La guerra della scuola agli omosessuali Tra boicottaggi, licenziamenti e “manuali” da: l’espresso

La guerra della scuola agli omosessuali
Tra boicottaggi, licenziamenti e “manuali”

Negli istituti italiani si fa sempre più feroce la battaglia di associazioni dei genitori e organizzazioni religiose per “bandire la teoria del genere” e “difendere la famiglia tradizionale”. Con il risultato che si moltiplicano gli episodi di omofobia e i dibattiti sulla sessualità vengono banditi

di Arianna Giunti

16 gennaio 2015

La guerra della scuola agli omosessuali 
Tra boicottaggi, licenziamenti e manuali

Avevano promesso la guerra al mondo “omosex” e a una non meglio precisata “teoria del genere”. Avevano annunciato che si sarebbero battuti affinché nelle aule scolastiche parole come “gay”, “lesbiche”, “transgender” ma anche “monofamiglie” e “unioni civili” non entrassero mai. E la promessa è stata mantenuta.

La chiamano “battaglia a difesa della famiglia tradizionale”, è promossa da associazioni e organizzazioni religiose, e in teoria dovrebbe semplicemente sponsorizzare l’importanza e la bellezza di un’unione composta da uomo e donna. In realtà, si tratterebbe di una campagna di boicottaggio verso qualsiasi tentativo di spiegare l’omosessualità in classe, che sta avendo come teatro alcuni istituti scolastici e che rischia di avere conseguenze deleterie. Poiché gli effetti – come dimostrano recenti fatti di cronaca – si sono già cominciati a far sentire.

Un insegnante omosessuale costretto a dimettersi e un alunno preso a calci in aula da un professore che gli avrebbe urlato “essere gay è una brutta malattia”, tanto per fare due esempi.

vedi anche:

Scuola media

“Io, insegnante gay, costretto a dimettermi”

La storia di Daniele Baldoni, docente di danza in una scuola privata, andato via dall’istituto dopo che alcuni genitori si erano lamentati per il suo “stile di vita non adatto”. Non gli andava a genio la sua omosessualità

Scenario di entrambi gli episodi, la cattolicissima Umbria. Da dove questa campagna è partita e si è poi estesa in quasi tutta Italia, come risulta a l’Espresso e come conferma l’associazione Arcigay, che oggi lancia l’allarme parlando di “clima di odio” e che continua a ricevere segnalazioni quasi quotidiane da parte di allievi, insegnanti e genitori laici, preoccupati da questa “deriva oscurantista”.

E’ iniziato tutto – appunto – nella provincia di Perugia, dove le famiglie di alcuni studenti si sono viste recapitare fuori dalle scuole un “manuale di autodifesa dalla teoria del gender”, redatto dal forum delle Associazioni familiari dell’Umbria e dall’organizzazione La Manif Pour Tous Italia, che riunisce varie confessioni religiose. Il vademecum in questione – senza troppi giri di parole – invita i genitori dei ragazzi a boicottare ogni tentativo di affrontare l’argomento omosessualità in classe e a rifiutare negli istituti scolastici gli incontri con rappresentanti di associazioni gay, esponenti della “cultura omosessuale” o “la diffusione di materiale didattico pericoloso”. Sul sito dell’organizzazione, inoltre, compare una lista di asili “gay friendly” dai quali stare alla larga. “Controllate costantemente che nella scuola di vostro figlio non si parli di omofobia. Sono parole chiave che nascondono l’indottrinamento della teoria del gender. Controllate ogni giorno i loro quaderni e diari. E date l’allarme!”, si legge nel decalogo distribuito alle famiglie.

Rapidamente, il manuale di autodifesa si è diffuso anche in altre regioni italiane. In Veneto, per esempio. A Venezia recentemente alcuni insegnanti di religione sono corsi ai ripari improvvisando lezioni nelle quali si mettono in guardia i ragazzi “dalle insidie dell’ideologia omosessuale” mentre a Verona il consiglio comunale ha approvato una mozione “per monitorare i progetti di educazione sessuale e affettiva nelle scuole cittadine” .
E così dall’autunno scorso le scuole veronesi sono tenute, in base alla mozione, ad avvertire preventivamente i genitori dei corsi e degli approfondimenti sulla sessualità, e allo stesso tempo il Comune è impegnato a raccogliere eventuali segnalazioni e proteste da parte delle famiglie preoccupate che nelle ore di educazioni civica si parli “di famiglie omosessuali, adozione e relazioni gay”.

vedi anche:

Flavio Tosi

Gay a scuola, ancora battaglia

Il Comune di Verona ha approvato un “Ordine del giorno” in cui si chiede al sindaco di istituire un osservatorio pro-famiglia tradizionale. Per bloccare gli insegnamenti che metterebbero a rischio “la morale” in classe. Proprio mentre Tosi diceva sì alle coppie di fatto. E l’attacco all’educazione laica arriva anche altrove

Neppure la Capitale è rimasta immune alla “crociata”. Nel celebre liceo romano Giulio Cesare è finito in rissa – e con un ricorso al Tribunale civile da parte dei genitori – il tentativo da parte di un docente di far leggere agli studenti alcuni passaggi di un romanzo di Melania Mazzucco, che descriveva scene di amore omosessuale.
In Piemonte la situazione non sembra essere migliore. Eppure nelle aule scolastiche, di educazione alla sessualità (di qualunque genere), ci sarebbe proprio bisogno. Soprattutto per permettere agli studenti di superare paure e pregiudizi. Visto che i casi di omofobia continuano a essere all’ordine del giorno.

