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28/11/2015
In memoria dell’Avvocato Tahir Elcin, Presidente dell’Associazione degli avvocati di Dyarbakir (Kurdistan settentrionale)
Chi scrive si è sempre reso perfettamente conto che i diritti sono figli dei rapporti di forza. Tu hai diritto se puoi averlo. Nessun diritto nasce nella terra dai semi e dal vento. Tuttavia, la lotta e la resistenza degli uomini liberi ha costruito spesso nel campo di battaglia solide casematte da dove difendere la libertà e la dignità dell’essere umano. Dietro queste casematte gli individui ed i popoli affermano i valori irrinunciabili della propria esistenza, nelle battaglie della Storia umana, che non di rado sono transitate anche nelle aule dei Tribunali, nelle coraggiose difese di avvocati ed in illuminate pronunce giudiziarie. Per me, giurista ed avvocato, la toga è stata simbolo della indipendente difesa di questi edifici di civiltà, soprattutto quando la legge ingiusta del potere ne tentava l’offesa o la soppressione. Non di rado queste battaglie di giustizia, per la dignità umana, contro gli abusi del potere, hanno toccato ed offeso la vita degli avvocati. La mia memoria ricorda – tra i tanti nel passato – il collega Sandro Pertini, difensore di lavoratori ed antifascisti, partigiano, che ebbe più volte devastato lo studio savonese e soffrì l’orribile deportazione del fratello Eugenio.
Oggi invece è stata la volta del caro Collega ed Avvocato Tahir Elcin, Presidente dell’Associazione degli avvocati di Dyarbakir (Kurdistan settentrionale). Stamane, durante un incontro pubblico, un barbaro assassino ha diretto contro di lui diversi colpi di pistola, provocandone la morte.
Era il legale di molti attivisti kurdi: ne difendeva la libertà di opinione e di autodeterminazione contro un potere che oggi in Turchia offre di se le peggiori immagini repressive.
Il compianto amico e collega Tahir aveva già subito le offese di quel potere che vede con fastidio la difesa dei diritti umani: lo avevano incriminato e mandato in carcere per reati di opinione, perché aveva osato affermare che “il Pkk “è un movimento politico che ha importanti domande politiche e che gode di vasto supporto”. Per questa dichiarazione è stato prima arrestato il 19 ottobre a Diyarbakir e quindi rinviato a giudizio con l’accusa di propaganda di organizzazione terroristica. La procura di Istanbul aveva chiesto per lui la condanna a 7 anni e mezzo. Uscendo dal carcere su cauzione, Elci aveva confermato la sua opinione. “Confermo le mie parole e ritengo siano vere. Le parole che ho detto non possono costituire un reato”.
Il governo Turco, capeggiato da Recep Tayip Erdogan, sferra da sempre contro i popoli kurdi una dura repressione, accusandoli di terrorismo. Questo stesso governo turco, secondo esperti ed osservatori internazionali, sarebbe indiziato di supportare il terrorismo dell’Isis intrattenendo rapporti militari e commerciali: “Apre un passaggio sicuro per far entrare gli islamisti nel nord della Siria. Con l’Arabia Saudita crea e dirige l’ “Esercito di conquista” Jabhat al Nusra (Al Qaeda) per invadere la Siria nel 2015. Da ospitalità ai loro leader islamisti. Coordina la vendita del petrolio siriano rubato dall’Isis. Fornisce supporto medico all’Isis.” (Tim Anderson, Who support Isis? Chi supporta lo Stato Islamico (Isis)? http://www.resistenze.org/sito/os/dg/osdgfm25-017166.htm). Questo stesso governo turco ha abbattuto un aereo russo che stava combattendo l’Isis, adducendo uno sconfinamento di pochi secondi.
A questo governo turco, alla guida di uno stato in cui è possibile incriminare ed incarcerare un avvocato per reati di opinione io dico che quel sangue sulla toga è quello della libertà.
Noi la libertà non la lasceremo sanguinare.
