Medici contro Renzi: 24 ore di sciopero da: il manifesto.it

Sanità. Domani duecentomila camici bianchi contro 8 miliardi di tagli. A Gennaio ci saranno altri due scioperi. Dopo la scuola, il presidente del Consiglio si è messo contro tutti i sindacati dei medici che protestano contro la precarietà, il blocco del turn-over e lo stravolgimento della professione medica. Per il governo spunta un’altro problema: i suoi annunci sulle 6 mila assunzioni non erano veri. Non c’è copertura finanziaria. Ecco perché

Anche alle truffe del governo sulla sanità c’è un limite. Quello della sostenibilità finanziaria delle promesse di Renzi sulle assunzioni dei nuovi medici, ad esempio. La notizia è stata ufficializzata ieri dai sindacati e dalle associazioni dei medici in una conferenza stampa che ha presentato lo sciopero generale di domani, uno dei più grandi degli ultimi tempi. Tutti i sindacati uniti contro il governo, duecentomila camici bianchi faranno saltare oltre 2 milioni di prestazioni. Protestano contro gli 8 miliardi di euro di tagli alla sanità previsto entro il 2019, 2,3 solo il prossimo anno per «risparmiare» sui costi della cosiddetta «medicina difensiva», l’eccesso di prescrizione di analisi mediche.

Il colpo di scena

Secondo il governo una parte dei risparmi ottenuti dal taglio di oltre 200 prestazioni, pari a 350 milioni di euro, avrebbero dovuto finanziare 6 mila assunzioni di medici e infermieri. Praticamente una partita di giro: il governo avrebbe preso le risorse dal taglio delle prestazioni e, grazie alla nuova legge sulla responsabilità professionale e civile dei medici, avrebbe risposto alle esigenze nate a seguito dell’entrata in vigore della direttiva europea sugli orari di lavoro e di riposo del personale sanitario. Ma alla resa dei conti, i numeri sono risultati errati.

Il colpo di scena è avvenuto nella commissione Bilancio alla Camera. Il governo è stato costretto a rinunciare all’emendamento alla legge di stabilità. «Sono saltate le norme relative alla responsabilità medica contro il fenomeno della cosiddetta medicina difensiva dalla legge di stabilità perché nessuno ha ritenuto credibile il meccanismo economico che parte dai risparmi ottenibili per finanziare le assunzioni» ha confermato Giacomo Milillo, segretario della Federazione dei medici di famiglia (Fimmg).

Lavorare meno, lavorare tutti

L’Unione Europea ha imposto un ridimensionamento dell’orario di lavoro, uno degli effetti prodotti dalla precarizzazione della professione medica. La sua direttiva impone al governo italiano di rispettare il diritto dei medici e dirigenti sanitari italiani al tempo massimo di lavoro settimanale (non più di 48 ore per ogni sette giorni, compresi gli straordinari), al riposo minimo garantito di 11 ore continuative ogni 24 e a un periodo di riposo settimanale ogni 7 giorni di almeno 24 ore.

Per evitare pesanti sanzioni, e la condanna della Corte di Giustizia Ue, Renzi e il ministro della Sanità Lorenzin hanno dovuto ricorrere a un complicato stratagemma contabile per aggirare il blocco del turn-over nella pubblica amministrazione. La proposta sembrava essere già esecutiva, dopo il parere favorevole da parte della Ragioneria dello Stato. Ma non ha retto alla prova della realtà.

Saltano le assunzioni

Una volta affondata questa norma, anche quella sulle assunzioni è venuta meno. Se ne riparlerà l’anno prossimo. Tutto questo mentre il governo aveva giocato la carta delle assunzioni sul tavolo degli annunci in stile Leopolda. Nessuno sarà assunto dal primo gennaio. La manovra sulla sanità risulta azzoppata.

