Lungomare, ciclabile intitolata a staffette partigiane «Le donne che in bici hanno reso l’Italia più libera» da: meridionews.it

Cassandra Di Giacomo 2 Giugno 2016

Cronaca – Il gesto simbolico è avvenuto nel giorno della Festa della Repubblica italiana. A fotografare la nuova insegna molti curiosi e attivisti, mentre il sindaco insieme agli assessori D’Agata e Bosco procedeva alla cerimonia. «Non si deve dimenticare il contributo delle partigiane», dice la presidente etnea di Anpi IMG_5601 IMG_5566 IMG_5582 IMG_5584 IMG_5585 IMG_5588 IMG_5594 IMG_5595 IMG_5596

Nel giorno del settantesimo anniversario della Repubblica italiana, Catania ricorda il contributo delle donne alla Resistenza. Il modo scelto per questo scopo è l’intitolazione della pista ciclabile del Lungomare alle staffette partigiane, ovvero quelle figure che collegavano i patrioti sparsi nel territorio con i centri direttivi della Resistenza. Nello specifico, le staffette in sella alle loro biciclette consegnavano ai partigiani messaggi, cibo, volantini, ordini, eludendo i controlli dei nazisti. «È bene non dimenticare quelle donne che hanno fatto grande l’Italia, anche con azioni simboliche», dichiara a MeridioNews la presidente di Anpi (Associazione nazionale partigiani italiani) catanese Santina Sconza. Il riferimento è all’intitolazione della discussa opera pubblica del Lungomare, alla cerimonia della quale erano presenti per l’amministrazione comunale il sindaco Enzo Bianco, l’assessore ai Lavori pubblici Luigi Bosco e il titolare in giunta della Legalità Rosario D’Agata.

«Due anni fa avevamo chiesto al Comune di integrare nella toponomastica cittadine le grandi staffette partigiane di origine catanese, Graziella Giuffrida e Beatrice Benincasa ma nulla era stato fatto», ricorda Sconza. Che si definisce felice per l’intitolazione della pista ciclabile alla figura femminile della Resistenza. Le partigiane citate dalla presidente provinciale dell’Anpi etnea sono molto più note nel Nord Italia – dove hanno operato – che in Sicilia, nonostante «il contributo dei siciliani e delle siciliane è stato fondamentale nell’intero percorso storico che ha portato alla Repubblica e alla democrazia», precisa Sconza. Giuffrida e Benincasa, insegnanti in Nord Italia, vennero catturate dai nazisti durante la loro attività di staffette, quindi violentate e poi uccise. Alla loro memoria si aggiunge quella di un’altra donna della Resistenza, fiorentina d’origine ma sicula per adozione, Vittoria Giunti.

«Siamo contente che venga promosso il recupero della memoria femminile anche attraverso il simbolo delle steffette adesso associato alla pista ciclabile», interviene la coordinatrice dell’area didattica nazionale del gruppo Toponomastica femminile Pina Arena. L’associazione ha lavorato a stretto contatto con l’amministrazione per raggiungere il traguardo dell’intitolazione. «Quelle donne in bicicletta hanno reso l’Italia un po’ più libera, mi sembra un riferimento perfetto per l’opera del Lungomare», aggiunge. «Mi auguro che tutti i ciclisti che passeranno da lì ne riconosceranno il grande significato, soprattutto ricordando che l’intitolazione alle staffette partigiane è avvenuta in un giorno particolare come il due giugno», conclude il componente di Mobilità sostenibile Davide Ruffino.

Storie di donne che fecero la Repubblica da: left.it

Grande preparazione e una «oratoria stringata ed efficace», così Patrizia Gabrielli nel libro Il primo voto, elettrici ed elette, appena uscito per Castelvecchi, racconta le 556 componenti della Assemblea costituente. Erano le prime presentanti elette dal suffragio popolare. «Laureate o lavoratrici, tutte avevano cooperato con slancio al movimento femminile, alla resistenza e alla lotta clandestina, e arrivarono in Parlamento con una esperienza dei problemi sociali che renderà particolarmente interessante la loro attività alla Costituente».

