ANPI news 158

 

Su questo numero di ANPInews (in allegato):

 

 

APPUNTAMENTI

 

 

► Venerdì 10 aprile ad Alfonsine celebrazione del 70esimo anniversario della battaglia del Senio e della Liberazione di Alfonsine. Interverrà il Presidente Nazionale dell’ANPI

 

Raimondo Ricci. Il partigiano, il giurista, il legislatore. Una vita dedicata alla democrazia“: lunedì 13 aprile convegno a Genova promosso dall’ILSREC. Interverrà, tra gli altri, il Presidente Nazionale dell’ANPI 

 

 

 

 

Pubblichiamo di seguito il comunicato della Segreteria nazionale ANPI sulla questione delle medaglie conferite a Paride Mori e ad altri: (…)

 

 

 

ARGOMENTI

 

Notazioni del Presidente Nazionale ANPI, Carlo Smuraglia:

 

Si torna a parlare di legge elettorale. Secondo il Governo, l’iter dovrebbe essere ripreso in questo mese (forse in questi giorni) e concludersi rapidamente e definitivamente alla Camera. Senza alcuna modifica e senza ulteriori discussioni, al punto che si fa balenare persino l’idea della fiducia(…)

E’ morto Giovanni Berlinguer, dirigente politico, studioso e grande esperto di medicina sociale. E’ soprattutto per quest’ultimo aspetto che desidero ricordarlo, oltreché per la sua cultura, la sua signorilità, la sua indipendenza di giudizio(…)

 

Anpinews n.158 (1)

 

 

 

CATANIA 14 aprile ore 20.30 Palestra Lupo – Piazza Lupo 25 Officina Rebelde e ANPI Sicilia Presentano lo spettacolo teatrale di Emiliano Valente “LA BANDA DEL GOBBO”

la banda del gobbo

Il libro: Diaz, quella notte di «macelleria messicana» da: il manifesto.it

Erano andati alla Diaz per­ché la piog­gia aveva reso impra­ti­ca­bili i cam­peggi uti­liz­zati in quei giorni dai mani­fe­stanti. A loro la scuola, accanto alla sede uffi­ciale del Genoa Social Forum, sem­brava «il posto più tran­quillo per pas­sare la notte».

Non era così. Altri, infatti, erano pre­oc­cu­pati, tesi. Spe­cie alla Pascoli dove c’erano mili­tanti più accorti, mediat­ti­vi­sti e gior­na­li­sti, l’europarlamentare Luisa Mor­gan­tini e fino a pochi minuti prima anche l’avvocato Laura Tar­ta­rini, geno­vese, vicina ai cen­tri sociali e ai movi­menti anta­go­ni­sti e in seguito vice­pre­si­dente del con­si­glio comu­nale del capo­luogo ligure; già allora inter­lo­cu­trice diretta della que­stura e della Digos.

Sia alla Pascoli che alla Diaz c’erano per­sone che in quei giorni erano state sem­pli­ce­mente tra­volte dagli avve­ni­menti, altre che ave­vano par­te­ci­pato alle varie fasi degli scon­tri, spe­cie quelli del 20 luglio che ave­vano coin­volto diverse migliaia di per­sone. Molti sape­vano che erano in corso con­trolli della poli­zia, uno l’avevano fatto lì vicino in via Trento, in un bar dove un grup­petto era andato a man­giare e a bere qual­cosa. Le voci di per­qui­si­zioni, tra i gior­na­li­sti, si rin­cor­re­vano da ore in un clima di ten­sione. Anche chi non aveva niente da nascon­dere temeva la poli­zia, per­ché assi­steva da due giorni a vio­lenze ingiu­sti­fi­cate da parte di uomini in divisa.

Eppure, le mani­fe­sta­zioni con­tro il G8 erano finite. Quello che non doveva suc­ce­dere era già suc­cesso. Gira­vano, non solo fra i no glo­bal, le voci più incre­di­bili: altri morti, per­sone che non si tro­va­vano più. Si com­pi­la­vano inquie­tanti elen­chi di «scom­parsi», che poi erano quasi tutti a Bol­za­neto e non ave­vano potuto comu­ni­care. Gli scon­tri erano lar­ga­mente pre­vi­sti, il movi­mento era sceso in piazza con decine di avvo­cati, medici e infer­mieri muniti di pet­to­rina, ma nes­suno alla vigi­lia poteva imma­gi­nare una simile esplo­sione di violenza.

