Aperto il primo corridoio umanitario da. ilmanifesto.info

Italia. Firmato il protocollo per garantire mille visti a migranti e richiedenti asilo in condizioni considerate vulnerabili

Migranti in attesa di conoscere il proprio futuro in Ungheria

Per la prima volta in Europa saranno aperti dei corridoi umanitari per salvare le vite dei migranti in fuga.

Mentre i governi europei costruiscono muri, ripristinano i controlli alle frontiere e attuano politiche repressive contro i migranti, un’ambiziosa iniziativa dimostra che esiste una soluzione alternativa al traffico di esseri umani e ai morti in mare.

La Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) e la Comunità di Sant’Egidio annunciano l’apertura di corridoi umanitari verso l’Italia, dal Libano, dal Marocco e dall’Etiopia.

Il protocollo firmato ieri, 15 dicembre, da Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, da Luca Maria Negro, presidente della FCEI, dal Viminale e dalla Farnesina, prevede il rilascio di circa mille visti umanitari, a migranti e richiedenti asilo in condizioni vulnerabili, ai quali se ne potrebbero aggiungere altri mille. Grazie al rilascio dei visti umanitari da parte delle autorità consolari italiane, i profughi di diversa nazionalità e religione potranno raggiungere l’Italia in modo sicuro e legale, evitando di rischiare la loro vita nei viaggi verso l’Europa.

“Non vogliamo assistere impotenti a questo spettacolo di morte che avviene sulle nostre coste”, afferma Cesare Zucconi, segretario generale della Sant’Egidio. “Vogliamo trovare soluzioni alternative che risparmino questi viaggi disumani a persone che comunque verrebbero in Europa e ne hanno pieno diritto. Il canale umanitario è uno strumento che può sottrarre a scafisti e a trafficanti la possibilità di arricchirsi e proseguire questi traffici illeciti”.

L’iniziativa sponsorizzata dalla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e dalla Comunità Sant’Egidio è un progetto pilota molto innovativo, attuato per la prima volta in Europa, che “potrebbe divenire un modello replicabile da altri attori della società civile”, afferma Nando Sigona, vicedirettore dell’Institute for Research into Superdiversity dell’Università di Birmingham, intervistato da il manifesto.

“Nonostante [le associazioni] abbiano risorse politiche, economiche e supporto logistico per ospitare i migranti, questa iniziativa è di notevole importanza perché, per la prima volta, la società civile negozia con un governo il rilascio di mille visti umanitari. Inoltre, se si pensa che il governo inglese ha promesso il reinsediamento di duemila persone nel 2015, ci rendiamo conto della portata dell’iniziativa”, chiarisce il professore italiano.

Il canale umanitario non ha nessun costo per il governo italiano, essendo interamente finanziato dalle due organizzazioni attraverso l’otto per mille. La comunità di Sant’Egidio insieme alla Federazione delle Chiese Evangeliche, si farà carico del viaggio, dell’accoglienza e delle attività d’integrazione dei profughi una volta giunti in Italia.

Nonostante le tariffe cambino a seconda della rotta, delle condizioni locali e delle modalità di trasporto, i costi del viaggio e dell’accoglienza sono significativamente inferiori rispetto a quanto pagherebbe un migrante per poter raggiungere l’Europa. “Noi spendiamo 300/400 euro per persona, il prezzo di un normale biglietto aereo”, chiarisce Cesare Zucconi. “Inoltre il canale umanitario è uno strumento più sicuro e meno rischioso sia per i migranti, sia per i paesi ospitanti, poiché l’identificazione dei rifugiati avviene prima della partenza”.

La selezione e l’identificazione dei beneficiari saranno condotte dalle associazioni partner presenti nei paesi di origine, secondo i requisiti concordati con il governo italiano, senza alcuna discriminazione religiosa e/o nazionale. In Libano sarà la Comunità Papa Giovanni con Operazione Colomba, corpo civile di pace presente da due anni nel campo di Tel Abbas, situato a nord di Tripoli, a selezionare le famiglie siriane mentre in Marocco sarà la Sant’Egidio.

“Il corridoio umanitario è uno strumento sicuro perché le persone sono identificate prima ancora di partire, quindi c’è una garanzia su chi giunge in Italia e c’è anche chiarezza sui tempi e sulle modalità di accoglienza ed integrazione”, ribadisce il segretario generale di quest’ultima organizzazione.

