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PEDARA 25 APRILE 2014 : 25 APRILE INSIEME TRA CULTURA E MUSICA. CON LA PARTECIPAZIONE DELL’ANPI PROVINCIALE DI CATANIA
Ungheria, esami dna per dimostrare la purezza della razza da: popoff globalist
Ungheria, esami dna per dimostrare la purezza della razza
di Franco Fracassi
Accade in Ungheria. Deputati del partito nazista Jobbik si sono sottoposti a un test del dna per dimostrare di non essere né rom né ebreo. Non si tratta di un piccolo gruppo di folli maniaci di Hitler e della teoria della purezza della razza. Si tratta di dirigenti di un partito che alle recenti elezioni politiche ha superato il venti per cento dei consensi, facendo eleggere ventitré deputati, e che si appresta a inviare una nutrita pattuglia al parlamento europeo.
Secondo quanto hanno riferito diversi quotidiani ungheresi, le analisi sono state fatte da un laboratorio privato di Budapest (il Nagy Gén), che ha analizzato diciotto marcatori del dna dei politici.
Una manifestazione Jobbik a Budapest.
Le teorie della superiorità della razza hanno origine nel Diciannovesimo secolo. Ma è sotto il nazismo, in Germania, che si affermano e si diffondono su larga scala. Secondo Hitler, l’ariano è fisicamente e mentalmente superiore e la sua purezza lo distingue geneticamente «da tutte le altre razze». È Alfred Rosenberg a codificare in un libro il pensiero del Fuhrer: “Razza e storia della razza”. Forti delle idee di Rosenberg i nazisti portarono avanti un programma di eugenetica (sterilizzazione obbligatoria dei malati mentali e mentalmente carenti), eutanasia (uccisione dei disabili, fisici e psichici, istituzionalizzata con il programma Aktion T4), genocidio (principalmente degli ebrei e degli zingari) e omicidio di massa (degli omosessuali, dei cosiddetti «antisociali» e degli oppositori del regime).
Manifesto nazista ad esaltazione della purezza della razza ariana.
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Ci ha lasciati Gabriel Garcia Marquez il grande srittore che ci ha accompagnati fin da giovani con i suoi libri fantastici ,un grande dolore oggi pervade il nostro cuore
E’ morto Gabriel Garcia Marquez e con lui se ne va via un pezzo della nostra gioventù. Perchè chiunque abbia letto da ragazzo “Cent’anni di solitudine” da quel momento ha abitato almeno un po’ nel paese incantato di Macondo. Dove mi auguro che lui ora si trovi, felice come ha saputo rendere felici gli altri con l’impareggiabile maestria della sua scrittura.
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da: coordinamento migranti bologna : Impedire la riapertura del CIE di via Mattei.
Praticare il dissenso, solidarietà senza confini:
Impedire la riapertura del CIE di via Mattei.
Il Ministero dell’Interno ha stanziato i finanziamenti per i lavori di riapertura del CIE di Via Mattei, il centro di detenzione per migranti che ha rappresentato una pagina nera nella storia di Bologna. Noi non siamo disponibili ad accettare la sua riapertura e riteniamo necessario opporre con forza il rifiuto di tutta la città a questa fabbrica di ingiustizia e sofferenza, che rinchiude e priva della libertà i migranti per il solo fatto di non avere o di aver perso il permesso di soggiorno… Un rifiuto dimostrato in oltre quindici anni di lotte che, a Bologna come altrove, hanno espresso – dall’esterno e dall’interno di quelle gabbie – un’opposizione senza ambiguità all’aberrazione umana e giuridica rappresentata dai CIE. Battaglie che hanno denunciato come la detenzione amministrativa – prevista per la prima volta dalla legge Turco-Napolitano – sia funzionale ai dispositivi legislativi che mirano a sfruttare, ricattare, discriminare i migranti, come la legge Bossi-Fini. Grazie a questi percorsi di mobilitazione e al protagonismo dei migranti in lotta dentro e fuori i luoghi di lavoro si è consolidato un patrimonio di dissenso che ha indicato le responsabilità degli attori coinvolti, incluse le amministrazioni locali, oggi a favore della chiusura definitiva del CIE di via Mattei.