All’istituto Pininfarina di Moncalieri, per esempio, è ancora in corso un’inchiesta interna sulla frase pronunciata lo scorso novembre da un’insegnante di religione: “Dall’omosessualità si può guarire con la psicanalisi, perché è un problema psicologico”, avrebbe detto la donna.

Racconta a l’Espresso Giorgio B., 16 anni, studente del Pininfarina e attivista di Arcigay Torino: “Per anni ho dovuto subire battute e minacce più o meno velate, per via della mia omosessualità. Poi ho deciso di fare coming out, con i miei compagni e con la mia famiglia, ed è stata una liberazione. Da allora ho cominciato a ricevere lettere, sfoghi, segnalazioni da parte di studenti di tutta Italia. E mi sono reso conto che la situazione è allarmante. L’omofobia non può più essere tollerata come semplice “libertà di opinione” ma trattata per quella che è: discriminazione”.

A riferire un panorama inquietante è anche una recente indagine effettuata Studenti.it, popolarissimo portale dedicato agli allievi delle scuole medie e superiori. Secondo loro, il 58 per cento degli studenti italiani ha subito o ha direttamente assistito in prima persona a episodi di omofobia. Nei dettagli, il 38 per cento riferisce di essere stato testimone di episodi di discriminazione e di omofobia da parte di studenti verso altri studenti, il 12 per cento dichiara di aver assistito a episodi di questo genere da parte di professori ai danni degli allievi e l’8 per cento rivela di esserne stato vittima in prima persona.

A spiegare bene la situazione è il circolo Arcigay Omphalos di Perugia, il primo a denunciare la diffusione degli “opuscoli di autodifesa dalla teoria del gender”. “Questo è il risultato delle campagne di odio che i movimenti oltranzisti cattolici e di estrema destra stanno portando avanti in tutto il Paese – spiega il presidente Patrizia Stefani – Le loro manifestazioni, apparentemente silenziose e rispettose, sono invece intrise di odio e discriminazione non solo verso le famiglie “arcobaleno”, ma anche verso chiunque non condivida con loro una visione di ‘famiglia tradizionale’”. “Con sospetto e diffidenza – aggiunge Stefani – vengono guardate anche le famiglie composte da un solo genitore o da coppie conviventi che hanno figli senza essere regolarmente sposate”.

Contattata da l’Espresso, l’associazione La Manif pour tous – co-autrice del vademecum “contro l’ideologia del genere” – respinge al mittente ogni accusa, parlando di semplice libertà di espressione: “Sono stati gli stessi genitori dei ragazzi a chiederci di redigere questa guida – spiega il presidente Filippo Savarese – tutto questo perché le famiglie sono intimorite dagli incontri che avvengono a scuola con le associazioni pro-gay e vogliono poter scegliere l’educazione da impartire ai propri figli”.

“Basti sapere – aggiunge Savarese – che la nostra raccolta firme online a difesa della famiglia tradizionale ha già raggiunto quasi 21mila adesioni”.

A chi li accusa di essere omofobi (l’associazione si scaglia apertamente contro l’entrata in vigore di una legge contro l’omofobia), rispondono: “Essere contro le unioni gay non significa essere omofobi”. Sul sito dell’associazione, però, alla voce “tredici motivi per dire ‘no’ alla legge sull’omofobia” compare un articolo firmato dall’avvocato Gianfranco Amato, presidente di Giuristi per la Vita, già autore di controverse dichiarazioni sul matrimonio omosessuale nelle quali paragonò il matrimonio fra due uomini  a quello fra “un uomo e un cane”. Stavolta l’avvocato – invocando la libertà di espressione – cita le Sacre Scritture: “l’omosessualità rappresenta una grave depravazione, Il catechismo definisce l’omosessualità come un insieme di atti intrinsecamente disordinati e contrari alla legge naturale. Se questa legge fosse approvata dirlo diventerebbe un reato”.

A spingere la discussione più in là, sottolineando una mancata presa di posizione del governo in materia di educazione “al diverso”, è invece l’associazione Equality Italia, che si occupa di diritti, e che ricordando il vuoto legislativo in materia di omofobia lancia un vero e proprio “j’accuse” al governo Renzi, colpevole di aver fatto troppo poco in questo campo: “Il ministro dell’Istruzione Giannini ci deve spiegare una volta per tutte se sta con la laicità della scuola o con le organizzazioni religiose, vista la mancanza di educazione alle differenze nelle aule scolastiche”, dichiara il presidente Aurelio Mancuso. “Ma la responsabilità di questo ‘Medioevo di ritorno’ non è solamente del ministero dell’Istruzione – aggiunge Mancuso – perché quando ci sono casi di omofobia, sia ai danni di studenti che di insegnanti, non possiamo far a meno che notare un assordante e gravissimo silenzio da parte dei sindacati della scuola. Una situazione che ci fa sentire tremendamente soli”.

