CATANIA 27 gennaio 2014- villa FAZIO LIBRINO VIALE SISINNA 1. percorso mostra sulla SHOAH dalle ore 18.00 alle 20.00

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Perché Erri De Luca deve essere assolto Fonte: il manifesto | Autore: Gaetano Azzariti

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Il 28 gen­naio avrà ini­zio il pro­cesso a Erri De Luca, impu­tato di aver pub­bli­ca­mente isti­gato a delin­quere, indu­cendo al dan­neg­gia­mento di cose, inci­tando a vio­lare i divieti di accesso in aree di inte­resse stra­te­gico e mili­tare. L’incriminazione è con­se­guenza di una inter­vi­sta rila­sciata al quo­ti­diano Huf­fing­ton post dove lo scrit­tore par­te­no­peo ha espresso la sua “ruvida” opi­nione sulla vicenda della costru­zione della Tav in Val di Susa. Senza mezzi ter­mini ha soste­nuto che la Tav dovesse essere “sabo­tata”, men­tre le cesoie fos­sero “utili a tagliare le reti”.

La domanda veniva posta con rife­ri­mento spe­ci­fico all’arresto di due ragazzi, ma è vero che le con­si­de­ra­zioni dell’intervistato erano rife­rite in gene­rale alla lotta dei No Tav. Dopo que­sta inter­vi­sta – ma anche in pre­ce­denza – alcuni atti di sabo­tag­gio sono stati com­piuti da atti­vi­sti del movi­mento No Tav, riven­di­can­done, in certi casi, il valore “sim­bo­lico”. Da qui l’incriminazione.

Si può non essere per nulla d’accordo con quanto soste­nuto nell’intervista, rite­nere per­sino peri­co­lose o con­tro­pro­du­centi le affer­ma­zioni ripor­tate, ma evi­den­te­mente non è que­sto quel che può rile­vare in sede pro­ces­suale. La vera que­stione tra­scende di gran lunga la vicenda in sé, coin­vol­gendo pie­na­mente la nostra con­ce­zione di demo­cra­zia. In gioco sono, da un lato, i con­fini alla libertà di mani­fe­sta­zione del pen­siero, dall’altro e paral­le­la­mente, l’ambito dei reati d’opinione che l’abuso di tale libertà san­ziona. Que­stioni vera­mente di fondo del nostro vivere civile. Appare oppor­tuno, allora, chia­rire anzi­tutto il qua­dro dei prin­cipi costi­tu­zio­nali coin­volti per veri­fi­care poi come que­sti si spe­ci­fi­cano nel caso concreto.

La nostra Costi­tu­zione richiama un solo limite espresso che può opporsi alla libertà di mani­fe­stare il pro­prio pen­siero, quello del “buon costume”. Limi­ta­zioni ulte­riori pos­sono aggiun­gersi, ma – come è scritto nel più noto sag­gio sul tema – «sono solo quelle che in via di stretta inter­pre­ta­zione ed espli­ca­zione delle for­mule pos­sano dirsi san­cite dalla carta costi­tu­zio­nale» (così Carlo Espo­sito nel lon­tano 1958). Anche la Corte costi­tu­zio­nale, nella sua pur oscil­lante giu­ri­spru­denza, non ha mai avuto dubbi nel rite­nere che le limi­ta­zioni alla libertà di mani­fe­stare il pro­prio pen­siero «devono tro­vare fon­da­mento in pre­cetti e prin­cipi costi­tu­zio­nali» (così la sen­tenza 9 del 1965). In que­sta pro­spet­tiva il prin­ci­pale limite alla libertà di opi­nione è legata alla neces­sità di tute­lare un prin­ci­pio altret­tanto – se non ancor più – impor­tante per il nostro sistema di valori costi­tu­zio­nali: la dignità della per­sona. Da qui l’illegittimità di tutte quelle espres­sioni di natura offen­siva dell’onore altrui e la sicura legit­ti­mità – anzi neces­sa­rietà – della pre­vi­sione dei reati di dif­fa­ma­zione e ingiu­ria posti a pro­te­zione di un valore costi­tu­zio­nale fondamentale.

