Camorra, scorta al giornalista Sandro Ruotolo Minacciato di morte dal boss Zagaria da: l’espresso

Il braccio destro di Michele Santoro a ‘Servizio Pubblico’ nel mirino del capomafia per l’inchiesta sulla Terra dei Fuochi. Dopo le intercettazioni, provvedimento d’urgenza adottato da prefetto Gabrielli

DI LIRIO ABBATE

05 maggio 2015

Camorra, scorta al giornalista Sandro Ruotolo Minacciato di morte dal boss Zagaria

Ancora una volta quando l’Informazione è fatta bene, dimostra che può dare fastidio ai mafiosi. A tenerli sulla corda, a innervosirli, perché non sempre sono abituati a essere maltrattati dalla stampa. E si agitano, i boss, anche quando sono detenuti e sottoposti al 41 bis, il duro regime carcerario. Questa volta ad andare su tutte le furie è stato il boss camorrista Michele Zagaria, che ha puntato il dito contro Sandro Ruotolo, giornalista di grande esperienza, colonna portante di Servizio Pubblico al fianco di Michele Santoro. A Zagaria “capastorta” sembra non essere andato giù, e forse gli è rimasta sulla pancia, un’inchiesta giornalistica che Sandro ha mandato in onda nelle scorse settimane sulla terra dei fuochi, dove il boss ha messo le mani e fatto illegalmente tanti affari speculando sulla pelle dei campani.

Dopo questa lunga inchiesta giornalistica i magistrati della Procura antimafia di Napoli hanno registrato le minacce di Zagaria contro Sandro Ruotolo. E pure contro i pm Catello Maresca e Cesare Sirignano. Il boss è andato in escandescenza, ha inveito contro il giornalista, fino a minacciarlo di morte. Per questo motivo investigatori e magistrati hanno subito ravvisato un grave pericolo per Ruotolo. Un pericolo che il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, competente per il territorio in cui lavora il giornalista, ha subito valutato, provvedendo ad assicurare a Sandro protezione, assegnandogli un servizio di scorta che sarò svolto dai carabinieri.

Sulla vicenda il pool di magistrati anticamorra di Napoli sono già a lavoro per fare luce su queste minacce. Da quanto si apprende da ambienti giudiziari, Zagaria da diversi mesi appare in cella molto nervoso, forse perché è messo sotto pressione dalle numerose inchieste che lo riguardano. In particolare, come aveva già raccontato la giornalista Rosaria Capacchione sul Mattino, oggi senatrice Pd, Zagaria potrebbe essere coinvolto in una possibile trattativa sui rifiuti. Capacchione ha documentato incontri segreti, tra il 2007 e il 2009, tra il potente boss, allora latitante, Michele Zagaria o un suo emissario, uomini dei servizi segreti deviati, e delegati del commissariato. Vertici che sarebbero stati finalizzati a subappalti in cambio del silenzio per la realizzazione di siti di smaltimento. Domande e circostanze ancora senza risposta a cui anche Sandro Ruotolo ha tentato di dare una lettura di questi fatti con un servizio mandato in onda proprio da Servizio Pubblico.

Ancora una volta ci ritroviamo davanti ad un giornalista minacciato solo perché ha fatto bene il suo lavoro, mettendo in crisi un mafioso. E come tutti i mafiosi l’unico modo che conoscono è quello di reagire, o almeno tentare di farlo, con la forza e la violenza. Per comprendere quanto questo boss è sensibile a quello che scrivono i giornalisti, durante la latitanza Zagaria ha telefonato ad un cronista per “rimproverarlo” di ciò che aveva scritto su di lui. E lo aveva fatto senza aver paura di essere intercettato, ma solo per il gusto, a senso suo, di minacciare il giornalista e far notare la sua potenza e presenza sul territorio. Zagaria poi è stato arrestato, come capita prima o poi a tutti i latitanti, e adesso dubito che possa uscire presto dal carcere in cui è rinchiuso.

Sono certo però che Sandro Ruotolo non si tirerà indietro e continuerà a raccontare le mafie e il loro malaffare come ha fatto fino adesso, tenendo la schiena dritta e raccontando quello che agli altri, e per gli altri intendiamo i criminali, appare scomodo.