L’iniziativa dimostra l’esistenza di un’alternativa alla tratta di esseri umani e ai viaggi della disperazione intrapresi dalle persone in fuga dai loro paesi d’origine. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nel 2015, quasi 870,000 persone hanno attraversato il Mediterraneo per entrare in Europa mentre nel 2014 il numero degli arrivi ha raggiunto quota 219,000.

Il maggior numero di migranti è stato registrato in Grecia (721,217) e in Italia (143,114), seguite da Spagna (3,845) e Malta (106). Persone vulnerabili che non hanno altra scelta se non quella di pagare trafficanti e organizzazioni criminali, mettendo a rischio la propria vita per raggiungere un paese europeo.

Francois Crépeau, relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti dei migranti e professore di diritto presso l’Università McGil in Canada, descrive il fenomeno dello smuggling come un servizio:
“Le persone vogliono spostarsi e i trafficanti offrono servizi di mobilità. Se tali servizi fossero offerti dagli stati, i trafficanti sarebbero fuori dal mercato. Negli anni cinquanta e sessanta, milioni di persone sono emigrate in Europa. Nessuno è morto, non esisteva la tratta e tutti avevano il diritto di poter entrare in Europa. Ottenevano il visto nelle ambasciate e acquistavano normali biglietti aerei. Se si consentisse la libera circolazione, i trafficanti non esisterebbero perché le persone sceglierebbero il modo più economico e sicuro per spostarsi, invece che pagare diecimila euro e mettere a rischio la vita dei propri figli”, spiega il professore canadese.

La migrazione, in definitiva, ha sempre fatto parte della storia dei popoli e continuerà ad esistere. Niente ha impedito il flusso di migranti, né le barriere fisiche tra i paesi, né la militarizzazione dell’Unione Europea. Gli stati membri dovrebbero rivedere le politiche migratorie smettendo di vivere l’emigrazione come un’emergenza ed elaborando politiche di medio e lungo termine che incoraggino i flussi tramite rotte legali e sicure. Questo consentirebbe ai governi di rompere il sistema perverso dello smuggling ma soprattutto permetterebbe di affrontare la migrazione con un approccio più umano.

Acireale, nasce la sede dell’ANPI – Per custodire la memoria, per difendere la Costituzione.da: fancityacireale.it

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Ad Acireale nasce la sede dell’ANPI. L’associazione nazionale partigiani italiani per ricostruire la memoria, per non dimenticare, per i partigiani acesi mai ricordati, per spezzare un muro di silenzio. Nella prima seduta costitutiva è stato eletto presidente Maurizio Musumeci. Abbiamo raccolto la dichiarazione del neopresidente dell’ANPI di Acireale.

mAd: Stasera (16/12/2015) ad Acireale nasce la sede dell’ANPI. Un fatto importante considerato che in Italia come in altri Paesi europei l’ondata neofascista e xenofoba sembra avanzare senza argini. Ad Acireale che significato assume l’associazione nazionale partigiani italiani?

Maurizio Musumeci (ANPI): “Si stasera si riunisce un nutrito gruppo di compagni per fondare l’ANPI acese, per tutti noi è un sogno poter giungere all’apertura di una sede ANPI ad Acireale. In questo periodo in Europa i fascismi stanno aumentando, anche ad Acireale vogliamo dire basta ad un atteggiamento di “bella addormentata” che la nostra città ha assunto sul tema della resistenza e per la difesa della Costituzione. Ad Acireale manca di una memoria antifascista, una memoria che possa ricordare i partigiani acesi. Detto questo voglio ricordare che l’ANPI si muove anche sui temi sociali, su quelli della Costituzione ed in questo senso è attualissima. Noi vogliamo difendere questa splendida sigla e lavoreremo sodo affinchè ci si apra alla città e specialmente ai giovani. Ricordo che l’ANPI non è costola di nessun partito politico ma è quella che mi piace definire come un’associazione di sentimenti”.

mAd: A proposito di resistenza e dei caduti per mano dei fascisti, tempo fa avete richiesto come GTA di intitolare alcuni viali della villa Belvedere ai partigiani acesi, a che punto è la richiesta?