Vi sono poi altre figure più con­tro­verse. Quando il reato di vili­pen­dio che può essere fatto valere come limite alle opi­nioni espresse è posto per tute­lare non la per­sona, ma le isti­tu­zioni repub­bli­cane o i sim­boli nazio­nali (la ban­diera). Figure a sé, infine, sono quelle col­le­gate alla disci­plina del segreto: in alcuni spe­ci­fici casi il limite alla libera mani­fe­sta­zione del pen­siero può tro­vare fon­da­mento dalla neces­sità di tute­lare gli inte­ressi “supremi” della nazione.

Secondo molti a quest’elenco è neces­sa­rio aggiun­gere altri due tipi di limi­ta­zioni, legate alla ripu­gnanza dell’opinione per la coscienza demo­cra­tica, ovvero alla tutela dell’ordine pub­blico. Nel primo caso si ritiene legit­timo per­se­guire chi incita all’odio raz­ziale, al geno­ci­dio, al fem­mi­ni­ci­dio, chi inneg­gia a ideo­lo­gie con­tra­rie all’ordinamento demo­cra­tico (l’apologia di fasci­smo). In altri ordi­na­menti – è noto – è reato soste­nere le aber­ranti tesi dei nega­zio­ni­sti. Nel secondo caso rien­trano le varie ipo­tesi di isti­ga­zione a delin­quere. È noto che que­sti due ultimi casi sono assai con­te­stati. In molti riten­gono che non si deb­bano per­se­guire penal­mente né le opi­nioni ripu­gnanti, né le opi­nioni che si pon­gano in con­tra­sto con un valore costi­tu­zio­nal­mente assai inde­ter­mi­nato com’è quello di ordine pub­blico. Non la puni­zione, ma la con­vin­zione, l’educazione, il dibat­tito pos­sono “repri­mere” e iso­lare le opi­nioni igno­bili o quelle peri­co­lose (sem­pre che – come subito vedremo – le parole pro­nun­ciate non si tra­du­cano in azione ovvero com­mis­sione diretta del fatto-reato). D’altronde a fronte di un troppo vago pre­cetto costi­tu­zio­nale da tute­lare (“ripu­gnanza” demo­cra­tica dell’opinione o tutela dell’ordine pub­blico) sem­bra dove­roso far sem­pre pre­va­lere il prin­ci­pio — ben defi­nito in costi­tu­zione all’articolo 21 — della libertà di mani­fe­stare il pro­prio pensiero.

Que­sto in sin­tesi il qua­dro dei limiti alla libertà del pen­siero. Può util­mente aggiun­gersi che le diverse ipo­tesi non si pon­gono tutte su un mede­simo piano: godono, invece, di un diverso grado di inten­sità a seconda del prin­ci­pio costi­tu­zio­nale che cia­scuna di esse tutela. Men­tre mas­sima dev’essere la pro­te­zione for­nita alle offese all’onore altrui, poi­ché garan­ti­scono il prin­ci­pio fon­da­men­tale della dignità della per­sona, più bilan­ciata deve essere quella giu­sti­fi­cata dalla neces­sità di pro­te­zione di prin­cipi costi­tu­zio­nali meno defi­niti e che potranno rive­larsi spesso reces­sivi di fronte al prin­ci­pio di libertà del pensiero.

Il caso dell’istigazione rien­tra tra que­sti ultimi. Secondo la giu­ri­spru­denza sia ordi­na­ria (ad esem­pio, Cas­sa­zione n. 40552 del 2009) sia costi­tu­zio­nale (ad esem­pio la sen­tenza n. 65 del 1970) non basta che l’istigazione sia for­mu­lata, poi­ché in tal caso si avrebbe una legit­tima mani­fe­sta­zione del pen­siero, ciò che appare deci­sivo è che essa, per le sue moda­lità, risulti essere stata con­cre­ta­mente ido­nea a pro­vo­care la vio­la­zione delle norme penali e la com­mis­sione dei delitti. Ciò vuol dire che deve essere dimo­strata la diretta con­nes­sione tra le parole pro­nun­ciate e le azioni cri­mi­nose conseguenti.

A me sem­bra che que­sto sia il punto deci­sivo per orien­tarsi nella con­tro­versa vicenda Erri De Luca. Il merito delle opi­nioni espresse dallo scrit­tore non pos­sono essere sin­da­cate da nes­sun giu­dice, in nes­sun tri­bu­nale, coperte come sono da una garan­zia costi­tu­zio­nale fon­da­men­tale che assi­cura la libertà di mani­fe­stare qua­lun­que opi­nione (anche la più radi­cale o – al limite – sovversiva).