«Per procedere con le assunzioni, necessarie per far fronte all’emergenza del personale sanitario dopo l’entrata in vigore della normativa Ue — sostiene il segretario dei medici ospedalieri Cimo Riccardo Cassi — sarebbero necessari circa 600 milioni di euro». Per l’esecutivo si prepara un futuro in tribunale. «Ora le cause che i medici intenteranno sicuramente, a fronte dei limiti di lavoro non garantiti, peseranno molto di più sui bilanci dello Stato dei fondi necessari per le assunzioni». A cascata, ecco un altro effetto dell’improvvisazione dell’esecutivo: «Il rinnovo del contratto di categoria sarà di fatto rinviato di un altro anno — sostiene il segretario di Anaao-Assomed Costantino Troise — Allo stato l’emendamento è svanito e mancano fondi adeguati».

Sanità: contro frontale

Lo sciopero di 24 ore di tutte le organizzazioni sindacali dei medici e infermieri coglie il governo Renzi più debole. Le previsioni per domani sono imponenti: salteranno visite specialistiche, esami di laboratorio, interventi chirurgici programmati. Per questi ultimi si fa la cifra di 40 mila operazioni saltate. Il costo dell’ostinazione dell’esecutivo produrrà altre mobilitazioni a partire da gennaio.

Sono state annunciate altre due giornate di sciopero, insieme alla protesta dei medici di famiglia. Il segretario nazionale dello Smi Pina Onofri ha parlato di uno «sciopero informatico»: non invieranno all’Inps i certificati di malattia online. Nelle prossime settimane il fronte della protesta andrà allo scontro frontale e non sembra avere alcuna intenzione di fare un passo indietro. Dopo la scuola, Renzi si è messo contro la Sanità italiana che sta reagendo con fermezza. Il Natale a Palazzo non passerà tranquillamente.

Accorta è la precisazione di Roberta Chersevani, presidente della Federazione degli Ordini dei Medici e degli Odontoiatri: «I medici scioperano per e non contro le persone — ha detto — Le nostre mobilitazioni del 21 ottobre e del 28 novembre non hanno sortito effetti tra le istituzioni». «L’organo politico ha costretto i medici a questo passo, che è sempre difficile e doloroso».
Il Pd ieri ha cercato di rimediare al disastro politico. Il presidente del partito Orfini ha garantito l’impegno ad approvare il Ddl sul rischio professionale. Il relatore della proposta di legge Federico Gelli (Pd) sostiene che è stata calendarizzata alla Camera oggi e sarà approvata in primavera. Nel frattempo il governo incasserà tre scioperi nel Sistema sanitario nazionale.

*** Dossier tagli alla Sanità

Sanità agli sgoccioli per tagli (21 gennaio 2015)

La Camera ha votato 2,35 miliardi di tagli alla Sanità (5 agosto 2015)

Tagli alla sanità, pazienti doppiamente fregati (7 agosto 2015)

Le Regioni: «Basta tagli alla sanità» (11 settembre 2015)

Tonino Aceti: «Renzi taglia le prestazioni sanitarie per finanziare l’abbattimento delle tasse» (24 settembre 2015)

Lo strappo delle regioni sulla Sanità. E spunta l’aumento di tasse e ticket (23 ottobre 2015)

Medici in piazza, sciopero il 16 dicembre: «No alla gestione contabile della salute» (29 novembre 2015)

ITALIA “Ville e appartamenti coi soldi dell’8 per mille”, l’ex vescovo di Trapani nella bufera da. rainews

