Droga: la politica tace, parla la Corte Fonte: Il Manifesto | Autore: Stefano Anastasia

La col­ti­va­zione di can­na­bis desti­nata all’uso per­so­nale non costi­tui­sce reato. Lo ha chia­ra­mente moti­vato la Corte di cas­sa­zione con una sen­tenza depo­si­tata il 29 luglio scorso. Un passo impor­tante, che fissa la cor­retta inter­pre­ta­zione della nor­ma­tiva sulle dro­ghe. Inca­paci di pro­durre una inno­va­zione poli­tica all’altezza del mutato con­te­sto inter­na­zio­nale, in Ita­lia il testo unico sulle dro­ghe viene rivi­sto e riscritto dalla giu­ri­spru­denza, ieri dalla Corte di cas­sa­zione, l’altro ieri dalla sen­tenza con cui la Corte costi­tu­zio­nale ha giu­di­cato ille­git­tima l’intera legge Fini-Giovanardi. Potreb­bero tran­quil­la­mente rife­rir­visi le argo­men­ta­zioni usate da Ste­fano Rodotà su la Repub­blica di dome­nica scorsa a pro­po­sito della pro­crea­zione medi­cal­mente assi­stita: “negli ultimi venti anni la tutela dei diritti è stata garan­tita quasi esclu­si­va­mente dai giu­dici costi­tu­zio­nali e ordi­nari, men­tre il Par­la­mento cer­cava di ridurne ille­git­ti­ma­mente l’ampiezza o rima­neva col­pe­vol­mente silen­zioso”. Un bel para­dosso e il prin­ci­pale dei pro­blemi per chi, come il Mini­stro Orlando, voglia rifor­mare la giu­sti­zia nel solco della distin­zione di ruoli tra poli­tica e magi­stra­tura: se la poli­tica con­ti­nua a non deci­dere, o a deci­dere in senso con­tra­rio ai vin­coli posti dalla Costi­tu­zione, come pre­ten­dere che non vi sia un con­flitto con una giu­ri­sdi­zione cui sono dele­gate tutte le pos­si­bi­lità di rico­no­sci­mento dei diritti dei cittadini?Non altro è il pro­blema che abbiamo posto negli ultimi vent’anni in mate­ria di dro­ghe, sin dal refe­ren­dum del 1993, che abrogò le parti più ideo­lo­gi­che e repres­sive della legge Iervolino-Vassalli, e poi qual­che mese fa, all’indomani della abro­ga­zione della legge Fini-Giovanardi. Spetta al Par­la­mento riscri­vere da cima a fondo la legge sulla droga, tenendo conto del fal­li­mento della war on drugs, dal mutato con­te­sto inter­na­zio­nale e dei cam­bia­menti nell’uso delle sostanze stu­pe­fa­centi. E spetta al Par­la­mento risol­vere i pro­blemi di carat­tere gene­rale sol­le­vati da un cor­retto eser­ci­zio del potere giu­ri­sdi­zio­nale. Tra que­sti, quello delle migliaia di per­sone tutt’ora in car­cere in forza di pre­vi­sioni penali giu­di­cate ille­git­time dalla sen­tenza della Corte costi­tu­zio­nale del feb­braio scorso.

La per­du­rante igna­via del Par­la­mento — inter­rotta solo dal ten­ta­tivo revan­chi­sta della Mini­stra Loren­zin, di rein­tro­durre per decreto l’intera legge Fini-Giovanardi (norme penali com­prese) – ci ha costretto a ripren­dere la via giu­di­zia­ria. E’ pos­si­bile tol­le­rare ulte­rior­mente il pro­lun­garsi dell’esecuzione di pene giu­di­cate, nella loro misura, ille­git­time dalla Corte costi­tu­zio­nale? La Corte di cas­sa­zione ha chia­ra­mente detto di no, ma que­sto non basta quando il pro­blema sia pol­ve­riz­zato in migliaia di situa­zioni per­so­nali che richie­dono ricorsi indi­vi­duali al giu­dice dell’esecuzione, ed essendo la gran parte degli inte­res­sati privi della minima cogni­zione giu­ri­dica e di un’adeguata assi­stenza legale. Tocca allora andare città per città e car­cere per car­cere, a infor­mare i dete­nuti e spie­gare loro che pos­sono chie­dere la ride­ter­mi­na­zione della pena e, molto pro­ba­bil­mente, essere scar­ce­rati. È quello che stiamo facendo, con i garanti dei dete­nuti, le camere penali e le altre asso­cia­zioni che hanno ade­rito alla cam­pa­gna “Can­cel­lare le pene ille­git­time”. In Friuli, dove la cam­pa­gna è stata pre­sen­tata alla stampa il 2 ago­sto scorso, potreb­bero essere 262 su 644 i dete­nuti inte­res­sati al rical­colo delle pene, a Fer­rara 50 su 300. Inte­ressa al Mini­stro Orlando e ai rifor­ma­tori della giu­sti­zia e delle isti­tu­zioni que­sta riaf­fer­ma­zione in con­creto di prin­cipi basi­lari dello stato di diritto?

