Quando Fiandaca metteva in atto la ”censura fascista” da: antimafiaduemila.com

Giorgio Bongiovanni

fiandaca uni palermoOggi accusa il pm Di Matteo ma “ieri” rifiutava confronti e bocciava convegni
di Giorgio Bongiovanni e Lorenzo Baldo
“La Costituzione tutela la libertà di pensiero e di ricerca. L’atteggiamento del pm è tipico di un’ideologia da Stato autoritario, ma la cosa grave è che forse lui non se ne rende conto”. E poi ancora: “Siamo davanti a una censura preventiva. Secondo Di Matteo, evidentemente, per essere relatore a un convegno si deve essere d’accordo con lui. Non basta essere studiosi esperti degli argomenti di cui si tratta. Ma dove siamo arrivati? E’ una sorta di censura culturale fascista”.
Ancora una volta il giurista Giovanni Fiandaca torna all’attacco nei confronti del pm Nino Di Matteo. L’occasione è data da una riflessione che il magistrato, titolare dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia (assieme ai colleghi Teresi, Tartaglia e Del Bene) ha rivolto agli organizzatori della Scuola superiore della magistratura, dopo essere stato invitato a partecipare a un corso di formazione per pm e giudici, che si terrà a Palermo il 28 e il 29 aprile, dal titolo “Le vicende del concorso cosiddetto esterno in associazione di tipo mafioso tra legislazione ed interpretazioni multilivello”.
Anche se il nome di Fiandaca non compare è chiaro il riferimento allo stesso professore di Diritto penale della facoltà palermitana di Giurisprudenza. “Una domanda che da qualche tempo mi pongo con sempre maggiore insistenza: – ha scritto il pm via mail inoltrata in copia anche a tutti i colleghi della Procura della Repubblica di Palermo e dell’intero distretto giudiziario – l’aver espresso giudizi ‘fortemente critici’ nei confronti delle impostazioni accusatorie di processi in corso in questo distretto è forse diventato motivo di ulteriore merito per la scelta dei relatori negli incontri di studio organizzati dalla formazione decentrata?”. Una riflessione che nasce proprio dall’aver appreso che le conclusioni del seminario sarebbero state affidate proprio allo stesso. 
Oggi Fiandaca, assieme allo storico Salvatore Lupo autore del saggio “La mafia non ha vinto – Il labirinto della trattativa” nel quale viene messo sotto accusa il processo ancora in corso a Palermo, accusa Di Matteo di applicare una “censura fascista”. A parte il fatto che il pm palermitano non fa altro che esprimere un pensiero senza chiedere né censure, né annullamenti di eventi, il professore non ricorda, o fa finta di non ricordare, che appena un anno fa intervenne in prima persona per esprimere i propri “diktat” sulle modalità di svolgimento che avremmo dovuto tenere in occasione della conferenza che era stata organizzata alla facoltà di Giurisprudenza per il 23°anniversario della strage di Capaci e che poi si svolse in altra sede. In particolare Fiandaca criticò il titolo della stessa (“Ibridi connubi – Dal gioco grande intuito da Giovanni Falcone fino ai giorni nostri”), avanzò riserve sui nomi dei relatori che erano stati invitati (“dogmatici e poco critici”) ed arrivò persino a chiedere una lettera di scuse da parte di Di Matteo (reo di averlo appellato in “casa sua”, al convegno dell’anno prima, come un “negazionista e giustificazionista”) qualora avessimo deciso di non rinunciare alla richiesta dell’aula magna per effettuare la conferenza.
A quella “conditio sine qua non”, in nome dell’assoluta libertà di pensiero ed a difesa dei nostri relatori, decidemmo di effettuare la manifestazione in altro luogo. Alla luce dei fatti, dunque, chi ha avuto un atteggiamento di “censura culturale fascista”? Chi ha voluto mettere in atto “una censura preventiva” e “un’ideologia da Stato autoritario” negando quella libertà culturale che dovrebbe essere garantita in un luogo pubblico come la Facoltà di Giurisprudenza?
Tornano in mente le parole dell’ex pm Antonio Ingroia che, intervistato nel 2014, era stato alquanto illuminante sugli effettivi pregiudizi che animano il pensiero del prof. Fiandaca nonappena si tocca il nervo scoperto della trattativa Stato-mafia. Ingroia evidenziava il vero e proprio “rifiuto pregiudiziale” di Fiandaca nei confronti di una magistratura “che indaghi sull’inconoscibile” nel nome di una “presunta ragione di Stato che dovrebbe inibire l’azione giudiziaria di accertamento della verità”. Per l’ex magistrato si trattava probabilmente della “identica matrice che ha ispirato anche il conflitto di attribuzione” sollevato dall’ex Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Che, nonostante la fine (ingloriosa) del suo mandato, ancora esercita il suo potere-ombra dietro al Premier Renzi. L’attualità della lucida analisi di Ingroia non fa che confermare la provenienza di quella colpevole “censura fascista” che si cerca di addebitare ad altri.