Maurizio Musumeci (ANPI): Si lo abbiamo richiesto ma ad oggi non abbiamo avuto ancora alcuna risposta da parte dell’amministrazione Barbagallo. I partigiani i deceduti, gli internati e i deportati sono tutti vittime della dittatura, su questa vicenda stiamo andando avanti e speriamo che l’amministrazione consegni alla città un ricordo per i nostri caduti. Proprio ieri ho inoltrato una richiesta al sindaco per dare all’ANPI una sede per potersi riunire e di solito le amministrazioni mettono a disposizione dei locali”.

mAd: L’ANPI ad Acireale quindi non solo per la memoria, per il ricordo dei caduti e per iniziative sociali sul territorio rivolte ai giovani?

Maurizio Musumeci (ANPI): “Assolutamente, l’ANPI non è solo 25 aprile o 27 gennaio, l’ANPI si muove in tanti settori quindi saremo vicini alle associazioni di volontariato, per l’ambiente e per migliorare il rapporto con la società civile”.

(mAd)

Regione, Raffaele Lombardo rinviato a giudizio Avrebbe nominato superdirigenti senza requisiti da: meriodinews.it

Redazione 17 Dicembre 2015

Cronaca – L’accusa per l’ex governatore è di abuso d’ufficio. Secondo i magistrati, gli incarichi a Rossana Interlandi – ex assessora regionale -, Nicola Vernuccio e Rino Lo Nigro non sarebbero stati giustificati dai titoli in loro possesso. In un caso, mancava anche laurea e master. Il processo inizierà il 7 febbraio

Avrebbe nominato tre superdirigenti nonostante non avessero i requisiti necessari. È questa l’accusa di cui dovrà rispondere l’ex leader dell’Mpa Raffaele Lombardo, rinviato a giudizio dal gup del Tribunale di Palermo Lorenzo Iannelli. La vicenda risale agli anni in cui Lombardo era presidente della Regione: secondo i magistrati, l’allora governatore si sarebbe reso protagonista di abuso d’ufficio nell’iter che portò alla nomina di Rossana Interlandi, ex assessora regionale, Nicola Vernuccio e Rino Lo Nigro a ruoli apicali nella burocrazia regionale. Il tutto, senza che i tre possedessero titoli sufficienti per svolgere gli incarichi. A essere giudicato, insieme a Lombardo, sarà anche il dirigente Antonino Scimemi.

Al centro dell’inchiesta – che originariamente aveva toccato anche l’ex assessore alla Sanità Massimo Russo – i rapporti tra l’ex governatore e i tre superdirigenti. Se nel caso di Interlandi e Vernuccio, i percorsi di entrambi si sono intrecciati con la storia del Movimento per l’autonomia – dove i due ebbero ruoli dirigenziali -, per quanto riguarda Lo Nigro, i magistrati hanno rilevato come l’allora direttore dell’Agenzia regionale per l’impiego fosse privo di qualsiasi requisito necessario alla nomina, compresi la laurea e il master. Questo il commento dell’ex presidente della Regione: «Si tratta di nomine del dicembre del 2009. Se ne sono già occupate la Corte dei Conti, che dopo attenta verifica ha disposto di non doversi procedere, e la Procura della Repubblica che, a sua volta, dopo un’accurata indagine, ha chiesto l’archiviazione. Anche il giudizio – concluso – consentirà di attestare l’assoluta correttezza dell’atto amministrativo».

Il processo contro Lombardo e Scimemi inizierà il 7 febbraio, davanti alla terza sezione del Tribunale di Palermo.

Cuffaro è responsabile del dissesto della Sicilia, farebbe bene a tacere da. antimafia duemila

cuffaro muro bndi Antonio Ingroia
“La Sicilia vive giorni drammatici a causa di precise colpe della politica. L’Europa chiede indietro le centinaia di milioni sperperati da Cuffaro e dal suo governo. Cifre milionarie: 376 milioni solo per la formazione, trasformata da occasione di sviluppo e occupazione a mangiatoia per pochi e clientelismo a mani basse; per non parlare delle centinaia di milioni chieste indietro per le spese in favore del ‘carrozzone mangiasoldi’ che fu Sicilia e-Servizi, la partecipata che amministro, quando era struttura al servizio della politica e degli speculatori privati. Si deve riconoscere a Cuffaro la dignità con la quale ha affrontato il carcere per regolare i propri conti con la giustizia, cosa, del resto, normale in uno stato di diritto. Ha tenuto finora un dignitoso silenzioso, ma non si proponga proprio lui a dispensare consigli per il bene dei siciliani. Abbia il buon gusto di tacere”. E’ quanto afferma Antonio Ingroia, ex pm e oggi presidente di Azione Civile. “Francamente sono sbalordito dalle ultime dichiarazioni di Cuffaro e dall’assenza di reazioni politiche.