ITALIA “Ville e appartamenti coi soldi dell’8 per mille”, l’ex vescovo di Trapani nella bufera Si sta per chiudere l’indagine nei confronti del prelato accusato di appropriazione indebita, malversazione, diffamazione e calunnia nei confronti del suo ex economo Tweet Indagato l’ex abate di Montecassino: usava i fondi dell’8 per mille per viaggi e droga Sequestro di beni per 500mila euro all’ex abate di Montecassino 15 dicembre 2015 La Procura di Trapani sta per chiudere l’indagine a carico dell’ex vescovo Francesco Miccichè accusato di appropriazione indebita, malversazione, diffamazione e calunnia nei confronti del suo ex economo, don Antonino Treppiedi, verso il quale aveva cercato di stornare i sospetti per un misterioso ammanco nelle casse della Curia. Secondo le accuse è un fiume di denaro, quasi due milioni di euro provenienti dall’8 per mille destinato negli ultimi tre anni dalla Santa Sede alla diocesi di Trapani, quello che sarebbe finito nelle tasche dell’ex vescovo. L’ipotesi accusatoria dei pm Di Sciuva, Morra e Tarondo trova conferme anche dalle indagini delle Fiamme Gialle che sono riuscite a ricostruire un giro di bonifici e false fatture che avrebbero consentito all’alto prelato di ottenere grosse somme poi investite nell’acquisto di appartamenti e ville. Prima fra tutte quella di Monreale, in cui vive con la sorella dopo la rimozione dal suo incarico voluta da Papa Francesco, e che è attualmente adibita a Bed & Breakfast. Ma non c’è solo quella: ce n’è un’altra a Trabia , e tre appartamenti a Palermo uno dei quali è intestato alla giovane nipote. I pm indagano anche sul conto del prelato presso lo Ior che vede un deposito di 400mila euro: troppi secondo i magistrati e non compatibili né con il suo stipendio né con il suo patrimonio personale in quanto Micciché proverrebbe da una famiglia modesta. Sembra che il prelato negli ultimi tempi abbia tentato di avvicinare Papa Francesco per chiedergli un incarico e la cittadinanza vaticana che gli permetterebbe di sottrarsi alla giurisdizione italiana. – See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/vescovo-trapani-micciche-ville-soldi-otto-per-mille-eaaf707d-b6ac-49ea-826f-110c7825abdf.html

Il monumento al filonazista ungherese coinvolto nello sterminio degli ebrei finanziato da Orban dal blog di gad lener

martedì, 15 dicembre 2015

La costruzione di un monumento dedicato a Balint Homan nella città ungherese di Szekesfehervar sta provocando numerose proteste, interne come internazionali. Il progetto riguarda infatti la realizzazione di un’opera commemorativa di una delle personalità magiare più coinvolte nello sterminio nazista. Balint Horman è stato ministro dell’Istruzione e promotore delle leggi antisemite in Ungheria, oltre che sostenitore del colpo di Stato nazista avvenuto nel 1944. Horman è stato uno dei firmatari del documento che ha chiesto l’espulsione degli ebrei dall’Ungheria, centinaia di migliaia di persone che poi sono state uccise nei campi di sterminio organizzati dal regime hitleriano. La città di Szekesfehervar, amministrata da un sindaco di Fidesz, il partito del premier Orban, ha accolto la richiesta della fondazione dedicata all’ex ministro filonazista di dedicare un monumento in suo ricordo. La statua dovrebbe essere svelata entro la fine dell’anno, ma da diversi giorni è partito un pressing diplomatico per far sì che il governo di Budapest cancelli il finanziamento all’opera. Il Congresso mondiale ebraico ha protestato questa decisione, e anche l’amministrazione degli Stati Uniti ha espresso grande sconcerto per il consenso espresso dalle autorità magiare. In questi giorni sono state promosse iniziative di protesta, come marce intorno alla piazza dove dovrebbe essere collocata la statua, per manifestare il dissenso contro il monumento a Balint Homan.

Don Corrado ai senza casa dell’Opera Ruffini: «Nessuno sgombero» da: palermomania.it

L’arcivescovo di Palermo ha incontrato le famiglie e ha annunciato, inoltre, che avvierà una collaborazione col Comune per rendere le abitazioni più dignitose. Momenti di commozione quando ha voluto incontrare un bimbo malato che vive in una scuola

