A ottobre la terza edizione di “Contromafie, gli Stati generali dell’antimafia” | Fonte: Libera.it

Contromafie, gli Stati generali dell’antimafiaè un appuntamento che Libera offre al movimento antimafia italiano, europeo e non solo, in cui le associazioni e le realtà impegnate contro le diverse forme di criminalità organizzata e transnazionale e le connesse pratiche di corruzione, si ritrovano per confrontare strategie e percorsi, mettere a punto proposte di natura giuridica ed amministrativa, elaborare azioni di contrasto civile e non violento, valorizzare le buone prassi ed esperienze maturate in tema di libertà, cittadinanza, informazione, legalità, giustizia e solidarietà.La terza edizione di Contromafie giunge a distanza di cinque anni dalla precedente e deve registrare un contesto sociale e politico mutato profondamente per le pesanti ripercussioni causate dalla recessione economica mondiale, purtroppo ancora in atto, i cui effetti devastanti sono stati accentuati dallo smarrimento di riferimenti etici e valoriali, dalla mancanza di anticorpi civili e culturali, in grado di contrastare, soprattutto nelle nuove generazioni, il fascino perverso del modello apparentemente vincente del crimine e dell’illegalità.

Contromafie non è un convegno, non è una vetrina, ma è piuttosto uno spazio e un tempo per il confronto, lo studio, l’approfondimento: sotto i riflettori finiscono progetti, percorsi, idee, per fare il punto insieme dei risultati conseguiti dall’antimafia civile, sociale e responsabile. Contromafie è un luogo per presentare alle istituzioni le modifiche legislative e regolamentari, frutto del lavoro quotidiano ed elaborare le soluzioni condivise ai problemi e alle difficoltà che nel nostro Paese incontra chi punta a valorizzare l’essere umano e la sua dignità, affrancandolo dalla schiavitù del giogo mafioso e dalla corruzione, definita “peste” dal Cardinale Carlo Maria Martini prima e da Papa Francesco poi.

In particolare, quest’ultimo tema è da diversi anni centrale nell’impegno della rete associativa afferente a Libera, come è testimoniato dalle campagne “Corrotti” e “Riparte il futuro”, dove l’analisi dei fenomeni corruttivi s’apre alla valorizzazione dell’impegno di singoli e realtà nel contrasto quotidiano alle prassi di corruttela. Ad esse si è andata affiancando un’iniziativa nazionale come “Miseria Ladra” che denuncia la stretta connessione tra presenza delle mafie e l’impoverimento del contesto sociale ed economico e rilancia la necessità di un nuovo welfare che restituisca dignità e diritti ai cittadini del nostro Paese.

Si capisce così la stretta correlazione tra il “contro” e il “per” nella mission di Contromafie: non una semplice contrapposizione alle mafie e alla corruzione, pur necessaria, ma una contemporanea presa di coscienza del ruolo fondamentale che oggi giocano parole come “libertà” e “dignità”, “cittadinanza” e “responsabilità”, “informazione” e “democrazia”, “legalità” e “trasparenza”, “giustizia” e “verità”, “solidarietà” e “sviluppo”, la cui piena realizzazione è la sola via per arrivare alla sconfitta di mafie e corruzione.

Anche per la terza edizione, Contromafie propone quattro giorni di studio e confronto che si sviluppano secondo le sei aree tematiche che ne accompagnano i lavori fin dal 2006 (per una parola di libertà e dignità, per un sapere di cittadinanza e responsabilità, per un dovere di informazione e democrazia, per una politica di legalità e trasparenza, per una domanda di giustizia e verità, per una economia di solidarietà e sviluppo) come luoghi di approfondimento e di scambio, attraverso la suddivisione in sessioni e gruppi.