Al di là della vicenda giudiziaria, se la Sicilia è ridotta in questo stato, soprattutto sul piano finanziario, Cuffaro ha delle responsabilità enormi. Sono sue le principali responsabilità se oggi la mia Regione è in dissesto finanziario, sono sue le responsabilità dei buchi neri, sono sue le responsabilità di tutte le assunzioni clientelari che avvenivano, guarda caso, proprio alla vigilia di elezioni. Insomma, Cuffaro è il rappresentante di una politica che faremmo bene a dimenticare. La politica deve essere esattamente l’opposto di quel che è stato Cuffaro. Niente ‘vasa vasa’, niente clientele, niente spese folli per pagare il consenso e controllare i centri di potere ma gestione oculata della cosa pubblica, senza favori agli amici. Vuole fare il missionario in Burundi? Mi pare una cosa saggia, segno di pentimento. Con la speranza che non faccia disastri anche da quelle parti”.

Tratto da: azione-civile.net

No Triv: “Gli emendamenti del Governo sono una truffa. Andiamo dritti verso il referendum” Autore: fabrizio salvatori da. controlacrisi.org

Un autentico inganno. Gli emendamenti presentati dal Governo alla legge di stabilita’ 2016 ricalcano solo apparentemente i quesiti referendari. Le modifiche proposte dall’Esecutivo, tra abrogazioni e aggiunte normative, dissimulano in modo subdolo il rilancio delle attivita’ petrolifere in terraferma e in mare e persino entro le 12 miglia marine, eludendo con cio’ gran parte degli obiettivi del referendum No Triv. Tradito ne e’ lo spirito complessivo”. Cosi’ il Coordinamento nazionale No Triv in una nota.
“I passaggi normativi del disegno governativo- aggiunge il coordinamento- sono riassunti nella abolizione del “piano delle aree” (strumento di razionalizzazione delle attivita’ Oil & Gas) e nella previsione per cui si fanno salvi tutti i procedimenti collegati a “titoli abilitativi gia’ rilasciati” all’entrata in vigore della legge di stabilita’ 2016 “per la durata di vita utile del giacimento”. Un mix esplosivo, che avrebbe effetti devastanti sul referendum e sul futuro dei mari italiani, atteso che l’obiettivo principale del Governo e’ mantenere in vita e a tempo indeterminato tutti i procedimenti attualmente in corso entro le 12 miglia marine. La soppressione del “piano delle aree”costituisce, poi, il vero “cavallo di Troia” del Governo: il Coordinamento Nazionale No Triv lo aveva gia’ evidenziato domenica 13 dicembre, formulando per l’occasione alcuni sub-emendamenti volti a correggere le proposte dell’Esecutivo”. Emendamenti che, tuttavia, “sono stati bocciati alla Camera dei deputati in Commissione Bilancio. Nulla e’ negoziabile rispetto all’obiettivo dei quesiti: non lo e’ il “piano delle aree”, in quanto strumento di razionalizzazione delle attivita’ di ricerca ed estrazione degli idrocarburi; non lo e’ lo sfruttamento a tempo indeterminato dei giacimenti; non lo e’ la possibilita’ che i procedimenti entro le 12 miglia marine siano solo sospesi e non chiusi definitivamente; non lo e’ neppure l’istituzione di un doppio regime di titoli (permessi di ricerca e concessioni di coltivazione/titoli concessori unici) che consentono a discrezione delle societa’ petrolifere di scegliere a proprio piacimento in che modo esercitare le attivita’ petrolifere nel nostro Paese”. Il Coordinamento Nazionale No Triv “e’ stato da sempre chiaro sul punto. Delle due l’una: o con le modifiche si accolgono tutti i quesiti referendari senza tradirne lo spirito o si va a referendum. Nessuno e’ autorizzato a mediare rispetto a questa alternativa, cercando un punto di incontro e accontentando, con un compromesso al ribasso, le Regioni e i loro delegati, attraverso la facile promessa di un maggiore loro coinvolgimento nelle scelte che in materia lo Stato effettuera’ d’ora in avanti. Una promessa del tutto evanescente, destinata ad essere tradita dopo le elezioni amministrative del prossimo anno e dopo il referendum sulla revisione costituzionale, che com’e’ noto, riconduce nelle mani esclusive dello Stato ogni scelta in fatto di energia”.
Gli emendamenti proposti dal Governo “costituiscono un autentico atto di sabotaggio e uno schiaffo alla democrazia nel nostro Paese. Per questo chiediamo ai delegati delle Regioni di rispettare il mandato ricevuto loro dai rispettivi Consigli e a alle cittadine e ai cittadini italiani che hanno a cuore la proposta del referendum di percorrere assieme a noi e fino in fondo la strada referendaria”.

