Giù le mani dall’Ecuador!

Giù le mani dall’Ecuador!

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di Tania Barahona Tererán*

Appello URGENTE dall’Ecuador

Quito, 14giu2015.- Care compagne e cari compagni del Venezuela, Bolivia, Argentina, Cuba, Honduras, Italia e di tutto il mondo: è necessario informavi che qui la destra sta orchestrando un tentativo di colpo di Stato. In questa ultima settimana è scattata la difesa popolare della principale sede nazionale di “Alleanza Paese” a Quito (il nostro movimento), la destra fascista aveva un piano per occupare la sede, vi sono stati feriti tra i quali un ex deputato dell’assemblea nazionale. Il pretesto di tali piani è stata una legge di tassazione progressiva sulle ricchezze in possesso degli strati più ricchi della popolazione, siffatta legge non colpisce il 98% degli ecuatoriani, giacché il nostro paese non è un paese di ricchi capitalisti. Questa tassazione si impone nei confronti di quei gruppi economici che sono una minoranza. Il tema è stato manipolato dalle principali corporazioni mediatiche che hanno cercato di avvelenare il nostro popolo, fa schifo vedere che la gente della classe media che non verrà per nulla toccata da questa legge sia scesa nelle strade a protestare e a difendere gli interessi dell’oligarchia di questo Paese. La situazione è sotto controllo, sebbene siffatta opposizione ha lanciato l’appello alle forze armate affinché buttino giù con la forza il nostro caro Presidente, Rafael Correa. I gruppi dell’opposizione hanno fatto ricorso sistematicamente alla violenza, utilizzando i simboli e le bandiere del fascismo.

Ciò detto, quello che costoro non hanno compreso è che il popolo è pronto a difendere questa Rivoluzione e la gioia che ho provato in questi giorni nel vedere con i miei occhi come tutte le strutture giovanili siano scese immediatamente nelle strade a difendere la Rivoluzione è nientemeno che la prova concreta che i fascisti in Ecuador:

NO PASARAN!

Insomma, qui in Ecuador nessuno vuole tornare al passato, là dove un oligarchia asservita agli interessi dell’imperialismo yankee svendeva il nostro Paese.

OGGI SIAMO SOVRANI! VIVA LA RIVOLUZIONE CITTADINA!

* compagna della Patria Grande latinoamericana

[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Alessandro Pagani]

Ilaria Alpi e la Cia: cose di Cosa Nostra e cosa loro da: antimafia duemila

alpi hrovatin c-raffaele-ciriellodi Luigi Grimaldi – 14 giugno 2015

In relazione all’importante articolo di Manlio Dinucci pubblicato sul Manifesto del 9 giugno (La scottante verità di Ilaria Alpi), molto ripreso e dibattuto in rete, in cui sono citato come consulente della docu-fiction di Rai 3 “Ilaria Alpi L’Ultimo Viaggio“, vorrei esprimere la mia opinione.

