla sua organizzazione, non fecero quasi nulla per fermare il conflitto, anteponendo il patriottismo nazionale alle ragioni dell’internazionalismo proletario. In realtà la cultura politica socialista , nonostante la fraseologia rivoluzionaria e marxista, restava sostanzialmente succube dell’egemonia culturale delle classi dominanti per cui, alla prova dei fatti, la coscienza delle masse proletarie non era tale da contrapporsi agli ideali patriottici della borghesia, sia di natura democratica che nazionalista. L’esempio più vistoso fu, per l’appunto, quello dei socialdemocratici tedeschi i cui deputati Reichstag, compreso il futuro capo rivoluzionario spartachista Karl Liebknecht votarono in massa per i crediti di guerra. Indicativa è la spiegazione che ne diede un quotidiano tedesco di orientamento socialista: se avesse vinto la Gran Bretagna patria mondiale del capitalismo e dell’imperialismo, la causa socialista sarebbe stata irrimediabilmente perduta mentre la vittoria della Germania che annoverava il partito socialista più forte al mando, avrebbe condotto inevitabilmente al trionfo della causa del proletariato…… Jaurès fu uno dei pochi a non perdere la testa ed a sostenere che la causa del socialismo non poteva prescindere dalla pace tra i popoli e che le ragioni dell’internazionalismo proletario dovevano prevalere su quelle del patriottismo nazionale. Come racconta Luciano Canfora nel suo bel libro “1914”, fu proprio al ritorno dal suo viaggio a Berlino dove aveva incontrato il socialdemocratico tedesco Hase che Jaurès venne assassinato la sera del 31 luglio 1914 mentre si trovava in un caffè parigino, dallo studente nazionalista Raoul Villain. Il giorno successivo la Francia mobilitava contro la Germania e dopo una settimana il conflitto europeo divampava come un’immane incendio. Il grande macello dei popoli era iniziato e, come disse il Ministro degli Esteri inglese Edward Grey le luci si erano spente nel cielo d’Europa: non si sarebbero mai più riaccese come prima.
Antonino Pastore