LA RIFORMA COSTITUZIONALE IN SINTESI. SCHEDA/COMMENTO DEL PROF. AZZARITI Fonte: coordinamentodemocraziacostituzionale.netAutore: Red.

costituzione

LA RIFORMA COSTITUZIONALE

  1. La fine del bicameralismo perfetto e la riduzione delle funzioni del Senato

Eliminato il rapporto di fiducia tra il Governo e il Senato: sarà la sola Camera ad accordare o revocare la fiducia al Governo.

In raccordo con la legge elettorale n. 52 del 2015 (c.d. Italicum), che assicura una maggioranza assoluta dei seggi all’unica lista che ottiene il miglior risultato (al primo turno se supera la soglia del 40% dei voti espressi; al ballottaggio senza la previsione di una soglia di partecipazione, dunque anche nel caso di una astensione maggioritaria), si produrrà l’effetto che un solo partito potrà formare il Governo e ottenere la fiducia alla Camera, anche se espressione di una esigua minoranza di votanti.

Differenziate le funzioni delle Camere:

• alla Camera dei deputati sono attribuite la rappresentanza della Nazione, la funzione legislativa, la funzione di indirizzo politico e quella di controllo dell’operato del Governo;

• al Senato della Repubblica sono attribuite la rappresentanza delle Istituzioni territoriali, la partecipazione al procedimento legislativo, la funzione di raccordo tra lo Stato e gli enti territoriali e la valutazione delle politiche pubbliche e dell’attività delle pubbliche amministrazioni.

Mentre è chiaro il ruolo politico-costituzionale della Camera dei Deputati, risulta indeterminato e confuso il ruolo del Senato: rappresenta gli enti territoriali, ma svolge anche altre funzioni non omogenee.

  1. La composizione e l’elezione del nuovo Senato

Il Senato non è più eletto a suffragio universale e diretto. La Camera dei deputati resta l’unica Camera eletta direttamente dai cittadini.

Viene ridotto il numero complessivo dei senatori a 100 (rispetto ai 315 senatori attuali), dei quali:

− 74 saranno consiglieri regionali eletti dai Consigli regionali di appartenenza, in conformità alle scelte espresse dagli elettori in sede di elezione degli stessi Consigli;

− 21 saranno sindaci eletti dai Consigli regionali, nella misura di uno per ciascuno, fra tutti i sindaci dei comuni della Regione;

− 5 nominati dal Presidente della Repubblica tra i cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario (con mandato di sette anni non rinnovabile).

La modalità di scelta dei Senatori è rimasta del tutto indeterminata. Non sciolta l’alternativa tra elezione indiretta (da parte dei Consigli regionali) o diretta (da parte del corpo elettorale), si è rinviata ad una successiva legge ordinaria.
Non è stato chiarito in che modo verranno scelti i 21 sindaci. Anche in questo caso sarà la legge ordinaria a specificarlo.
È stata introdotta una figura di senatori del tutto nuova: di nomina Presidenziale “a tempo” (anziché “a vita”, com’è adesso). La durata di sette anni è la stessa della durata del mandato presidenziale, il che collegherà questi senatori ai Presidenti in carica, con un’attenuazione della autonomia istituzionale.

  1. Stravolgimento del procedimento legislativo

Stravolto il procedimento legislativo: la partecipazione paritaria delle due Camere sarà limitata a un numero definito di leggi bicamerali (leggi costituzionali e leggi in materia di elezione del Senato, referendum popolare e ordinamento degli enti territoriali).

Per tutte le altre leggi, il Senato potrà solo proporre modifiche sulle quali la Camera si pronuncia in via definitiva.

Introdotto il giudizio preventivo di costituzionalità sulle leggi elettorali delle Camere: è riconosciuta ad un terzo dei senatori o ad un quarto dei deputati la possibilità di sottoporre alla Corte Costituzionale le leggi elettorali prima della loro promulgazione.