Italicum, la vendetta di Matteo Renzi da: l’espresso

La nuova legge elettorale introduce un presidenzialismo di fatto. Un cambiamento storico sul quale si è giocata un’enorme partita di potere. Vinta dal più spregiudicato nella battaglia. Che oggi si gode la rivincita: in mezzo alle macerie

DI MARCO DAMILANO

04 maggio 2015

Italicum, la vendetta di Matteo Renzi

Alle 18.20 la Camera vota, passa l’Italicum a scrutinio segreto con 334 voti, Maria Elena Boschi di rosso vestita bacia tutti e Matteo Renzi consuma la sua Vendetta. A lungo preparata. Perché nulla si capisce in questa storia di voti di fiducia, canguri, opposizioni silenziate e silenziose, indubbie forzature democratiche se non si parte da questo sentimento. La rivincita, la rivalsa, il desiderio di restituire il colpo ferito che anima il premier da quel pomeriggio di mercoledì 4 dicembre 2013.

Mancavano appena quattro giorni alle primarie che secondo tutti i pronostici avrebbero incoronato il sindaco di Firenze nuovo segretario del Pd. Una mina sulla strada del governo Letta, era il pronostico di tutti gli osservatori. Facile prevedere che con l’onda d’urto di milioni di voti nei gazebo il nuovo leader si sarebbe mosso rapidamente per chiudere con la fase politica aperta dal voto del 25 febbraio 2013, rappresentata dal governo Letta, e spingere verso nuove elezioni anticipate. A patto di poterlo fare, con una legge elettorale degna di questo nome.

Matteo Renzi si è approvato l’Italicum

5 Stelle, Forza Italia, Lega e Sel escono dall’aula, e lasciano sola la maggioranza di governo. Aumentano anche i no della minoranza del Pd, ma non abbastanza. L’Italicum è la nuova legge elettorale. E alle opposizioni resta solo il referendum abrogativo

La sentenza della Corte, incostituzionali il premio di maggioranza e le liste bloccate del Porcellum, sfilò a Renzi la legge elettorale sotto il naso, lo strumento per tornare al voto. “Dal punto di vista giuridico e tecnico la trovo sorprendente”, reagì a caldo il candidato segretario. Non nascose la stizza: “La Corte dice che il Parlamento può approvare una nuova legge elettorale? Beh, grazie di cuore per la cortese concessione. Meno male che ce l’hanno detto i giudici. O hanno il senso dell’umorismo, o non so cosa pensare”. E l’8 dicembre, alle primarie, in tanti andarono a votare contro una sentenza che in quel momento appariva di stabilizzazione delle larghe intese, un passo indietro, dalla democrazia maggioritaria verso una nuova democrazia bloccata, come negli anni della Prima Repubblica. Il primo a farlo in nome della difesa del bipolarismo in pericolo fu Romano Prodi, che pure aveva annunciato di non voler votare. E a elezione incassata, Renzi sparò a zero: “Dobbiamo scardinare il sistema”. Niente di meno.

Il commento del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi dopo l’approvazione definitiva della legge elettorale. Per il capogruppo di Forza Italia Brunetta: “I numeri che ha avuto Renzi nel voto di oggi alla Camera se rapportati al Senato fanno sì che Renzi non abbia più la maggioranza”video di Marco Billeci

Saranno gli storici a stabilire chi in quei giorni spinse per quella sentenza della Consulta e chi la coprì ai vertici istituzionali. Ma di certo chi pensava che togliere a Renzi la legge elettorale per tornare a votare avrebbe blindato il governo Letta si è trovato nei mesi successivi di fronte a una gigantesca eterogenesi dei fini. Prima conseguenza: non avendo più la possibilità di tornare al voto perché non c’era la legge elettorale Renzi decise di eliminare Letta e di andare a Palazzo Chigi senza passare dalle elezioni, come aveva sempre giurato di voler fare. Secondo: la necessità di non affogare nel ritorno alla proporzionale spinse Renzi a concludere il Patto del Nazareno con Silvio Berlusconi. Terzo: la consapevolezza di questo Parlamento di essere delegittimato sul piano giuridico, perché eletto con una legge dichiarata incostituzionale, e politico, perché il premier è un leader extraparlamentare, ha spinto i deputati e i senatori a votare qualsiasi cosa pur di mandare avanti la legislatura.