“Basta Renzi, le forze dell’ordine scioperano”Fonte: Il Manifesto | Autore: Antonio Sciotto

«Noi non siamo incaz­zati con il governo Renzi: siamo stra-incazzati». Se parli con i poli­ziotti rie­sci a capire come in poche ore, nel pome­rig­gio di ieri, sia mon­tata la rab­bia di tutto il com­parto forze dell’ordine, fino a minac­ciare – per la prima volta nella sto­ria ita­liana – uno «scio­pero gene­rale» di poli­zia, cara­bi­nieri, vigili del fuoco, eser­cito, marina, aero­nau­tica e guar­dia di finanza. Annun­ciato dai sin­da­cati e dal Cocer interforze.

In serata il pre­mier Renzi ha rispo­sto: «Rice­verò gli agenti di poli­zia, ma non accet­terò ricatti», ha detto. È ingiu­sto, ha aggiunto, scio­pe­rare per un aumento di sti­pen­dio quando ci sono milioni di disoccupati.

Nel mirino della pro­te­sta, il blocco dei con­tratti del pub­blico impiego annun­ciato dalla mini­stra Marianna Madia due giorni fa. In realtà, que­ste forze non hanno il diritto di scio­pe­rare, ma assi­cu­rano che tro­ve­ranno delle for­mule per arri­vare al mas­simo impatto pos­si­bile. Per­ché si parli di loro e delle loro con­di­zioni di lavoro, ormai al limite: la stessa parola «scio­pero gene­rale» è stata usata appo­sta, per­ché “bucasse” l’informazione.

La pro­te­sta ieri è mon­tata improv­vi­sa­mente, men­tre paral­le­la­mente si face­vano sen­tire anche gli altri set­tori del pub­blico impiego, che pure annun­ciano ini­zia­tive. Ma forse per­ché più “com­presse” in strette maglie di disci­plina, le forze dell’ordine sono esplose: prima hanno annun­ciato il blocco degli straor­di­nari i poli­ziotti di Bolo­gna, poi è arri­vata la nota nazio­nale, con l’annuncio di uno
«scio­pero gene­rale entro fine settembre».

Lo si farà pro­ba­bil­mente nella forma di una grande mani­fe­sta­zione nazio­nale, o con l’indizione con­tem­po­ra­nea e in tutte le città di assem­blee sin­da­cali (ma se la poli­zia ha diritto a farle, i cara­bi­nieri ad esem­pio non pos­sono usu­fruire di que­sta pos­si­bi­lità). «Siamo anche dispo­sti a man­dare avanti qual­cuno e a farci denun­ciare», dicono i poli­ziotti in piena arrabbiatura.

«Per la prima volta nella sto­ria della nostra Repub­blica – spie­gano nella nota sin­da­cati e Cocer – siamo costretti a dichia­rare lo scio­pero gene­rale» del com­parto sicu­rezza, difesa e soc­corso pub­blico, «veri­fi­cata la totale chiu­sura del governo ad ascol­tare le esi­genze delle donne e degli uomini in uniforme».

«Quando abbiamo scelto di ser­vire il Paese, per garan­tire Difesa, Sicu­rezza e Soc­corso pub­blico – pro­se­gue la nota – era­vamo con­sci di aver intra­preso una mis­sione votata alla totale dedi­zione alla Patria e ai suoi cit­ta­dini con con­di­zioni dif­fi­cili per man­canza di mezzi e di risorse. Quello che non cre­de­vamo è che chi è stato ono­rato dal popolo ita­liano a rap­pre­sen­tare le Isti­tu­zioni demo­cra­ti­che ai mas­simi livelli, non avesse nem­meno la rico­no­scenza per coloro che, per poco più di 1300 euro al mese, sono pronti a sacri­fi­care la pro­pria vita per il Paese».

Daniele Tis­sone, segre­ta­rio del Silp Cgil, spiega che la sop­por­ta­zione della cate­go­ria è arri­vata al limite, non solo per la man­canza di mezzi e per­so­nale, che rende sem­pre più arduo e rischioso il lavoro, ma per il fatto che gli sti­pendi sono bloc­cati da ben cin­que anni. E ora si pre­para addi­rit­tura il sesto.

