Liceo Mamiani di Roma: concessa una kermesse di estrema destra a Sol Id da: osservatoriorepressione.info

Non è un’aggressione fascista come quella avvenuta all’Università di Torino circa tre settimane fa, né si tratta di spavalderie fuorilegge come quelle avvenute in questi giorni alla Sapienza di Roma dove i fascisti hanno spadroneggiato all’interno dei seggi per le elezioni universitarie senza che Rettore e forse di pubblica sicurezza abbiano avuto niente da eccepire. Eppure è qualcosa di sottilmente più grave: il Liceo Mamiani di Roma ha ospitato durante l’autogestione il 2 dicembre un’iniziativa di Solidaritè Identités, Sol Id.

A Roma il Mamiani rappresenta la memoria viva delle lotte del Movimento Studentesco dal ’68 agli anni più recenti; sono innumerevoli le aggressioni dei fascisti al Mamiani nel corso degli ultimi 45 anni, l’ultima grave nel 2014. Per quanto riguarda la Resistenza, il Mamiani era il liceo di Montezemolo, trucidato alle Fosse Ardeatine, e di Bentivegna. Il Mamiani è sempre stato un liceo open mind, fucina di generazioni di personalità di sinistra, cosmopolita, con ragazzi di tutte le religioni;è presente pure una forte presenza di ragazzi israeliti.

Sol Id è la ONLUS di estrema destra che chi segue l’Osservatorio ben conosce: è vicina a Casapound e a Zenit, bestialmente antisemita. Zingaretti e il presidente della provincia di Grosseto ne hanno ben preso le distanze in occasione di un primo sì alla sponsorizzazione di loro convegni; la comunità israelitica romana, l’ANPI e il PRC di Grosseto, le organizzazioni antirazziste toscane avevano sollevato pesanti polemiche contro Sol Id.

Anche dopo l’allegra concione al Mamiani dei camerati di Sol Id del 2 dicembre nessuno a sinistra ha detto nulla e si è appreso dell’evento dalle pagine Facebok di Sol Id. Una sole voce contro ieri sera, quella di Giovanni Barbera della segreteria del PRC di Roma che vive nel quartiere del Liceo. Questo il comunicato: “ Siamo esterrefatti nell’apprendere che gli studenti del Liceo classico “rosso” per antonomasia, il Mamiani,   avrebbero ospitato ieri una onlus legata a CasaPound per una lezione sulla Siria e   sulle questioni mediorientali. Apprendiamo   la notizia direttamente dalla pagina Facebook dell’associazione che qualche mese fa destò   clamore per aver organizzato, con il patrocinio della Regione Lazio, un convegno internazionale con la presenza degli Hezbollah e di altre organizzazioni dell’integralismo islamico. Patrocinio che venne ritirato da Zingaretti quando scoppiarono le polemiche sul web. Tanto per capirci, parliamo di una Ong che si vanta di organizzare   in Sudafrica la solidarietà nei confronti dei bianchi boeri, considerati vittime della popolazione autoctona (sic!)”. Lo dichiara Giovanni Barbera, esponente romano del Prc. “Sulla pagina Facebook della suddetta Onlus – continua Barbera – vengono pubblicate anche   le immagini dell’incontro, per fortuna molto poco partecipato. Troviamo sconfortante scoprire che si possano verificare simili episodi in uno dei luoghi simbolo della Sinistra a Roma, fulcro da sempre dei movimenti studenteschi romani.

Possiamo ammettere che si è trattato di una grave ingenuità da parte degli studenti del Mamiani, probabilmente irretiti dall’argomento delle stragi della crisi siriana, un classico del repertorio di Sol Id, anche se i personaggi di questa Onlus parteggiano per il Partito Nazional Socialista Siriano! Abbiamo saputo da uno studente del Liceo che un ragazzotto del Mamiani vicino al BS (ma sono tutti vicini e mai militanti del Blocco Studentesco questi fascisti presenti nei licei romani? A nessuno viene in mente che si tratta di un’insidiosa tecnica di occultamento? ) “aveva insistito tanto per far venire questa Sol Id…ci teneva tanto”: Siamo alla logica del tea coi pasticcini di mia zia Peppa che quando vuole qualcosa dalle sue amiche borghesi di canasta usa la locuzione “ci tengo tanto!”. Ma siamo impazziti? O forse pure c’è lo zampino di qualche fetentone di rossobruno tra i ragazzi del Mamiani che ha fatto opera di disinformaczia?

Avevamo letto qualche giorno fa nei giornali romani che il Mamiani è ritenuto il miglior liceo romano. Ci permettiamo di avere dei seri dubbi. Il Liceo è soprattutto una scuola di vita e di razionalità; forse oggi al Mamiani lo studente medio sa a memoria in greco antico l’Edipo Re, conosce le date di nascita dei re d’Italia, tramite dei corsi di aggiornamento conosce il verbo neoliberista e la curva di Laffer, si reca in viaggio con la scuola diligentemente al lager di Auschwitz. Ma non sa vedere (né si chiede il perché) che il suo compagno di classe fascista che va con lui a Auschwitz urina ridendo sui resti delle camere a gas; né sa distinguere la realtà dalle baggianate, senza approfondire niente. Questo si chiama odio distillato per il principio di realtà! A questo vengono addestrati i ragazzi italiani, oggi. Bisogna reagire….