di Palermomania.it |

Si è svolto ieri pomeriggio a Palermo l’incontro tra il nuovo arcivescovo don Corrado Lorefice e una delegazione delle famiglie senza casa che da circa due anni occupano i mini alloggi dell’Opera Pia Cardinale Ruffini. Presente all’incontro anche una delegazione del Comitato di lotta per la casa 12 luglio.
Anche in questa occasione, il nuovo “capo” della Curia palermitana ha fatto capire la sua natura semplice, umile, di ascolto del prossimo e soprattutto di rottura con il passato.
«Da laico voglio dire che ho apprezzato molto l’atteggiamento di don Corrado – scrive Toni Pellicane del Comitato di lotta per la casa 12 luglio – che a differenza dei suoi predecessori che ci hanno ricevuto con l’anello al dito chiedendoci il bacia mano, don Corrado invece ci ha ricevuti offrendoci un dolcetto e un succo di frutta, piccoli gesti umili ma carichi di significato».

«Una volta stabilito che quello di oggi non era l’incontro tra l’Arcivescovo e i cittadini ma era l’incontro tra un gruppo di amici che insieme dovevano capire come risolvere alcuni problemi – racconta Pellicane –, si è entrati nello specifico delle problematiche che riguardano le famiglie».

Don Corrado ha subito rassicurato le famiglie che l’ipotesi di essere sgomberate è definitivamente scongiurata e che trattandosi di famiglie altamente disagiate non avrebbe mai permesso che finissero per strada.

Inoltre, è stato stabilito che sarà chiesta la collaborazione al Comune per avviare, in collaborazione con la stessa Curia, un progetto di accompagnamento all’autonomia abitativa nei confronti di queste famiglie che, non potendo contribuire economicamente, si sono impegnate a prestare alcuni servizi all’interno dell’Opera Pia, come la manutenzione del giardino o degli stessi alloggi, in modo da diventare ed essere parte integrante del progetto.

L’arcivescovo ha manifestato l’intenzione di estendere questo “progetto” anche alle famiglie senza casa che da oltre un anno occupano l’ex convento delle vergini.
Il Comitato di lotta per la casa, sottolineando come il problema dell’emergenza abitativa non possa essere addossato esclusivamente sulle spalle di don Corrado, è stato piacevolmente spiazzato dalle parole dell’arcivescovo che li ha informati di avere già convocato un incontro con il sindaco Leoluca Orlando, la Regione e la Prefettura, affinché tute le istituzioni facciano la loro parte.

Infine, l’ennesimo gesto di amore da parte di don Corrado. Appena saputo che nell’androne della Curia era presente Luigino, un bambino affetto da una malattia rarissima che lo costringe a stare in una carrozzella, che vive insieme alla famiglia in una scuola occupata, il prelato ha subito espresso la volontà di conoscerlo ed è sceso nell’atrio dove lo ha incontrato e lo ha stretto a sé con un forte abbraccio.

«Don Corrado non ha fatto promesse – afferma con un pizzico di commozione Pellicane –, non ha detto ai genitori di Luigino che domani avranno una casa, ha detto con assoluta semplicità che prenderà un impegno con Luigino che gli ha voluto consegnare una sua lettera, e l’impegno è che si troverà una soluzione anche per lui e la sua famiglia». Un ulteriore segno che qualcosa, in questi giorni, a Palermo è cambiato.

Palermomania.it – Testata Giornalistica registrata al Tribunale di Palermo n° 15 Del 27/04/2011

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De Bortoli: “I titoli dei giornali li faccia direttamente lui, così facciamo prima” da infosannio

RENZI FURIOSO PER L’ AFFONDO DI SAVIANO SULLA BOSCHI: TEME UNA NUOVA TEMPESTA

tweet di de bortoli contro renzi (Fabio Martini per “La Stampa”)Matteo Renzi sta vivendo la «ferita» all’ immagine di Maria Elena Boschi come il possibile preannuncio di una tempesta. Ecco perché, dopo 24 ore di silenzio, irrituale per personaggi loquaci come lui e come la Boschi, alla Leopolda si era creata una certa suspense.