L’iter di formazione delle leggi si complica: sono una decina le diverse modalità previste di approvazione di una legge. È forte il rischio di aumentare il contenzioso davanti alla Corte costituzionale. Saranno i Presidenti di Camera e Senato a risolvere i (prevedibilmente numerosi) casi controversi, ovvero se seguire l’uno o l’altro iter di formazione.
Il giudizio preventivo di costituzionalità sulle leggi elettorali rischia di politicizzare il giudizio della Corte costituzionale: esso avverrà subito dopo l’approvazione delle legge e sarà di natura generale e astratta. La Corte costituzionale – mediante una dichiarazione del Presidente della Corte – si era opposta a questa nuova competenza. Non è stato definito il rapporto tra questa nuova competenza (sindacato in via preventiva) e quella attualmente svolta (sindacato in via successiva): potrà una legge elettorale essere sindacata anche successivamente? E che influenza eserciterà il giudizio preventivo su quello successivo?

  1. Nuovo sistema di elezione degli organi costituzionali di garanzia

Modificato il sistema di elezione del Presidente della Repubblica in conseguenza della riduzione del numero dei senatori: per l’elezione del Presidente da parte del Parlamento in seduta comune (630 deputati + 100 senatori) sono richieste le seguenti maggioranze qualificate:
− 2/3 dell’assemblea dal primo al terzo scrutinio;
− 3/5 dell’assemblea dal quarto al sesto scrutinio;
− 3/5 dei votanti dal settimo scrutinio.
Modificato anche il sistema di elezione dei giudici costituzionali: dei cinque giudici di espressione parlamentare, tre saranno nominati dalla Camera e due dal Senato.

Aumenta il peso della Camera nella scelta del Capo dello Stato. In raccordo con la legge elettorale n. 52 del 2015 (c.d. Italicum), aumenta in proporzione il peso del partito che ha – grazie al premio elettorale conseguito per poter formare il Governo – la maggioranza alla Camera
La previsione delle diverse maggioranze qualificate è stato proposto per compensare lo sbilanciamento a favore del partito che ha la maggioranza dei seggi alla Camera (oltre ai propri rappresentanti in Senato) tende a preservare il carattere “non maggioritario” della scelta del Presidente della Repubblica, che rappresenta l’unità nazionale. Dal settimo scrutinio, però, la maggioranza dei 3/5 è calcolata “sui votanti” e non “sui componenti”. Non può escludersi dunque un Presidente eletto con maggioranze parlamentari ridotte (qualora una o più forze politiche decidano di non presentarsi al voto).
L’elezione dei due giudici costituzionali da parte del Senato introduce una logica di parte (il Senato rappresenta le istituzioni territoriali) entro un organo di garanzia costituzionale non territoriale, bensì costituzionale.

  1. Prerogative del Governo

Ammessa la possibilità per il Governo di chiedere alle Camere la votazione prioritaria dei disegni di legge dichiarati essenziali per l’attuazione del programma di governo. Questo comporta che:
− il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro 5 giorni dalla richiesta, che un disegno di legge sia iscritto con priorità all’ordine del giorno;
− il disegno di legge prioritario dovrà essere sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di 70 giorni;
− sono ridotti della metà i termini già esigui per la deliberazione di proposte di modificazione da parte del Senato.

Tale procedura di esame e votazione prioritaria è esclusa per: le leggi ad approvazione paritaria di camera e Senato, le leggi in materia elettorale, le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali, le leggi di concessione dell’amnistia e dell’indulto e la legge che reca il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri per l’equilibrio di bilancio.

Introdotti alcuni vincoli alla decretazione d’urgenza, peraltro oggi già fissati dalle leggi ordinarie e dai principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale: la possibilità di ricorso al decreto-legge è espressamente esclusa per le leggi in materia costituzionale ed elettorale, le deleghe al Governo, l’autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, l’approvazione di bilanci e il ripristino di norme che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime.

Vengono introdotti alcuni limiti con riferimento alla decretazione d’urgenza, compensati dalla possibilità data al Governo di far approvare i disegni di legge entro termini certi. Alla compressione dell’autonomia della Camera (obbligata a esprimersi entro un tempo prefissato) si somma l’aumento del potere del Governo in Parlamento.

