Comune di Falcone vs giornalista Mazzeo. Al via il processo dqa: antimafia duemila

di Antonio Mazzeo
Giovedì 10 dicembre alle ore 9 prenderà il via davanti al Tribunale di Patti (Messina) il processo contro il giornalista Antonio Mazzeo (in foto), imputato del reato di cui agli artt. 81 e 595 comma 3 (diffamazione a mezzo stampa) a seguito di una querela presentata dal Comune di Falcone per l’inchiesta pubblicata sul periodico I Siciliani giovani (n. 7 luglio-agosto 2012), dal titolo “Falcone comune di mafia fra Tindari e Barcellona Pozzo di Gotto”. Nella lunga inchiesta venivano descritte alcune vicende che avevano interessato la vita politica, sociale, economica ed amministrativa della piccola cittadina della costa tirrenica del messinese (speculazioni immobiliari dalle devastanti conseguenze ambientali e paesaggistiche; lavori di somma urgenza post alluvione del 2008, ecc.) nonché le origini e le dinamiche evolutive delle organizzazioni criminali presenti nel territorio, organicamente legate alle potenti cosche mafiose di Barcellona Pozzo di Gotto.

Il 24 agosto 2012, una settimana dopo la pubblicazione dell’inchiesta, la Giunta comunale di Falcone con il Sindaco avv. Santi Cirella e gli assessori Pietro Bottiglieri, Giuseppe Battaglia e Giuseppe Sofia, deliberò – onde tutelare l’immagine e la rispettabilità del paese – di conferire l’incarico all’avv. Rosa Elena Alizzi del foro di Barcellona per sporgere querela nei confronti di Antonio Mazzeo. Il 7 febbraio 2013, il Pubblico ministero Francesca Bonanzinga depositò una richiesta di archiviazione per il giornalista, contro cui fu presentata opposizione da parte della legale del Comune. L’8 luglio 2015, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Patti, dott.ssa Ines Rigoli, decideva di rigettare la richiesta di archiviazione e ordinava al Pm di formulare l’imputazione a carico del giornalista. Quattordici giorni dopo la Procura di Patti disponeva il rinvio a giudizio e fissava l’apertura del processo per il 10 dicembre.

Nella sua richiesta di archiviazione, il Pm Bonanzinga aveva riportato che Antonio Mazzeo, “seppur utilizza toni particolarmente forti ed espressioni suggestive, a parere di quest’ufficio, non travalica il limite di critica politica/storica posto che nella ricostruzione della storia del Comune di Falcone richiama fatti da sempre ricollegati al paese nonché problematiche sociali che attengono alla realtà del territorio locale”. “Nel caso di specie – proseguiva il Pm – la critica mossa dal giornalista non si risolve in un attacco sterile e offensivo nei confronti del denunciante ma in una amara riflessione sulla storia del Comune di Falcone, ove, il denunciante viene menzionato solo perché facente parte della gestione dell’Amministrazione Comunale”. Per tutto questo, concludeva la dott.ssa Bonanzinga, “non sussistono, pertanto, elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio nei confronti dell’odierno indagato”.

La penetrazione criminale nel tessuto sociale di quella parte della fascia tirrenica del messinese che da Milazzo e Barcellona Pozzo di Gotto si estende sino a Furnari, Falcone e Mazzarrà Sant’Andrea è stata documentata in centinaia di atti giudiziari, ordinanze di custodia cautelare, operazioni antimafia e sentenze anche passate in giudicato (vedi ad esempio quelle scaturite dalle operazioni Mare Nostrum, Torrente, Vivaio, Gotha, ecc.). Numerose indagini hanno poi accertato come ville e villini a Falcone e nel vicinissimo villaggio turistico di Portorosa (Furnari) siano stati utilizzati nel tempo come comodi rifugi per le latitanze di boss e gregari di mafia, anche provenienti dal palermitano e dal catanese. A Falcone, in particolare, ha risieduto stabilmente il mafioso Gerlando Alberti Junior, condannato in via definitiva per aver assassinato, nel dicembre del 1985, la diciassettenne Graziella Campagna di Saponara, testimone inconsapevole degli affari di droga e armi della borghesia mafiosa peloritana. Fatti storici inconfutabili dimenticati dagli odierni amministratori di Falcone, come è stato pure ignorato che gli ultimi tre reggenti della brutale cosca operante tra Patti, Furnari, Mazzarrà e Montalbano Elicona, alleata della mafia barcellonese (in ordine, Carmelo Bisognano e Santo Gullo, odierni collaboratori di giustizia, e Salvatore Calcò Labruzzo, condannato all’ergastolo in primo grado il 19 dicembre 2014 al processo Gotha-Pozzo 2) sono nati o hanno risieduto per periodi più o meno lunghi proprio a Falcone, dove, tra l’altro, hanno pure insediato alcune delle loro attività economiche più o meno lecite.