Ma non possiamo fermarci qui… Di fronte a politiche europee e nazionali che mirano a separare e diversificare, ci sentiamo sempre più uniti nelle nostre differenze e condizioni. Alla minaccia dell’egoismo e dell’indifferenza reagiremo il 18 maggio, all’interno della settimana di mobilitazione promossa tra gli altri dal coordinamento Europeo Blockupy, con solidarietà e determinazione, consapevoli che libertà e democrazia sono da reinventare e costruire attivamente dalla parte dei migranti, per il diritto a una vita degna per tutti/e, partendo dall’opposizione a tutti gli strumenti del razzismo istituzionale come i centri di detenzione e identificazione… Per questo invitiamo tutte e tutti a partecipare all’assemblea cittadina giovedì 8 maggio alle 20.30 presso Làbas occupato, per costruire insieme una grande manifestazione per domenica 18 maggio a Bologna… continua a leggere cliccando qui…
Adl Cobas, Carovana Europea Bruxelles 2014, Cobas Bologna, Coordinamento Migranti, Cs TPO, Hic Sunt Leones Football antirazzista, Làbas occupato, RID/CommuniaNetwork, ∫connessioni precarie, Scuola Kalima Tpo, SIM – scuola di italiano con migranti Xm24, Sportello medico-legale Xm24, Sportello legale Tpo, Unione sindacale italiana – Associazione internazionale dei lavoratori – lavoratori e lavoratrici anarchici, Vag61…
Per adesioni: nocienocara@gmail.com
Evento Facebook: https://www.facebook.com/events/305128942972564/
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da: Anpi Piacenza – Comitato Comandante Muro 25 Aprile Piacenza : La Resistenza a portata di bambino
La Resistenza a portata di bambino
Fiabe animate e laboratori creativi a Piacenza per raccontare la guerra e la Resistenza ai più piccoli…e non solo! a cura di Anpi piacenza – Comitato Comandante Muro
La memoria batte nel cuore dei bambini! Per scongiurare il rischio che la Resistenza, fondamentale per la nostra Costituzione, venga dimenticata, il 25 aprile a partire dalle 16,30 Piazzetta Mercanti a Piacenza diventa Radio Londra racconta…una fiaba animata interattiva per tutte le età con un allestimento d’eccezione a cura di Anpi Piacenza – Comitato Comandante Muro.
Un viaggio di parole e suoni fra libri e racconti, storie e personaggi che raccontano il tempo della guerra e della Resistenza con parole adatte ai bambini…dagli zero ai 99! Per tutto il pomeriggio carta e colori per liberare la fantasia e al termine della fiaba animata laboratorio creativo per tutti i presenti che potranno rappresentare su tela le emozioni vissute durante il racconto e… la loro storia di Resistenza, con una sorpresa per tutti i bambini presenti.
“Oggi la nuova resistenza in che cosa consiste. Ecco l’appello ai giovani: di difendere queste posizioni che noi abbiamo conquistato; di difendere la Repubblica e la democrazia.”
(S. Pertini)
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Università al collasso, nel 2018 oltre 9 mila docenti in meno Fonte: Il Manifesto | Autore: Roberto Ciccarelli

Per il Consiglio Universitario Nazionale (Cun) servono seimila professori ordinari e 14 mila associati entro il 2018 e 9 mila ricercatori a tempo determinato entro il 2016 per non fare morire subito l’università italiana. Questo piano di reclutamento, viene precisato nella relazione approvata ieri dall’organo di rappresentanza del sistema universitario, è soltanto un provvedimento di emergenza per una «messa in sicurezza» del sistema e per contenere l’emorragia causata dai tagli strutturali agli atenei dal 2008 (-1,1 miliardi di euro) e dalla pensione di migliaia di docenti ordinari (9.486 entro il 2018) che non potranno essere sostituiti per il blocco del turn-over e la scarsità di risorse. La situazione è gravissima e, entro quattro anni, la didattica e il funzionamento degli atenei sarà al collasso.
L’analisi del Cun è impietosa. Dal 2008 al 2014 il numero dei professori ordinari è calato del 30% (quello degli associati del 17%) e per i giovani non ci sono opportunità di ingresso nella docenza. Senza un rifinanziamento da 400 milioni di euro nel 2018 il numero dei professori ordinari scenderà del 50% rispetto al 2008 (quello degli associati calerà del 27%). Il crollo del numero dei docenti è l’altra faccia di quello delle immatricolazioni (da 63 mila all’anno alle attuali 15 mila) e del basso numero dei laureati (il 26% contro la media Ocse del 40%). Complessivamente nel 2018 ci saranno 9.463 professori universitari in meno e coloro che resteranno in servizio avranno un età media alta: ordinari a 51 anni, associati a 44 anni e ricercatori a 37 anni. «La grave diminuzione numerica in corso, mai registrata in precedenza di queste dimensioni – sostiene il presidente del Cun Andrea Lenzi — renderà improponibile la corretta gestione e lo sviluppo di un sistema universitario così complesso e articolato come il nostro, spingendo l’Italia in direzione opposta alla tendenza in atto negli altri Paesi». A regime, per il Cun i risparmi per le cessazioni andranno a compensare le spese per le nuove assunzioni e per gli scatti stipendiali, al netto dell’inflazione.
Ciò che è interessante nella proposta sul reclutamento avanzata ieri dal Cun è la ricostruzione delle ragioni per cui l’università è finita in un vicolo cieco. Alla fine del 2006 la docenza universitaria di ruolo aveva raggiunto il massimo storico: 62 mila docenti ripartiti tra le tre fasce allora esistenti, con un picco di 20 mila ordinari rispetto al numero degli associati (circa 19 mila). In apparenza, sembra una dinamica patologica: questi assunti hanno occupato tutti i posti e, giunti quasi alla pensione e in coincidenza con blocchi e tagli, hanno intasato il sistema. Il Cun la spiega invece a partire da una complessa dinamica demografica. All’origine c’è stata l’ ope legis che, nei primi anni Ottanta, permise l’immissione in massa di docenti oggi giunti ad un passo della pensione. Da allora, rispettando una schizofrenica alternanza di «aperture» e «chiusure» del reclutamento, l’immissione nei ruoli della docenza avrebbe seguito una media costante: 1700 ricercatori, 1250 associati e 750 ordinari all’anno.