Maria Elena alla fine parla o non parla? E Renzi? Farà finta di nulla? Finalmente a fine pomeriggio, a freddo i «presentatori» hanno annunciato: «Bentornata a casa, Maria Elena Boschi!». Dai cinquemila della platea si è alzato un bell’ applauso. Un battimani caldo.

boschi leopolda

E finalmente la Boschi ha parlato: «Mi scuso per il ritardo anche perché ho letto in queste ore un sacco di ricostruzioni molto fantasiose e alcune divertenti sul perché non fossi qui. Ero semplicemente a fare il mio lavoro sulla legge di stabilità». E ancora: «Tornare alla Leopolda è come tornare a casa. Vi voglio bene e oggi ancora di più».

Tutto qui, non una parola sulla vicenda di famiglia. In platea i più malevoli sussurrano: omissiva, il «minimo sindacale». D’ altra parte chi ha parlato in queste ore con Maria Elena Boschi racconta di una donna scossa, per la prima volta ferita. Non era mai entrata nell’ occhio del ciclone, Maria Elena Boschi: fino ad oggi un’ immagine politicamente immacolata, per la capacità, altamente professionale, di non incorrere neanche in mezza gaffe.

Il problema è che pure Matteo Renzi è preoccupato, molto preoccupato. Dopo aver invaso due sere fa il palco con interventi a getto continuo, per tutta la giornata di ieri, curiosamente Renzi è restato dietro le quinte e ci è restato anche durante il difficile intervento della Boschi.

Lo raccontano infuriato. Privatamente si dice «indignato» per come quasi tutti i giornali di informazione hanno trattato il caso-Boschi, nel tentativo – ritiene il premier – di «oscurare la Leopolda». Una vicenda che per Renzi, presenta due insidie molto serie. Il coinvolgimento della famiglia Boschi rischia di colpire la credibilità etica del team di comando del governo, bene prezioso per chi vi ha costruito una carriera.

renzi con il padre suo e di boschi e rosi di banca etruria stile amici miei

Ma la vicenda inquieta Renzi, anche perché a promuovere il «j’ accuse» («il ministro si deve dimettere per conflitto di interessi») è stato Roberto Saviano, uno dei pochi personaggi ancora dotati di carisma sulla scena pubblica. Un personaggio che può catalizzare, non necessariamente con un ingresso in politica, gli umori anti-Renzi e che ieri ha rilanciato le sue accuse al Pd e alla Leopolda, tacciata in caso di indifferenza, come una «riunione di vecchi arnesi affamati».

La Boschi protagonista, ma in «negativo» è la nemesi di una Leopolda senza «anima». Una Leopolda di governo che fatica a comunicare qualcosa. A dispetto di una regia sapiente, gli interventi degli ospiti si sono succeduti, quasi sempre, ripetendo la stessa litania: ottimismo della volontà e della ragione, auto-promozione dei risultati obiettivamente raggiunti dal governo.

ferruccio_de_bortoliCon la «trovata», voluta da Renzi, di indicare le peggiori prime pagine (quasi tutte del «Fatto quotidiano») dell’ ultimo anno. Una trovata alla Grillo. Il tutto segnato da un’ altra «invenzione», quella del question time con i ministri del Pd (Boschi, Delrio, Franceschini, Gentiloni, Madia, Pinotti, Giannini), che si è rivelata una simpatica finzione.

Gli intervistatori del «pubblico», uscendo dal retropalco in fila indiana assieme al ministro, si producevano in domande quasi sempre telecomandate. Una finzione svelata, con sincerità, proprio da Maria Elena Boschi che si è rivolta verso i suoi intervistatori casuali: «Non faccio finta di non conoscervi». Ad una di loro che si presentava: «Sono Virginia», la Boschi ha replicato: «Strano, non l’ avrei mai creduto!».

TRA SILENZI E “DOMANDE CLEMENTI” LA MINISTRA-LEADER SI SCOPRE FRAGILE

 

(Jacopo Iacoboni per La Stampa) – Nel 2010-2011 era un giovane avvocato, semisconosciuta e timida, o finto-timida; venne presto l’ abito ciclamino e il tavolo diviso con Renzi. Nel 2013 già solcava le navate della vecchia stazione diventata simbolo del renzismo sfoderando scarpe col tacco leopardate, in segno di sfida al Pierluigi Bersani dello slogan «lo smacchiamo lo smacchiamo», e lo diceva lei stessa, «venga, venga qui, sa perché ho messo queste scarpe?».