A questo governo turco io rispondo con le parole che ispirarono i colleghi avvocati Sandro Pertini, Tancredi “Duccio” Galimberti, Piero Calamandrei e tutti i resistenti decisi a riscattare la vergogna e l’orrore del mondo.
Quella libertà umana a difenderla tocca a noi:
“ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi con lo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama ora e sempre
Resistenza”
Riposa in pace e con onore, caro amico e collega Tahir Elcin
* Enzo Pellegrin – avvocato.
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La cosa va avanti da tempo. Ed è chiaro che, tra la vittoria dei terroristi islamici e la sopravvivenza di Assad in Siria, Israele opta per la prima ipotesi. Forse perché rassicurato dalla solita Arabia Saudita, che non ha mai tagliato i ponti con le formazioni armate anti-Assad, sul fatto che un futuro regime sunnita, per quanto estremista, sarà incline ad accordarsi coi vicini che non siano l’Iraq filo-sciita? Forse nella speranza che il crollo della Siria di Assad, ormai preventivato da molti, gli offra il modo di allargare ancora la zona del Golan sotto il suo controllo?
Difficile rispondere, ma la sostanza non cambia: per Israele è “meglio” Al Nusra di Assad. Quindi, perché certi titoli allarmistici come quello di Yediot Ahronot? Il problema ha un nome: drusi. I drusi, una particolare componente dell’intricato mondo islamico, sono circa un milione e mezzo. Circa 120 mila di loro vivono in Israele, cittadini fedeli allo Stato ebraico, soldati coraggiosi di Tsahal e così via. Ma assai più numerosi sono i drusi che vivono in Siria, appena oltre il confine con Israele, spesso solo rami diversi delle stesse famiglie di quelli che hanno il passaporto dello Stato ebraico. I drusi di Siria, rimasti fedeli ad Assad, si sentono ormai minacciati dalle milizie di Al Nusra che controllano il Sud e da quelle dell’Isis che controllano l’Est. Detto in poche parole, temono di fare la fine degli yazidi o dei cristiani dell’Iraq: conversioni forzate (gli estremisti islamici li considerano eretici), esecuzioni sommarie, rapimenti, fuga verso un esilio senza fine. E la politica di Israele, così “tenera” nei confronti dei terroristi islamici, ai drusi piace poco.
Piace poco anche ai drusi che vivono in Israele. Ed è stato proprio un giovane soldato druso, Hillah Chalabi, 19 anni, di stanza nel Golan, denunciare i contatti tra le truppe israeliane e le milizie di Al Nusra, il passaggio di rifornimenti, i miliziani di Al Nusra trasportati in Israele per essere curati. Hillal è ovviamente finito in prigione ma nei villaggi drusi il fermento cresce: un’ambulanza dell’esercito israeliano che portava due siriani feriti, considerati “soldati” di Al Nusra, è stata attaccata dalla popolazione a Majdal Shams e uno dei due siriani ucciso prima dell’intervento della polizia.
Queste e altre storie sono poi finite sulla stampa internazionale (per esempio, Newsweek ha raccontato la vicenda di Hillal), a conferma di quanto peraltro già sostenuto in recenti rapporti dei peacekeeper dell’Onu di stanza nel Golan: e cioè di regolari contatti tra la forze armate israeliane e miliziani armati provenienti dalla Siria. Drusi a parte, tutto questo se non altro dimostra che Israele, dipinto da molti come un piccolo Stato minacciato di estinzione, gioca la partita politica con consapevolezza e fiducia nella propria forza degne di una potenza regionale. Quale in effetti Israele è. L’unica vera potenza del Medio Oriente.
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Di seguito il testo del video:
“Il 3 dicembre è la Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità.
Come ogni anno il governo celebra questo giorno ricordando l’importanza di garantire i diritti delle persone con disabilità, vantandosi delle poche cose fatte e promettendo grandi cose per il futuro. Sembra quasi che tutto vada bene o, peggio, che le cose che non vanno siano causate da eventi naturali.
E’ ora di smetterla con questa ipocrisia! Siamo stanchi di assistere a convegni e campagne di facciata senza affrontare seriamente i problemi che vivono ogni giorno milioni di persone con disabilità. Persone che stanno pagando sulla loro pelle i feroci tagli alle politiche sociali e agli enti locali dal 2008 ad oggi.