Interessante è anche l’indagine che l’autrice offre sulla quantità di pregiudizi che ancora pesavano addosso alle donne, guardate con diffidenza ai seggi, ma anche in Aula. Nei dirigenti dei partiti cattolici e conservatori ( e non solo) c’era la radicata idea che l’elettorato femminile avrebbe portato alla distruzione della famiglia e al rovesciamento dei ruoli, che avrebbe messo a soqquadro «l’ordine sociale» e della morale. Cartina di tornasole ne era già stata “la svista” per cui in un primo momento per le donne era stato ipotizzato solo il voto attivo e non quello passivo per essere elette.

Nelle liste elettorali, ricorda Gabrielli, figuravano 226 candidate, «il Partito comunista italiano ne presentò 68, la Democrazia cristiana 29, il Partito socialista italiano 16, il Partito d’azione 14, l’Unione democratica nazionale 8, la Concentrazione democratica repubblicana 8, l’Uomo qualunque 7, altre nelle liste minori. Ne furono elette ventuno. Percentuale non alta constatarono con un po’ di amarezza le dirigenti politiche di allora. Eppure , ricorda la scrittrice Dacia Maraini furono proprio quelle donne a cambiare il volto de Paese, aprendolo alla modernità, allo sviluppo, nei più svariati settori.

«Ricordiamoci che la storia la raccontano sempre i vincitori. Ed è quella che rimane a testimonianza del passato. Vogliamo farci anche noi narratrici della nostra storia, per ricordare che oltre ai molti coraggiosi e valenti uomini italiani, ci sono state tante donne che hanno contribuito profondamente ai migliori cambiamenti del nostro Paese?» con questa domanda, che è anche una esortazione Maraini apre La Repubblica delle donne (Il Mulino), un volume a più mani, in cui sono tratteggiati quattordici profili di donne eccellenti, da Camilla Ravera, a Teresa Noce e Lina Merlin, passando per le donne della resistenza, Tina Anselmi, Nilde Iotti, Teresa Mattei, Marisa Ombra, Ada Gobetti, ma anche ricordando scrittrici come Alba de Céspedes, Fausta Cialente, Renata Viganò e l’attrice come Anna Magnani, la famosa sarta Biki, e la leggendaria Dama Bianca compagna di Fausto Coppi. Tante le storie affascinanti  e che meritano di essere più conosciute come quella di Giuliana Saladino, coraggiosa giornalista e scrittrice palermitana che, negli annidifficili del dopoguerra, ha contribuito alla ricostruzione della Sicilia. Mentre di storie più conosciute come quella di Camilla Ravera  della quale si tende di solito a ricordare solo la parte più “glamour” della sua vicenda di giornalista e scrittrice,  qui vengono ricordati i suoi cinque anni di carcere per aver partecipato alla Resistenza, con lunghi periodi di totale isolamento, quando poi fu trasferita al confino con Terracini e quando criticò aspramente nel 1939 il patto di non aggressione Russia-Germania, venendo così espulsa dal partito.
«Questo libro  – racconta Maraini  – è nato per festeggiare i settant’anni dalla nascita della Repubblica Italiana sancita dal referendum del 2 giugno 1946, giorno in cui le italiane hanno esercitato per la prima volta il diritto di voto e per la prima volta hanno ottenuto il diritto di rappresentanza. Ma anche e soprattutto per cominciare ascrivere la storia della Repubblica anche da un punto di vista femminile».

Per festeggiare i 70 anni della Reppublica che coincidono con i 70 anni di vita dell’Udi, la gloriosa associazione di donne  (che è andata a congresso l’8 maggio) pubblica un volume in cui si ricordano le conquiste di allora con contributi di Lidia Menapace  e riprendendo pagine di Marisa Ombra e di altre partigiane. Senza fermarsi  solo al passato . L’obiettivo è anche cercare di tracciare un quadro di qanto è cambiato per le donne italiane nel frattempo. E ciò che emerge, purtroppo, non è entusiasmante.  La ricerca dell’Udi  prende in esame il lavoro,  i tassi di integrazione e i casi di femminicidio.