«Nel 2009 abbiamo avuto l’ultimo aumento con­trat­tuale – afferma Tis­sone – pari a 130–140 euro lordi in tre anni. Ma a parte il con­tratto, ci sono stati bloc­cati, a par­tire dal 2011, anche gli scatti di anzia­nità, le pro­mo­zioni, gli asse­gni di fun­zione. In pra­tica, se sei pro­mosso, assumi ruoli e respon­sa­bi­lità del grado supe­riore, ma la paga resta ferma». Insomma, negli ultimi quat­tro anni, per que­sti ulte­riori bloc­chi, alcuni poli­ziotti sono arri­vati a per­dere anche 300 euro netti al mese. Mica bruscolini.

Dalle forze dell’ordine la pro­te­sta potrebbe allar­garsi all’intero pub­blico impiego: ieri la segre­ta­ria della Cgil Susanna Camusso ha par­lato di «blocco incom­pren­si­bile dei con­tratti», e Raf­faele Bonanni (Cisl) ha annun­ciato «mobi­li­ta­zioni». L’Usb attuerà invece «una guer­ri­glia, con azioni non convenzionali».

Rossana Dettori (Fp Cgil): «La pubblica amministrazione è nel caos più totale, la reazione sarà durissima»| Fonte: Il Manifesto | Autore: Massimo Franchi

Pubblico impiego. La segretaria generale della Fp Cgil al manifesto: “Dalla ministra Madia solo false promesse e prese in giro. Il governo si contraddice. La mobilitazione sarà durissima, bisogna rinnovare i contratti”«Que­sto governo non ci parla e adesso è arri­vato per­fino a smen­tire se stesso. Non ci stiamo più a essere presi in giro: ci mobi­li­te­remo sicu­ra­mente, spero uni­ta­ria­mente, diver­sa­mente scio­pe­re­remo come sola Cgil». Il giorno dopo l’annuncio della mini­stra Madia sull’ennesimo blocco del con­tratto degli sta­tali, le sue parole suo­nano ancora più bef­farde. E men­tre par­tono gli scio­peri spon­ta­nei, la segre­ta­ria gene­rale della Fp Cgil — Ros­sana Det­tori — spiega le ragioni di una rispo­sta che «dovrà essere all’altezza della cat­ti­ve­ria e della super­fi­cia­lità del governo».

Dica la verità: cre­deva dav­vero che il governo Renzi avrebbe rin­no­vato il contratto?

Io ero real­mente con­vinta che que­sto mini­stro potesse sbloc­carlo. Lo aveva detto in più occa­sioni: a noi a pri­ma­vera nell’unico incon­tro fac­cia a fac­cia avuto con lei, lo aveva riba­dito quando l’Istat aveva quan­ti­fi­cato il taglio degli sti­pendi pub­blici par­lando «di sacro­santo diritto al rin­novo con­trat­tuale». Poi invece è par­tito un bal­letto di noti­zie e smen­tite con il mini­stero dell’Economia, con­cluso dalla chiu­sura totale della Madia che ci ha vera­mente stu­pito. False pro­messe, false ras­si­cu­ra­zioni: è troppo chie­dere un governo che sia almeno coerente?

Ciò che ha stu­pito molti è la tem­pi­stica dell’annuncio: nel giorno del varo della riforma della scuola, Madia «copre» la noti­zia di Renzi con un annun­cio che di certo non ha fatto pia­cere a tre milioni di poten­ziali elettori..

Mi sem­bra che nel governo le idee non siano molto chiare: da «una riforma al mese» siamo pas­sati al «passo dopo passo», al «giu­di­ca­teci fra mille giorni». Anzi, sulla riforma della Pa siamo al caos in attesa di 29 decreti attua­tivi, e al pres­sap­po­chi­smo più totale. Basta vedere come è stata gestita la vicenda del taglio dei distac­chi. La cir­co­lare è arri­vata a metà ago­sto e le per­sone dove­vano tor­nare al lavoro il primo set­tem­bre senza che le ammi­ni­stra­zioni fos­sero state avver­tite con pro­blemi gran­dis­simi anche per i nostri che al Sud ave­vano denun­ciato le ammi­ni­stra­zioni in cui dove­vano tor­nare. Il rispar­mio di 150 milioni si è rive­lato una bufala: bene che vada saranno una decina di milioni per gli inse­gnanti che veni­vano sostituiti.