Seminario alla Scuola della Magistratura, è polemica fra Di Matteo e Fiandaca da: repubblicapalermo.it

Seminario alla Scuola della Magistratura, è polemica fra Di Matteo e Fiandaca
Seminario alla Scuola della Magistratura, è polemica fra Di Matteo e Fiandaca

Il pm: “Criticare l’impianto accusatorio dei processi è motivo di merito?”. Il docente: “Ideologia da Stato autoritario”

Nuova polemica sul fronte antimafia. Il pubblico ministero Antonino Di Matteo risponde in modo risentito all’invito degli organizzatori della Scuola superiore della magistratura a partecipare a un seminario di studi, un corso di formazione per pm e giudici ma la sua risposta viene letta in copia da tutti colleghi della Procura della Repubblica di Palermo e dell’intero distretto giudiziario.

“Questo è troppo”, ritiene il magistrato dopo avere letto che le conclusioni di un seminario sul reato di concorso esterno in associazione mafiosa, in programma il 28 e 29 aprile prossimi al Palazzo di giustizia di Palermo, sono state affidate a Giovanni Fiandaca, ordinario di Diritto penale della facoltà palermitana di Giurisprudenza. A febbraio era toccato a un altro docente universitario, Salvatore Lupo, intervenire ad un evento della stessa Scuola. Ora è stato scelto Fiandaca.

Sono lo storico e il giurista che hanno firmato il saggio “La mafia non ha vinto – Il labirinto della trattativa” nel quale, in soldoni, dicono che il processo sul patto scellerato tra i boss e pezzi delle istituzioni non sta in piedi. Una critica tranciante sul piano giuridico e per il contesto storico-politica in cui viene inquadrato. Di Matteo non ci sta. Il cognome Fiandaca non viene citato espressamente, ma il riferimento è chiarissimo: “Una domanda che mi pongo con sempre maggiore insistenza. L’avere espresso giudizi fortemente critici nei
confronti dell’impianto accusatorio di processi attualmente in corso nel distretto è forse diventato motivo di ulteriore merito per la scelta di relatori negli eventi di studio organizzati dalla formazione decentrata?”.

“La Costituzione tutela la libertà di pensiero e di ricerca – replica Fiandaca – L’atteggiamento del pm è tipico di un’ideologia da Stato autoritario, ma la cosa grave è che forse lui non se ne rende conto”.

25 Aprile festa della Liberazione catania piazza Stesicoro ore 9 prima della manifestazione raccolta firme per il referendum

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Da oggi in edicola MicroMega 3/2016 da:micromega.net

Un ricco volume miscellaneo in edicola, libreria, e-book e iPad da giovedì 21 aprile

L’Occidente di fronte al terrorismo jihadista, tutti i “NO” alla controriforma costituzionale di Renzi, femminismo e laicità, la paura come arma della mafia, la controversia sul New Realism: sono solo alcuni dei temi affrontati nel terzo numero di MicroMega, in uscita il 21 aprile. In allegato: Søren Kierkegaard e il dialogo Flores d’Arcais/Ratzinger.

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Il volume si apre con l’editoriale del direttore , Paolo Flores d’Arcais, nel quale si sottolinea come l’Occidente sia destinato a perdere la guerra contro il fondamentalismo islamista se non riscopre la sua fondamentale ragion d’essere: i diritti. Repressione+cittadinanza è, per il direttore di MicroMega la ricetta per affrontare la sfida jihadista. Il terreno dell’integrazione è infatti forse quello su cui l’Occidente ha fallito: provano a dimostrarlo Luca Borzani e Pierfranco Pellizzetti analizzando le comunità di immigrati a Genova. Un’integrazione che spesso a sinistra è declinata nei termini di un acritico multiculturalismo che rischia in realtà di mettere in discussione diritti universali, primi fra tutti quelli delle donne. Per questo Cinzia Sciuto invita il femminismo a ritrovare il proprio faro, l’emancipazione delle donne, di tutte e di ciascuna, e spiega perché il femminismo non può che essere laico.