Nel caso di spe­cie, inol­tre, nes­suna offesa alle per­sone può essere fatta valere, tant’è che non si tratta certo di un pro­cesso per dif­fa­ma­zione o ingiu­ria, né sono in discus­sione gli altri casi in cui può esservi una più o meno legit­tima limi­ta­zione delle opi­nioni (vili­pen­dio alle isti­tu­zioni, vio­la­zione di un segreto di stato). Chi volesse con­dan­nare lo scrit­tore napo­le­tano ha una sola via: dovrebbe dimo­strare la con­nes­sione tra le parole pro­nun­ciate e le azioni cri­mi­nose per­pe­trate in con­se­guenza imme­diata e diretta dell’intervista. Una via imper­via, una prova dia­bo­lica. Non suf­fra­gata dai fatti conosciuti.

Infatti, è noto che già da tempo, ben prima dell’intervista incri­mi­nata, azioni di taglio delle reti di pro­te­zione dei can­tieri e altre azioni penal­mente rile­vanti sono state poste in essere in Val di Susa come forme di pro­te­sta estrema. Azioni con­dan­na­bili, ma certo non ricon­du­ci­bili all’istigazione di De Luca, il quale ha espresso la sua discu­ti­bile opi­nione con rife­ri­mento pro­prio a tali fatti. Dopo l’intervista altre azioni ana­lo­ghe sono state com­piute. Siamo dun­que in pre­senza di sog­getti che hanno adot­tato da tempo moda­lità di oppo­si­zione poli­tica che pre­vede anche azioni di vio­la­zione di leggi rite­nute ingiu­ste. Un’enorme que­stione che riguarda le forme legit­time del con­flitto in una demo­cra­zia costi­tu­zio­nale. Una discus­sione che dovrebbe essere affron­tata con serietà, in primo luogo tanto dal movi­mento No Tav, quanto dalle isti­tu­zioni demo­cra­ti­che. Ma ciò con l’intervista al Huf­fing­ton post non c’entra nulla. Per que­sto Erri De Luca dovrebbe essere assolto, men­tre la poli­tica dovrebbe tor­nare ad incon­trarsi in Val di Susa.

Cofferati è fuori dal Pd dopo i veleni della Liguria. Ferrero: “Saluto positivamente la scelta. Pd irriformabile” da: controlacrisi.org Autore: fabrizio salvatori

“Me ne vado io da solo. Non ho intenzione ne’ di promuovere nulla, ne’ fondare un altro partito, ne’ di entrare un un altro partito ma non trovo piu’ nel Pd il rispetto dei valori in cui credo. Io cerchero’ di dare vita ad una associazione culturale. Ai liguri che mi hanno votato e hanno voglia di cambiare questo stato delle cose, io dico che non me ne vado, sto qui a lottare per cambiare: un’altra storia si puo’ e si deve scrivere”. Cosi’ l’europarlamentare Sergio Cofferati che oggi ha annunciato le proprie dimissioni dal Partito Democratico dopo la sconfitta alle primarie e la denuncia di pesanti irregolarita’ durante la consultazione dell’11 gennaio scorso. Cofferati, parlando dell’ inquinamento del voto del centrodestra non solo ha minacciato di aprire azioni legali ma ha anche citato Alessio Saso (Ncd) inquisito per voto di scambio che disse di far votare Paita “per poi fare accordo politico per le regionali”. Ha quindi parlato di “Eugenio Minasso, fascista non pentito che aveva sostanzialmente detto la stessa cosa”. “Poi – ha aggiunto – l’ex senatore Franco Orsi ha fatto lo stesso. Il centrodestra si è mobilitato per votare alle primarie del centrosinistra: questo è problema politico e morale”.
La nuova presa di posizione di Cofferati è stata così commentata dal segretario del Prc Paolo Ferrero. “Nel salutare positivamente questa scelta e nel manifestare la mia solidarieta’ a Sergio Cofferati, mi pare giusto sottolineare come non si tratti solo di un fatto individuale ma di un fatto politico, che segue lo sciopero generale e segnala la crisi del PD e la frattura tra questo e il movimento dei lavoratori”. Ferrero ha poi aggiunto: “Con ogni evidenza il PD di Renzi e’ irriformabile e non ha nulla a che vedere con la sinistra. Anche per questo e’ necessario costruire oggi in Italia una sinistra antiliberista che possa diventare il motore della costruzione dell’alternativa alle politiche di austerita’”.Oggi Ferrero era a Bologna per l’assemblea nazionale dell’Altra Europa con Tsipras’ – che ha salutato con un applauso la notizia dell’uscita dal PD di Cofferati.