I colleghi di governo si congratulano con la ministra per le Riforme mentre Pierluigi Bersani lascia l’aula subito dopo il voto di Fabio Butera

Sull’Italicum si è dunque giocata un’enorme partita di potere. E oggi l’ha vinta il più spregiudicato nella battaglia, l’inquilino di Palazzo Chigi. Da questa sera c’è una nuova legge elettorale che modifica in profondità il sistema politico. Introduce un presidenzialismo di fatto, la figura inedita del sindaco d’Italia. Un cambiamento storico. Anche se, per paradosso, entrerà in vigore tra più di un anno, nel luglio 2016. In pochi stasera alla Camera scommettono che la scadenza sarà rispettata. La riforma del Senato, inevitabile complemento della legge elettorale, avrà un cammino accidentato. E Renzi potrebbe essere tentato da elezioni anticipate tra un anno con l’Italicum esteso anche al Senato o una mini-legge elettorale solo per Palazzo Madama.

“E’ il figlio legittimo del Porcellum. E’ ispirato dalla stessa ossessione compulsiva: dare più potere ai potenti e meno ai cittadini”. Così il presidente di Sel Nichi Vendola in merito all’approvazione definitiva della nuova legge elettorale. “Rappresenta una deriva autoritaria contro cui occorre mobilitarsi”, ha aggiunto Vendola(video di Francesco Giovannetti)

Oggi si gode la sua vittoria. In mezzo alle macerie: Parlamento svuotato, Pd trasformato in mera cassa di risonanza del premier con le minoranze interne che neppure oggi sono riuscite a balbettare qualcosa di comprensibile per il loro elettorato. Un dibattito di livello infimo. Argomenti sbagliati, citazioni agghiaccianti, invocazioni di pulizie etniche a sproposito (Renato Brunetta). Banalizzazioni a raffica. Con queste opposizioni, fuori e dentro il Pd, e in questo Parlamento, per parafrasare Nanni Moretti, Renzi non perderà mai. E infatti il fronte del No è destinato a scaricarsi fuori dalle aule parlamentari, nelle piazze. Ma è un ben triste Paese quello in cui l’opposizione è affidata alle contestazioni di piazza. O in cui il premier può vantare di essere dalla parte di chi pulisce le strade contro chi sfascia le macchine. Si possono amare le città pulite, le manifestazioni pacifiche e gli stabilmenti dell’Expo senza per forza iscriversi alle tifoserie renziane, perdonate l’ovvietà.

L’Italicum è una legge quasi perfetta se c’è una competizione tra due partiti, tra due liste alternative. In loro assenza costruisce un nuovo sistema bloccato.Non dipende dalla bontà della legge elettorale, ma dalla politica, certo. E da stasrea la questione è: riuscirà il centrodestra a federare le sue anime per costruire un’alternativa al Pd di Renzi, o come si chiamerà? Perché è difficile che il Pd resti simile a quello attuale, con lo stesso nome. Una vecchia classe dirigente esce ingloriosamente di scena. Quella nuova ancora non si vede. Rimane la voglia di correre, sempre, del leader-premier venuto da Firenze. Che stasera può esultare per l’ennesima vittoria, questa sì di portata storica. Ma non deve dimenticare che vincere da soli, per svuotamento degli avversari, alla lunga può diventare noioso. E forse perfino dannoso

Italicum, Onida: “Renzi viola le regole del gioco. Democrazia a rischio” da: l’inkiesta

Il presidente emerito della Corte Costituzionale: «Non dovevano discutere tutti assieme? C’è un problema di modello istituzionale»

AFP

Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, per nove anni giudice della Consulta, professore all’Università degli Studi di Milano, è tra gli esperti di diritto in Italia che in queste settimane ha criticato l’Italicum, la legge elettorale voluta da governo di Matteo Renzi in questi giorni in discussione alla Camera. Lo ha scritto nero su bianco sul Corriere della Sera in una lettera il 10 marzo scorso. A distanza di quasi due mesi non ha cambiato idea, anche se altri suoi colleghi come Augusto Barbera o Stefano Ceccanti stanno portando una dura battaglia a favore. «Siamo su tesi radicalmente diverse» spiega Onida. «Ho avuto un fitto scambio di email con Barbera e Ceccanti, ma resto della mia idea».

Lei non critica tanto il tema dei capilista bloccati, che invece è una delle critiche più in voga rivolte all’Italicum in questi giorni.
È solo una parte del problema. Con i capilista bloccati si determina la conseguenza che chi domina il partito può dominare anche il gruppo parlamentare. Ma il punto chiave è l’attribuzione della maggioranza assoluta dei seggi alla Camera ad un solo partito o lista, o al primo turno se raggiunge il 40% dei voti, o nel secondo turno se prevale nel “ballottaggio” ristretto alle sole due prime liste. Così un partito, pur non essendo espressione della  maggioranza degli elettori né dei votanti, risulta collocato in Parlamento in una posizione di predominio esclusivo.