Nel decreto di citazione a giudizio di Antonio Mazzeo, il Tribunale di Patti afferma altresì che egli avrebbe offeso “l’onore e il decoro di Cirella Santi, quale Sindaco del Comune di Falcone”, perché nell’inchiesta giornalista pubblicata nell’estate 2012 compare in particolare l’affermazione che “a Falcone si sospetta che Salvatore Calcò Labruzzo possa aver condizionato l’esito delle elezioni comunali del 29 e 30 maggio 2011, che hanno confermato Sindaco l’avvocato Santi Cirella (…) Malavitosi, per lo più sconosciuti agli ambienti falconesi, avrebbero percorso il paese, casa per casa, per fare incetta di voti…”. Ebbene, quanto allora riportato dal giornalista, era stato più volte denunciato pubblicamente dal candidato a sindaco sconfitto alle elezioni amministrative, il bancario Marco Filiti, presidente del Comitato Rinascita Falconese, sostenuto elettoralmente da Sel, Fli ed ex Pdl. In un documento inviato il 3 agosto 2011 al Ministero degli interni e al Prefetto di Messina, pure i consiglieri del gruppo d’opposizione Falcone città futura scrivevano che “da notizie di stampa maturate a seguito di indagini giudiziarie, si è avuta conferma che elementi che hanno partecipato attivamente e fattivamente alla determinazione dell’esito elettorale amministrativo, risultano coinvolti in tali fatti criminali”. Alcuni di essi sarebbero stati successivamente riconosciuti nei volti comparsi sui quotidiani del 25 giugno 2011, con gli arresti delle operazioni antimafia Gotha e Pozzo 2. “Durante i giorni della campagna elettorale – ha dichiarato Marco Filiti – ho personalmente segnalato sia alla locale Stazione dei Carabinieri di Falcone che alla Questura di Barcellona, il ripetersi di atti vandalici e intimidatori nei nostri confronti, con il danneggiamento sistematico del nostro materiale elettorale e con la comparsa di scritte ingiuriose sui nostri manifesti: il tutto è evidentemente verificabile dagli atti depositati”.

A destare una certa inquietudine fu in particolare la presenza tra i candidati alle amministrative nel gruppo pro-Cirella di Maria Calcò Labruzzo, nipote di primo grado proprio di Salvatore Calcò Labruzzo (è figlia del fratello, anch’esso allevatore), avvocata con laurea alla prestigiosa Bocconi di Milano, e risultata poi la consigliere comunale più votata di tutti i 36 candidati delle tre liste partecipanti, con ben 159 preferenze personali. Madrina al battesimo della figlioletta di uno dei figli dello zio Salvatore, Maria Calcò Labruzzo è sorella di Antonio Calcò Labruzzo, imprenditore edile con diversi lavori effettuati a favore del Comune di Falcone. In molti ricordano ancora come il giorno delle nozze, proprio Antonio fu accompagnato all’altare dalla zia Concetta Maggio, moglie di Salvatore Calcò Labruzzo.

