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“Dobbiamo continuare a difendere le grandi lobby petrolifere e del fossile a discapito dei cittadini, che vorrebbero meno inquinamento, e delle migliaia di imprese che stanno investendo sulla sostenibilita’ ambientale e sociale? Noi vogliamo- dice l’appello del Comitato- che il nostro Paese prenda con decisione la strada che ci portera’ fuori dalle vecchie fonti fossili, innovi il nostro sistema produttivo, combatta con coerenza l’inquinamento e i cambiamenti climatici”.
Il Governo, rimanendo sordo agli appelli per l’election day (l’accorpamento in un’unica data del voto per il referendum e per le amministrative) “ha deciso di sprecare soldi pubblici per 360 milioni per anticipare al massimo la data del voto e puntare sul fallimento della partecipazione degli elettori al Referendum”. Quindi, denunciano i No Triv, “il Governo scommette sul silenzio del popolo italiano. Noi scommettiamo su tutti i cittadini che vorranno far sentire la loro voce e si mobiliteranno per il voto”.
Ecco i primi firmatari del Comitato nazionale ‘Vota SI per fermare le trivelle’: Adusbef, Aiab, Alleanza Cooperative della Pesca, Arci, ASud, Associazione Borghi Autentici d’Italia, Associazione Comuni Virtuosi, Coordinamento nazionale NO TRIV, Confederazione Italiana Agricoltori, Federazione Italiana Media Ambientali, Fiom-Cgil, Focsiv – Volontari nel mondo, Fondazione UniVerde, Giornalisti Nell’Erba, Greenpeace, Kyoto Club, La Nuova Ecologia, Lav, Legambiente, Libera, Liberacittadinanza, Link Coordinamento Universitario, Lipu, Innovatori Europei, Marevivo, Mepi-Movimento Civico, Movimento Difesa del Cittadino, Pro-Natura, QualEnergia, Rete degli studenti medi, Rete della Conoscenza, Salviamo il Paesaggio, Si’ Rinnovabili No nucleare,
Slow Food Italia, Touring Club Italiano, Unione degli Studenti, Wwf.
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Un’azione decisiva quella della Nato (per quanto in netto contrasto con il Trattato di Losanna del 1923) o almeno è questo quello che spera Atene, lasciata sola dal resto dei paesi membri, chiusi nella loro fortezza. Sono trascorse poche ore infatti dall’aspro scontro politico tra Grecia e Austria, a proposito dell’arbitraria chiusura delle frontiere . Così come la Serbia e la Macedonia, che hanno approvato misure che prevedono il respingimento dei migranti sprovvisti di documenti. Risultato? Un limbo al confine tra Grecia e Macedonia, in particolare nella città di Idomenei, nel nord del paese ellenico, dove 5. 000 persone sono rimaste praticamente imbottigliate. Lo scorso giovedì, a fronte dei 22. 000 migranti presenti in Grecia, solo a 100 profughi infatti è stato concesso di superare la frontiera con la Macedonia.
E il 26 febbraio scorso, il governo Tsipras, irritato dal fatto che la Grecia fosse stata estromessa dal vertice Austria-Balcani, ha richiamato in patria il proprio ambasciatore a Vienna. Un gesto non di poco conto, reso più emblematico dal rifiuto di Atene della visita del ministro dell’Interno austriaco Johanna Mikl-Leitner, che aveva chiesto di recarsi nella capitale ellenica per discutere della posizione del suo paese, circa la gestione dei migranti. E dalla minaccia di Tsipras di porre il veto sull’accordo per le condizioni di permanenza del Regno Unito nell’Ue, se gli stati membri non lasceranno aperte le proprie frontiere almeno fino al prossimo 7 marzo, il giorno del summit Ue-Turchia.
È di nuovo rottura quindi tra Grecia e Ue. A gennaio il Commissario Ue per Migrazione e Affari Interni, Dimitris Avramopoulos, ha accusato Atene di negligenza sul controllo delle frontiere, nella registrazione dei documenti e in quella delle impronte digitali. Le autorità avrebbero fatto passare alcune centinaia di migranti, in modo da consentire loro di continuare il viaggio verso il nord, contravvenendo a Dublino. Ma il fatto che nel 2015 in Grecia siano arrivati 850. 000 migranti e che dal 1° gennaio al 24 febbraio 2016 ne siano arrivati 111. 099 (Oim) sembra non impressionare nessuno. Se si pensa che la Grecia rischia ancora la bancarotta, nasce il sospetto che si desideri mettere in ginocchio definitivamente un paese che già ogni giorno paga sulla pelle le vessazioni di questa Europa.
Le proteste che abbiamo visto nei giorni scorsi ad Atene contro la riforma del sistema pensionistico proposta da Alexis Tsipras hanno riportato a galla la spietata faccia dell’austerity. Adesso un nuovo diktat si impone alla Grecia: bloccare i migranti entro i suoi confini.
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