Sul Corriere della Sera criticava il premio di maggioranza alla singola lista
Questo è il punto. Prevedere il premio di maggioranza alla singola lista significa di fatto premiare un solo partito anche se è una minoranza…Teoricamente potrebbe esserci una lista multipartito, ma è ovvio che è difficile che si verifichi perché necessita di accordi preventivi, e comunque ciò impedirebbe di misurare il consenso dei singoli partiti fra gli elettori.

Lei mette sotto accusa anche il ballottaggio.
Un “ballottaggio” fra liste non ha lo stesso senso di un ballottaggio cui si ricorre per la scelta di una persona, come potrebbe accadere in un sistema a collegi uninominali. Passare poi dal ballottaggio di coalizione al ballottaggio di lista comporterà che si avrà un solo partito che conquista la maggioranza assoluta della Camera anche se non ha il consenso di una reale maggioranza fra gli elettori.

Ovvero?
Se ci fossero solo due partiti in campo non ci sarebbe niente di male. Ma noi non siamo in una situazione di bipartitismo. L’elettorato è frazionato. Invece l’Italicum forza le cose in modo tale da dare a un solo partito il dominio assoluto del Parlamento.

Le risponderebbero che c’è un problema di governabilità nel nostro paese, che queste riforme sono necessarie.
Questa è la solita scusa. Non si può, in nome della governabilità, distorcere troppo la rappresentatività dell’assemblea, in una situazione che non è di bipartitismo. Si può governare (e magari talvolta si governa meglio) anche con governi di coalizione, come accade in molti Paesi. I governi si fanno spesso in base ad accordi. L’ha scritto anche Ilvo Diamanti: questo dell’Italicum è un sistema che porta di fatto all’elezione diretta del presidente del Consiglio. Con l’argomento della governabilità e del rafforzamento ulteriore dell’esecutivo (che in realtà è già molto forte) si persegue un sistema in cui il presidente del Consiglio sarebbe legittimato a fare tutto ciò che vuole senza dover costruire e conservare una maggioranza né perseguire un allargamento del consenso.

Le critiche che muove la minoranza del Pd sono pretestuose o fondate?
La proposta di consentire l’apparentamento di più liste per il ballottaggio andrebbe nella direzione giusta.

C’è chi teme una deriva autoritaria.
Non è questione di autoritarismo, è un problema di modello istituzionale. La sinistra ha sempre combattuto in prevalenza contro l’elezione diretta del capo dell’esecutivo, perché conduce ad una riduzione della democrazia. Non è un problema di nuovi Mussolini: questo rischio ci sarebbe se domani si presentasse un partito autoritario. Ma la questione attuale non riguarda Renzi, riguarda l’impianto istituzionale del nostro Paese.

Un’altra critica è l’assenza di una larga adesione dei gruppi parlamentari attorno al progetto di riforma elettorale.
In effetti la legge elettorale sarebbe bene che fosse votata con largo consenso. Inoltre lo stesso Pd è diviso. Sostituire i deputati in commissione, porre la fiducia, sono tutte azioni volte a superare i dissensi in seno al partito. Alla fine quindi la legge elettorale sarà frutto di un consenso assai ristretto.

Avrebbe preferito magari un apparentamento delle liste?
La possibilità di apparentamento di liste in sede di ballottaggio sarebbe un modo per far sì che  la maggioranza assoluta che nasce dal secondo turno possa riflettere con maggiore probabilità una maggioranza effettiva degli elettori

Le riforme non rappresentano «un affare di governo» dice Pier Luigi Bersani.
Normalmente non è così per le riforme che riguardano le istituzioni, che dovrebbero essere discusse e deliberate dal Parlamento

Eppure suoi colleghi costituzionalisti rievocano esempi del passato per dire che non ci sono forzature.
Non è questione di trovare dei precedenti. Il problema è di merito e di metodo. Se poi si volesse approvare addirittura la riforma costituzionale a colpi di voti di fiducia si violerebbe il criterio fondamentale per cui le regole del gioco, come diceva anche Renzi, dovrebbero essere condivise da tutti o almeno da larghe maggioranze. Ne va della credibilità delle istituzioni, della fiducia nelle istituzioni.