A mez­za­notte, quando arrivò la poli­zia, gran parte degli ospiti della Diaz stava andando a letto. Erano nei sac­chi a pelo o si lava­vano i denti. Chi dor­miva fu sve­gliato. Qual­cuno, dalle fine­stre ai piani supe­riori, gridò ai poli­ziotti: «andate via», «non entrate». Anche dall’altra scuola urla­vano di non entrare: «Vi stiamo ripren­dendo, il mondo vi guarda». Sui poli­ziotti piovve dall’alto qual­che oggetto ma non il «fitto lan­cio» che scris­sero poi nei ver­bali. Non certo il «grosso maglio da car­pen­tiere» di cui scrisse Can­te­rini e parlò Mor­tola: nes­sun altro con­fermò di averlo visto e non c’è n’é trac­cia delle imma­gini girate dalla tele­ca­mera che in quel momento ripren­deva l’intero cor­tile. (…) Un altro vide volare una scri­va­nia, ma nei fil­mati non si vede nean­che quella.

Una o più per­sone chiu­sero il can­cello e siste­ma­rono una panca, forse un paio di sedie, davanti al por­ton­cino di legno. Altri dis­sero che era una scioc­chezza, fecero rimo­stranze. Nes­suno indicò mai chi fosse stato a chiu­dere.
L’irruzione, vista da fuori, fu tal­mente spa­ven­tosa che diversi abi­tanti della zona, presi anche loro dal panico, die­dero l’allarme al 118 e per­fino al 113. Molti sen­ti­vano i rumori, i colpi, le grida dispe­rate, l’elicottero, ma non vede­vano cosa stesse suc­ce­dendo. Le tele­fo­nate sono regi­strate, uno diceva: «Pronto, poli­zia? Qui in via Cesare Bat­ti­sti stanno attac­cando i ragazzi!». L’operatrice non sapeva cosa rispon­dere: «Sì lo sap­piamo, gra­zie». Qual­che minuto dopo un’altra chia­mate dello stesso tipo e la poli­ziotta, sem­pre più imba­raz­zata: «Siamo già lì, signora, non si preoccupi».

(…) La poli­zia fornì con grave ritardo un elenco di 453 uomini (e donne) che par­te­ci­pa­rono alle varie fasi dell’operazione, com­presi i 150 cara­bi­nieri che rima­sero sem­pre all’esterno dell’edificio come del resto un gran numero di poli­ziotti. È però un elenco incom­pleto. Furono rico­no­sciuti e indi­vi­duati molti altri agenti che non figu­ra­vano nella lista. Erano diverse decine, com­presi i 30 del reparto mobile di Bolo­gna che si distinse per inter­venti piut­to­sto vio­lenti al G8 e altrove, anche con stra­sci­chi penali signi­fi­ca­tivi; più una ven­tina del reparto mobile di Roma, estra­nei al Set­timo nucleo. Uno degli uomini fuori dall’elenco è Pie­tro Tro­iani, il vice­que­store che mezz’ora dopo l’irruzione fece por­tare le molo­tov nel cor­tile della Diaz.

(…) Il video girato dalla Pascoli mostra decine di agenti che si accal­cano sull’ingresso. Molti sono in tuta da ordine pub­blico scura, priva cioè del tra­di­zio­nale cin­tu­rone bianco, con i caschi azzurri opa­chi men­tre gli altri sono più lucidi: quelli vestiti così appar­ten­gono al Set­timo nucleo. Erano gli unici, nella poli­zia, a usare il tonfa. Il super­man­ga­nello con l’impugnatura late­rale è in poli­car­bo­nato molto più rigido del comune sfol­la­gente e diventa un’arma mici­diale se uti­liz­zato «a mar­tello». Dall’alto verso il basso, o peg­gio rove­sciato, per pic­chiare con il manico. Four­nier spiegò, durante inda­gini e pro­cesso, che quel man­ga­nello può ucci­dere. Quando i pm fecero seque­strare i tonfa della Diaz, uno su dieci risul­tava ancora sporco di sangue.