«Dalle donne partigiane alla generazione 2.0, i dati indicano ancora oggi mancanza di attenzione e disparità sociale». Nel lavoro ancora moltissime sono le disparità di genere. Anche  nel trattamento pensionistico: le donne, infatti, sono la maggioranza dei pensionati (53%) ma assorbono solo il 44% dei 275.079 milioni di euro di spesa.  In cauda venenum : La violenza sulle donne è una piaga sociale enorme. Sono quasi 7 milioni le vittime che in Italia hanno subìto qualche forma di abuso nel corso della propria vita. Secondo i dati dell’Istat, ricorda  la ricerca dell’Usi,  sono 6 milioni e 788mila le donne che hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni.

La nascita della Repubblica e della Costituzione Italiana

Cronache dalla resistenza è un progetto didattico che porta nelle classi delle scuole milanesi la storia della Resistenza e lo fa attraverso la visione di video, come questo, costruiti ad hoc con la finalità di creare il dialogo e il confronto attraverso il racconto storico: in particolar modo questa edizione porrà l’attenzione sulla nascita della Costituzione, l’origine dei valori che l’hanno generata e sulla presenza (o assenza) dei diritti costituzionali nella vita di tutti i giorni.
Il risultato dei laboratori multimediali sarà la creazione di un video prodotto dagli studenti che, basato sulle fonti storiche, racconterà il periodo che va dal 1943 al 1948 attraverso le biografie delle donne e degli uomini che prima hanno lottato per la Liberazione dal Nazifascismo e poi, partecipando ai lavori dell’Assemblea Costituente, hanno dato vita alla Repubblica.

 

Piccoli comuni, se avanza la desertificazione. I dati di Anci e Legambiente Autore: fabrizio salvatori da. controlacrisi.org

L’Italia dei piccoli Comuni si sta impoverendo, economicamente e demograficamente. Negli ultimi 25 anni un abitante su 7, di quelli che vivono in Comuni sotto i 5mila abitanti, ha lasciato questi luoghi. Una condizione che unisce 2430 piccoli centri sui 5627 esistenti in Italia e che genera un forte disagio economico. I numeri sono stati diffusi durante il convegno ‘La modernita’ dei piccoli comuni’, organizzato oggi  Roma da Anci e Legambiente per fare il punto sulle realta’ minori.
Il dato ci dice che, sotto i 5mila abitanti, la densita’ di popolazione e’ di 36 persone per kmq, 13 volte in meno dei Comuni sopra i 5mila. Aumentano inevitabilmente gli anziani, con gli over65 in crescita dell’83% rispetto agli under14, e si svuotano le case, con una su tre non occupata. Pessima anche la capacita’ ricettiva.
Negli ultimi 25 anni l’ospitalita’ turistica e’ cresciuta solo del 21%, passando da 1,12 milioni di posti letto a solo 1,36. Di fatto, oggi i piccoli comuni sono 4 volte turisticamente meno produttivi di quello che potrebbero essere. Per Antonella Galdi, vicesegretario Anci, “i piccoli Comuni sono da sempre simbolo di identita’ e tradizione, che oggi andrebbero interpretati secondo l’innovazione tecnologica”. Anci e Legambiente pensano dunque ad un nuovo modello che permetta di recuperare “aree agricole, case vuote, edifici storici. Fondamentale sarebbe mettere a valore il patrimonio boschivo”.Tra le varie proposte, anche quella di consentire la produzione e la distribuzione locale di energia da fonti rinnovabili, ma anche incentivare il riuso delle case vuote e il rafforzamento dell’opportunita’ turistica. “Bello, tecnologia e innovazione- dice Massimo Castelli, coordinatore nazionale dei piccoli Comuni Anci- vanno coniugati nei borghi del Paese, per questo chiediamo nuove politiche per i territori”.