Scuola, ecco come sono andate le cose a Bologna durante la contestazione a Renzi Autore: redazione da: controlacrisi.org

“Non ci facciamo certo spaventare da tre fischi”…e allora perché il Parco della Montagnola, location della Festa Nazionale dell’Unità, era circondato e presidiato da svariate centinaia di forze dell’ordine?”. E la domanda che i Giovani comunisti-e di Bologna hanno messo all’inizio della loro ricostruzione dei fatti di ieri a Bologna, dove la polizia ha caricato chi voleva contestare il premier alla festa dell’unità. 

Questa la ricostruzione nei passi salienti del documento (versione integrale) dei Giovani comunisti-e firmato da Guglielmo Migliori. “Nella giornata di oggi, 3 Maggio 2015, Rifondazione Comunista Bologna ha aderito insieme ai Giovani Comunisti e ai suoi Studenti Medi al presidio di protesta organizzato in Piazza VIII Agosto dagli insegnanti precari e da Cobas Scuola; impossibilitati a protestare dinanzi al “nostro” presidente dai consistenti muri di poliziotti davanti all’ingresso del parco, abbiamo battuto all’unisono sulle nostre pentole e intonato insieme “Bella Ciao”, il canto della Liberazione: tanto è bastato perché gli agenti si infilassero i caschi e la tenuta antisommossa”. E poi continua: “Una volta sopraggiunti i compagni dei collettivi e dei sindacati di base, che hanno chiesto di poter accedere al comizio di Renzi, le forze dell’ordine hanno fatto partire le cariche: una repressione sconsiderata, nessuno aveva devastato, imbrattato, rotto nulla, solo violenza gratuita. Un ordine solo insomma: caricare tutti e indistintamente, fossero studenti, insegnanti oppure passanti”.
Secondo Migliori sono “tristi e commoventi le immagini di una ragazza che piange disperata, ricoperta di sangue dopo essere stata calpestata e manganellata da un poliziotto: il suo primo piano – un volto distrutto, coperto da lacrime e sangue –, insieme a quello dell’anziana signora a cui un celerino ha rotto senza motivo un braccio e una spalla, mettono in luce una contraddizione assurda e paradossale: la polizia non interviene contro i black bloc ma usa la violenza contro cittadini pacifici e innocui?”

“Gli agenti di polizia – aggiunge Migliori – perquisivano e controllavano i documenti di chi voleva entrare alla convention. Nonostante i controlli sistematici, sono riuscito ad “infiltrarmi” all’interno della zona presidiata dalla polizia insieme ad altri compagni dei Giovani Comunisti. Ci siamo recati subito presso il palco principale, presso la rotonda dei Caduti di Nassiriya, dove si stava svolgendo il comizio del Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Abbiamo dato vita a una agguerrita contestazione al premier, toccando i temi del lavoro, della legalità e della scuola che Renzi vorrebbe “riformare” e deteriorare. In un istante ci è piombato addosso il servizio d’ordine del PD, che spingendoci via in malo modo ci ha intimato di allontanarci dal comizio; al nostro rifiuto, circondati e provocati dalle guardie di Renzi, è nato un feroce diverbio fra noi e il manipolo dei “no pasaràn” del premier. Ci hanno insultati, sgomitati, vezzeggiati con eleganti e rispettosi epiteti (da sottolineare la matrice sessista e fascista di certi slogan, anch’essi tipici stilemi di un partito che si afferma “democratico”, gridati alle compagne che erano con noi, fra cui l’epico “troia frustrata, da quanto non scopi?” [sic])”.

“A fronte di argomentazioni ragionate e scientifiche, basate sullo studio e sull’analisi teorica dei testi di legge delle riforme, abbiamo ricevuto dal PD accuse insensate e balorde come il fatto che “lo sciopero del 5 Maggio è stato programmato dai sindacati per fare il ponte lungo” (sic, affermato da un giornalista durante una delle interviste che ci hanno fatto e che ovviamente non sono state mandate in onda)”, prosegue Migliori.
“Bisogna inoltre sottolineare come i media di regime, asserviti al potere di Renzi dai grandi gruppi industriali che li posseggono (e che hanno tutto l’interesse a screditare le istanze del movimento), abbiano già avviato la “macchina del fango” diffondendo unicamente le foto generiche degli scontri, spostando l’attenzione dei lettori alle consuete scene di violenza e cercando di far passare le proteste di oggi, pacifiche, legittime e fondate, come il proseguimento ideale dell’azione dei Black Bloc a Milano”, conclude Migliori.
Rifondazione Comunista, i Giovani Comunisti e gli studenti medi si schierano dalla parte di tutti i cittadini e contestatori che oggi hanno affermato il proprio diritto a far sentire la propria voce nei luoghi del potere.