Egitto, quel tema dei diritti umani nascosto sotto il tappeto dall’occidente Fonte: nena newsAutore: redazione

Mentre si avvicina il quinto anniversario della rivolta che il 25 gennaio del 2011 mise fine al trentennale regno dell’ex presidente Hosni Mubarak, si torna a parlare delle violazioni dei diritti umani in Egitto. In particolare della persecuzione dei giornalisti e delle decine di persone scomparse nel nulla dopo il golpe militare del luglio del 2013, quando il presidente Abdel Fattah Al-Sisi è salito al potere rimuovendo con la forza il primo presidente eletto del post 2011: Mohamed Morsi, esponente dei Fratelli Musulmani.

La fine del regime autocratico di Mubarak non ha portato alle libertà rivendicate dalla piazza e gli ultimi anni sono stati cadenzati da denunce e rapporti delle Ong locali e internazionali sulle violazioni e sugli abusi commessi dalle forze di sicurezza e dai militari. La repressione del dissenso sta caratterizzando la presidenza di Al Sisi: centinaia di condanne a morte; torture in carcere e nelle caserme; messa al bando e persecuzione dei Fratelli Musulmani, ma anche delle forze laiche che da piazza Tahrir invocavano libertà e diritti; stretta sulla stampa; leggi liberticide.

A intervenire di recente è stato il premio Nobel ed ex vicepresidente egiziano Mohamed ElBaradei che ha parlato della possibilità che il Consiglio di sicurezza dell’Onu possa portare davanti alla Corte penale internazionale (ICC) i casi dei desaparecidos egiziani. Se ne parla da mesi e altri rapporti sono usciti di recente per denunciare le sparizioni forzate seguite al golpe del 2013. Secondo le stime dell’Organizzazione araba per i Diritti umani, sono almeno 120 i casi di sparizioni forzate risalenti a un anno fa e tra gli scomparsi ci sarebbero anche donne e minorenni. Secondo altri gruppi per i diritti umani, durante i primi tre mesi del 2015 sono svanite nel nulla circa 600 persone. Il 22 dicembre la Commissione egiziana per i Diritti e le Libertà (ECRF) ha parlato di 340 persone sparite in due mesi: tre casi al giorno. Sono i numeri ricavati dalle denunce dei famigliari e molti casi non sono stati segnalati.Le testimonianze raccolte dalla ECRF parlano di persone prelevate e trasferite in diverse parti dell’Egitto, dove hanno subito torture e abusi per ottenere confessioni e informazioni su presunti terroristi o dissidenti. Violazioni commesse con il beneplacito delle autorità e per le quali poliziotti e militari di rado vengono perseguiti. Ma all’inizio del mese il presidente si è impegnato a mettere fine alla diffusa pratica della tortura in carcere, dopo la morte in cella di diversi detenuti nel mese di novembre. È probabilmente alla luce di questo nuovo impegno assunto da Al Sisi che si può leggere la recente condanna in contumacia di due poliziotti che avevano torturato a morte un detenuto nel 2014. Tuttavia, non pare profilarsi all’orizzonte un cambio di passo in Egitto e la repressione è di solito giustificata a ragioni di sicurezza e dal contrasto al terrorismo.

Quando mancano poche settimane al quinto anniversario della rivolta egiziana, il governo del Cairo teme manifestazioni e proteste. L’anno scorso ci furono 17 morti e decine di arresti. L’uccisione dell’attivista Shaimaa Al-Sabbagh, 32 anni, colpita da un proiettile durante una protesta pacifica al Cairo scatenò indignazione, ma contro Al Sisi la cosiddetta comunità internazionale si è limitata a condanne di circostanza. Da quando è salito al potere sono finite in carcere almeno 16mila persone, stando ai dati forniti di Amnesty International, e nel mirino del generale ci sono i Fratelli Musulmani, finiti dietro le sbarre a centinaia, con condanne pesantissime. Molti condannati al patibolo. Una strategia di repressione del movimento islamico, che si era conquistato la guida del Paese alle urne, che rischia di favorire gruppi estremisti.La repressione non ha risparmiato la stampa e il 2015 ha visto l’Egitto guadagnarsi un pessimo secondo posto, dopo la Cina, nella lista dei Paesi in cui sono in prigione più giornalisti. La graduatoria stilata dall’organizzazione newyorkese Committee to Protect Journalists rivela un deterioramento della situazione della stampa nel Paese: nel 2012, sotto la breve presidenza di Morsi, non fu arrestato neanche un giornalista, mentre nel 2015 sono finiti in cella in 23, il doppio del 2014. Mancano comunque dati ufficiali sui reporter in carcere.

Intanto, nel Paese c’è attesa per l’anniversario della rivolta e il dibattito è aperto: gli appelli a scendere in piazza non mancano, ma non molti credono a una partecipazione massiccia o, addirittura, a un’altra rivolta, evocata da alcuni. Ministri ed esponenti religiosi hanno esortato i cittadini a non protestare, anche se ogni venerdì ci sono manifestazioni in diverse città proprio in preparazione del 25 gennaio.