Un esercizio molto di moda nel nostro paese, a cominciare dal “lavoro” di Carlo Taormina, in relazione al caso Alpi Hrovatin, è quello della destrutturazione del lavoro di ricerca e analisi di chi cerca la verità, senza pretendere di possederla. In inglese “debunkers”, specialità tipica di coloro che accusano di dietrologia e complottismo chi mette in discussione le affermazioni di noti bugiardi. Ognuno è libero di avere le proprie opinioni e di criticare, ma anziché baloccarsi a discettare su ciò che non è il “caso” in questione (esercizio troppo facile in assenza di argomentazioni fattuali) ci si dovrebbe esercitare su ciò che è stato e che è il caso Alpi Hrovatin. Ci si  esponga insomma se si vuole intervernire. Per me la questione di fondo è e rimane il ruolo della Cia nella vicenda Alpi. Più di qualcuno, certamente in buona fede, ma in modo miope, continua a sostenere che un coinvolgimento della Cia nel delitto di Mogadiscio sarebbe un comodo schermo per le responsabilità italiane. Non è così. Ritengo sia un distinguo inconsistente . E’ chiaro che nulla di quanto è accaduto in Somalia, traffici di armi e rifiuti, ma non solo, sarebbe stato possibile senza un attivo coinvolgimento dei servizi italiani e della politica. Ma dov’è il confine tra intelligence italiana e USA? Non c’è! Perché la Somalia era “Cosa Nostra”, fin dai tempi delle colonie dell’impero…. Notizia ben chiara anche alla CIA che al momento di attivare la propria cellula a Mogadiscio( nell’agosto del 1993) affianca al capo stazione un particolare agente: non uno che parli il somalo o l’arabo, ma Gianpaolo Spinelli: perché di origini italiane, perché parla italiano e perché da anni è l’agente di collegamento tra la CIA e il Sismi a Roma (lo ritroveremo nel caso Abu Omar a Milano e nello scandalo sullo spionaggio Pirelli-Telecom-Sismi al fianco di Mancini e Tavaroli). Dov’è quindi la contraddizione??? Dov’è il problema? Se la Somalia era “Cosa Nostra”, nel senso dell’Italia, i nostri servizi (o una fazione all’interno di questi) sono da sempre “cosa loro”, nel senso dell’intelligence USA. E allora tutto si spiega: mi riferisco in particolare agli ostacoli giudiziari all’accertamento della verità, come il caso Gelle o i molti depistaggi a cui in questi anni abbiamo assistito e che hanno dimostrato una intensità, una continuità e un livello mai visti se non per casi come Ustica, la strage di Bologna, il Moby Prince. Sin dal primo giorno dopo il delitto (chi conosce “le carte” lo sa) si è depistato per accreditare la tesi della rapina e escludere il delitto su commissione, che invece prevede dei moventi: e chi compie questo gioco di prestigio? Unosom, la cellulla dei Servizi di informazione di Unosom. E chi è Unosom? Unosom è “cosa loro”, la finta uniforme degli USA per le cosiddette operazioni di ingerenza umanitaria a suon di carri armati e di missili.Un coinvolgimento mosso da “necessità nazionali” o maturate in ambito Nato? Ci sono indizi sufficienti e documentabili oltre ogni incertezza per affermare che il duplice delitto di Mogadiscio sia stato, per dirlacon le parole di Luciana Alpi, la mamma di Ilaria, concordato.Concordato in più sedi e a più livelli, all’interno di uno scacchiere internazionale ben definito e circostanziato che appare abbastanza evidente analizzando il contesto storico in cui matura. La contemporaneità della guerra nella ex Yugoslavia in primo luogo, il lavorio per predisporre l’ingresso di paesi dell’ex blocco comunista nella Nato (come Polonia e Lettonia), i rapporti, che definire contraddittori è davvero poca cosa, tra blocco occidentale e paesi musulmani (leggi Afganistan e Yemen), sono elementi che costantemente emergono se si analizza con lucidità la vicenda nel suo complesso, guardando l’orizzonte senza limitarsi a far la guardia al recinto dell’orto. La verità sul caso Alpi fa ancora paura dopo 21 anni e quanto si è messo in campo per impedire che venisse alla luce, ivi comprese le inutili conclusioni della commissione presieduta con disinvoltura da Carlo Taormina e sostenute dalla maggioranza di centro destra (anche se a dire il vero la “sinistra” non ha brillato), la dice lunga sul livello delle responsabilità che ancora devono essere coperte. Le prove ci sono. Il quadro è chiaro. Il disegno leggibile: basterebbe che ognuno facesse la sua parte fino in fondo.

Foto originale © Raffaele Ciriello

Ttip, un trattato contro il clima Fonte: sbilanciamociAutore: Mario Agostinelli

Washington è attualmente impegnata in due importanti accordi commerciali multilaterali di negoziazione: il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti ( TTIP , con i 28 Paesi dell’UE) e la Trans-Pacific Partnership ( TPP, con 11 Paesi nella regione Asia-Pacifico e Americhe).

Va qui ricordato che quando si tratta di esportazioni di GNL o shale gas, la legge statunitense concede l’approvazione automatica alle applicazioni per i terminali destinati a spedire il gas ai paesi che hanno sottoscritto accordi commerciali con Washington, mentre le richieste di terminali GNL per inviare il gas altrove, al contrario, devono passare-attraverso un processo di valutazione, che determina se tale commercio è nell’interesse nazionale degli Stati Uniti. Questo è il nodo che gli Stati Uniti vogliono risolvere una volta per tutte a loro vantaggio e a vantaggio delle loro imprese, sia con l’UE che con i Paesi asiatici (Cina e India escluse) e dell’Oceania.