Vedi dos­sier “Can­cel­lare le pene ille­git­time” su http://www.fuoriluogo.it

Governo, il six pack e l’ostaggio delle pensioni. Ecco perché Renzi farà piangere l’Italia Autore: fabio sebastiani da: controlacrisi.org

“Sulle pensioni c’è un gran caos”. Fa bene la Cgil a mettere l’accento sulla girandola di ipotesi campate in aria che tra palazzo Chigi e il Parlamento segnano gli ultimi dieci giorni che ci dividono dal colpaccio di Renzi sul fiscal compact. Un colpaccio che sono in molti a temere, anche se le idee non sono molto chiare. Ma proprio per questo motivo l’allarme non è da sottovalutare. E questo per il semplice motivo che i tagli alle pensioni sono una delle poche armi che l’ex sindaco di Firenze ha in mano per evitare la bocciatura dell’Europa.

In base alle regole del six pack, il saldo strutturale di bilancio deve scendere almeno dello 0,5% del Pil ogni anno (circa 10 miliardi), “salvo motivate eccezioni”. Deviazioni temporanee dalla misura dello 0,5% possono essere accettate, oltre che in presenza di eventi eccezionali, anche nel caso in cui un Paese abbia effettuato riforme strutturali rilevanti (con particolare riferimento a quelle pensionistiche), con un effetto quantificabile sulla sostenibilita’ a lungo termine delle finanze pubbliche. E’ proprio su questo punto che si gioca la partita fra Roma e Bruxelles: dimostrando che il deficit e’ sotto il 3% e il debito e’ nel percorso di rientro previsto, che le riforme sono state fatte e altre sono in cantiere, il Governo italiano potrebbe ottenere uno sconto su quel 0,5% (4-5 miliardi).

Le ipotesi di intervento sono le più varie, si va da un contributo di solidarietà, non si sa ancora finalizzato a cosa, che ha come bersaglio pensioni sopra i 5.000 euro (ma si è parlato anche di una asticella a 2.000) ad un ricalcolo degli assegni che adesso ancora stanno nel regime retributivo con il metodo contributivo.

Sul fronte sindacale, il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, vede nelle diverse ipotesi solo “una nuova tassa” e bisognerebbe piuttosto aggredire gli sprechi della politica. Sulla stessa linea l’Ugl. La Cgil intanto torna a bollare come “inaccettabile” un taglio delle retributive. E ancora la Uil dice “stop ad operazioni di cassa”, chiedendo al Governo “di aprire un confronto” sul tema. Non si spegne anche il dibattito politico: Cesare Damiano (Pd) avverte: “Sarebbe improponibile che per fare cassa si mettessero nuovamente le mani sulle pensioni del ‘ceto medio'”. Dello stesso parere Stefano Fassina (Pd). Il sottosegretario al Mef, Enrico Zanetti, si sofferma sulla destinazione degli eventuali risparmi, indicando “i giovani”. Passando all’opposizione, il Mattinale, la nota politica del gruppo di Fi avvisa: “Guai a chi le tocca”. Apre invece l’ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero: “Lo Stato in un momento di crisi da’ a chi ha meno e non di piu'”.

«Frontex non ha soldi». L’Europa gela Alfano Fonte: Il Manifesto | Autore: Carlo Lania

Immigrati. Un portavoce della Commissione europea smentisce la possibilità che l’agenzia possa subentrare all’operazione Mare nostrumSono bastate poche parole in arrivo da Bru­xel­les per far nau­fra­gare le spe­ranze ita­liane di vedere Fron­tex, l’agenzia euro­pea per il con­trollo delle fron­tiere, farsi carico delle decine di migliaia di pro­fu­ghi in fuga da fame e guerra. Nono­stante il pres­sing in tal senso che il mini­stro degli interni Ange­lino Alfano eser­cita da set­ti­mane nei con­fronti dell’Europa, ieri un por­ta­voce della com­mis­sione euro­pea ha di fatto escluso ogni pos­si­bi­lità di inter­vento. Fron­tex, ha detto Antony Gra­vili, è «una pic­cola agen­zia» senza mezzi, impos­si­bi­li­tata quindi a sosti­tuire nel Medi­ter­ra­neo le navi ita­liane impe­gnate nell’operazione Mare nostrum. Tocca a tutti i Paesi Ue, ha pro­se­guito il por­ta­voce, «fare di più con­tri­buendo con mezzi e finanziamenti».