In un verbale zeppo di omissis, in data 28 settembre 2011, il collaboratore di giustizia (ex boss), Santo Gullo, nato e residente a Falcone, ad una specifica domanda degli inquirenti rispose che “la nipote di Calcò Labruzzo Salvatore è stata eletta al Comune di Falcone anche con i voti provenienti dalla sua famiglia”. “Calcò Labruzzo Salvatore mi chiese di raccogliere voti per lei, ma in questo caso non ricorremmo all’organizzazione, né ci avvalemmo di alcun mezzo illecito”, aggiunse Gullo. “Mi risulta che il fratello, però, pretendesse di ottenere dei lavori nell’ambito di tale Comune”. Numerosi tra i falconesi i testimoni del pressing elettorale a favore della candidata Maria Calcò Labruzzo da parte del chiacchierato zio Salvatore e di altri appartenenti alla famiglia allargata dei Calcò Labruzzo. Il 24 settembre 2013, il capogruppo di minoranza al Comune di Falcone, Carmelo Paratore (componente del direttivo provinciale del Pdl), ne ha parlato all’udienza del procedimento contro cinque consiglieri comunali “rei” di aver sottoscritto un documento che rilevava sospette anomalie nella vita amministrativa locale (il processo si è concluso con una sorprendente condanna degli imputati, nonostante originariamente il Pm ne avesse chiesto il non luogo a procedere). “Il signor Calcò Labruzzo Salvatore ha partecipato attivamente alla campagna elettorale con tutta la famiglia, l’ho visto con i miei occhi e lo posso dimostrare”, ha dichiarato Carmelo Paratore. “Ho visto altri elementi implicati nel procedimento Gotha partecipare alla campagna elettorale (…) Io stesso sono stato circondato dalla famiglia Calcò nell’ufficio elettorale comunale. Quel giorno loro ci volevano buttare, insieme all’attuale vicesindaco, allora assessore Pietro Bottiglieri, fuori dall’ufficio elettorale. Di questa mia affermazione c’è traccia per la denunzia fatta alla Caserma dei Carabinieri, che sono intervenuti nell’immediatezza e può essere confermato dai dipendenti comunali che lì erano presenti. Ad assediare il Comune di Falcone non c’era solo la famiglia Calcò. Basta prendere la stampa degli ultimi due anni per capire che i personaggi sono tanti. Io sono a conoscenza che molte delle persone, di cui la stampa dice di essere mafiose e sono oggi incriminate, hanno preso parte alla campagna elettorale. Faccio riferimento anche ai Campanino, alla famiglia del collaboratore di giustizia Gullo, il cui cugino primo è consigliere comunale dell’attuale amministrazione, al Bisognano, la cui nipote era sposata con un consigliere comunale della precedente amministrazione…”.

Un’inquietante vicenda si registrò lunedì 30 maggio 2011, secondo giorno di elezioni, quando a meno di un quarto d’ora dalla chiusura dei seggi, all’ufficio elettorale erano presenti numerosi congiunti dei Calcò Labruzzo (tra gli altri, lo “zio” Salvatore con la moglie; il di loro figlio Antonino, veterinario presso l’ASP di Barcellona e titolare di un ambulatorio a Falcone; Sebastiano Calcò Labruzzo, altro fratello di Maria, immortalato qualche ora dopo dai fotoreporter mentre sosteneva sulle proprie spalle il riconfermato sindaco Santi Cirella). Essi intendevano supportare la “richiesta” dei certificati elettorali da parte di una decina di cittadini stranieri residenti nel comune. “Davanti al seggio di Falcone e in quello di contrada Belvedere stazionarono in pianta stabile per tutti i due giorni di elezioni tanti componenti della famiglia Calcò Labruzzo insieme a diversi allevatori-sostenitori nebroidei”, riferiscono alcuni testimoni. “Quando la domenica mattina mi recai in visita al seggio di Belvedere ebbi un’amara sorpresa”, ricorda Marco Filiti. “Al tavolo della presidenza c’era tranquillamente seduta Maria Calcò Labruzzo. Mi recai subito all’uscita per invocare l’intervento del carabiniere che presidiava l’ingresso del seggio. Constata la presenza al tavolo della Calcò, egli ordinò a noi tutti candidati di allontanarci immediatamente dai locali di voto”.