Giornalismo, l’appello dei redattori di Left per non essere fatti fuori senza colpo ferire Autore: fabio sebastiani da: controlacrisi.org

Il tempo stringe. mercoledì 21 gennaio ci sarà l’asta per la vendita della testata left, l’ultimo tentativo da parte del collettivo, pardon, cooperativa, di non farsi “stampare addosso” un licenziamento sile jobsact. Hanno lanciato in rete una appello per la raccolta dei fondi necessari. Un tentativo disperato ma necessario. Pagina Fb “iosonoleft”. “Se non ce la facciamo vi ridiamo i soldi”, scrivono sui social. Sono molti i giornalisti che hanno aderito. Anche firme importanti del Tg3. Siamo un po’ tutti stufi di questo clima piratesco, a dire la verità. Nel campo dell’editoria in questi mesi, e anni, sta accadendo di tutto. Pensavamo di averne viste abbastanza.

E invece la storia di left, settimanale di area centrosinistra costretto sempre a rinascere dalle sue ceneri, tra mille fotogrammi di sgarri e colpi di mano, ancora ci costringe a riflettere. Una situazione molto ingarbugliata, quella attuale, in cui redazione, testata ed editore viaggiano su binari diversi. Tutto fila liscio finché left, reduce da una crisi precedente, esce come allegato all’Unità. I dolori cominciano con la sospensione delle pubblicazioni. E si amplificano con l’attuale fase politica, che nel centrosinistra, e non solo, rischia di provocare più di qualche movimento tellurico.

Ma non basta perché l’amministratore unico della cooperativa riesce anche a divergere dall’opinione dei soci-giornalisti deliberando la rinuncia al comodato d’uso della testata e la “non partecipazione” all’asta (determinazione poi ritirata) per la sua acquisizione. In questo modo Matteo Fago, l’editore, diventa l’unico attore in campo pronto a prendersi tutto. E nel frattempo incassa, particolare non indifferente in tutta questa brutta storia, l’addio del direttore Giovanni Maria Bellu (intervista), “reo” di aver chiesto il gradimento alla sua redazione. Ce ne è abbastanza per un film “in giallo”, nel senso dell’ittero? No, perché in questo caso la realtà supera davvero la fantasia. E dal cappello di Fago left arriva in edicola con un numero nuovo di zecca “strillato” grazie al popolare faccione di Tsipras. Messaggio chiaro: “Eccoci, ci siamo pure noi sul carro dei vincenti”. Il punto, però, è che la redazione, otto giornalisti e due poligrafici, quelli che hanno sudato fino a poche settimane prima, giura di non aver mai schiacciato un tasto per quel numero. E allora?

E allora siamo alle solite. In qualche sperduta stanza di una qualche segreteria più o meno politica, ci stanno un manipolo di colleghi pronti a “cogliere al volo” l’occasione. Piccola nota stonata in una partitura presa para para da una esibizione tutto sommato clownesca: Curzio Maltese e Barbara Spinelli, che con Tsipras possono vantare qualche contatto in più di Fago, fanno sapere di non aver gradito che l’immagine di Alexis Tsipras venga utilizzata quasi come una “copertura” da un giornale che manda via i giornalisti. E sembra che di questo “fattarello” un po’ spiacevole per la verità ne abbiano parlato addirittura a Bologna, nel corso dell’assemblea nazionale dell’Altra Europa, dove si dovrebbe riunire la sinistra.
Il leader greco, attraverso il suo portavoce, aveva espresso la propria solidarietà ai giornalisti “buttati fuori dalla redazione”. Una solidarietà “scontata” non solo da parte di Tsipras ma da “tutto Syriza”. Fago risponde dicendo che lui non ha chiuso le porte a nessuno.
“Ora Fago sostiene di essere aperto al dialogo? Bene, non vediamo l’ora di incontrarlo, sperando di poter tornare a lavorare”, dice a Repubblica.it Cecilia Tosi, fiduciario sindacale di Left.