Un’ampia sezione della rivista è dedicata alla controriforma costituzionale di Renzi-Boschi-Verdini, sulla quale a ottobre gli italiani saranno chiamati a esprimersi con un referendum confermativo: Lorenza Carlassare, Angelo d’Orsi, Carlo Galli, Curzio Maltese, Piergiorgio Odifreddi, Moni Ovadia, Nadia Urbinati, Gianni Vattimo spiegano le loro ragioni per il NO alla deforma di Renzi. Una vera e propria manipolazione della Costituzione, che a colpi di maggioranza intende modificare anche la forma di governo: in un dialogo immaginario, ma molto verosimile, scritto da Pancho Pardi sono proprio Renzi, Boschi e Verdini (con il prezioso aiuto di Qui, Quo e Qua) a spiegare tutti i trucchi della loro “riforma”. Il fronte del NO si amplia e MicroMega pubblica un appello dei Cattolici del NO promosso da Raniero La Valle e firmato da decine di cattolici. Valerio Gigante spiega le ragioni di questo “No cattolico”.

Inoltre: il procuratore di Palermo Roberto Scarpinato traccia una fenomenologia della paura in terra di mafia; Micha Brumlik analizza il pensiero filosofico che sta dietro il ritorno delle destre; Jacopo Iacoboni fa un elenco ragionato delle promesse non mantenute di Renzi; Olmo Viola si chiede se la ricerca scientifica sia compatibile con un regime teocratico. A chiudere il volume il secondo scambio epistolare fra Paolo Flores d’Arcais e Maurizio Ferraris sul Nuovo realismo.

E in allegato a questo numero due volumetti con la ristampa di testi di Søren Kierkegaard e il dialogo fra l’allora cardinal Ratzinger e Paolo Flores d’Arcais.

Il sommario del numero

LA LINEA GENERALE
Paolo Flores d’Arcais – Terrorismo e ragione. La lucidità omicida del jihad islamico e il sabba di irrazionalità degli establishment europei
“La forza del terrorismo consiste nella nostra debolezza. Ma la nostra debolezza non dipende da una generica ‘disunione’, ma dal fatto che non pratichiamo (e ormai neppure teorizziamo) i valori comuni che avevamo solennemente proclamato, per realizzare i quali uomini allora cittadini in progress erano in effetti pronti anche a dare la vita”. Oggi Occidente è parola vuota, etichetta buona tutt’al più per i giochi di potere e di establishment. Repressione+cittadinanza sarebbe l’unica risposta sensata e razionale contro il terrorismo jihadista, ma non siamo neanche ai preliminari della sua messa in pratica. Da un lato chi ciancia di ‘più Europa’ senza neanche aver letto il Manifesto di Ventotene, dall’altro i deliri razzisti e irrazionali delle destre lepeniane che pretendono di dare risposte ridicole a un fenomeno storico e inarrestabile come quello dei flussi migratori. Fino a che ‘loro’ non diventeranno ‘noi’, fino a che la cittadinanza repubblicana non fornirà un’identità talmente appagante per tutti, in termini sia simbolici sia materiali, da non rendere attraenti altre identità, il terrorismo islamico continuerà a vincere.

SAGGIO
Roberto Scarpinato – La paura, arma della mafia
In terra di mafia la paura della morte è una costante presenza che accompagna la vita quotidiana di tutte le categorie sociali. Se sei un politico la mafia ti chiede interventi di ogni genere per favorire i suoi affari, se sei un medico ti chiedono una consulenza falsa, se sei un imprenditore – piccolo o grande non importa – ti chiederanno il pizzo, se sei un magistrato puoi continuare a condurre una vita tranquilla occupandoti di processi normali e di cause civili, oppure convivere con il pericolo costante della tua morte occupandoti di processi di mafia. Persino se sei un semplice passante ti puoi ritrovare per caso ad assistere a un omicidio e vivrai per tutta la vita con la paura della morte. Perché la mafia non dimentica.