  1. Il rapporto tra lo Stato e le istituzioni territoriali: la nuova riforma del Titolo V

Abolita la legislazione concorrente tra Stato e Regioni, per come delineata dalla riforma del titolo V del 2001, e rivisto conseguentemente il perimetro delle materie di competenza esclusiva, rispettivamente, statale e regionale.

Ricondotte alla competenza esclusiva dello Stato alcune materie, già concorrenti, tra cui: grandi reti di trasporto e navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; promozione della concorrenza; tutela della salute; tutela e sicurezza del lavoro; politiche sociali; istruzione e formazione professionale.

Introdotta la cosiddetta “clausola di supremazia statale”: ai fini della tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica o dell’interesse nazionale, si è previsto che su proposta del Governo – che se ne assume pertanto la responsabilità – la legge statale possa intervenire anche in materie di competenza esclusiva delle Regioni.

Abolite le Province quali organi costituzionali dotati di funzioni e poteri propri.

Abolito il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL).

Eliminata la competenza concorrente e re-introdotta la “clausola di supremazia”, il potere legislativo delle Regioni si riduce. Sembra ci si allontani dal modello “solidale” di federalismo (basato sulla leale collaborazione e la “concorrenza” tra le funzioni), per avvicinarsi al modello “competitivo” (basato sulla netta separazione tra Stato e Regioni e tra Regioni).
Si è conservato il vecchio criterio di riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni (il criterio delle materie) che è stato indicato dalla Corte costituzionale come un fattore di destabilizzazione. Non si è colta l’occasione per passare ad un criterio diverso (ad esempio quello delle funzioni) che potesse effettivamente semplificare e ridurre il contenzioso tra centro e periferia.
La concorrenza tra la funzione legislativa dello Stato e quella delle Regioni, formalmente eliminata, in realtà avrà ancora la possibilità di essere esercitata in tutte quelle materie dove la competenza esclusiva dovrà limitarsi alle “disposizioni generali e comuni”. Questa nuova formulazione appare di incerto significato: dovrà intervenire la Corte costituzionale a chiarirne la portata.
L’abolizione delle Province elimina la “copertura costituzionale”, ma non produce l’effetto automatico della cancellazione di questi enti territoriali, che potranno continuare ad essere regolati dalla legge, almeno fin tanto che la maggioranza e il Governo lo riterrà utile.

  1. Strumenti di democrazia diretta

Viene innalzato fino a 150mila (attualmente 50mila) il numero delle firme richieste per la loro presentazione alle Camere dei i disegni di legge d’iniziativa popolare. Si vincolano i Regolamenti parlamentari a prevedere, per questi disegni di legge, tempi certi di esame e votazione.

Viene modificato l’istituto del referendum abrogativo, con l’introduzione di un doppio quorum:

• in caso di sottoscrizione della proposta da parte di 500mila elettori, per la validità della consultazione sarà necessaria la partecipazione al referendum della maggioranza degli aventi diritto al voto;

• in caso di sottoscrizione della proposta da parte di 800mila elettori, sarà sufficiente la partecipazione della maggioranza dei votanti all’ultima elezione della Camera dei deputati.

Gli strumenti di democrazia diretta non vengono favoriti: da un lato si prevede l’innalzamento del numero delle firme necessarie per poter presentare disegni di legge d’iniziativa popolare, dall’altro si rinvia ai Regolamenti parlamentari di stabilire le regole per la presa in esame da parte delle Camere.
Si introduce un doppio quorum di validità del referendum in base al numero si sottoscrittori. Si semplifica assai una questione in realtà molto complessa.

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La crisi dove meno te l’aspetti: professionisti sempre più poveri Fonte: Il ManifestoAutore: Roberto Ciccarelli

quinto-stato

La crisi dove meno te l’aspetti: nel ceto medio del lavoro professionale. Avvocati, geometri, giornalisti, architetti e ingegneri, e poi medici e psicologi, tutti lavoratori autonomi iscritti a un ordine professionale che versano i contributi in una delle 19 casse previdenziali private. Il quinto rapporto sulla previdenza privata, presentato ieri a Roma dall’Associazione degli Enti di previdenza privati (Adepp), descrive un lavoro dove crescono drammatiche differenze generazionali tra gli under 40 e gli over 50, geografiche tra Nord e Sud e di genere tra uomini e donne.