Firrarello Angelo nato a San Cono il 10/11/1920 deportato nei campi di concentramento e di sterminio nazisti.

effettivo al 151° Reggimento fanteria, del distretto di Catania numero matricola 3824.

A Dachau giunge il 30/02/1944 e successivamente trasferito a Buchenwald il 12/12/1944 classificato come politico.

deceduto in Germania il 6/2/1945 rimane sconosciuta la località della morte.

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nella foto Firrarello Angelo è il primo a sinistra

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Venezia, ex direttore del Male: quando il potere ipocrita urla ”Je suis Charlie” da: l’urlo quotidiano

Il catanese che ha guidato la redazione dello storico settimanale satirico: ”Il fatto che Luttazzi non si sia più visto in Tv la dice lunga sulle imposizioni da parte di chi governava allora, e di chi ancora condiziona la vita pubblica italiana”. E aggiunge: ”D’altra parte la catena dei capi di Stato alla marcia di Parigi contro il terrorismo, fa comprendere il livello di ipocrisia quando di parla di libertà di espressione”

di Luciano Mirone

17 gennaio 2015

E’ stato il direttore del ”Male”, il ”Charlie Hebdo” italiano ai tempi degli anni di piombo. Il catanese Lillo Venezia è stato il secondo giornalista del dopoguerra, dopo Giovannino Guareschi, a finire nel carcere romano di Regina Coeli, sia pure per pochi giorni, con l’accusa di vilipendio alla religione cattolica e a un Capo di uno Stato estero (in questo caso il Papa). Con il settimanale satirico che ha diretto,  (fondato da Pino Zac, Vincino e Vauro Senesi) Venezia ha ha accumulato oltre duecento querele, con le accuse più svariate, dalla diffamazione all’oscenità. “Il Male” nacque fra gli anni Settanta e Ottanta, in un periodo drammatico per il nostro Paese, un periodo in cui le parole più usate dai giornali erano terrorismo, scontro ideologico, compromesso storico, Dc, Pci, Andreotti, Cossiga, Papa Wojtyla, Aldo Moro, Brigate rosse. Quel giornale irriverente, irriguardoso e beffardo, sia nei confronti del potere, sia nei confronti delle Br, rivoluzionò il modo di fare satira e in poco tempo diventò il punto di riferimento di migliaia di giovani “contro”, dagli studenti che occupavano le scuole e le Università, agli “indiani metropolitani”. Nato nel 1977, “Il Male” cessò le pubblicazioni nell’82. Aveva una tiratura media di 100 mila copie, che in certi periodi arrivavano a 160 mila. Costava 500 lire. Era il “Charlie Hebdo” del Belpaese ai tempi degli “anni di piombo”. Dopo la chiusura, Lillo tornò a Catania e assieme a Giuseppe Fava (ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984) fondò “I Siciliani”, ma questa è un’altra storia.

Lillo, cosa pensi del massacro di Parigi?

“Una condanna totale ma per un gesto criminale ed efferato contro le libertà di espressione, ma anche contro qualcosa che non ci è stato raccontato per intero. Penso che dietro questo attentato solo apparentemente c’è una motivazione religiosa causata dalle vignette blasfeme sull’Islam e su Maometto, ma sostanzialmente qualcosa di più: quello che si sta verificando in Medio Oriente tra l’Iraq, la Siria, la Turchia, e il fatto che si stia componendo uno Stato islamico di natura integralista rispetto alla religione dell’Islam, mi fa pensare che ci sono in ballo parecchi interessi economici. Uno Stato islamico nato da poco, che può disporre di due miliardi di dollari, mi porta a ritenere che abbia alle spalle qualcuno che lo finanzia per creare panico, soprattutto in Occidente. Non dimentichiamo che in quella zona c’è un interesse particolare per un grande giacimento di petrolio e di gas che va dal mare di Gaza alle coste di Cipro, e lì molti hanno puntato i loro interessi, compresi Putin e Israele. Le guerre in Iraq e in Afghanistan hanno fatto da detonatori rispetto a queste cose”.

Qual è secondo te la situazione della satira italiana, considerate le censure televisive a comici come Sabina Guzzanti e a Daniele Luttazzi che hanno fatto della satira politica la loro principale modalità di espressione?

“Sono degli episodi gravissimi. Il fatto che Luttazzi non si sia più visto in Tv la dice lunga sulle imposizioni da parte di chi governava allora, e di chi ancora condiziona la vita pubblica italiana. D’altra parte la catena dei capi di Stato alla marcia di Parigi contro il terrorismo, fa comprendere il livello di ipocrisia quando di parla di libertà di espressione e di satira. C’era il premier ungherese, il rappresentante del governo ucraino, lo stesso Benjamin Netanyahu, il presidente del Gabon. Non mi pare che in questi Paesi ci sia una grande libertà di espressione e di satira. In mezzo a tutti questi, il nostro Renzi non sfigurava affatto”.