Per quanto riguarda il Ttip, e considerando il caso specifico dell’energia, il risultato del reciproco riconoscimento degli standard ambientali potrebbe essere il proliferare di tecnologie controverse come la fatturazione idraulica ( fracking ) per produrre il gas di scisto , con gravi danni alla salute e alla sicurezza delle persone e dell’ambiente. Il fracking, già bandito in Francia per rischi ambientali, potrebbe diventare una pratica tutelata dal diritto: le compagnie estrattive interessate ad operare in questo settore potrebbero – sulla base delle norme previste – chiedere risarcimenti agli Stati che ne impediscono l’utilizzo. Diverse imprese energetiche USA hanno posato gli occhi sui giacimenti europei di gas di scisto (specialmente in Polonia, Danimarca e Francia) e potrebbero avvalersi del TTIP per smantellare i divieti e le moratorie nazionali adottate per proteggere i cittadini europei. Nella sua attività di lobby BusinessEurope, la più grande federazione di datori di lavoro europei, che rappresenta le maggiori multinazionali d’Europa, sollecita un capitolo energia che renda libero il flusso di petrolio e di shale gas dagli USA all’Europa. Ad oggi infatti non esiste export petrolifero dagli USA e per il gas si attende il 2016, ma esistono molte restrizioni legislative oltreoceano al riguardo. L’eliminazione di qualsiasi restrizione all’export di materie prime fossili in Europa è la richiesta di una industria europea che, consapevole dell’esaurimento delle risorse del vecchio continente (la produzione domestica di petrolio è stimata in calo del 57% al 2035 e quella del gas del 46%), ignora la possibilità della rivoluzione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza e rimane ancorata a carbone, gas e petrolio.

L’Unione, dal canto proprio, ha fatto di tutto nell’ultimo periodo per preparare il terreno delle importazioni di idrocarburi non convenzionali . Ha stracciato tutti i regolamenti che si era data per limitare l’inquinamento, come la direttiva sulla qualità dei carburanti e quella sulla qualità dell’aria . Un regalo all’industria automobilistica da una parte, alle multinazionali dell’energia fossile dall’altra.

Interessante in questo quadro è notare la predisposizione del nostro Governo a anticipare le avances americane e a offrirsi come l’approdo (hub) europeo del gas. Federica Mogherini , alto rappresentante Ue per gli affari esteri e certo non estranea alle posizioni italiane al riguardo, ha fatto pressioni a dicembre sul segretario di Stato americano John Kerry per inserire il capitolo sull’energia nel Trattato e, con esso, aprire un canale di importazione per lo shale gas americano. Mogherini ha sostenuto che un capitolo sull’energia nell’accordo di libero scambio potrebbe rappresentare “un punto di riferimento per il resto del mondo” in fatto di mercati energetici.

Per i biocombustibili , il TTIP, attraverso l’armonizzazione delle normative europee in ambito energetico, incentiverebbe l’importazione di biomasse americane che non rispettano i limiti di bilancio di emissione di gas a effetto serra e altri criteri di sostenibilità ambientale.

Per le rinnovabil i si profila il divieto assoluto di “domestic content nelle energie alternative” (quindi addio ad ogni connessione tra sviluppo locale e green economy), con stretti limiti alla possibilità in uso in Europa di incentivare le fonti naturali. In particolare, l’articolo O della bozza al comma a) vieta ai Governi di far valere “requisiti relativi al contenuto locale” nei programmi per le energie rinnovabili. Tradotto dal burocratese, significa abolire la corsia preferenziale per favorire chi produce e consuma sul posto energia rinnovabile.

Nei carburanti da autotrazione sono differenti i limiti inquinanti e anche qui il rischio è un accordo al ribasso.

L’articolo D al punto 2, stabilisce che i Governi, in materia di energia, abbiano la possibilità di mantenere obblighi relativi all’erogazione dei servizi pubblici solo finchè la loro politica non è più onerosa del necessario. Diventerebbe quindi praticamente impossibile accordare ai più poveri e ai più deboli una “tariffa sociale” ribassata del gas o dell’energia elettrica. Prezzo di mercato per tutti, senza se e senza ma! (ma Renzi ci ha già pensato e la tariffa di maggior tutela per gas e elettricità cesserà per decreto tra un anno e mezzo).