Maimonide Claire Lacombe

Ministro Poletti, un precario deve indebitarsi per avere una pensione Fonte: il manifestoAutore: Roberto Ciccarelli

Il ministro del lavoro Giuliano Poletti dà ragione a Tito Boeri (Inps), ma esclude il reddito minimo o una riforma del fisco e del Welfare: “I giovani non hanno alternative: devono versarsi i contributi per avere una pensione”. Per chi è disoccupato, o lavora in maniera intermittente, questa nuova uscita significa indebitarsi per una pensione che non avrà mai

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Per un giovane non ci sono «soluzioni alternative» per avere una pensione se non quella di pagare i contributi. Lo sostiene il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, a cui è stato chiesto un parere sull’allarme lanciato dal presidente dell’Inps Tito Boeri: per avere una pensione decente i trentenni di oggi dovranno lavorare fino a oltre 70 anni con un assegno inferiore del 25% rispetto a quello percepito dai genitori nati dopo il 1945. «Un giovane oggi — ha spiegato Poletti –ha una buona ragione per dare i contributi se vuole avere una previdenza. Siccome soluzioni alternative che gli garantiscano un risultato migliore dell’attuale non mi risulta siano state immaginate, mi sembra giusto che la collettività si faccia carico di garantire che un cittadino abbia la pensione». «Presumo che Tito Boeri abbia ragione» e che «quando fa queste affermazioni abbia fatto tutte le valutazioni del caso. Non posso confermare né smentire i dati — ha aggiunto Poletti — sappiamo che è un tema complesso e delicato». «Il Governo è consapevole che questi elementi sono figli di carriere discontinue e contratti non stabili. Per questo stiamo promuovendo una stabilizzazione del lavoro, agendo sui contratti, sul part time in uscita».

Nella settimana più pazza del suo mandato Poletti è riuscito a creare una polemica devastante attaccando i «fuoricorso» all’università che si laureano con 110 a 28 anni e non con 97 a 21 (confondendo laurea triennale e specialistica); ha creato un pandemonio sull’abolizione dell’orario di lavoro e sul cottimo (che non ha mai detto) mentre voleva estendere la contrattazione ai lavori che non si misurano solo con l’orario, ma con l’opera . Al culmine di una bulimia argomentativa, ora Poletti sostiene che il quadro devastante di Boeri è vero (in realtà è molto peggio) ma i «giovani» precari devono continuare a pagare i contributi con soldi e un lavoro che non hanno.

Ci vorrebbero contratti stabili e retribuiti e Poletti li vede arrivare con il Jobs Act. Ma così non è: ormai si sa chela «riforma» aumenta solo l’occupazione degli over 55 e il «contratto a tutele crescenti» vale praticamente per chi aveva un lavoro precario prima. La «stabilizzazione» riguarda chi un lavoro ce l’ha già e durerà il tempo dei 3 miliardi di incentivi. Poi si ricomincerà di nuovo a correre nelle porte girevoli tra la precarietà e la disoccupazione. Per chi ha tra i 25 e i 49 anni le speranze sono poche. Singolare è l’idea di Poletti per cui «non sono state immaginate soluzioni alternative». Queste soluzioni esistono: si chiamano «reddito minimo» (prospettato da Boeri) riforma della progressività del fisco e del welfare, investimenti produttivi. Escludendo tutto ciò Poletti impone la disperante legge dell’esistente.

Il linguaggio del potere sta creando tranelli linguistici a go go: spaccia precarietà per stabilizzazione; invita chi non ha redditi da lavoro a indebitarsi per pagarsi i contributi di una pensione che non avrà. Seduto su una bomba sociale, il governo abusa di una truffa linguistica e cancella la vera questione sociale. Le vittime sono due generazioni e i loro figli. C’è qualcosa di peggio della distorsione della precarietà: cancellare la sua realtà.

Lottano per avere gli stipendi arretrati, vincono ma vengono sanzionati! Fonte: blog todayAutore: Rossella lamina

Da mesi non prendevano lo stipendio, hanno scioperato ed hanno vinto. Ma le minacce di sanzioni ora arrivano ai lavoratori, non a chi non li ha retribuiti: l’Italia è sempre più un paese dove i diritti vengono intesi alla rovescia

Succede a Roma, dove dal 1999 è stata privatizzata una parte del trasporto su gomma, con 103 linee di bus ad oggi in appalto ad un consorzio, il Roma Tpl Scarl. I numerosi problemi di questa gestione si trascinano nel tempo: lo sanno bene i cittadini delle periferie, a cui è destinato il servizio; lo sanno bene anche i lavoratori, che negli ultimi 5 anni vengono costantemente pagati con ritardo dalle aziende consorziate.