Cosa ricorda dell’esperienza del ”Male”, che era un po’ il nostro Charlie Hbedo?

“Mi ero appena trasferito da Catania per lavorare nella redazione romana del quotidiano ‘Lotta continua’. Avevo 27 anni, mi occupavo di argomenti impegnati. Da qualche mese, nella stessa tipografia, si stampava ‘Il Male’, che in quel momento aveva bisogno di un giornalista iscritto all’Albo. Conobbi lì Vincino, Pino Zac (reduce dall’esperienza nel giornale parigino ‘Le Canard enchaîné’) e Vauro: ‘Faresti il direttore responsabile?’. Risposi subito di sì”.

Come fu l’impatto con questo giornale?

“Scioccante. La sede era nel quartiere romano di Monteverde. Quando arrivai, Pino Zac stava inscenando la benedizione ‘Urbi ed Orbi’ del Papa dal balcone della redazione, con una piccola ressa di curiosi riunitisi al piano terra. Arrivarono giornalisti, telecamere, fotografi, perfino la Digos. Poco tempo prima a Villa Borghese avevano inaugurato il mezzobusto di Andreotti assieme a Roberto Benigni. In redazione ebbi l’emozione di conoscere lo staff di vignettisti e scrittori, fra cui Sergio Saviane, Vincenzo Sparagna, Angese, Andrea Pazienza, Riccardo Mannelli, Jacopo Fo, Alain Denis, Jiga Melik”.

Chi prendevate in giro?

“Soprattutto il potere democristiano. Che non querelò mai. Il giorno del rapimento Moro facemmo la copertina con l’immagine dello statista democristiano e la frase: ‘Scusate, ma vesto Marzotto’. Un modo per sdrammatizzare e per prendere in giro le Br, fatto molto frequente allora”.

“Il Male” fece clamore anche per i famosi falsi.

“Un’iniziativa senza precedenti. Riproducevamo perfettamente le testate dei più importanti quotidiani italiani e facevamo dei falsi scoop attraverso delle edizioni speciali. La gente ci cascava. Nel ’78 la Nazionale di calcio fu eliminata dall’Olanda ai mondiali in Argentina. Si disse che i nostri avversari erano dopati. Uscimmo con un falso ‘Corriere dello sport’. Prima pagina a caratteri cubitali: ‘Annullati i mondiali’. Successe il finimondo, la gente scese in piazza a festeggiare, le redazioni impazzirono, Tosatti (direttore del ‘Corriere dello sport’) si incazzò. Qualche tempo dopo confezionammo un’altra notizia pazzesca: ‘Ugo Tognazzi nuovo capo delle Br’. L’attore, che era d’accordo con noi, il giorno dopo dichiarò alla stampa: ‘Rivendico il diritto alla cazzata”.

Usciste anche con dei falsi del “Giornale di Sicilia” e de “La Sicilia”.

“Sul ‘Giornale di Sicilia’ mettemmo la notizia dell’arresto di Vito Ciancimino (una cosa impossibile per quei tempi). Su ‘La Sicilia’ facemmo un titolo a nove colonne: ‘Gheddafi si compra Catania per 240mila miliardi’. Prima della pubblicazione intervistammo i catanesi: ‘Che ne pensate?’. ‘Se porta i soldi, viva Gheddafi”.

E il numero con la bustina di “dieci grammi di droga gratis”?

“Un’altra bufala. Era una bustina di pepe”.

La querela più clamorosa?

“Il sequestro del giornale prima che arrivasse in edicola. C’erano gruppi di integralisti cattolici, soprattutto del Veneto, che prima dell’uscita del giornale, si presentavano nelle varie Procure o caserme dei Carabinieri, chiedendo il sequestro preventivo. Davano per scontato che in copertina ci fosse il Papa o qualche frase blasfema contro il Vaticano. L’Ordine del Lazio propose la mia espulsione, me la cavai con un richiamo dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia. Devo ringraziare l’avvocato Nino Marazzita che ci aiutò gratis”.

Qual era il clima all’interno della redazione?

“Nei primi cinque giorni della settimana c’era un bailamme incredibile, discussioni, riunioni, come-facciamo-la-copertina? Il venerdì pomeriggio, come per magia, si faceva il giornale. Il lunedì, immancabilmente, si andava in edicola”.

Perché chiuse “Il Male”?

“Molti vignettisti cominciarono ad essere ingaggiati dalle grandi testate come ‘Repubblica’, l’’Espresso’, il Corriere della Sera’, venne meno l’entusiasmo che era il motore di quella iniziativa. Nel 2013 Vauro e Vincino hanno rifatto il giornale, con me direttore. Si vendeva abbastanza bene. Una copia costava 3 Euro. Poi gli editori hanno ritenuto di non investire più e abbiamo chiuso”.

Persecuzioni ai danni dei candidati sindacalisti del KKE da: www.resistenze.org – popoli resistenti – grecia – 14-01-15 – n. 526


Partito Comunista di Grecia (KKE) | kke.gr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

13/01/2015

Lo Stato borghese sta portando avanti una persecuzione ai danni dei sindacalisti militanti del KKE, in un momendo di aspro confronto elettorale del Partito contro la borghesia, l’UE e i suoi partiti.