I pestaggi durarono 10 minuti. Sul luogo c’erano 300 poliziotti. Nessuno ha fatto un nome

Nel fil­mato si vede un agente del Set­timo che spacca i vetri di una fine­stra al pian ter­reno, evi­den­te­mente per ter­ro­riz­zare le per­sone all’interno. È ancora uno del Set­timo che forza il por­ton­cino cen­trale, quindi spo­sta la panca siste­mata a mo’ di bar­ri­cata, sca­valca qualcos’altro ed entra. Passa il secondo, poi il terzo. Ci sono anche poli­ziotti con la cin­tura bianca, altri in bor­ghese con la scritta «poli­zia» sulla pet­to­rina, altri ancora con la divisa «atlan­tica». «Una mace­do­nia di poli­zia», disse Can­te­rini. «La notte del volon­ta­riato», iro­nizzò in aula l’avv. Sil­vio Romanelli. (…)

Una volta den­tro, i poli­ziotti pic­chia­rono sel­vag­gia­mente dal piano terra fino al quarto piano. Pic­chia­rono gente che nella pale­stra, al pian ter­reno, li accolse con le mani alzate.

Dice­vano «peace» e «no vio­lence», erano ter­ro­riz­zati e furono aggre­diti, abbat­tuti da man­ga­nel­late e calci. «Come se fosse una carica», disse una di loro. Dal lato oppo­sto della pale­stra Lorenzo Gua­da­gnucci, gior­na­li­sta allora al Car­lino e sim­pa­tiz­zante no glo­bal, fu pestato a freddo nel sacco a pelo. Cer­cava di pro­teg­gere una ragazza che era stata già col­pita. Ebbe solo il tempo di chie­dere «per­ché?». Nes­suno lo sen­tiva. Aveva 37 anni, al momento dell’irruzione si era appena addor­men­tato. Prima che lo aggre­dis­sero ebbe modo di assi­stere al pestag­gio delle per­sone di fronte.

(…) Gli agenti sem­bra­vano impaz­ziti, urla­vano «Bastardi», «Mori­rete», «Nes­suno sa che siete qui», «Vi siete diver­titi, eh? Adesso vi ammaz­ziamo». E ancora: «Froci», «zec­che». Alle ragazze stril­la­vano: «Brutta troia» e «put­tana». Alcuni pre­le­va­rono «tro­fei», cioc­che di capelli tagliate sul momento: lo rac­con­ta­rono almeno cin­que testi­moni. Un ragazzo ebbe una crisi epi­let­tica. Fu ritro­vato mate­riale fecale per­ché qual­cun altro non riu­scì a trat­te­nere la paura. Al primo piano si fecero tro­vare ai due lati del cor­ri­doio, per dimo­strare le loro inten­zioni paci­fi­che. Furono basto­nati e presi a calci uno per uno, subi­rono diverse ondate di pestaggi. Almeno due feriti rischia­rono la vita per lesioni al cra­nio, altri ripor­ta­rono frat­ture delle brac­cia, delle gambe, del costato. Tho­mas Daniel Albre­cht, all’epoca 21enne, vio­lon­cel­li­sta a Ber­lino, (…) rac­contò che i poli­ziotti li pesta­rono «senza fretta». (…)

Non sapremo mai chi fece cosa. Non sapremo mai chi spezzò un brac­cio e una gamba ad Arnaldo Cestaro, allora ses­san­ta­duenne, arri­vato dal Vicen­tino solo soletto per mani­fe­stare con­tro gli otto «grandi» e rima­sto lì quella notte per­ché l’indomani voleva por­tare i fiori sulla tomba della figlia di una sua vicina. Fu uno dei primi a cadere nella pale­stra al pian ter­reno. Dice che dor­miva, pensò che ad aggre­dirli fosse chissà quale black bloc «e invece era — rac­contò ai giu­dici — la nostra poli­zia, quella che ci dovrebbe proteggere». (…)

Non tutti i poli­ziotti pic­chia­rono e spu­ta­rono. Alcuni cer­ca­rono di fer­mare i col­le­ghi (…). Nes­sun agente, però, seppe indi­care i col­le­ghi che infie­ri­vano su gente indi­fesa. Nean­che uno solo.