Nel 2014, con Renzi al governo, faticava a muoversi dal backstage alla zona riservata ai tavoli, dove coordinò quello sulla riforma costituzionale: nonostante una sparata di Davide Serra (quello che «aboliamo il diritto di sciopero»), arrivò lei e riuscì comunque a batterlo nella ressa di fan renziani e telecamere.

 Quest’ anno no. Il vero cambio di scena non è stato tra la Leopolda delle origini e quella del governo, è stato quello dalla Boschi prima timida poi sbarazzina, a una Boschi quasi forlaniana; è entrata da dietro, senza minimamente affacciarsi nella zona del pubblico, e meno che mai dei giornalisti, per evitare che le facessero l’ unica domanda incombente: ministro, cosa dice a Roberto Saviano che chiede le sue dimissioni per il conflitto d’ interessi con suo padre, per anni nel cda di Banca Etruria, e per otto mesi vicepresidente? Niente, zero, silenzio.

Ha parlato per ventidue minuti senza dir nulla su questo, il che produceva un effetto lunare, e come uno spaesamento; l’ idea di un potere che non risponde.

DIFFICOLTÀ PSICOLOGICA

Qualche dettaglio di questa metamorfosi tradiva però un eccesso, quindi una difficoltà psicologica. Accolta da un grande applauso, il più caloroso assieme a quello riservato a Renzi, la ministra si è sottoposta a un «question time» – l’«idea» di questa edizione – con tre domande preparate, innocue, ma è suonata irridente, «grazie della clemenza», ha addirittura detto alla fine.

Oppure, mentre introduceva delle clip preparate per spiegare la legge elettorale, o la riforma del Senato, scherzava «ci dite sempre che facciamo propaganda, beh, allora: propaganda!»: e partiva il video. Lo sketch s’ è ripetuto tre volte. E’ sembrato un di più, sintomo remoto del fatto che tra venerdì e ieri ha accusato la botta. Una settimana fa The Politico l’ aveva inserita tra le quattro donne europee che più stanno cambiando il loro paese, una delle ventotto personalità emergenti.

Eppure ieri alla Leopolda il fantasma di Saviano era così presente che Boschi ha dovuto riflettere a lungo sul da farsi, come presentarsi, quando (alla fine è giunta alle cinque, in abito nero e ecrù che lasciava scoperte le ginocchia, e quasi rassicurandosi nell’ aggressività degli stivaloni neri). E prima aveva scelto di passare la giornata a Roma. «Finalmente sono qui», ha esordito con filo di fiatone. «Ho letto ricostruzioni fantasiose sulla mia assenza, semplicemente ero a Roma, a lavorare». Strano effetto la giaguara trasformata in un gatto.

MOMENTI COMICI

«Le dimissioni di Maria Elena sono una roba che non capirebbe neanche un marziano, una cosa fuori dal mondo», diceva Dario Nardella, il sindaco di Firenze. I renziani per la battaglia erano schierati alla contraerea a Saviano, «sciacallaggio», è stata l’ espressione usata da Ivan Scalfarotto, dopo momenti comici in cui una tipa l’ ha fermato e gli ha chiesto «ma tu cosa ci fai qui?» – l’ aveva scambiato per Roberto Speranza, e sperato in una miracoloso riallineamento Bersani-Renzi.

Oppure, «per un bravo scrittore perdere la creatività è terribile, Saviano riponga il mattarello» (Andrea Romano). O ancora, reazione sincera, di Silvia Fregolent, renziana torinese della prima ora, «ci siamo rimasti tutti malissimo, un pugno in faccia. Certo, potevamo fare meglio e prima sulle banche, ma noi siamo puliti, fino a poco fa c’ era gente che faceva gli impicci, non noi»…

Minimizzazione assoluta dalla Serracchiani, «sono d’ accordo con Bersani, dispiace questa uscita di Saviano». Anna Ascani, deputata umbra molto lanciata dal mondo renziano, appoggiata al muro mentre parlava la Boschi, leggeva il post su Facebook di Saviano; rivolta a Federico Sarica, il giovane direttore di Rivista Studio, ha scosso la testa con una smorfia della bocca: «Questo è proprio cattivo».