Una richiesta per la revoca dell’immunità del eurodeputato e candidato parlamentare del KKE nella regione di Salonicco, Sotiris Zarianopoulos, è stata presentata al Parlamento Europeo dai persecutori greci.

L’eurodeputato comunista è perseguito perché, come segretario della Camera del Lavoro di Salonicco e quadro del PAME, il 3/4/2010, alla vigilia di uno sciopero generale, insieme ad altri rappresentanti e sindacalisti, ha promosso le posizioni del movimento di classe sulle onde del canale televisivo, al tempo di proprietà pubblica, ET-3. Questi fatti sono stati sistematicamente nascosti e distorti dai mass media pubblici e privati. A Sotiris Zarianopoulos sono addebitate accuse con risvolti penali per questo intervento nel telegiornale di mezzogiorno di ET-3. Le accuse sono “violenza e disturbo della quiete pubblica”.

Il 12/1 il Presidente della Camera del Lavoro di Larissa, quadro del PAME e candidato parlamentare del KKE, Tasos Tsiaples, si è trovato sul banco degli imputati a causa della sua partecipazione alla mobilitazione per l’abolizione dei pedaggi stradali. Il processo è stato rinviato al gennaio 2016.

Il sistema borghese sta dimostrando la sua spietatezza contro i comunisti: alcuni mass media borghesi internazionale presentano SYRIZA, forza ben nota in Grecia per il suo contributo a minare le lotte nel corso degli ultimi due anni, come una presunta forza “sovversiva” e “radicale”.

Nessun ulteriore commento è necessario…

 

Un’ anziana madre di 114 anni: Kobane è la mia vita da: UIKI

Un’ anziana madre di 114 anni: Kobane è la mia vita

Una madre di 114 anni fuggita da Kobane afferma che la storia di Kobane è la storia della sua vita e l’unica cosa che desidera è vedere Kobane prima di morire.

La madre Selbî Turkî lascia Kobane insieme a sua figlia nel 2002. Proviene dal villaggio di Xanê a Est di Kobane. Sta in quel villaggio con suo marito Mihemed Hebeş e le figlie Fatme e Zeho dal 2002. Dopo che le figlie si sono sposate sono vissuti da soli dal momento che non c’era nessuno che si prendesse cura di loro.
Mihemed Hebeş perse la vita nel 2000 e Selbî Turkî ha vissuto da sola per due anni. Successivamente la figlia maggiore Fatme le chiede di andare a Serêkaniyê e vivere lì insieme.

Parlando col giornalista di ANHA Ronahî Xelîl la madre Selbî sottolinea che l’unica cosa che vuole è tornare a Kobane. “Voglio passare i miei ultimi giorni a Kobane e morire nella mia terra. Tutti i miei buoni ricordi sono a Kobane. Il popolo di Kobane resiste contro ISIS come degli eroi e se me lo chiedessero prenderei le armi anche io e andrei a combattere a Kobane. Kobane è la mia vita. Credo che i giovani vinceranno a Kobane. Ho speranza” dice la madre.

Una dottoressa argentina a Kobanê da: UIKI

Una dottoressa argentina a Kobanê

Maria Claudia Garcia, una dottoressa argentina che è venuta a Kobanê per fornire cure mediche, ha invitato i suoi colleghi argentini a sostenere la ‘ epica resistenza’ a Kobanê.

L’interesse internazionale per la resistenza Kobanê è in aumento nel settore dei servizi sanitari e sociali, oltre che in quello militare. La dottoressa argentina Maria Claudia Garcia sta fornendo cure mediche e cercando di conoscere la resistenza. Maria Claudia Garcia, nata a Buenos Aires, è membro del Comitato di Solidarietà con il Kurdistan in Sud America e del Partito socialista di Argentina. Ha parlato con ANF delle sue impressioni su Kobanê.

Come mai hai deciso di venire a Kobanê?

Dopo i primi attacchi contro Kobanê ho cominciato a seguire quello che stava accadendo. Ho cominciato a studiare la storia del Kurdistan e le teorie di Abdullah Öcalan. Stando qui sto vedendo come la teoria viene messa in pratica. Prima di venire a Kobanê sono andata nei campi profughi a Çınar e Sisre ad Amed. Sono venuta qui dieci giorni fa perché volevo vedere la resistenza e osservare lo stato dei servizi medici. Il lavoro dei medici qui è parte cruciale della resistenza. Lavorano in condizioni incredibilmente difficili. Volevo anche vedere il ruolo delle YPG/YPJ. Tengo un diario in modo che possa condividere tutto con gli amici in America Latina. Una parte è già stata pubblicata. Desidero che esperti in vari settori si interessino a quello che sta succedendo qui. Soprattutto per convincere la gente a dare un contributo in modo che il cibo e le medicine necessari siano forniti alla gente di qui.

Quali sono le tue impressioni su Kobanê?

