A condizionare la situazione del Paese ha influito, dal lato della domanda, il contributo negativo della componente interna mentre, sul lato dell’offerta, la caduta produttiva del settore industriale. “L’indicatore anticipatore dell’economia”, specifica l’Istat, “rimane negativo a luglio, suggerendo per i prossimi mesi un proseguimento della fase di debolezza dell’economia italiana”.
Per l’Unione nazionale dei consumtori fino che l spesa delle famiglie rimarrà al palo il Paese non può che restare fermo.
“Una conferma del fatto che siamo tornati ad una crescita degli “zero virgola” e che, per il 2016, rischiamo di confermare il +0,8% del 2015, se non si ci sarà un deciso cambio di rotta”, afferma Massimiliano Dona, Segretario dell’Unione Nazionale Consumatori.Una vera e propria doccia fredda che era già iniziata a cadere durante le vacanze estive quando, l’istituto nazionale di ricerca aveva preannunciato le stime di crescita zero, confermate nella nota diffusa questa mattina. “Fino a che i consumi delle famiglie restano al palo, insomma, e crescono di un misero 0,1%, il Paese non può che restare fermo. Per questo nella prossima legge di stabilità bisogna puntare tutte le poche risorse disponibili sul rilancio della capacità di spesa del ceto medio”, conclude Dona.La forte contrazione dei consumi avvenuta dal 2012 al 2015, pari al -10,2% (con una riduzione complessiva della spesa delle famiglie di 72,2 miliardi di Euro), sottolineano Federconsumatori e Adusbef, aiuta a capire quanto la ripresa sia ancora lontana e i timidi segnali preceduti da tanti zeri siano del tutto insufficienti. Cade la domanda interna e cade, logicamente, anche la produzione: questi i segnali allarmanti che l’Istat non fa altro che confermare.
Per la Cgil, infine, “l’andamento dell’economia italiana conferma purtroppo la correttezza delle nostre previsioni, scevre da ogni pregiudizio: l’Italia non è ripartita, non siamo di fronte ad una vera ripresa. Serve una terapia shock, serve creare lavoro”, dice Danilo Barbi, segretario confederale Cgil. Secondo Barbi, le previsioni fatte dal Governo a maggio, “non erano assolutamente credibili, perché l’atteso aumento delle esportazioni – spiega – non teneva conto delle nuove tensioni economiche internazionali, e quello dei consumi del persistere dei rischi di deflazione”.“È giunto il momento di reagire per dare una vera scossa e questa fase di lento declino. È necessario avviare quel un Piano Straordinario per il Lavoro che invochiamo da tempo e che deve prevedere lo stanziamento di investimenti pubblici per almeno 60 miliardi di Euro”, dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef. “Risorse che possono essere reperite attraverso una intensificazione della lotta all’evasione fiscale, la tassazione delle rendite finanziarie, tagli a sprechi ed abusi e, se necessario, anche la vendita di parte delle riserve auree (circa il 10-15%) e la vendita ti quote dei “gioielli di famiglia” (Poste, Eni, Enel, Ferrovie). Il ricavato di tali operazioni deve essere destinato solo, esclusivamente e tassativamente a creare occupazione e dare prospettive ai giovani, attraverso interventi per la crescita, la modernizzazione, la messa in sicurezza antisismica, l’innovazione e la ricerca”.
Intanto, un’altro dato, elaborato da Adoc, un’altra associazione di consumatori, ci dice che in Italia redditi delle famiglie sono più bassi del 20% della media UE-15, oltre 500 euro di differenza. Non solo, le spese quotidiane hanno un impatto del 64% sul reddito, il 7% in più, nonostante le spese complessive siano, di media, inferiori dell’8,3%, una differenza di 179 euro.
Nel Bel Paese una famiglia dispone, in media, di 2.806 euro mensili, contro i 3.371 euro della media europea. L’Adoc ha analizzato nel dettaglio il costo della vita per una famiglia tipo italiana, confrontandolo con quello di nuclei analoghi in altri paesi europei.“Ogni euro speso dalla “famiglia Rossi” pesa molto di più sul reddito rispetto a quello della “famiglia Müller”(Germania) o della “famiglia Dubois” (Francia). La combinazione di bassi redditi e alta pressione fiscale rende complicato sostenere le spese quotidiane”, dichiara Roberto Tascini, Presidente dell’Adoc, “nella UE-15 le famiglie italiane si collocano al 12° posto come capacità reddituale, ma sono 4° nella classifica degli impatti sul reddito, precedute solo dalle famiglie greche, portoghesi e spagnole.
Se l’Italia vuole avere un maggiore peso in Europa deve prima sostenere i suoi cittadini, le sue famiglie. Abbassare la pressione fiscale, tagliare le spese improduttive, contrastare seriamente l’evasione fiscale, prevedere maggiori agevolazioni e detrazioni, incrementare la capacità reddituale sono tutti interventi imperativi per agganciare il treno europeo”.
Scendendo nel dettaglio della spesa, ad incidere maggiormente sono alimentazione e salute. Al supermercato, una famiglia italiana spende in media 443 euro mensili per prodotti alimentari, a cui vanno aggiunti circa 65 euro per un paio di cene fuori casa. Per quanto riguarda la spesa per i farmaci e le visite mediche private, l’Italia presenta una spesa in linea con la media UE, pari a circa 36 euro. Per la casa e le sue utenze la spesa risulta in linea con la media europea. Complessivamente, la “famiglia Rossi”, per le spese di casa e le utenze, investe il 31% del proprio reddito, contro il 30,9% della media UE. Ma molto di più della famiglia Johansson (Svezia), che investe solo il 22,5% o della famiglia Korhonen (Finlandia), che vede impegnato il 23,9% del proprio reddito. Cinema e palestre sono più economiche che nel resto d’Europa: per una serata al cinema la famiglia Rossi spende ben 5 euro in meno rispetto alla media europea. Stesso risparmio per lo sport, in Italia si spendono in media 35 euro al mese contro i 40 euro della media europea. Chi spende di più per restare in forma sono le famiglie del Lussemburgo (60 euro) e Finlandia (48 euro).
A prima vista, sembrerebbe che la posizione delle famiglie italiane sia ottimale nel confronto europeo. In realtà non è così: sebbene in Italia la spesa globale sostenuta mensilmente sia mediamente inferiore dell’8,3% alla spesa media europea, essa incide sul reddito in misura pari al 64%, il 7% in più della media europea, ferma al 57%.
Il discrimine fondamentale, quindi, è nella minore capacità reddituale di una famiglia italiana che, al netto delle tasse,incamera poco più di 2.800 euro mensili. Un reddito inferiore di ben il 20% alla media europea. A questo va aggiunta che la pressione fiscale in Italia è tra le più alte d’Europa, pari al 43,7%, mentre la media europea si attesta al 40,9%. Ne consegue, dichiarano da Adoc che “ogni singola voce contemplata assume un peso maggiore in Italia rispetto al resto d’Europa. Con conseguenze facilmente immaginabili: difficoltà/incapacità a sostenere le spese fondamentali per la sussistenza; difficoltà/impossibilità a sostenere spese improvvise e/o urgenti, in particolare spese mediche e dentistiche; rarefazione delle spese straordinarie, in particolare per vacanze, studio e cultura, svago, sport; maggiore indebitamento, con sempre maggiore rischio di collegamenti con la malavita; maggiore ricorso alla ricerca della “fortuna” (Gratta&Vinci, scommesse) o al gioco d’azzardo.
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