Il verdetto del Csm: bocciato Di Matteo, non andrà alla Pna da: antimafia duemila

di-matteo-c-ansadi AMDuemila – 8 aprile 2015
Il Consiglio superiore della magistratura ha bocciato la candidatura del pm Nino Di Matteo, che insieme ai colleghi Teresi, Del Bene e Tartaglia si occupa del processo sulla trattativa Stato-mafia. La bocciatura riguarda il concorso per la copertura di tre posti alla procura nazionale antimafia. Il plenum ha nominato al suo posto tre colleghi meno noti, tra cui Eugenia Pontassuglia, pm del processo di Bari sulle escort che frequentavano le residenze di Silvio Berlusconi.
Una decisione che è stata presa a maggioranza. A Di Matteo, infatti, sono andati 5 voti, contro i 16 attribuiti agli tre magistrati scelti. Oltre a Pontassuglia, gli altri nuovi sostituti della Procura diretta da Franco Roberti sono il sostituto procuratore napoletano Marco Del Gaudio, pm del processo all’ex presidente di Finmeccanica Pierfrancesco Guarguaglini e il sostituto Pg di Catanzaro Salvatore Dolce, titolare di diverse inchieste sulle cosche calabresi.

Il nome del pm palermitano, inizialmente bocciato, era poi tornato in gioco a seguito della proposta del togato Aldo Morgigni (Autonomia e Indipendenza) che durante l’ultimo plenum del 17 marzo aveva evidenziato come la Terza Commissione, proponendo la propria terna di nomi, non avesse valutato nel giusto modo la candidatura di Di Matteo. Nella nuova graduatoria stilata da Morgigni Di Matteo era al primo posto secondo il meccanismo dei punteggi assegnati per ogni titolo. Il verdetto del Csm, però, ha confermato la bocciatura iniziale.

Foto © Ansa

Diaz: una sentenza giusta e attesa, una vergogna per il nostro paese Autore: Vittorio Agnoletto da:controlacrisi.org

La condanna dell’Italia da parte della Corte Europea per le torture commesse nel luglio 2001 a Genova e’ un atto doveroso e condivisibile.

Una vergogna annunciata: nell’indifferenza del mondo politico italiano la Corte Europea ci condanna, giustamente, per il mancato rispetto dei diritti umani fondamentali.
A 14 anni dal G8 di Genova e ad oltre trent’anni dalla firma della convenzione internazionale contro la tortura tale reato non e’ ancora stato inserito nel nostro codice.
Sono stati gli stessi magistrati a riconoscere che quella notte alla Diaz e poi a Bolzaneto, furono commesse torture contro persone inermi, pacifiche e indifese e furono gli stessi magistrati a denunciare l’assenza di tale reato nel nostro ordinamento. Le conseguenze furono pene lievi per i responsabili, nessuno di loro trascorse nemmeno un giorno in carcere e tutti restarono ai loro posti (tranne quelli rimossi automaticamente dai magistrati) e molti dei condannati furono addirittura promossi.
Il reato di tortura come fattispecie specifica per i funzionari pubblici e’ previsto nella grande maggioranza dei Paesi europei ed e’ a tutela non di una parte politica,ma di tutti i cittadini. Una polizia che agisce nella legalita’ non dovrebbe avere alcun timore dall’istituzione di tale reato; altrimenti significa dare per scontato che le forze dell’ordine nel compiere il proprio lavoro agiscano contro e al di sopra della legge, e questo e’ inaccettabile in qualunque stato di diritto.
A maggior ragione ora non e’ più rinviabile una legge ad hoc, e non e’ accettabile il silenzio del governo su un argomento tanto delicato.
Con quelle torture e con la notte cilena della Diaz il governo di allora tento’ di distruggere un grande movimento che aveva già’ ben compreso come questo modello di sviluppo dominato dalla finanza avrebbe provocato negli anni seguenti una crisi sociale ed economica senza precedenti.
Non ci hanno ascoltato, hanno usato la violenza e la tortura per schiaccarci; ma avevamo ragione e i risultati sono oggi sotto gli occhi di tutti.