Si tratta di una resistenza eroica ed epica, e quali altri aggettivi devo scegliere, basta questo. Il mondo ha bisogno di saperlo. Le persone stanno lottando contro ISIS che dispone di armi moderne, e che è stato creato dai governi internazionali e regionali. La lealtà e il rispetto delle YPG-YPJ è un riflesso della loro coscienza. Stanno lottando per una rivoluzione sociale e la libertà delle donne.

Qual è la situazione dei civili, le loro condizioni di salute?

Contrariamente a quello che dice il governo turco, il posto è pieno di civili. I servizi sanitari sono limitati. Un numero ridotto di medici sta cercando di fornire servizi in un ospedale da campo. Sempre più civili stanno tornando, il che significa che c’è bisogno di più medici. I bambini e gli anziani sono i più colpiti da queste condizioni. Ci sono malattie causate dal freddo, e infezioni e malanni causati da una alimentazione insufficiente.

C’è qualcos’altro che vorresti aggiungere?

L’Argentina è conosciuta per la lotta condotta dall’internazionalista Che Guevara, stiamo cercando di seguire le sue orme. Il nome della mia organizzazione è Convergencia Socialista (Unità Socialista). Io continuerò a rimanere a Kobanê e contribuire alla lotta. Invito i miei colleghi a unirsi a me qui. E’ anche necessario che gli internazionalisti siano a conoscenza della situazione dei prigionieri politici in Turchia, in particolare quella di Abdullah Öcalan.

di SEDAT SUR ANF

A Kobanê sono necessari medici volontari e medicine da: UIKI

A Kobanê sono necessari medici volontari e medicine

Nella città del Rojava di Kobanê ,nel Kurdistan occidentale,la quale è stata è stata continuamente presa di mira dagli attacchi delle bande di ISIS durante gli ultimi 114 giorni durante i quali i combattenti delle YPG/YPJ hanno realizzato una resistenza eroica,il servizio sanitario per migliaia di civili e per i combattenti feriti delle Unita di difesa è stato fornito non dalle strutture sanitarie ma da medici e dallo staff medico di Kobanê che non hanno lasciato la loro città natale.

Le cure per i civili che sono rimasti feriti negli attacchi di mortaio e per i combattenti delle YPG/YPJ feriti durante gli scontri, sono fornite da medici volontari in un improvvisato e unico ospedale che è stato costituito dalla solidarietà dei medici e della popolazione locale.

Le attrezzature mediche e le medicine raccolte in ospedale comprendono quelle salvate dagli ospedali della città in rovina e quelle raccolte attraverso la solidarietà.Di fronte ai numerosi infortuni provocati dagli attacchi di ISIS sul centro città e durante gli scontri con le bande permane l’urgente necessità di attrezzature mediche,medicine e specialisti.

Il radiologo Dr. Mehmet Arif Elî,uno dei medici che presta servizio a Kobanê, ha affermato che sin dall’intensificazione degli attacchi da parte di ISIS hanno fornito un servizio a migliaia di persone locali e ai combattenti delle YPG/YPJ

Elî ha affermato che hanno utilizzato tutte le possibilità per essere in grado di fornire cure alla popolazione di Kobanê dopo che l’ospedale ed il centro di cura improvvisato che avevano successivamente costituito,sono statti anch’essi presi di mira e distrutti dagli attacchi di ISIS.

Egli ha sottolineato che hanno lavorato in condizioni dure e hanno affrontato in primo luogo la mancanza di attrezzature mediche,di personale e di medicine.

Eli ha inoltre sottolineato che l’intera infrastruttura della città è stata danneggiata a seguito degli attacchi,e recentemente, le condizioni stanno diventando difficili con l’inizio dell’inverno.

Ha chiesto a tutti di fare la propria parte al fine di soddisfare questa urgente necessità di Kobanê.

Menaf Kitkanî,dirigente di Heyva Sor a Kurdistan Kobanê,ha chiesto a tutti i lavoratori curdi della sanità,in particolare a quelli di Kobanê,di venire e fornire servizio alla popolazione di Kobanê. Menaf Kitkanî ha detto che c’è una particolare esigenza di chirurghi,ortopedici, internisti e medici dei bambini.

M.Z.ÇİÇEK/Ç.KAPLAN -ANF

Cittadini di Kobanê tornano a casa da: UIKI

Cittadini di Kobanê tornano a casa

Cittadini di Kobanê costretti a lasciare la loro città natale di fronte alla minaccia di strage da parte delle bande barbariche di ISIS continuano a tornare a casa via via che le forze delle YPG/YPJ conquistano ulteriori posizioni durante l’operazione in corso per la vittoria nella città di Kobanê in Kurdistan occidentale, Rojava.

Altri 50 civili di Kobanê che hanno soggiornato a Suruç e villaggi sono tornati a casa ieri, dopo aver attraversato il varco del confine di Mürşitpınar (Kobanê Serxet). I civili, molti dei quali hanno baciato la terra mentre entravano nella loro città natale sono stati accolti dai dirigenti della Mala Gel (Casa del Popolo).

I cittadini di Kobanê hanno detto che da tempo volevano tornare, ma sono riusciti a farlo solo ieri, esprimendo inoltre la gioia di portare i loro figli nella loro terra.

