Numero verde contro l’antisemitismo di Mario Avagliano

Gli ebrei italiani lanciano numero verde contro l’antisemitismo
Antichi pregiudizi mai del tutto sradicati tornano a manifestarsi

Roma, 16 set. (TMNews) – L’l’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane (Ucei) lancia un “numero verde” per contro
l’antisemitismo.

“Un’iniziativa finalizzata a rendere vane le minacce di chi
ancora oggi propugna odio e discriminazione. Un impegno concreto
a beneficio della collettività in un momento in cui antichi
pregiudizi mai del tutto sradicati tornano a manifestarsi in modo
sempre più inquietante nelle nostre società progredite e
democratiche”, afferma in una nota il presidente degli ebrei
italiani Renzo Gattegna nell’annunciare la nascita del progetto
sperimentale ‘Antenna antisemitismo’ promosso dall’Ucei insieme
alla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea
Cdec di Milano.

Destinatari del progetto le vittime o i testimoni di episodi di
antisemitismo in Italia, che potranno entrare in contatto con
l’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione CDEC telefonando al
numero 0233103840 oppure compilando il modulo disponibile sul
sito. Le segnalazioni verranno verificate, conservate e
utilizzate per approfondire la conoscenza del pregiudizio e
dell’ostilità antiebraica. I dati dei mittenti, conclude la nota,
non saranno divulgati a terzi.

Torna il programma di approfondimento ed informazione condotto da Corrado Formigli. In diretta anche su la7.it

http://www.la7.it/piazzapulita/rivedila7/piazzapulita-16-09-2014-136702

Svezia, l’exploit del partito razzista di Akesson, così simile a Le Pen e Farage | Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

Una margherita blu con centro giallo, un innocuo e rassicurante simbolo che evoca natura e pulizia oltre ai colori della bandiera nazionale: cosi’ si è presentato all’elettorato svedese il partito di estrema destra Democratici Svedesi (Sd) sotto la guida del giovane Jimmie Akesson, che è riuscito nell’impresa di raddoppiare il consenso per il suo partito. Il giovane leader, nato a Ivetofta, nella regione meridionale di Soelvesborg, aspetto da “bravo ragazzo” con occhialino rettangolari e capelli pettinati, e’ approdato alla destra estrema dopo aver militato da adolescente nella federazione giovanile del Partito Moderato, partito liberal – conservatore tradizionale. Nel 1995, all’eta’ di 16 anni, come racconta, è stato catturato con le argomentazioni del movimento contro l’immigrazione e contro l’Unione europea. Ai raduni di Sd, comunque, non sono mai mancate le simbologie estremiste e le divise naziste.

Akesson in queste elezioni ha puntato tutto sul volto “gentile” della xonofobia e sulla strategia politica dell'”ago della bilancia”, pronto cioè ad alleanze tattiche con il centrodestra o il centrosinistra. Sia Lovfen che Reinfeld hanno però escluso questa eventualità.

Se fino all’altro giorno la propaganda di Sd era connotata da simboli neonazisti e razzisti Akesson l’ha presentata come forza responsabile, di ispirazione nazionalista, battendo ossessivamente sul concetto che “meno immigrazione” equivale ad un “welfare piu’ sostenibile” per tutti, per gli svedesi come per gli immigrati gia’ integrati. Ha addirittura girato uno spot per scrollarsi di dosso ogni sospetto di razzismo, in cui compare accanto a due immigrati, uno dei quali, una donna, grida allo spettatore “Osate ribellarvi al razzismo!”.

Akesson e’ alla guida dell’Sd dal 2005 come leader unificante di fazioni e anime diverse di un minuscolo movimento il cui slogan era “mantieni la Svezia svedese” e il simbolo un minaccioso guerriero vichingo. Cambiatone il “look” in poco tempo, pur faticando – dicono gli osservatori – a moderare le intemperanze di molti militanti, nel 2010 gli era gia’ riuscito il miracolo di portare 20 deputati nel parlamento di Stoccolma con un 5,7% di voti ottenuto dal nulla. Un’operazione simile a quella compiuta da Marine Le Pen con il Front National francese e da altri partiti xenofobi europei.