Relativamente alle criticità registrate alle amministrative 2011 e più in generale sul rischio d’infiltrazione criminale nella vita politica-amministrativa di Falcone, sono state presentate tre dettagliate interrogazioni parlamentari: la prima il 12 novembre 2012 da parte dell’on. Antonio Di Pietro (Idv), la seconda il 24 ottobre 2013 dal sen. Domenico Scilipoti (Forza Italia), la terza e ultima il 25 settembre 2015 dai deputati del Movimento 5 Stelle Francesco D’Uva (membro della Commissione Parlamentare Antimafia), Villarosa, Lorefice, Mannino, Dadone, Lupo, Sarti, Rizzo e Cancelleri. “È necessario rilevare come nel territorio falconese sia emerso, nel corso degli anni, un preoccupante quadro di legami tra politica e criminalità organizzata, a seguito di numerose indagini e alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia, i quali, deponendo in sede di alcuni procedimenti giudiziari denominati Gotha e riguardanti il sistema mafioso di gestione degli appalti nel territorio barcellonese, avrebbero denunciato un sistema illecito attraverso il quale garantire l’affidamento dei lavori ad aziende legate alla criminalità organizzata”, scrivono i parlamentari di M5S. “In seguito alle numerose indagini portate avanti in questi anni dalle varie procure siciliane dal 2008 a oggi, tali dichiarazioni hanno potuto trovare effettivo riscontro nei numerosi arresti per associazione mafiosa a danno di imprenditori titolari di alcune delle ditte risultate vincitrici degli appalti; tra questi avvenimenti particolare rilievo assume proprio l’affidamento di parte dei lavori per la rimozione dal territorio dei fanghi causati dall’alluvione del 2008 a un imprenditore ritenuto legato ad ambienti di tipo malavitoso…”. Guai però a riportare tali fatti in un articolo di cronaca. A Falcone la mafia non esiste e affermare il contrario è profondamente lesivo dell’immagine e dell’onorabilità della città, ritengono sindaco e amministratori. Da qui il processo contro il giornalista Antonio Mazzeo che a Patti sarà difeso dall’avvocato Carmelo Picciotto.

Ad Antonio Mazzeo la piena solidarietà da parte di tutta la redazione di Antimafia Duemila nella speranza che venga fatta giustizia nel nome della libertà di informazione e del diritto di cronaca.

Ogni tempo ha il suo fascismo da: ANPI Brescia – sezione Caduti di Piazza Rovetta·Lunedì 7 dicembre 2015