I cittadini ritornati, i cui nomi sono stati annotati e registrati presso la Mala Gel, saranno sistemati in aree sicure della città.

Ezidi ad Amed: Sengal deve essere autonoma da: UIKI

Ezidi ad Amed: Sengal deve essere autonoma

Un gran numero di persone della comunità yazida fuggito nella provincia curda di Amed nel nord del Kurdistan dopo gli attentati dell’ISIS a Sinjar, il 3 agosto ha tenuto una marcia e poi una conferenza stampa nel complesso sociale di Yenişehir dove hanno trovato rifugio. Raccogliendosi insieme davanti all’edificio amministrativo del campo, il popolo yazida prima ha marciato verso il centro del campo tenendo bandiere del PKK e scandendo slogan “Biji Berxwedana Şengalê – Viva la resistenza a Sinjar” e ““Şengal a meye, Öcalan serokê me ye, Ocalan è il nostro presidente.”

Parlando qui in curdo in nome del popolo yazida, il portavoce del campo, Hidir Haci, ha detto che Sinjar deve essere riconosciuta come autonoma.

Ricordando il massacro perpetrato dalle bande dell’ISIS e la tragedia umanitaria che si è svolta a Sinjar, Haci ha dichiarato: “Vogliamo che Sinjar si autoprotegga, che nessuno la protegga. Se Sinjar deve essere protetta, allora che si costruisca una struttura autonoma. Lasciate che il popolo di Sinjar protegga le proprie terre e gli stessi paesi.”

Haci ha affermato di aver invitato tutti i curdi così come il popolo yazida all’unità del popolo kurdo, aggiungendo che tutti i curdi del mondo devono andare di pari passo e in unità, lasciando da parte le loro differenze politiche o altro. “Lottiamo insieme, e difendiamoci”, ha manifestato Haci.

Rispondendo ad una domanda sul perché Sinjar non è sotto la protezione della Regione Federale del Kurdistan, Haci ha spiegato: “Vogliamo che Sinjar si autogoverni e si autodifenda. Vogliamo l’autogestione. Torneremo solo se Sinjar è riconosciuta come autonoma.”

Per quanto riguarda una domanda sulla festa yazida Cejna Cemaya celebrata il mese scorso, Haci ha asserito che non c’è festa da celebrare fino a che Sinjar sarà completamente liberata dalle bande crudeli intese a minare l’onore del popolo yazida. Haci ha precisato che la parte settentrionale di Sinjar era già stata liberata e che ritiene che il resto di Sinjar sarà liberato presto.

In seguito ad alcune domande, Haci ha dichiarato che sono state raccolte tremilacinquecento firme per la campagna “Libertà per Ocalan”, aggiungendo che hanno raccolto le firme per la libertà di Ocalan in nome del popolo di Sinjar. Haci ha invitato le autorità, lo Stato turco e il pubblico mondiale per il rilascio e la libertà di Ocalan.

Dopo la conferenza stampa, i soldati turchi hanno fatto irruzione nel campo con veicoli blindati sostenendo che le bandiere e gli striscioni erano illegali e hanno chiesto ai manifestanti di mettere via le bandiere. Dopo la tensione di breve durata, i soldati hanno lasciato la zona del campo.

Ahmadi: ISIS è un cancro e se non verrà distrutto distruggerà tutti da: UIKI

Ahmadi: ISIS è un cancro e se non verrà distrutto distruggerà tutti

Abdul Rahman Haji Ahmadi, co-presidente del Partito della vita libera del Kurdistan(PJAK)ha parlato sulle questioni importanti che hanno guidato il più recente sviluppo in Kurdistan,a suo parere ISIS è un cancro e se non verrà distrutto distruggerà tutti.Ha anche aggiunto che in caso di fallimento delle forze unificate della resistenza curda Hewlêr e Silêmanî verranno occupate.

Haji Ahmadi in un intervista con ROJ NEWS ha affermato che le Unità di difesa del Kurdistan orientale (YKR) sono pronte a difendere il Rojava.Il co-presidente del Pjak ha affermato che d’ora in poi ci si aspetta il sostegno dalla popolazione del Rohjelat(Kurdistan orientale) alla resistenza e spera che il Rojava divenga un modello per il Rohjelat.

Erdogan ha pianificato un complotto contro la nazione curda
Haji Ahmadi  sulla situazione in Medio Oriente ha affermato”Il Medio oriente,in particolare il Kurdistan si trova di fronte ad una crisi e ci sono due ragioni principali,una è quella che nella odierna società globale in ogni paese dove  la politica non è dominante nascerà una dittatura ed il paese si troverà di fronte ad una crisi quando le persone perderanno le loro speranza nella politica e si rivolgeranno alla religione.Tutti i paesi del terzo mondo,in modo particolare il Medio Oriente,sono fatti di dittatura.Vediamo il risultato oggi.La seconda è che il Medio Oriente è la principale risorsa di energia per i paesi industrializzati del mondo.Il 56% dei giacimenti petroliferi del mondo sono in Kurdistan, Iraq, Kuwait, Iran, Emirati,Arabia saudita ed il resto in altre parti del mondo;questa percentuale cresce di giorno in giorno ed il Medio Oriente è la principale risorsa energetica per i paesi industrializzati.