La promessa agli elettori e’ di non assumere un atteggiamento barricadero in Parlamento, di non opporsi frontalmente a tutto. “Noi possiamo appoggiare proposte da destra e da sinistra. Dal campo socialdemocratico, per esempio, possiamo contribuire con decisione a rafforzare le indennita’ di disoccupazione”, ha spiegato di recente all’Afp.I Democratici Svedesi affondano le radici nell’estrema destra tanto simile a quella dei ‘confratelli’ di Danimarca, Olanda, Norvegia, Gran Bretagna (con Farage) e Francia (con la Le Pen).

Strikemeeting, il documento finale dopo la plenaria di ieri ad Acrobax di Roma Autore: redazione da: controlacrisi.org

Ecco il comunicato finale dello #strikemeeting che si è svolto a Roma in questo fine settimana. Oltre 500 tra precari/e, lavoratrici/ori, attivist*, student* hanno discusso e lanciato alcune proposte per la costruzione di un’opposizione sociale, ampia e articolata, capace di resistere alla devastazione del «modello sociale europeo» e dei governi della BCE che stanno portando un attacco senza precedenti al salario, disoccupazione di massa, privatizzazioni del welfare (formazione, sanità, previdenza) e dei settori strategici, recinzione dei beni comuni.“Partiamo da un dato: nei tre giorni dello Strike Meeting, oltre 500 tra lavoratrici e lavoratori, precari, studentesse/studenti, attiviste/i sindacali, dei centri sociali e dei comitati che difendono i beni comuni, provenienti da tutta Italia e non solo, si sono incontrati e hanno discusso per ore, mettendo a confronto forme organizzative, pretese programmatiche, pratiche di lotta. Un dato per nulla scontato, che non si limita a registrare la forza quantitativa dell’evento, ma segnala, semmai, la qualità di un processo politico dove alla competizione tra gruppi si sostituisce la composizione virtuosa delle differenze. Da qui dunque occorre prendere le mosse per passare in rassegna i punti salienti del dibattito.

Nei workshop come nelle plenarie, nei tavoli programmatici come nella tavola rotonda con gli attivisti provenienti da Germania, Francia, Grecia, Spagna e Portogallo, centro dell’attenzione sono state le politiche neoliberali, approfondite dalla crisi, che stanno ridisegnando lo scenario europeo: attacco ai salari, compressione dei diritti sindacali, dequalificazione e aziendalizzazione della formazione e della ricerca, privatizzazione delle public utilities, recinzione dei beni comuni, nuovo governo della mobilità della forza-lavoro e sfruttamento del lavoro migrante. Altrettanto, e al seguito di una definizione non superficiale di questi fenomeni, è emersa l’esigenza di fare un salto di qualità nell’articolazione delle lotte e delle istanze programmatiche.

È evidente a tutte e tutti ‒ e l’avvio della tre giorni con la tavola rotonda animata dagli attivisti europei non è stato casuale ‒ che l’Europa è il terreno minimo dello scontro, la scala transnazionale decisiva per affermare conflitti capaci di incidere. Ed è evidente che senza la costruzione di uno spazio di relazione permanente e innovativo tra le lotte e i movimenti è inimmaginabile rompere l’impasse e sovvertire il presente. Lo sciopero sociale, generale e generalizzato, precario e metropolitano vuole essere un primo approdo, indubbiamente parziale ma fondamentale, di questa sperimentazione. Un modo per cominciare a rovesciare la narrazione tossica che sostituisce il merito all’uguaglianza, la competizione selvaggia alla felicità comune.