Parole che hanno avuto l’effetto di una doc­cia fredda per Alfano che solo tre giorni fa aveva riba­dito per l’ennesima volta l’intenzione di met­tere fine a Mare nostrum entro otto­bre. E anche se con note­vole ritardo (la rispo­sta del mini­stro arriva solo a sera), la replica è secca. «Nes­sun sca­ri­ca­ba­rile a danno dell’Italia», dice il tito­lare del Vimi­nale, per il quale l’Ue «dice una cosa ovvia: non ci sono soldi e devono inter­ve­nire gli Stati mem­bri». Ma que­sto, chiede pole­mi­ca­mente Alfano, non è pro­prio il com­pito della Com­mis­sione? «Se Fron­tex è pic­cola occorre ren­derla più grande e anche al più pre­sto», per­ché «il pre­si­dio di tutta la fron­tiera euro­pea è com­pito stra­te­gico per il futuro dell’Unione. Il tema della fron­tiera è euro­peo — pro­se­gue Alfano — e non pos­siamo far­cene carico da soli, anche per­ché l’Italia, per molti migranti, è solo un Paese di tran­sito».
Il mini­stro alza la voce, ma in realtà Bru­xel­les non ha mai avuto real­mente inten­zione di farsi carico di un pro­blema che per molti dei 28 Stati mem­bri — e in par­ti­co­lare quelli del Nord Europa — riguarda soprat­tutto i Paesi più diret­ta­mente coin­volti dall’emergenza sbar­chi, a par­tire pro­prio dall’Italia. E nono­stante le buone inten­zioni mani­fe­state anche da auto­re­voli rap­pre­sen­tanti, come il nuovo pre­si­dente della Com­mis­sione Jean Claude Jun­ker, nes­suno ha mai detto di voler real­mente raf­for­zare Fron­tex. Al punto che l’8 luglio scorso Ceci­lia Malm­strom, com­mis­sa­rio agli Affari interni dell’Ue, ha usato le stesse parole impie­gate ieri dal por­ta­voce della com­mis­sione per smor­zare ogni illu­sione. «Fron­tex è una pic­cola agen­zia e non può suben­trare a Mare nostrum», ha detto invi­tando l’Italia a sedersi a un tavolo comune per sta­bi­lire cosa fare. E ieri il por­ta­voce è tor­nato a ricor­dare come l’Italia sia il paese che mag­gior­mente ha usu­fruito dei fondi desti­nati dall’Ue per l’immigrazione. «Ha avuto aiuti senza pre­ce­denti», ha pro­se­guito Gra­vili ricor­dando i 530 milioni di euro per il periodo 2007–2013 e i 315 milioni di euro stan­ziati per il set­ten­nato 2014–2020 ai quali si aggiun­gono o quelli pre­le­vati, per lo stesso periodo di tempo, dal Fondo per la sicu­rezza interna, che por­tano il totale di nuovo a 500 milioni.

Mare nostrum costa 9 milioni di euro al mese, soldi presi inte­ra­mente dal bilan­cio della Marina mili­tare che da otto­bre a oggi ha quindi speso 99 milioni di euro. Soldi ben spesi, per­ché ser­viti a soc­cor­rere e spesso a sal­vare la vita a decine di migliaia di migranti. Il bilan­cio di Fron­tex, ridotto a causa dell crisi eco­no­mica, ammonta invece per il 2014 a 89,197 milioni di euro, dei quali solo 21,440 desti­nati alle ope­ra­zioni marit­time in tutta l’Unione, quindi non solo nel Medi­ter­ra­neo meri­dio­nale. Chiaro che senza un forte impe­gno eco­no­mico da parte dei 28, decisi a rifi­nan­ziare in maniera cor­posa l’agenzia, l’Italia è desti­nata a restare da sola di fronte ai bar­coni cari­chi di dispe­rati. E que­sto nono­stante gli annunci che non solo Alfano, ma lo stesso pre­mier Mat­teo Renzi, hanno fatto nelle scorse set­ti­mane con­vinti di essere riu­sciti a far riflet­tere l’Unione della neces­sità di una mag­giore par­te­ci­pa­zione al pro­blema. Al punto che Renzi, nel discorso di avvio del seme­stre ita­liano, è arri­vato ad annun­ciare una non meglio pre­ci­sata Fron­tex plus con cui l’Europa avrebbe fron­teg­giato l’emergenza sbarchi.

Le parole di Bru­xel­les sono state l’occasione per Lega e Forza Ita­lia per tor­nare ad attac­care Mare nostrum. «Alfano e Renzi sono stati smen­titi dalla com­mis­sione Ue. Altro che ‘Fron­tex pren­derà il posto di Mare nostrum’ come più volte dichia­rato dal pre­mier e dal mini­stro dell’interno: i con­tri­buenti ita­liani con­ti­nue­ranno a pagare l’invasione pro­gram­mata dal governo per­ché l’unione se ne lava le mani», ha detto il leghi­sta Mas­si­mi­liano Fedriga. «Il governo la smetta di pren­dere in giro gli ita­liani e inter­rompa subito Mare nostrum — ha detto invece Mau­ri­zio Gasparri, Fi -. Dopo la sor­tita di Fron­tex, una ragione in più per porre fine a que­sta vergogn