Banca etruria indagati i vertici da: rainews.it

Banca Etruria, indagati i vertici: secondo i pm c’è stato conflitto di interessi L’ex presidente Lorenzo Rosi e l’ex membro del cda Luciano Nataloni accusati di “omessa comunicazione di conflitto di interessi”. Nel mirino alcune operazioni avvenute nel periodo 2013-2014. Allo studio misure per tutelare i risparmiatori Tweet La sede storica di Banca Etruria Banca Etruria, sfida fra 5 Stelle e Boschi sulla mozione di sfiducia: “Vedremo chi ha i numeri” Crac Banche, dai 5Stelle mozione di sfiducia per la Boschi. Padoan: “SIstema solido” Crac banche, arriva il Fondo di solidarietà: risorse per 100 milioni Leopolda, Boschi: “Ricostruzioni divertenti sulla mia assenza” Crac Banche, Boschi: “Mio padre? Governo non fa favoritismi” Pensionato suicida dopo il fallimento della Banca dell’Etruria: il pm acquisisce gli atti Banche Popolari, Banca Etruria commissariata da Visco e Padoan Arezzo 15 dicembre 2015 Le verifiche della Guardia di Finanza sono appena agli inizi, ma ci sono già i primi indagati nell’inchiesta della Procura di Arezzo sul caso di Banca Etruria. Si tratta di due ex dirigenti dell’istituto di credito: l’ex presidente Lorenzo Rosi e l’ex membro del cda Luciano Nataloni. Sono accusati di “omessa comunicazione di conflitto di interessi”. In pratica, avrebbero sfruttato a fini personali il proprio ruolo per ottenere finanziamenti che altrimenti non avrebbero potuto ricevere. Le accuse Le contestazioni si riferiscono al periodo 2013-2014 e si rifanno alla relazione di Bankitalia del febbraio scorso che decise il commissariamento di Banca Etruria. In quel periodo il vicepresidente era Pier Luigi Boschi, il padre del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, che al momento non è indagato. Gli ispettori di Palazzo Koch avevano sottolineato che delle pratiche di finanziamento per 185 milioni di euro si erano svolte in situazioni di conflitto di interesse e avevano generato 18 milioni di euro di perdite. Poi si citava il ruolo svolto da Rosi e di due pratiche di finanziamento intestate a Nataloni, per un totale di 9 milioni di euro. Secondo la Procura basterebbe per procedere per “omessa comunicazione del conflitto di interessi”. Indagini in corso La lista degli indagati potrebbe allungarsi nei prossimi giorni, coinvolgendo anche altri membri del management. I controlli del Nucleo Tributario della Guardia di Finanza dovranno anche stabilire perché né Bankitalia né la Consob avvertirono dei rischi legati alle emissioni obbligazionarie. I rimborsi per i risparmiatori Per quanto riguarda i risparmiatori che hanno perso i soldi investiti nelle obbligazioni subordinate di Banca Etruria, Banca Marche, CariFe e CariChieti, il governo studia come limitare l’impatto del crac dell’istituto di credito. L’ipotesi è tutelare le poco più di mille persone che avevano da parte un capitale inferiore a 100mila euro ma che avevano impegnato più della metà di quei soldi nelle obbligazioni subordinate ad alto rischio. Mozione di sfiducia contro il ministro Boschi Sul fronte politico continuano le polemiche sul ministro delle Riforme. Il Movimento 5 Stelle ha presentato alla Camera una mozione di sfiducia contro Maria Elena Boschi “per il coinvolgimento personale e familiare nelle vicende della Banca popolare Etruria e Lazio nonché in relazione ai recenti provvedimenti che hanno interessato l’istituto di credito”. Secca la replica del ministro: “Ne discuteremo in Aula, la voteremo e vedremo chi ha la maggioranza”. – See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Banca-Etruria-inchiesta-indagati-vertici-557cd4f7-4d94-4cca-8142-a85a4fe09e9a.html