La piattaforma dello sciopero non può che comporre le istanze che segnano il mondo del lavoro e della formazione, del non lavoro e della cooperazione sociale. Rifiutare e respingere il Jobs Act e la riforma renziana della scuola, oltre alla nuova stagione di privatizzazione e mercificazione dei beni comuni, in generale la trasformazione neoliberale del mercato del lavoro e la rinazionalizzazione della cittadinanza, significa infatti battersi per un nuovo welfare, per il diritto all’abitare, per il reddito europeo sganciato dalla prestazione lavorativa, per il salario minimo europeo, per l’accesso gratuito all’istruzione, e lottare contro i dispositivi di selezione e di controllo che, attraverso le retoriche meritocratiche, aprono le porte delle scuole e delle università ai privati e fanno del sapere strumento docile degli interessi d’impresa. Non c’è solo la disoccupazione a colpire giovani e meno giovani, non è solo la sottoccupazione a trafiggere milioni di donne e di uomini. Si tratta del nuovo mantra dell’occupabilità che spinge ad accettare il lavoro purché sia, quello senza diritti e, addirittura, gratuito (vedi il modello Expo). Rivendicare reddito garantito e salario minimo europeo deve quindi procedere di pari passo con la pretesa della libertà e della democrazia sindacale, del diritto di coalizione e di sciopero, dentro e fuori i posti di lavoro. Ancora: senza la difesa dei beni comuni e la riappropriazione democratica del welfare è impensabile un processo di conflitto espansivo che sappia mettere all’angolo la gestione neoliberale della crisi.

Una piattaforma comune per uno sciopero sociale che sappia combinare le diverse forme di lotta e di sciopero sperimentate e progettarne di nuove, potenzialmente capaci di estendersi su scala europea: lo sciopero generale del lavoro dipendente, lo sciopero precario e metropolitano, lo sciopero di chi non ha diritto di sciopero, il netstrike, lo sciopero nei luoghi della formazione, lo sciopero di genere. Un caleidoscopio di pratiche da costruire pazientemente attraverso dei veri e propri laboratori territoriali dello sciopero.

Verso lo sciopero sociale, per il quale proponiamo la data del 14 novembre ‒ per avere il tempo di far crescere un processo reale che vada oltre l’evocazione roboante, e perché proprio a novembre si concluderà l’iter parlamentare del Jobs Act, mentre si procederà speditamente verso l’approvazione della Legge di stabilità e il giorno successivo si concluderà la consultazione del Governo sul Piano Scuola ‒, sono diversi gli appuntamenti importanti che rilanciamo con forza: il 2 ottobre a Napoli, per contestare il board della BCE; il 10 ottobre, la grande mobilitazione e gli scioperi delle studentesse e degli studenti, dei docenti e del personale ATA; l’11 e 12 ottobre a Milano, avviando la lunga agenda di conflitto contro l’Expo che avrà come approdo il 1 maggio; dal 9 al 12 ottobre, la guerriglia tag contro l’Internet Festival di Pisa; il 16 ottobre dove con buona probabilità prenderà forma lo sciopero generale della logistica. Proponiamo inoltre a tutte le reti europee di avviare una discussione sull’estensione transnazionale della pratica dello sciopero: saremo a Bruxelles al meeting lanciato dal coordinamento di Blockupy il prossimo 26 e 27 settembre per discutere iniziative comuni. Proponiamo anche per il 7 novembre una giornata di azioni dislocate in tutte le città contro il programma Youth Guarantee e più in particolare contro gli enti pubblici e privati (centri per l’impiego, Regioni, agenzie interinali, università/fondazioni) che il programma gestiscono. Sabato 1 novembre, e se la data del 14 novembre sarà accolta come la migliore per lo sciopero sociale, proponiamo di rivederci a Roma, un’assemblea dei laboratori territoriali per entrare nel vivo della preparazione dello sciopero stesso.

Da tutte e tutti coloro che hanno partecipato allo Strike Meeting un caloroso abbraccio agli attivisti ancora privi della libertà, nella speranza di rivederli presto con noi nelle lotte”.

#14N
#scioperogenerale
#scioperosociale
#stopjobsact
#renzistaisereno