A PIÙ VOCI
Contro la Deforma votiamo NO! – Lorenza Carlassare / Angelo d’Orsi / Carlo Galli / Curzio Maltese / Piergiorgio Odifreddi / Moni Ovadia / Nadia Urbinati / Gianni Vattimo   
A ottobre i cittadini italiani saranno chiamati a dire ‘sì’ o ‘no’ alla controriforma costituzionale voluta da Renzi, che con tale voto intende ricevere l’investitura popolare che fin qui non possiede. MicroMega considera tale controriforma – soprattutto nella sua simbiosi con una legge elettorale iper-maggioritaria che in determinate condizioni consente alla forza politica di maggioranza relativa di ‘occupare’, con appena un terzo dei voti validi, parlamento, Corte costituzionale, presidenza della Repubblica – un vero attentato alle libertà repubblicane nate dalla Resistenza e garantite dalla Costituzione che da essa ha tratto ispirazione. Renzi vuole trasformare il referendum in un plebiscito su di sé: è opportuno o no raccogliere questa sfida? Come potranno le ragioni del ‘no’ repubblicano diventare egemoni contro l’opportunismo delle destre anticostituzionali di Salvini e di Berlusconi che esibiranno gli spurghi più inverecondi della demagogia e contro la grancassa dei media che nella sua servitù di regime userà ogni artificio per ridurre il voto a uno scontro tra vecchia par-titocrazia e nuova efficienza (Ren-zi-Alfano-Verdini e banchieri e P3 di complemento!)? Quali sono gli aspetti più pericolosi o scellerati della controriforma di Renzi? Lorenza Carlassare, Angelo d’Orsi, Carlo Galli, Curzio Maltese, Piergiorgio Odifreddi, Moni Ovadia, Nadia Urbinati e Gianni Vattimo rispondono a queste domande e spiegano le ragioni del loro ‘no’ alla controriforma Renzi-Boschi-Verdini.

SCHERZO / SCHERZO?
Pancho Pardi – Che disgrazia l’ingegno! La ‘riforma’ costituzionale spiegata da Renzi, Boschi e Verdini  (con l’aiuto di Qui, Quo, Qua)   
Semplificazione, risparmio, efficienza, rapidità, valorizzazione delle autonomie locali. Queste sono le parole d’ordine con cui il duo Renzi-Boschi tesse le lodi della riforma costituzionale sulla quale i cittadini saranno chiamati a esprimersi a ottobre. Parole vuote, che niente hanno a che fare con il contenuto reale della legge. In questo dialogo immaginario – ma del tutto verosimile – sono proprio loro, con l’indispensabile aiuto di Denis Verdini e di Qui, Quo e Qua, a svelarci tutti i trucchi di una legge di revisione costituzionale che, se passasse, rappresenterebbe la pietra tombale della nostra Carta.

CHIESA / STATO
Valerio Gigante – Il ritorno dei ‘Cattolici del No’
Contro la deforma costituzionale Renzi-Boschi-Verdini torna in campo il fronte dei ‘Cattolici del No’. E a chi obietta che qui – a differenza che nel caso del referendum sul divorzio – non ci sono in questione temi ‘eticamente sensibili’ o ingerenze evidenti della gerarchia, va ricordato che il cattolicesimo politico e democratico ha avuto un ruolo fondamentale nell’elaborazione della nostra Costituzione, che oggi è nuovamente in pericolo.

Appello dei Cattolici del No

LABIRINTO
Cinzia Sciuto – Manifesto per un femminismo laico e illuminista
Per essere all’altezza delle sfide del terzo millennio, la lotta femminista deve tornare ad avere come unico faro l’emancipazione delle donne, di tutte e di ciascuna. Ciò implica assumere come centrale la questione della laicità, perché solo uno Stato veramente laico è in grado di tenere ferma al centro la questione dell’autonomia dei singoli individui, donne in primis, e di resistere alle sirene di un multiculturalismo che fa spesso da schermo ?a gravi violazioni di diritti.