Eppure Madia ricorda che gli 80 euro sono andati anche agli sta­tali e che non ce ne fosse un gran biso­gno visto che ne hanno usu­fruito solo un lavo­ra­tore su quattro…

Il dato mi sem­bra sot­to­sti­mato — gran parte dei lavo­ra­tori della sanità e degli enti locali pren­dono meno di 1.500 euro al mese — ciò che non accetto del ragio­na­mento del mini­stro è che anche se fosse, que­sto non la esi­mia a rin­no­vare i con­tratti, diritto sacro­santo dei lavo­ra­tori. Allar­gando a tutti i com­parti il ragio­na­mento si arri­ve­rebbe all’assurdo: «Visto che abbiamo dato gli 80 euro non rin­no­viamo più nes­sun con­tratto». Una follia.

La rab­bia è già scop­piata e spe­cie i lavo­ra­tori del com­parto sicu­rezza stanno pro­te­stando. Chie­de­rete dero­ghe per loro?

Per noi tutti i lavo­ra­tori hanno diritto al rin­novo del con­tratto. Il solo corpo di Poli­zia ha una con­trat­ta­zione spe­ci­fica e vedremo cosa suc­ce­derà. Per noi l’obiettivo è il rin­novo per tutti e per que­sto ci mobiliteremo.

Sarà scio­pero uni­ta­rio con Cisl e Uil o vi mobi­li­te­rete assieme a tutta la Cgil?

Ho sem­pre lavo­rato per l’unità sin­da­cale per­ché credo fer­ma­mente che sia nell’interesse di tutti i lavo­ra­tori. Le prime dichia­ra­zioni di Cisl Fp e Uilpa mi sem­bra siano per la mobi­li­ta­zione. Dopo le assem­blee sui luo­ghi di lavoro, la pros­sima set­ti­mana ci incon­tre­remo e vedremo se siamo d’accordo sulle forme di pro­te­sta. Se non sarà così, scen­de­remo in piazza come sola Cgil, non pos­siamo più per­met­tere di essere presi in giro.

Il mini­stro Madia ha comun­que con­fer­mato la volontà di rin­novo della parte nor­ma­tiva del con­tratto. Non c’è il rischio che, visto il tenore della riforma, si rischi di peg­gio­rare ancora le con­di­zioni dei lavoratori?

Asso­lu­ta­mente sì. Anche per­ché nel decreto 90 della riforma si sono messe mano a que­stioni come mobi­lità e deman­sio­na­mento che invece sono pro­prie della con­trat­ta­zione. La mobi­lità entro i 50 km per ora può essere appli­cata a tutti i lavo­ra­tori, sul deman­sio­na­mento per for­tuna un emen­da­mento Pd — da noi chie­sto — ha pre­ci­sato che potrà essere solo di un livello: non era specificato.

Donne “in esubero”. “Non si tratta solo di un licenziamento. Ti vogliono umiliare”Fonte: http://francescoiaco.blogspot.it | Autore: francesco jacovone