Ogni tempo ha il suo fascismo: il Giuramento della Garda è sempre valido
8 DICEMBRE 1943 – 2005 – 2015
“… in Val Susa sono stati violati i diritti fondamentali dei cittadini all’informazione e alla partecipazione, sono state disattese numerose convenzioni internazionali, c’è stata un’impropria criminalizzazione del movimento di opposizione e una inammissibile militarizzazione del territorio.”
[Tribunale Permanente dei Popoli, 2015]
8 dicembre 1943: l’inverno delle prime bande partigiane braccate dai nazifascisti di Hitler e Mussolini è duro. Salvo piccoli gruppi di sciatori in alta valle e di sabotatori in bassa valle, le bande decidono di sciogliersi per riunirsi in primavera. Ma prima, i principali organizzatori della Resistenza partigiana in Val Susa si ritrovano alla Garda, presso la frazione Martinetti di San Giorio, dove prestano solenne giuramento di non cessare la lotta fino a quando l’occupatore straniero nazista e i fascisti traditori non fossero stati sconfitti.
8 dicembre 2005: la popolazione valsusina in lotta si autoconvoca a Susa con il sostegno di decine di migliaia di persone per una grande, partecipata e compatta manifestazione in risposta al vigliacco pestaggio di Venaus di due notti prima, con il quale le forze dell’ordine avevano massacrato di botte tutti i presenti – ragazzi, donne, anziani – al presidio NO TAV di Venaus e addirittura ostacolato i primi soccorsi medici ai feriti. Quel giorno il presidio NO TAV è stato riconquistato da chi ha scelto di lottare, aggirando i posto di blocco, percorrendo i sentieri di montagna che tanto aveva dato alla Resistenza: non si trattava di un prato, ma di dignità, diritti, sovranità e Costituzione, simbolo del fatto che quando il popolo lotta unito, nulla lo può fermare.
Il Tribunale Permanente dei Popoli (TPP), riunitosi tra Torino e Val Susa negli ultimi mesi su esposto del Controsservatorio ValSusa, ha recentemente condannato le modalità antidemocratiche con cui in Italia e in Europa viene portato avanti il sistema delle grandi opere: nella sentenza ha affermato che in Val Susa sono stati violati i diritti fondamentali dei cittadini all’informazione e alla partecipazione, sono state disattese numerose convenzioni internazionali, c’è stata un’impropria criminalizzazione del movimento di opposizione e una inammissibile militarizzazione del territorio.
Per il TPP le responsabilità di tali violazioni vanno ascritte ai promotori delle grandi opere e alle imprese coinvolte, ai Governi italiani degli ultimi due decenni e alle articolazioni dell’Unione europea che ne hanno accolto acriticamente le indicazioni, senza effettuare i controlli e gli accertamenti richiesti dal movimento di opposizione.
Il TPP ha inoltre invitato a: aprire consultazioni serie delle popolazioni interessate, e in particolare degli abitanti della Val di Susa, garantire loro la possibilità di esprimersi sulla pertinenza e la opportunità del progetto, far valere il diritto alla salute, all’ambiente e alla protezione dei contesti di vita dei cittadini, estendendo l’esame a tutte le soluzioni praticabili senza scartare l’opzione “zero”, sospendere la realizzazione dell’opera e soprattutto a porre fine all’occupazione militare della zona.
Anche l’A.N.P.I. Provinciale di Torino, nel proprio documento congressuale di marzo 2011, ha affermato “che gli investimenti pubblici debbano essere realizzati con il reale coinvolgimento delle popolazioni e delle Istituzioni locali in un confronto dialettico che percorra ed esamini tutte le possibili opzioni, nel rispetto dell’art. 41 della Costituzione che ricorda come la libera iniziativa privata non possa svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo di recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”
Invitiamo tutti gli antifascisti a sostenere e partecipare alle manifestazioni che si svolgeranno in Val di Susa martedì 8 dicembre 2015, per una corretta trasmissione della memoria storica della Resistenza partigiana e l’attualità delle lotte popolari per la rivendicazione dei diritti, contro ogni revisionismo e contro ogni riduzione degli spazi di democrazia, per una società fondata sulla Libertà conquistata con il sangue dei Partigiani e sancita nella Costituzione.
8 DICEMBRE 2015
– h 9.30: Giuramento della Garda a San Giorio di Susa, commemorazione ufficiale con bandiere e canzoni partigiane
– h 10.30: RITROVO A SUSA PER MANIFESTAZIONE POPOLARE FINO A VENAUS, spezzone antifascista con striscione “Partigiani e Antifascisti a fianco del Movimento NO TAV” con bandiere e foulard partigiani
“… ai nostri posti ci troverai, popolo serrato attorno al Monumento che si chiama ORA E SEMPRE RESISTENZA!” [Piero Calamandrei]
Firmato:
Ugo Berga, Partigiano Combattente e Commissario Politico 106° Brigata d’Assalto Garibaldi “Giordano Velino” della 46° Divisione Garibaldi
Sezione ANPI “F. Ferrario – G. Peirolo” Bussoleno-Foresto-Chianocco (TO) Sezione ANPI Sant’Ambrogio di Torino (TO) Giulia Casel – Sezione ANPI “F. Ferrario – G. Peirolo” Bussoleno-Foresto-Chianocco (TO) – Presidente Elisa Franchino – Sezione ANPI Sant’Ambrogio di Torino (TO) – Presidente Massimo Bachetti – Sezione ANPI “F. Ferrario – G. Peirolo” Bussoleno-Foresto-Chianocco (TO)- Vicepresidente Fulvio Grandinetti – Sezione ANPI “68 Martiri” Grugliasco (TO) – Vicepresidente vicario Paolo Magnano – Sezione ANPI Leinì (TO) – Presidente Gloria Fabbri – Sezione ANPI “68 Martiri” Grugliasco (TO) – Vicepresidente Gabriele Pace – Sezione ANPI “68 Martiri” Grugliasco (TO) – Direttivo Simone Lescio – Sezione ANPI “G. Perotti MAVM – A. Appendino” Nizza-Lingotto di Torino (TO) – Direttivo Fabrizio Grandinetti – Sezione ANPI “68 Martiri” Grugliasco (TO) – Direttivo Ilaria Mardocco – Sezione ANPI “Concetto Campione” Nichelino (TO) – Direttivo Renzo Oliva – Sezione ANPI Avigliana (TO) – Direttivo Elena Battello – Sezione ANPI Avigliana (TO) – Direttivo Matteo Zuccalà – Sezione ANPI Avigliana (TO) – Direttivo Paolo Lucenti – Sezione ANPI Avigliana (TO) – Direttivo Francesco Zuccalà – Sezione ANPI Avigliana (TO) – Direttivo Fabrizio Perottino – Sezione ANPI “Martiri del Martinetto” Torino (TO)- Direttivo Mario Antonio Solara – Sezione ANPI “F. Ferrario – G. Peirolo” Bussoleno-Foresto-Chianocco (TO) – figlio di Elmo Solara, Partigiano della 42° Brigata d’Assalto Garibaldi “Walter Fontan” Ferruccio Sbodio – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO) Gian Paolo Caiazzo – Sezione ANPI “68 Martiri” Grugliasco (TO) Giulia Ricci – Sezione ANPI “Concetto Campione” Nichelino (TO) Stefania Minghetti – Sezione ANPI “G. Perotti MAVM – A. Appendino” Nizza-Lingotto di Torino (TO) Tania Nico – Sezione ANPI “68 Martiri” Grugliasco (TO) Marco Magnano – Sezione ANPI Leinì (TO) Nello Dal Bò – Sezione ANPI “68 Martiri” Grugliasco (TO) Liliana Giorcelli – Sezione “68 Martiri” Grugliasco (TO) Paola Meinardi – Sezione ANPI di Bruzolo (TO) Andrea Boscaini – Sezione ANPI “Concetto Campione” Nichelino (TO) Federico Boscaini – Sezione ANPI “Concetto Campione” Nichelino (TO) Demis Sacco – Sezione ANPI “Concetto Campione” Nichelino (TO) Martina Morello – Sezione ANPI “Concetto Campione” Nichelino (TO) Daniele Sasso – Sezione ANPI “F. Ferrario – G. Peirolo” Bussoleno-Foresto-Chianocco (TO) Franco Falchi – Sezione ANPI “G. Perotti MAVM – A. Appendino” Nizza-Lingotto di Torino (TO) Saveria Tabone – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO) Silvia Borello – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO) Maria Sulli – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO) Camilla Cantore – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO) Franca Bai – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO) Flavia Cantore – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO) Walter Borgesa – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO) Maria Rosa Codogualia – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO) Donatello Namosei – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO) Rosaria Solofia – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO) Ernesto Bonitello – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO) Michele Lelefa – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO) Blanetto Bruno – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO) Anna Tabone – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO) Tiziana Sbodio – Sezione ANPI Chiusa San Michele (TO) Roberto Borri – Antifascista, figlio di Paolo Borri, Partigiano Gappista di Torino