* associazione CostituzioneBeniComuni, già’ portavoce del Genoa Social Forum nel luglio 2001

Legge di iniziativa popolare per il riconoscimento dei popoli Rom e Sinti da: controlacrisi.org

Nella Giornata internazionale dei Rom e dei Sinti pubblichiamo l’appello del comitato promotore della legge di iniziativa popolare per la tutela e le pari opportunità della minoranza dei Rom e dei Sinti –
Rom e Sinti sono la più grande minoranza europea – oltre 12 milioni distribuiti in tutti i Paesi -; non hanno una terra di riferimento, neppure l’India delle lontane origini, non hanno, come altre minoranze, rivendicazioni territoriali, quindi non hanno mai fatto guerre per rivendicare una patria, non hanno sedi di rappresentanza, sono cittadini del luogo nel quale vivono. Rappresentano quindi il perfetto popolo europeo, ma ciononostante sono il popolo più discriminato d’Europa.

In Italia sin dal 1400 Rom e Sinti sono la minoranza storico-linguistica più svantaggiata e più stigmatizzata nonostante gli obblighi internazionali e comunitari dell’Italia e gli interventi di numerose organizzazioni internazionali, tra cui il Consiglio d’Europa, l’OSCE e l’Unione europea. In Italia Rom e Sinti sono circa 150.000, oltre metà cittadini italiani, ma ciononostante continuiamo ad essere considerati fondamentalmente come “estranei” e “nomadi”. Il “nomadismo” moderno è piuttosto rappresentato dall’essere ancora un popolo che vive ai “confini”, non solo fisici, nel tentativo di costruire dei rapporti di pacifica convivenza e di mantenimento della propria identità, che consiste anche in una concezione di vita, che si può anche definire uno stato dell’anima, un modo di vedere il mondo, lo spazio e il tempo che non si possono omologare.

Anche per questa “irriducibilità” all’omologazione, le amministrazioni pubbliche non hanno mai fatto una politica che non fosse quella del contenimento e della marginalizzazione delegandone la gestione al privato sociale. Eppure la partecipazione di rom e sinti alla vita collettiva con il proprio contributo umano e culturale è fondamentale per superare l’esclusione, la marginalizzazione di un popolo che ha attraversato secoli di discriminazione fino allo sterminio razziale e che non deve rimanere confinato nei ghetti fisici e spirituali, nei quali troppo spesso viene relegato destinandolo all’assistenza e non alla propria responsabilità.

La proposta di legge di iniziativa popolare “NORME PER LA TUTELA E LE PARI OPPORTUNITA’ DELLA MINORANZA  STORICO-LINGUISTICA DEI ROM E DEI SINTI “ presentata da 14 cittadini italiani in rappresentanza di 47 associazioni rom e sinte il 15 maggio 2014 presso la Corte di Cassazione vuole realizzare gli articoli 3 e 6 della Costituzione che prevedono la pari dignità sociale e l’eguaglianza davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di etnia, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali; la tutela di tutte le minoranze storico-linguistiche con apposite norme; contrastare discriminazione e pregiudizio nei confronti della minoranza rom e sinta che sono causa della scarsa integrazione nella società e soprattutto della marginalizzazione sociale ed economica anche per il loro mancato riconoscimento istituzionale come minoranza.