La giornata internazionale dovrebbe servire a riflettere sulla condizione di vita delle persone e ad avanzare proposte serie di cambiamento per tornare ad essere un Paese civile.
Noi del Comitato 16 Novembre abbiamo deciso di non celebrare la Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità anche se grazie alla nostra lotta si è riusciti ad ottenere forse l’unico risultato positivo degli ultimi anni: il rifinanziamento del Fondo nazionale per le non autosufficienze a 400 milioni di euro. Noi vogliamo celebrare 365 giorni l’anno di diritti garantiti alle persone con disabilità! Per questo chiediamo al Governo di mantenere la promessa fatta al mondo della disabilità di definire un Piano nazionale per non autosufficienze entro l’anno 2015. Vogliamo che i diritti delle persone non autosufficienti siano esigibili su tutto il territorio nazionale, senza più disuguaglianze territoriali. Quando questa promessa sarà mantenuta, allora saremo i primi a celebrare la Giornata insieme al Governo e a tutte le persone con disabilità!”
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In questo scenario, come gia’ anticipato nel giugno scorso, Cuba ha ottenuto la certificazione di primo paese al mondo ad aver eliminato la la trasmissione madre-figlio del virus Hiv e della sifilide: un obiettivo che anche gli altri 16 paesi della regione si apprestano a raggiungere. Nell’isola, oggi si contano 2.600 donne, fra i 15 e i 49 anni, che vivono con il virus ma che grazie ai trattamenti ricevuti ne hanno evitato la trasmissione ai figli.
“I paesi americani hanno fatto sforzi enormi riducendo i nuovi contagi della meta’ dal 2010. Possiamo fare ancora di piu’ per
proteggere madri e figli e ottenere una generazione libera dall’Aids” ha evidenziato Carissa F. Etienne, direttore dell’Oms.
In Italia tra le tante iniziative quella dei giovani della croce rossa che hanno costruito in diverse piazze italiane un wall gigante coperto di condom che formano la parola AIDS dal quale ogni persona potra’ staccarne uno finche’, ora dopo ora, la scritta “AIDS” iniziera’ a scomparire, indicando che solo con l’uso del preservativo si puo’ ridurre la diffusione del virus.
L’appuntamento si protrarra’ per tutta la settimana per sensibilizzare la fascia piu’ giovane della popolazione all’educazione alla sessualita’ e alla prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale e per far conoscere i rischi dei rapporti non protetti. In Italia, nel 2014, secondo l’Istituto Superiore della Sanita’, sono stati diagnosticati circa 4000 nuovi casi di sieropositivita’ e la fascia d’eta’ piu’ colpita risulta essere quella dai 25 ai 29 anni.
Nella sala stampa della Camera, inoltre, a cura di alcune associazioni come Aidos, Osservatorio Aids e “005” è stata presentata la proposta di destinare i proventi delle tasse sulle transazioni finanziarie alla lotta all’Aids. Per poter debellare la malattia entro il 2030 servirebbero tra gli otto e i dodici miliardi in aggiunta ai venti all’anno già disponibili.
Per Paolo Ferrero, segretario del Prc, “siamo di fronte a dati ancora drammatici, che riguardano i Paesi poveri – dove ovviamente è l’accesso ai farmaci e alle cure il problema maggiore – ma anche quelli “occidentali”, e l’Italia, soprattutto per quanto riguarda le persone che non sanno di aver contratto il virus dell’Hiv. La triste verità è che nel nostro Paese non solo non si fa più informazione sull’Aids ma nemmeno si investe sulla prevenzione, che sarebbe invece il primo strumento da potenziare. Bisogna distribuire profilattici nelle scuole, calmierarne i prezzi, promuovere la conoscenza e la diffusione del test Hiv, rilanciare i progetti di educazione sessuale per i più giovani. Altrimenti quelle di oggi saranno solo parole vuote e lacrime di coccodrillo”.
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