Decreto salva banche: la metà dei soldi persi dai risparmiatori viene dalla Banca Etruria del padre del ministro Boschi da:huffngtonpost

BANCA ETRURIA

Non è un caso che tra i risparmiatori danneggiati dal Salva banche che si raduneranno domenica a Roma in piazza Montecitorio per gridare il proprio sdegno, la maggior parte viene dalla Toscana. E non è un caso che proprio il governatore della Regione Toscana, Enrico Rossi, dalle colonne dell’HuffingtonPost lanci un j’accuse a governo e Bankitalia che “non hanno salvato” i piccoli risparmiatori beffati. Non è un caso, perché tra tutti gli obbligazionisti subordinati cosiddetti “retail”, ovvero piccoli risparmiatori non “istituzionali” (come invece sono Fondazioni, Fondi, Assicurazioni) la metà di quelli che nell’operazione salva Banche ha perso tutto, viene da quella Banca d’Etruria che faceva capo al padre della ministra Maria Elena Boschi.

Secondo le ultime notizie, la mediazione tra governo e maggioranza dovrebbe portare alla creazione di un fondo ad hoc da 100 milioni di euro per risarcire almeno in parte i piccoli risparmiatori che con il salvataggio di Banca Marche, Banca Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara, Cassa di risparmio della provincia di Chieti hanno perso tutti i propri risparmi investito in bond e azioni. I sottoscrittori di bond subordinati delle quattro banche hanno perso circa 750 milioni di euro e a questi si affiancano circa 133.000 azionisti (60 mila di Banca Etruria; 44 mila di Banca Marche, 22 mila quelli di CariFerrara, 6.000 di CariChieti secondo dati Adusbef), i cui titoli non valgono più nulla.

La decisione presa sarebbe, come già detto in precedenza, quella di risarcire solo i risparmiatori più piccoli, e solo quelli che hanno investito in obbligazioni subordinate nelle quattro banche salvate. Niente da fare, quindi, per gli azionisti. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Askanews si stima siano 300 milioni di euro le obbligazioni subordinate in mano ai piccoli risparmiatori delle quattro banche salvate, i cosiddetti “retail”. Secondo calcoli fatti sui dati delle obbligazioni pubblicati sul sito di Bankitalia, il totale delle obbligazioni subordinate emesse da Banca Etruria è di circa 300 milioni di euro, di cui, secondo dati riportati dalla Nazione di Arezzo, 145 milioni sottoscritte da piccoli investitori, quindi in mano alle famiglie. Questo significa, e il dato viene confermato da fonti parlamentari, che la metà dei piccoli risparmiatori che hanno investito in obbligazioni ormai andate in fumo, e che saranno in qualche modo aiutati dal governo, viene dalla Banca d’Etruria. I restanti 155 milioni di obbligazioni retail sono spalmati tra le altre tre banche “salvate”, che evidentemente hanno ceduto più obbligazioni a investitori istituzionali e in cui sono stati soprattutto gli azionisti ad essere colpiti.