Micha Brumlik – Il pensiero vecchio delle nuove destre: Heidegger ed Evola contro la società aperta
La ‘nuova destra’ che si va diffondendo in quasi tutta Europa, ben rappresentata in Germania dal partito emergente Alternative für Deutschland, si nutre di miti identitari che, dietro la retorica ‘etnopluralistica’ del diritto all’autorealizzazione di ogni popolo, finiscono in ultima analisi per tradursi in un approccio populista, nazionalista e xenofobo. A fondamento della sua visione, oltre al pensiero del teorico del neoeurasiatismo Alexander Dugin, vi sono le filosofie di Julius Evola e Martin Heidegger.

Luca Borzani e Pierfranco Pellizzetti – Terrorismo o ‘ribellione’? Una verifica sul campo nel caso genovese
Le tesi che si fronteggiano sono due: l’origine del terrorismo islamista è da rintracciare nel fondamentalismo religioso o nel fallimento dell’integrazione? Un’analisi delle comunità immigrate nella città di Genova tende a confermare questa seconda ipotesi, secondo la quale il richiamo religioso svolge per molti immigrati musulmani il ruolo di strumento identitario e di contrapposizione – come le gang per i latinos – nei confronti di una società che li ha forse accettati ma non pienamente integrati.

Jacopo Iacoboni – Le promesse da marinaio di Renzi
Doveva modernizzare il paese e rilanciarlo economicamente, oltre che renderlo più snello, veloce, efficace e meritocratico. Il premier Matteo Renzi si era presentato come l’uomo della ‘rottamazione’ ma a più di due anni dall’insediamento del suo governo pochissimo è stato realmente realizzato. Un’attenta lista ricostruisce le tante promesse non mantenute del suo mandato, campione solo in propaganda e gesti mediatici.

Olmo Viola – Kaust: si può fare ricerca scientifica in una teocrazia?
La ricerca scientifica implica scetticismo, fallibilismo, naturalismo, apertura all’eterodossia, razionalismo critico, tutte attitudini altamente disprezzate nei regimi teocratici e illiberali. E allora come mai l’Arabia Saudita – regime fra i più assolutisti al mondo – investe enormi finanziamenti in un centro di ricerca all’avanguardia come la King Abdullah University of Science and Technology, mettendo a disposizione di ricercatori provenienti da tutto il mondo laboratori e attrezzature di primissimo livello? Il sospetto è che in quel contesto la libertà di ricerca sia comunque subordinata agli interessi tecnici e strategici del regime. Ma è questa vera scienza?

INEDITO
Lincoln Steffens – Un americano nella Russia dei soviet
Marzo 1919. Il giornalista americano Lincoln Steffens, socialista e sostenitore della causa sovietica, si reca nella Russia sconvolta dalla guerra civile al seguito del diplomatico americano William C. Bullit. Al ritorno scriverà con grande partecipazione il resoconto di quell’esperienza, uno spaccato appassionante delle contraddizioni, delle asprezze e degli entusiasmi che caratterizzano il travaglio della rivoluzione in atto. Un documento storico di grande valore, pubblicato all’epoca dal settimanale The Nation e ora tradotto per la prima volta in italiano da MicroMega.

DIA-LOGOS
Paolo Flores d’Arcais / Maurizio Ferraris – Controversia sull’essere – Secondo scambio: Kuhn, lo statuto della scienza e la categoria di  ‘verità cogente’
Nel numero 2/2015 di MicroMega è stato pubblicato il primo scambio di lettere fra Paolo Flores d’Arcais e Maurizio Ferraris sul Nuovo realismo. In quel primo botta e risposta Flores d’Arcais, pur dichiarando in linea di principio la sua condivisione del proposito di Ferraris di un ‘ritorno alla realtà’ per chiudere la stagione ermeneutica, ha esposto sistematicamente e analiticamente tutte le sue obiezioni al New Realism, sottolineando le divergenze di fondo della comune istanza ‘realistica’, soprattutto in relazione al rapporto della filosofia con le scienze, la separazione tra scienze e ‘scienze’ sociali, la dicotomia tra essere e dover-essere. Ferraris rispondeva riepilogando i pilastri principali della sua teoria.
In questo secondo scambio si entra analiticamente nel merito di uno dei maggiori punti di controversia: lo statuto della scienza. Le scienze cosiddette ‘dure’ sono le uniche che possono garantire una certezza intersoggettivamente cogente o a un tale livello di verità può ambire anche la percezione? La tesi dei paradigmi di Kuhnche tanto successo ha avuto lo scorso secolo, dice qualcosa di utile o è pura leggenda?