Per Rossella Muroni, presidente di Legambiente, “ci sono le condizioni per innescare processi virtuosi”, bisogna quindi garantire “risorse per la valorizzazione, come prevede il ddl sui piccoli Comuni in discussione alla Camera. L’Italia- conclude- non perda questa occasione, abbia il coraggio di scommettere sulle piccole realta’”.

Ilva, ancora un rinvio. Secondo Fiom e Usb siamo davanti a un comportamento irresponsabile Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

A pochi giorni dalla scadenza fissata dal bando di gara per la vendita dell’Ilva, previsto per il 23 giugno prossimo, il governo ha emesso il decimo decreto con il quale allunga i tempi di cessione nominando un comitato di esperti che dovrà esprimere un parere – entro 120 giorni a partire dal suo insediamento – per valutare eventuali proposte di modifica del piano ambientale avanzate dagli offerenti.

Per Rosario Rappa, segretario nazionale della Fiom, “si tratta di un comportamento irresponsabile. Il nuovo decreto, oltre allo slittamento di almeno altri quattro mesi, produce altre indeterminatezze, facendo perdere ulteriori commesse allo stabilimento e richiedendo una ulteriore iniezione di liquidità in attesa della vendita”.
“Non vorremmo che tale scelta – continua Rappa – incida sull’operazione di vendita e sulla congruità del prezzo finale, a proposito della tanto decantata trasparenza nella gestione della vicenda Ilva.”
Per la Fiom, c’è il sospetto che il comitato nominato dal ministero dell’Ambiente celi in realtà “la volontà di rimettere in discussione il processo di ambientalizzazione dell’Ilva, così come previsto dall’Aia approvata, presupposto per salvare lo stabilimento.”
E’ necessario quindi che il neoministro allo Sviluppo economico convochi urgentemente le organizzazioni sindacali per chiarire le reali volontà del governo.Per Usb, da tempo, ormai, si sta assistendo a continui cambiamenti e giravolte del Governo sulla vicenda dell’ILVA, della sua vendita e del disastro ambientale creato dai Riva in anni d’indifferenza da parte di tutte le istituzioni pubbliche, “in cui si sono privilegiati i profitti dei privati a scapito della salute e sicurezza di tutti”.

“Ma scoprono ora questa priorità? – domanda Rizzo, sindacalista USB -. O ad indurre queste misure cautelari è stata l’apertura del procedimento contro il Governo italiano da parte della Corte Europea dei diritti umani, per non aver protetto dalle emissioni dell’ILVA i cittadini di Taranto e dei comuni vicini?”

“Non ci stancheremo di ripeterlo – sottolinea l’esponente USB – la nazionalizzazione e l’intervento pubblico sono l’unica strada. Del resto la richiesta pressante del gruppo Marcegaglia ed altri per l’ingresso della Cassa Depositi e Prestiti nell’affare la dice lunga sulla capacità/possibilità per i privati di sostenere questa operazione. Dal canto nostro – conclude Rizzo – utilizzeremo questo tempo per contrastare questa ennesima privatizzazione”.

Turchia condannata dalla corte di Strasburgo per violazione dei diritti dell’uomo da: redazione controlacrisi.org

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Turchia per l’arresto e la detenzione preventiva di otto membri dell’associazione Cydd sospettati di far parte dell’organizzazione criminale Ergenekon. I giudici hanno ritenuto che “l’interpretazione e l’applicazione delle leggi da parte delle autorità nazionali sia stata talmente irragionevole da rendere la privazione della libertà dei ricorrenti illegale e arbitraria”.In realtà l’associazione Cydd è stata creata nel 1989 ed ha lo scopo di donare borse di studio in particolare per promuovere l’istruzione femminile. Nel condannare la Turchia per aver violato il diritto alla libertà dei suoi membri che sono in carcere dal 2009, i giudici hanno stabilito che il governo di Ankara “non ha fornito alcun elemento che provi l’esistenza di un legame tra i ricorrenti e Ergenekon”.