Haji Ahmadi sulle cospirazioni della Turchia aggiunge:”Erdogan ha pianificato un complotto contro la nazione curda basato sulla semplicità e l’ignoranza degli alleati curdi che sono stati ingannati da un campanello d’allarme degli USA.Gli Stati Uniti hanno incominciato presto a lavorare per costituire un fronte contro ISIS.Un fronte per impedire a ISIS di creare una repubblica.

Gli Stati Uniti hanno anche attratto i paesi arabi ad unirsi al fronte,adesso quasi  60 paesi sono in guerra contro ISIS,all’ombra della politica disumana delle politiche di Erdogan e le corrette politiche dei curdi, i curdi sono parte del fronte “.

Sengal è una pagina nera nella storia dei curdi e non sarà mai dimenticata
Ha detto che per quanto riguarda l’aspetto negativo di ISIS contro i curdi:”Siamo stati sconvolti che centinaia di nostri villaggi e città sono stati  schiacciati.Migliaia di curdi sono caduti e migliaia sono diventati sfollati,migliaia di donne e di ragazze sono state rapite e vendute.Il governo iracheno e il Governo regionale curdo(KRG),il Ministero dei Peshmerga,il Parlamento e il partito al governo non si assumono ancora nessuna responsabilità per loro cercando di farlo sembrare un evento normale e naturale.

Ma Şengal è una pagina nera nella storia dei curdi e non sarà mai dimenticata.ISIS è una forza con un’ideologia pericolosa che ha provocato amicizia e sostegno unici per i curdi.Nessun evento nella storia del Kurdistan e la resistenza curda sono stati in grado di causare l’unita nazionale dei curdi più di adesso di andare insieme.La seconda problematica è che per la prima volta nella storia umana che la donna ha avuto l’opportunità di dimostrare la capacità nella pratica ed i tutti i settori della vita indipendentemente dall’uomo.Oggi a Kobanê  in Kurdistan ed anche in Medio Oriente ed in futuro anche in tutto il mondo diverrà una verità innegabile”

I nostri guerriglieri sono pronti alla difesa del Kurdistan del sud in ogni circostanza
Haji Ahmadi sul ruolo delle YRK contro ISIS a Şengal, Mexmur e Kirkuk ha affermato:”Sebbene questa questione è correlata al Kodar(Società democratica e libera del Kurdistan orientale)ma per quanto ne so,Kodar prima di ogni altro partito curdo ha informato le autorità dei partiti curdi che i loro guerriglieri sono pronti alla difesa del Kurdistan del sud in ogni circostanza”.

“Per quanto riguarda, con la spedizione di forze della guerriglia, Haji Ahmadi ha sottolineato:””KODAR lo sa, ma se la popolazione di ogni parte del Kurdistan necessita di aiuto,tutti i partiti di altre parti del Kurdistan hanno il dovere di aiutarli come un dovere nazionale.Le forze delle YRK, anche se non direttamente, ma indirettamente hanno partecipato alla resistenza di Kobanê perché non  da meno i martiri vengono dal Rojhelat. “

Spero che mantengano il loro sostegno alla vittoria del Rojava
In collaborazione con la donazione da parte  della popolazione del  Rojhelat  a Sengal e  a Kobanê ha dichiarato:”L’attesa della popolazione che aveva fondato una repubblica 70 anni fa (riferito alla Repubblica del Kurdistan a Mahabad nel 1946) è molto più alta.Spero mantengano il loro sostegno alla vittoria del Rojava”.”Tuttavia alcune forze volevano dirottare queste donazioni, ma nonostante la politica della detenzione e dell’esecuzione dell’ Iran,la popolazione del Rojhelat è consapevole.

IL PJAK ha anche un’esperienza e il sostegno della popolazione.Il  PJAK sa quando,e in che maniera agire.”, ha sottolineato Haji Ahmadi.

Il trattato di Hewlêr
Il copresidente del PJAK ha descritto il trattato di  Hewlêr come tardivo ma promettente che porta all’unificazione delle correnti del Rojava:”Ci aspettiamo che i capi dei partiti del Rojava che vivono a Hewlêr ritornino a  Kobanê per combattere ISIS “.In relazione all’alleanza tra i partiti del Rohjelat ha detto:”Fino ad ora non c’è un’alleanza tra i partiti ma spero che il Rojava sia un modello per il Rohjelat,sebbene KODAR  pochi mesi fa ha tenuto incontri con tutti i partiti nel Kurdistan del sud per coordinare le forze del Rojhelat “.

“L’Iran e la Turchia, in particolare, sono intervenuti direttamente o indirettamente per non permettere lo svolgimento del Congresso nazionale curdo,ma dopo la tragedia di Sengal e lo shock giunto ad Hewlêr ed anche la resistenza di Kobanê e il sostegno curdo delle persone in tutto il mondo noi siamo fiduciosi che il Congresso che si terrà il più presto possibile”.