Gli autisti che parlano con i media vengono minacciati di licenziamento, come accade ai delegati sindacali USB, Ilario Ilari e Valentino Tomasone, che osano descrivere a Presa Diretta di Riccardo Iacona lo stato penoso delle vetture e del servizio.

Dopo una dura battaglia i due delegati non vengono licenziati,  ma i problemi con gli stipendi vanno avanti mentre il Comune di Roma latita nello svolgere quel controllo che in quanto appaltante dovrebbe esercitare. Come se non bastasse, le aziende del Roma Tpl non solo smettono di erogare una voce dalla già non eccelsa retribuzione degli autisti (indennità Erg), ma negli ultimi mesi hanno anche detratto dalle buste paga somme già versate in passato, relative alla stessa indennità: per i lavoratori un’ulteriore perdita fra i 300 e i 500 euro pro capite.

Gli autisti, a tasche vuote, dopo ripetuti scioperi e proteste inascoltate, a fine novembre incrociano le braccia per otto giorni consecutivi. E vincono: nella tarda serata dello scorso 30 novembre, ottengono finalmente un accordo per il pagamento, vedendo così riconosciuto un diritto elementare.

Ma intanto si era già fatto sentire  Roberto Alesse, presidente della Commissione di Garanzia Sciopero, minacciare sanzioni contro gli “irresponsabili” che continuavano a scioperare  nonostante le assicurazioni ricevute.

Bisogna ricordare che di promesse i lavoratori ne avevano ricevute tante. Anche dal Senatore Stefano Esposito, che da assessore alla Mobilità della Giunta Marino-bis, fra una bestemmia in aula e un “Roma merda” rivolto ai giallorossi, lo scorso settembre aveva annunciato il pagamento degli stipendi.

Ma Alesse scrive:

Se qualcuno pensa di avvelenare il clima delle corrette relazioni industriali con astensioni improvvise e illegittime, troverà la ferma risposta dell’Autorità di garanzia che, già a partire dalla seduta odierna, discuterà l’adozione dei provvedimenti sanzionatori di sua competenza.

Non sfiora minimamente il presidente Alesse che il fatto di non pagare i dipendenti contribuisca non poco ad “avvelenare il clima delle corrette relazioni industriali”?  E quando nel nostro Paese si metterà in campo, con pari fermezza, un’azione nei confronti di quelle aziende che – illegittimamente e ripetutamente – si sottraggono ai propri obblighi nei confronti di lavoratori e utenti?

Alesse parla di “sciopero selvaggio”. Ma quanto è “selvaggio” chi pretende che si lavori senza venir pagati? Anche secondo il nostro codice civile  (art.1460 ) – per il momento ancora in vigore – esiste il principio di autotutela, secondo cui il lavoratore può rifiutarsi di svolgere l’attività  in caso di mancata corresponsione degli stipendi.

Intanto al Senato è in discussione la proposta di Pietro Ichino, il quale, tanto per non smentirsi, propone di dar la croce sulle spalle del mondo del lavoro restringendo ulteriormente il diritto di sciopero nel settore dei trasporti.

Sanzioni e restrizioni vengono invocate a nome di noi cittadini, per il nostro “diritto alla mobilità”. Da storica ed ostinata utente di bus, tram e metropolitane,  vorrei evidenziare a questi nostri “paladini” che quel diritto si garantisce in primo luogo dando alle città un servizio pubblico di trasporti efficiente, dove non si aspetta in eterno alla fermata, dove le vetture non sono luride, scassate e piene da scoppiare, dove le corse non saltano per mancanza di carburante, come è accaduto per alcune linee del Roma Tpl; dove i soffitti della metro non ti cadono in testa mentre passi: in due parole, dando una reale alternativa pubblica all’uso del mezzo privato.

In una Roma che si avvia al Giubileo affogando nel traffico e facendosi il segno della croce (più per scaramanzia che per sussulti religiosi), considerando i risultati delle privatizzazioni stile Roma Tpl, si ha un bel coraggio a riproporre la solita ricetta, dimostratasi stantia e fallimentare, che il privato è bello e tutto va a risolvere. Eppure questa stessa ricetta vorrebbero farci ingoiare anche per Atac, l’azienda romana di trasporto pubblico, dopo che, fra parenti e serpenti, l’hanno spolpata in tanti.

Insomma, dato che un reale diritto alla mobilità, efficiente e sostenibile, non ce lo sanno garantire, provano a legare mani e piedi chi lavora negandoci lo strumento di lotta principale, quel diritto di sciopero che poi sarebbe anche costituzionalmente garantito.

Ma allora, domandiamoci: quali azioni dovranno adottare quei lavoratori  che, tanto per fare un esempio, non vengono pagati?