ANPI CATANIA saluta il partigiano Armando Cossutta : Onore al Partigiano Riposa in Pace

ANPI CATANIA saluta il partigiano Armando Cossutta
Onore al Partigiano Riposa in Pace19991011-007-U43030410509211Fy-U43140247237099Qw-1224x916@Corriere-Web-Nazionale-593x443

Fu anima di Pci, Rifondazione e Pdci
L’anziano leader comunista è deceduto lunedì sera a Roma. Partigiano delle Brigate Garibaldi, dopo la guerra fu uno dei principali dirigenti del Pci. Nel 1991 diede vita a Rifondazione comunista e nel 1998 ruppe con Bertinotti e creò i Comunisti Italiani
di ALESSANDRO SALA da: corriere della sera

Armando Cossutta è morto lunedì sera a Roma. Aveva 89 anni. Fu partigiano delle «Brigate Garibaldi» e militante del Partito Comunista Italiano di cui, dopo la Liberazione, è stato uno dei dirigenti più attivi. Era malato da tempo ed era ricoverato all’ospedale San Camillo. Nell’agosto di quest’anno aveva perso la moglie Emilia, alla quale era legato da oltre 70 anni
L’esperienza parlamentare
Cossutta stato eletto ininterrottamente in Parlamento dal 1972 al 2008. A Botteghe Oscure rappresentava l’ala più filosovietica e si trovò spesso in contrasto con Enrico Berlinguer e le sue aperture al modello occidentale (uno dei motivi di contrasto fu la dichiarazione di Berlinguer sull’esaurimento della «spinta propulsiva» della Rivoluzione d’Ottobre). Nel 1989 cadde il muro di Berlino e l’anno seguente Achille Occhetto impresse al partito la svolta (la «Cosa») che portò alla nascita del Partito dei democratici di sinistra: sostenitore della mozione contraria al superamento dell’ideologia comunista, non accettò mai il risultato della consultazione tra gli iscritti che sancì l’evoluzione del Pci nel Pds e la sostituzione del simbolo della falce e martello con la quercia. E nel 1991, assieme ad altri fuoriusciti – Sergio Garavini, Lucio Libertini e Ersilia Salvato -, fondò il Partito della Rifondazione Comunista (Prc).

La nascita dei Comunisti italiani
Nel 1998, però, ruppe anche con Fausto Bertinotti, l’ex sindacalista della Fiom divenuto segretario del Prc, sul ritiro della fiducia al governo di Romano Prodi dopo il no del Professore alla riduzione della settimana di lavoro a 35 ore. Per continuare a sostenere l’esecutivo, diede vita con Oliviero Diliberto e Marco Rizzo ai Comunisti Italiani (Pdci) e costituì immediatamente un gruppo parlamentare autonomo: la mossa non fu però sufficiente a salvare il primo governo a guida ulivista, che cadde per un solo voto di scarto. Il Pdci entrò poi nel nuovo esecutivo di centrosinistra guidato da Massimo D’Alema. Cossutta fu presidente dei Comunisti italiani per diversi anni, ma nel 2006 si dimise dalla carica per contrasti con Diliberto, che del Pdci era nel frattempo divenuto il segretario.
L’addio alla politica
Nel 2008 ha dichiarato di avere votato per il Partito Democratico di Walter Veltroni e di averlo fatto «da comunista». Quello stesso anno lasciò la politica attiva andando a ricoprire, dal 2009, la carica di vicepresidente dell’Associazione nazionale dei partigiani d’Italia. Nel 2004 aveva pubblicato per Rizzoli il suo libro autobiografico, «Una storia comunista»: a quel tempo un titolo efficace, oggi un impeccabile epitaffio.