Il disegno di legge di iniziativa popolare si articola in diversi punti:

1. la specifica tutela del patrimonio linguistico-culturale della minoranza rom e sinta, con istituti analoghi a quelli previsti dalla legge n. 482/1999 per tutte le altre minoranze (diritto allo studio e all’insegnamento della lingua, diffusione della cultura e delle tradizioni storico-letterarie e musicali);

2. l’incentivo e la tutela delle associazioni composte da Rom e Sinti, conforme alla libertà di associazione prevista dall’articolo 18 della Costituzione per favorire la partecipazione attiva e propositiva alla vita sociale, culturale e politica del Paese;

3. il diritto di vivere nella condizione liberamente scelta di sedentarietà o di itineranza, di abitare in alloggi secondo una pluralità di scelte secondo le norme della Convenzione-quadro per la tutela delle minoranze nazionali di Strasburgo dell’1 febbraio 1995, le raccomandazioni del Consiglio d’Europa, dell’OCSE e della Commissione europea e la Strategia nazionale d’inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Caminanti;

4. norme che sanzionino le discriminazioni fondate sull’appartenenza ad una minoranza linguistica in attuazione del principio costituzionale di eguaglianza senza distinzione di lingua e di etnia.

Chi condivide questo appello condivide la convinzione che il riconoscimento della minoranza rom e sinta, della sua storia, della sua cultura, insomma della sua identità consente di accogliere rom e sinti nella comunità più generale insieme con tutte le altre identità che costituiscono il nostro patrimonio nazionale.

Promotori della proposta di legge di iniziativa popolare:

Dijana Pavlovic, Davide Casadio, Saska Jovanovic, Ernesto Grandini, Manuel Solani, Cen Rinaldi, Yose Bianchi, Giorgio Bezzecchi, Concetta Sarachella, Donatella Ascari, Massimo Lucchesi, Carlo Berini, Paolo Cagna Ninchi, Alessandro Valentino

Per aderire: semiriconiscimirispetti@gmail.com

Adesioni:

Alma Adzovic (mediatrice), Osmani Bairan (AIZO), Rita Bernardini (segretaria nazionale Radicali Italiani), Antun Blazevic(Associazione TheaterRom), Paolo Bonetti (Università Bicocca di Milano), Luca Bravi (storico), Marco Brazzoduro(Associazione Cittadinanza e Minoranze), Alberto Buttaglieri (SOS razzismo),   Giuseppe Casucci (Dipartimento immigrazione UIL), Roland Ciulin (giornalista), Giuseppe Civati (parlamentare), Furio Colombo (giornalista), Kurosh Danesh (Dipartimento immigrazione CGIL), Chiara Daniele (ricercatrice), Giancarlo De Cataldo (scrittore), Michele Di Rocco (campione europeo pesi leggeri), Roberto Escobar (Università Statale Milano), Paolo Ferrero (segretario Partito della Rifondazione comunista), Eleonora Forenza (europarlamentare), Mercedes Frias (Associazione Prendiamo la parola),Dori Ghezzi (Fondazione Fabrizio De André), Alfonso Gianni (Fondazione Cercare Ancora), Graziano Halilovic(Associazione Roma onlus), Laura Halilovic (regista), Selly Kane (Dipartimento immigrazione CGIL), Curzio Maltese(europarlamentare), Luigi Manconi (presidente Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani),Filippo Miraglia (ARCI), Moni Ovadia (autore-attore), Francesco Palermo (parlamentare), Marco Pannella (Presidente del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito), David Parenzo (giornalista), Loris Panzeri (GRT), Pino Petruzzelli (autore-attore), Marco Revelli (storico e sociologo), Paolo Rossi (autore-attore), Giuseppe Sangiorgi (Istituto Luigi Sturzo), Angela Scalzo (Dipartimento immigrazione UIL), Pietro Soldini (CGIL nazionale), Giovanna Sorbelli(Associazione EU Donna), Barbara Spinelli (europarlamentare), Santino Spinelli (docente, musicista), Gennaro Spinelli(Associazione FutuRom), Carlo Stassolla (Associazione 21 luglio), Voijslav Stojanovic (Associazione Nonsolorom),Vladimiro Torre (Associazione Them Romanò), Antonio Tosi (Politecnico di Milano), Elena Valdini (Fondazione Fabrizio De André), Tommaso Vitale (Direttore scientifico Master “Governing the Large Metropolis” Sciences Po, Parigi), Alex Zanotelli(missionario comboniano).