Secondo quanto riportato dal Daily News, a margine del suo discorso all’università Al-Azhar, all’inizio della settimana, alla domanda se le sparizioni forzate e le detenzioni dei giornalisti potessero innescare un’altra sollevazione, Al Sisi ha detto che le “rivoluzioni portano a violazioni dei diritti umani e a perdite senza precedenti”. Nena News

“Ecco perché sulla riduzione della bolletta il Governo sta prendendo in giro gli italiani”. La denuncia M5S Autore: redazione da: controlacrisi.org

“La riduzione della bolletta elettrica e del gas e’ l’ennesima sparata a vuoto del governo Renzi: 57 euro in meno all’anno per famiglia, ovvero meno di 5 euro al mese, pari all’ 1,2% quando poteva essere del 5% pari almeno di 20 al mese se si fosse evitato di favorire i venditori di energia e gas, cioe’ le solite A2A, Iren, Hera, Acea, Enel, Eni…” Cosi’ Gianni Girotto, senatore del Movimento 5 Stelle membro della Commissione Industria commenta gli ennesimi annunci del governo. “Una piccola mancia di Capodanno con la quale il premier del “Salva Banche” spera di riguadagnare le simpatie degli italiani”, spiega Girotto.
“Si sarebbe potuto sfruttare meglio il calo dei prezzi delle materie prime di energia per alleggerire di un bel po’ le pesanti spese degli italiani. Ma Renzi ha preferito aiutare i grandi venditori di luce e gas”, prosegue Girotto. “La discesa del costo dell’energia e di alcune componenti degli oneri contenuti nella bolletta, vengono infatti vanificati dall’incremento della voce commercializzazione dovuta per far fronte alla riforma del mercato elettrico attualmente non ancora entrata in vigore ma in discussione nell’esame del DDL concorrenza in commissione industria del Senato ” spiega l’esponente pentastellato. “Ecco svelato il trucco. Il quadro emerge dalla lettura dell’ultimo comunicato sulla bolletta inviato dall’Autorita’ per l’energia elettrica e il gas: si riscontra che nonostante una riduzione del costo dell’approvvigionamento energetico del 3,4% e un calo di circa il 2% degli oneri, in particolare di quelli che gli utenti pagavano per lo sconto concesso ai grandi consumatori di energia (cementifici, fonderie etc) oggi interrotto da una procedura di infrazione della Commissione europea – spiega Girotto – il costo della bolletta non cala come dovrebbe perche’ aumenta la voce commercializzazione per far fronte ad effetti di una riforma che il Parlamento non ha ancora approvato. Riforma cucita addosso guarda caso ai venditori di energia che non e’ ancora legge ma gia’ erode risparmi ai consumatori”.
“E per completare il quadretto – insiste il rappresentante 5 Stelle in Senato – l’Autorita’ per l’Energia annuncia la fine delle tutele di mercato ancora prima che il Parlamento ne discuta. Qui si sta facendo una forzatura per camuffare la realta’ e indorare la pillola ai cittadini. Interverremo nella commissione industria del Senato per ostacolare questo modo di operare e ridare al Parlamento il ruolo che gli compete, di decidere le regole in tutela dei consumatori”. “Lo dimostrano chiaramente i conti diffusi dall’Autorita’. Quei numeri, caro presidente del Consiglio, suonano come una presa in giro per milioni di cittadini che contavano su un vero risparmio e che invece hanno avuto in cambio solo vuote promesse”, conclude Girotto.

Smog, la farsa di Governo, Comuni e Regioni sulla pelle dei cittadini Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

Il vertice contro lo smog promosso da Governo e Anci ha partorito le solite norme-spot e del tutto inefficaci per combattere realmente l’avvelenamento delle città: riscaldamento abbassato di due gradi. limiti di velocità ridotti di 20 km orari nelle città, “da 50 a 30, da 90 a 70 e cosi via”, e sconti sugli autobus. Misure, si badi bene, che non hanno alcuno status normativo, e vanno applicate nel caso in cui i valori sforino per sette giorni i valori limite. Insomma, una farsa.