Secondo dati riportati dalla Reuters Banca delle Marche ha 428 milioni di bond subordinati; Carife 60 milioni; CariChieti 26 milioni; Banca Etruria 274 milioni. Di cui appunto, scrive La Nazione, 145 milioni in mano alle famiglie e 125 milioni in mano a investitori istituzionali.

I più colpiti dal decreto Salva banche, dunque, sembrano essere i piccoli risparmiatori di Banca Etruria che hanno investito in obbligazioni subordinate. Proprio a loro quindi, dovrebbe andare la maggior parte delle risorse che saranno stanziate con il fondo salva-risparmiatori pensato da governo e maggioranza. Al momento invece, come si è detto, sempre che non ci siano spiragli di speranza per gli azionisti beffati, maggiormente concentrati nelle altre tre banche. Una decisione, questa, che non piace a tutti.

Sul punto interviene anche il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, del Pd. “Non condivido la rigidità sul tema degli azionisti – dice – perché alcuni lo sono diventati senza rendersene conto stipulando magari il mutuo sulla casa. La perdita di valore delle azioni delle 4 banche è una roba di miliardi e questo governo non c’entra nulla perché si tratta di un bubbone che ha ereditato. Ma mi chiedo se non sia possibile costruire un ponte fra le bad bank e le newco, che consenta che il valore aggiunto creato da queste ultime possa essere dirottato sulle bad bank in modo che chi ha perso possa riavere qualcosa”.

“Violenza Degenere” Il coraggio delle donne dalivesiciliacatania

Il libro delle giornaliste Patrizia Maltese e Roberta Fuschi racconta la violenza sulle donne vista dall’interno del centro antiviolenza Thamaia, grazie alle testimonianze dirette delle vittime.

Catania, catania libro, violenza donne, Cronaca

CATANIA – Nuova uscita per Villaggio Maori Edizioni, si tratta di “Violenza Degenere” delle giornaliste Patrizia Maltese e Roberta Fuschi, con la prefazione di Graziella Priulla. Il libro, frutto di toccanti interviste, racconta la violenza sulle donne vista dall’interno del centro antiviolenza Thamaia, grazie alle testimonianze dirette delle vittime. Stalking, pestaggi, violenza sessuale e psicologica: il catalogo delle prevaricazioni inflitte è tristemente vario, ma quello che queste donne hanno realmente in comune è la forza di ribellarsi ed intraprendere un percorso di autocoscienza che le ha portate a liberarsi dei propri aguzzini.

Il libro sarà presentato sabato 19 dicembre alle ore 17.30 presso il Palazzo Platamone. Ad accompagnare le autrici ci saranno Alessandra Mancuso, giornalista Rai1; Pina Ferraro Fazio, Consigliera di parità per la provincia di Ancona e Socia fondatrice di Thamaia e Loredana Piazza, Presidente di Thamaia.

Quattrocento minorenni palestinesi nelle carceri di Israele Fonte: infopalAutore: redazione

La Società del Prigioniero palestinese ha reso noto venerdì che circa 400 bambini palestinesi tra gli 11 e i 17 anni sono attualmente imprigionati nelle carceri israeliane. 11 sono detenuti senza imputazioni e processo, cioè, sono prigionieri amministrativi.
La Società ha aggiunto che diversi minorenni, incarcerati dall’inizio del mese di ottobre, erano stati colpiti da proiettili letali dalle forze israeliane mentre erano in stato di fermo.
Circa 700 bambini sono stati arrestati dall’inizio di ottobre – soprattutto a Hebron e nel distretto di Gerusalemme – molti dei quali sono stati poi rilasciati a condizioni particolari, come il pagamento di una cauzione o gli arresti domiciliari.
I minorenni palestinesi in Cisgiordania sono processati con il sistema giudiziario militare, un sistema che, secondo i gruppi per i diritti umani, non garantisce un equo trattamento processuale e maltratta i Palestinesi.
Il numero di minorenni palestinesi detenuti è quasi raddoppiato tra settembre e ottobre di quest’anno, secondo una ricerca condotta da Addameer.