“E’ innegabile che siano le donne, quelle che più di tutti stanno pagando la crisi, quelle che hanno subito e continuano a subire i maggiori attacchi ai diritti faticosamente conquistati, al sessismo nel lavoro e alla discriminazione di genere. Si potrebbero raccontare migliaia di storie di donne, farne un mosaico rappresentativo della società in cui viviamo. L’ aspetto più drammatico di questa situazione è il profondo senso di solitudine che attanaglia le donne, la disoccupazione rosa non fa notizia, e come spesso accade le donne finiscono sui tabloid e per questioni molto diverse, che aggravano il senso di frustrazione generale. In questo mosaico di donne invisibili e discriminate, possiamo parlare delle donne di Alitalia, che sono tra le prime ad aver assaporato, in una delle più grandi aziende industriali del paese, cosa rappresenti essere donna nel mondo del lavoro. “ Comincia così la chiacchierata con Susi, una sindacalista USB di Alitalia ma ancor prima una persona che stimo, con una sensibilità fuori dal comune.“Appartengo a quelle 10.000 persone che nel 2008 sono state licenziate dalla vecchia compagnia di bandiera, un piccolo paese, di lavoratori e precari, uomini e donne, ma anche famiglie e speranze. Licenziati, senza nessun criterio oggettivo di legge, considerati come ” materiale umano ” da utilizzare secondo necessità, nella più grande privatizzazione della storia recente del nostro paese.Molti tra questi lavoratori erano genitori di disabili e madri sole. Cosi come i sindacalisti scomodi.”

Insomma, una storia fatta di uomini e donne, una vertenza che nasconde dietro ogni singolo posto di lavoro una storia fatta di sangue e carne. Una vertenza di quelle che tracciano un solco, che determinano un cambiamento radicale nelle relazioni industriali di tutto il paese e che incidono nella vita di tutti i lavoratori, nessuno escluso.

Susi prosegue nel suo racconto, con passione e rabbia: “Da coloro che sono stati espulsi dal mondo del lavoro perché pensionabili e molti, soprattutto donne, non lo sono più, a coloro che sono stati lasciati a casa senza nessuna prospettiva perché discriminati. Ai precari, i nuovi schiavi invisibili. Solo chi ci è passato sa che cosa si provi ad alzarsi una mattina e perdere tutto. Il lavoro, il futuro, l’identità. Essere accompagnati alla porta, perché da quel momento non servi più all’azienda per cui hai lavorato per dieci venti, trent’anni. Magari dopo anni come precario.

Che cosa voglia dire essere un uomo o una donna di quaranta, cinquant’anni e avere la preoccupazione di non riuscire più a rientrare nel mondo del lavoro perché troppo giovani per andare in pensione, e troppo vecchi per trovare lavoro. E come si senta un padre di famiglia nel guardare il proprio figlio sapendo di non essere più in grado di provvedere al suo futuro. Si è fatta molta critica sulle proteste di chi sta perdendo il lavoro o sugli ammortizzatori sociali che nel trasporto aereo sono considerati da privilegiati. Peccato che, molto spesso chi ci finisce entra in un purgatorio prima di essere definitivamente disoccupato. Mentre al posto di chi è in cassa o mobilità c’è un precario o uno sfruttato, semmai con contratto estero sottopagato.

Quello che accade oggi in questo settore, dalle compagnie aeree, agli handlers, alle manutenzioni, alle attività commerciali, sia un sistema fatto di discriminazioni, abusi, indifferenza, in cui i lavoratori sono lasciati soli, non solo dall’azienda, ma dalle istituzioni e da una parte del sindacato molto più impegnato a non disturbare il conduttore che farsi garante del sacrosanto diritto al lavoro. E’ il risultato delle grandi privatizzazioni in cui a fronte degli interessi di pochi si sta minando la tenuta stessa della società.

Sei anni fa il fallimento di Alitalia ha rappresentato una grande campagna elettorale insieme alla mondezza di Napoli. Oggi tutte le aziende di questo settore sono in una crisi di sistema senza precedenti. I fiumi di denaro speso per gli ammortizzatori sociali e il dispendio economico di risorse della collettività, sono una bestemmia per la società stessa. Soprattutto, se pensiamo che molto spesso gli amministratori delegati dopo aver fatto fallire le società, escono con premi da capogiro.