L’Adepp attesta l’emersione della nuova questione sociale anche nel lavoro autonomo ordinistico quando parla di «professionisti sempre più poveri». Il loro reddito medio è «crollato», con una perdita in termini reali del 18,35% tra 2007, prima del deflagrare della crisi, e il 2014, anno per cui è disponibile l’ultimo aggiornamento. Tra il 2005 e il 2014 il valore medio reale del reddito è passato da 34 mila e 551 euro l’anno a 28 mila 960 lordi l’anno. Se si considera il reddito per fasce di età, emerge la realtà materiale in cui si trova oggi in Italia chi svolge un’attività professionale.

Come altri settori del lavoro indipendente, anche in quello professionale chi ha tra i 25 e i 30 anni guadagna in media 12.469 euro lordi all’anno. Chi ne ha oltre 50 guadagna 47.524 lordi all’anno. Da queste cifre bisogna sottrarre tasse e contributi. Per i giovani, e meno giovani, si può parlare di lavoro povero. Il rapporto lascia inoltre intendere che la progressione del reddito, come della carriera, non è lineare. Anzi, chi ha la fortuna di iniziare a lavorare relativamente presto può attestarsi su livelli di reddito talmente modesti da non potere onorare i versamenti previdenziali richiesti dalle casse di appartenenza. Le testimonianze e, sempre più spesso, le rivendicazioni che emergono dal mondo del lavoro autonomo – tra gli avvocati, i giornalisti o gli architetti, ad esempio – raccontano questa realtà.

Il presidente dell’Adepp Andrea Camporese, nella sua introduzione al rapporto tenuta davanti al ministro dell’economia Pier Carlo Padoan e al presidente della commissione lavoro del Senato Maurizio Sacconi, ha rilevato «l’impossibilità di esercitare la professione da parte dei giovani» in un paese dove è avvenuta una drastica perdita del reddito a causa della crisi. È avvenuto lo schiacciamento verso l’alto dei redditi e una loro redistribuzione diseguale.

Cresce anche il divario tra i guadagni delle donne e quelli degli uomini. Le prime guadagnano circa la metà: in Campania, Lazio, Liguria hanno incassato tra il 51,6% e il 55% del reddito dichiarato dai maschi. In ogni caso il tetto massimo per le donne si ferma al 70% dei guadagni degli uomini. In questa cornice si affermano gigantesche disparità territoriali. Un professionista in Calabria guadagna fino al 65% in meno rispetto a un collega che lavora in Lombardia.

Questo dato va tuttavia considerato con quello che attesta un aumento degli iscritti agli ordini nel Sud: +2,36% nel 2014, mentre al Nord c’è una flessione del 2,18%. Si diventa «professionisti», anche se si guadagna infinitamente meno. Un comportamento che può spiegarsi solo con la necessità di entrare in un perimetro riconoscibile del lavoro, anche se poi questo lavoro è misero e non è in grado di sostenere le spese per il Welfare di categoria.

In tutte le professioni si assiste anche a un aumento delle iscrizioni agli ordini, in particolare dei giovani e delle donne, cioè dei soggetti più sfavoriti dalle diseguaglianze di reddito e sociali. Nell’ultimo decennio sono aumentati del 20%. Nel 2014 i «liberi professionisti» erano quasi 1,5 milioni. Solo nell’ultimo anno si è registrato un aumento di 50 mila iscritti. L’aumento ha portato a un incremento dei contributi pensionistici del 2,87%.

Tra il 2005 e il 2014, il decennio della crisi, l’aumento è stato del 24,18%, anche se tra il 2012 e il 2014 c’è stata una flessione del 2%. La crescita maggiore è avvenuta nelle professioni tecniche (in particolare ingegneri e architetti), quelle giuridiche hanno registrato un aumento record: poco più del 110% tra il 2005 e il 2013. Stesso discorso per i giornalisti.

Una spiegazione la danno i numeri dell’Adepp: tra il 2005 e il 2014 l’erogazione delle prestazioni è aumentata del 58%, il 5% solo tra il 2013 e il 2014. La spesa per ammortizzatori sociali è aumentata del 251%, quelle per la maternità del 30%, le agevolazioni per i giovani del 50%, il «long term care» per gli anziani del 30%. Lì dove ci sono le risorse, le casse vengono usate per il Welfare che non si trova nel paese.

Il Welfare o la sanità pubblica sono sempre più in crisi, mentre la precarietà non dà tregua ai redditi. Le Casse private sono considerate un rifugio. Ma a che prezzo.