Alcune associazioni dei consumatori parlano addirittura di “misure deludenti”. Il Codacons è “pronto a denunciare i sindaci delle citta’ per omicidio colposo plurimo nel caso in cui proseguira’ il superamento dei valori limite d’inquinamento”.
“La misura sull’abbassamento dei limiti di velocita’ per le automobili e’ semplicemente ridicola – spiega il presidente Carlo Rienzi – E’ fatto noto che nelle citta’ e’ impossibile garantire il rispetto dei limiti, che vengono costantemente superati per la mancanza di controlli efficaci e per la scarsa presenza di vigili sulle strade. Solo installando nei centri urbani strumenti come il Tutor sarebbe possibile ottenere risultati concreti sul fronte della velocita’. I fondi stanziati, poi, appaiono del tutto irrisori di fronte a quella che e’ una vera e propria emergenza, mentre per quanto riguarda il trasporto pubblico, gli sconti non bastano: bus, tram e metro devono essere gratuiti nelle ore di punta, spingendo cosi’ i cittadini a utilizzare i mezzi pubblici per recarsi a scuola o a lavoro”.
Più morbido il tono usato dal Wwf, che riconosce al ministero dell’Ambiente “l’impulso positivo per l’omogeinita’ di interventi, a dimostrazione che il ruolo della gestione sostenibile dell’ambiente deve tornare ad essere centrale nelle politiche del Governo”, che poi, però, è costretto ad incrociare le dita affinché ” seguino investimenti necessari per sostenere questa politica”. Il Wwf ricorda ancora una volta che la Legge di Stabilita’ 2016 solo 1,5% degli stanziamenti e’ destinato agli interventi in campo ambientale (523 milioni su 35 miliardi). E fa appello ai Sindaci “che dovranno implementare tali misure di spingere ulteriormente e con maggiore convinzione sugli incentivi all’utilizzo dei mezzi pubblici da parte dei cittadini. Questo deve avvenire non solo nei periodi di emergenza smog, ma in maniera strutturale per tutto l’anno”.

“I cittadini- si conclude il testo- utilizzerebbero volentieri i mezzi pubblici se meno costosi e purtroppo sono passati quasi sotto silenzio i forti rincari avvenuti in questi anni degli abbonamenti e biglietti del trasporto pubblico avvenuti in molte citta’, Roma compresa dove sono state addirittura abolite le fasce di tariffe agevolate (studenti, etc). Il portafoglio degli italiani ormai e’ svuotato, e anche l’acquisto di nuove auto meno inquinanti, anche se incentivato, potrebbe avvenire solo per i redditi ancora alti. Inoltre, sostituire il parco auto private con incentivi alla rottamazione continuerebbe a non risolvere il problema di ‘spazio’ vitale’ all’interno delle citta’, soffocate non solo dallo smog ma anche da un numero complessivo di auto ormai insostenibile. Se i mezzi pubblici rispetteranno la regola delle 3 P, ‘Puntuali, Puliti e Popolari”, le citta’ potranno finalmente liberarsi dalle 4 ruote, i cittadini torneranno a respirare aria pulita e a muoversi con liberta’ e in orario con bus, metro, tram o in bici”.
Bicchiere mezzo vuoto anche per Legambiente, che giudica pessima l’idea di destinare parte delle poche risorse disponibili alla rottamazione delle auto private. “In questo modo il provvedimento rischia di incentivare anche il trasporto privato”, dichiara in una nota Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente. “È ora comunque di passare, veramente, dalle parole ai fatti attraverso una politica concreta e lungimirante ed interventi mirati, perche’ i primi interventi previsti dalla legge di stabilita’ e dal collegato ambientale, anche se positivi, non bastano. Le risorse stanziate – continua Zanchini – in questi provvedimenti sono solo timidi segnali che non fanno cambiare concretamente le politiche nazionali sulla mobilita’”.

La Legge di stabilita’ prevede 4 miliardi di Euro di sussidi all’autotrasporto e investimenti in strade e autostrade, ma neanche un euro per acquistare treni per i pendolari o realizzare nuove linee di tram o metropolitana. “Si devono cambiare le priorita’ – sottolinea Legambiente – mettere le aree urbane al centro delle politiche e garantendo ai sindaci di spendere risorse economiche senza i limiti imposti dalla spending review”.

Queste le 10 proposte anti-smog di Legambiente: 1) realizzare nuove linee metropolitane e tram e vincolare da subito almeno il 50% delle risorse per le infrastrutture alle citta’; 2) 1000 treni per i pendolari, 3) 100 strade per la ciclabilita’ urbana; 4) ridurre la velocita’ a 30km/h; 5) prevedere, con una disposizione nazionale, l’estensione del modello dell’Area C di Milano a tutte le grandi citta’ e con una differente politica tarrifaria sulla sosta, i cui ricavi siano interamente vincolati all’efficiamento del trasporto pubblico locale, 6) stop ai
sussidi all’autotrasporto per migliorare il Tpl; 7) fuori i diesel dalle citta’ limitando la circolazione in ambito urbano dei veicoli piu’ inquinati sul medello della citta’ di Parigi; 8) riscaldarsi senza inquinare vietando l’uso di combustibili fossili, con esclusione del metano, nel riscaldamento degli edifici a partire dalla prossima stagione del riscaldamento; 9) ridurre l’inquinamento industriale applicando Aia stringenti e rendendo il sistema il sistema del controllo pubblico piu’ efficace con l’approvazione della legge sul sistema delle agenzie regionali protezione ambiente ferma al Senato da oltre un anno; 10) nuove controlli sulle emissioni reali delle auto. La distanza con quanto deciso dal vertice con Galletti è fin troppo evidente…