Quella di questo settore è una storia, fatta di bad company e good company , di salvataggi di banche e distruzioni di migliaia di posti di lavoro. La storia di aziende, che erano e sono le persone che ne portano l’immagine nel mondo. Una storia fatta, di ricordi e di passione, ma anche di dolore, personale e collettivo. E’ giusto raccontare questi anni bui perché, la memoria ci restituisca la dignità perchè dietro ogni posto di lavoro c’è sangue e carne. E’ urgente rimboccarsi le maniche perché quello che è accaduto a migliaia di persone non deve accadere mai più.”

Quello che accade oggi in Alitalia non è che il completamento di un “lavoro” iniziato qualche anno fa, il compimento di un nuovo modello di relazioni industriali che non fa prigionieri, spietato e violento che non riguarda soltanto l’Alitalia, non riguarda soltanto Susi. Riguarda tutti noi e tutti noi possiamo rileggerci la nostra storia personale…

Anche medici e dirigenti sanitari si uniscono alla protesta contro il blocco della contrattazione | Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

Contro il prolungamento al 2015 del blocco dei contratti del pubblico impiego protestano anche i medici e i dirigenti sanitari dipendenti del SSN compresi, e ricordano la reazione stizzita del ministero della Economia che negava il blocco sine die, rinviando ogni decisione alla legge di stabilità, anche perché questo significherebbe uno stop fino al 2018. Dichiarano in una nota di volersi unire alla protesta che sta montando, “per non essere bersaglio immobile e per il rispetto che devono alla loro dignità professionale ed al servizio civile che continuano a svolgere nei confronti dei cittadini”.

L’Anao Assomed in un lungo comunicato riporta i termini della questione sottolineando che il Governo sceglie “la strada più semplice, non quella più utile, dopo aver dichiarato, nei mesi scorsi, il proprio impegno nel rilanciare meritocrazia, sviluppo di carriera e competenze avanzate, pur non potendo garantire adeguate risorse, con l’ennesimo taglio lineare, proprio quello che aveva promesso di non fare”. Il danno economico di un blocco contrattuale lungo 6 anni per medici e dirigenti sanitari “è più profondo di quanto si immagini, specie per quei giovani che il governo dice di volere privilegiare, per il sommarsi anche della decurtazione dei fondi contrattuali periferici e del blocco della retribuzione individuale, e delle conseguenti ricadute in termini pensionistici. Intanto il precariato medico continua ad aspettare, come se avesse meno diritto alla stabilizzazione rispetto ad altri”, proseguono i medici, per i quali non è solo questione di soldi, ovvero “se il Governo può decidere, in qualità di datore di lavoro, di quanto finanziare il contratto dei suoi 3 milioni di dipendenti, non può fuggire il confronto su regole ed organizzazione, con una serrata che lo esonera anche dall’intervenire sui presupposti, quali la definizione delle aree contrattuali. Usare i contratti come strumento di innovazione e di governo è possibile anche con disponibilità nulle del bilancio pubblico per il 2015, eliminando le altre angherie previste dal DL 78/10, peraltro già derogate per magistratura, scuola e sicurezza, come da tempo andiamo chiedendo, testimone il Ministro della salute. E consentendo di trovare le risorse necessarie all’interno del sistema, nelle classiche logiche di scambio”.

“Non è equo né accettabile che subiamo penalizzazioni plurime – si legge ancora nella nota dell’Anaoo-Assomed -. Nel calderone del pubblico impiego anche la sanità, al pari della scuola, merita di ritrovare le ragioni della complessità e della specificità di una funzione svolta a tutela di un diritto delle persone. Umiliare le risorse umane che tengono aperti i cancelli della fabbrica sanità garantendo la salvaguardia di un bene prezioso come la salute, con un lavoro gravoso e rischioso che, come quello delle forze di polizia, non conosce giorni e notti di pausa, contribuisce ad un impoverimento della sanità pubblica che gli 80 euro non basteranno a compensare.
Il premier ha ragione ad investire sulla scuola sostenendo che gli italiani di domani saranno quelli che faranno i professori e le scuole di oggi. Ma non dimentichi che il loro stato di salute, fattore non marginale nella vita degli individui, dipenderà dai medici e dalla sanità che oggi governa”.