Pur alterato all’origine, il sistema sembra avere trovato un equilibrio tra il numero dei nuovi entrati e quello dei pensionandi. Prima dell’innalzamento dell’età pensionabile stabilito dalla riforma Fornero, e del blocco del turn-over, andavano in pensione circa milla ordinari, 500 associati, 500 ricercatori all’anno. Numeri raddoppiati nel 2010 a causa della coincidenza della riforma, del taglio ai fondi degli atenei e del blocco del turn-over che hanno portato alla chiusura dei canali di reclutamento.
Le convulsioni in cui si trascina l’abilitazione scientifica nazionale gestita dall’Anvur, sempre più oggetto di ricorsi ai Tar, hanno aggiunto un altro tassello al fallimento del sistema. In un’ottica emergenziale, il Cun chiede l’abolizione del sistema dei punti organico, l’anticipazione dello sblocco del turn-over al 2015, e non al 2018, un piano straordinario per associati da 75 milioni di euro.
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Pisa, Zakir ucciso da un pugno di un ubriaco italiano. Se la vittima è migrante l’allarme violenza non fa notizia | Autore: stefano galieni da. controlacrisi.org

L’uomo era appena uscito dal posto di lavoro, stava recandosi a casa attraversando le zone della movida pisana quando secondo le prime indagini, sarebbe stato aggredito da un altro uomo, molto probabilmente italiano. Le telecamere di sorveglianza hanno ripreso totalmente l’accaduto, era domenica notte. Dalle indiscrezioni risulta che l’aggressore era ubriaco, che alcuni amici avrebbero tentato di fermarlo ma che questi sia riuscito a colpire al volto Zakir così violentemente da fargli sbattere il capo sul selciato causandone il decesso. C’è già chi parla anche di ritardo nei soccorsi fatto sta che il lavoratore, in Italia da 5 anni e da 2 assunto nel ristorante, lascia a casa la moglie e 3 figli. «Per la morte di Zakir i migranti bengalesi di Pisa vogliono indagini accurate e serie. «Non si può morire così, uscendo dal lavoro- ha affermato Sergio Bontempelli di Africa Insieme, anche lui in piazza – Queste persone hanno chiesto verità, e giustizia. Vogliono che i familiari del ragazzo possano entrare in Italia e seguire le indagini. A breve, probabilmente venerdì pomeriggio, sarà organizzata una manifestazione cittadina».
Intanto il corteo dopo aver sfilato in piazza Vettovaglie aveva raggiunto la Piazza dei Cavalieri. I manifestanti erano arrabbiati e determinati ma impugnavano cartelli contro la violenza e per chiedere giustizia, urlavano che non è giusto morire così. Sul movente si spera di avere presto chiarimenti, non si esclude una diretta matrice razzista del gesto ma è chiaro che in una città come tante in Italia, in cui le aggressioni verso gli stranieri sono o tollerate o comunque considerate meno gravi di quelle subite da autoctoni, la componente xenofoba, per quanto possa essere coperta dall’alcool e dalla ignoranza, esiste ed ha pervaso la coscienza di molti. Manifestare quindi è necessario come è necessario che l’amministrazione di centro sinistra, tanto zelante quando si tratta di sgomberare spazi sociali utilizzati per attività di antidiscriminazione e di inclusione, prenda seri provvedimenti.
Che non ignori quello che è un malessere alimentato dal securitarismo pericoloso per la vita di tutti i cittadini. Africa Insieme, una delle realtà più interessanti, politicamente e culturalmente più produttive del panorama antirazzista italiano, ha già messo in chiaro che su questa vicenda non intende restare inattiva. I suoi legali si metteranno a disposizione della famiglia della vittima affinché venga fatto almeno il possibile per rendergli giustizia, E sarebbe utile che a loro si unissero rapidamente le forze sane che pure ci sono nella città e che hanno portato ad una forte rappresentanza della sinistra in Consiglio comunale. Ad essere ucciso da una violenza inaccettabile è stato un lavoratore.
Il sindaco ha espresso un formale cordoglio per la vittima ed ha assicurato che si cercherà di raggiungere l’omicida. Bocche cucite in questura anche se filtra l’ipotesi che sia già stata individuata l’automobile con cui l’aggressore, che ha prima insultato e poi colpito una persona che non ha neanche provato a reagire, si è poi allontanato. Nelle prossime ore potrebbero giungere novità, è quanto chiedono gli oltre 5000 cittadini del Bangladesh che vivono e lavorano nel capoluogo toscano. Da Africa Insieme però non ritengono sufficienti i cordogli. Vogliono che il Comune si costituisca parte civile contro l’assassino e che si assuma le spese tanto per far giungere la famiglia di Zakir quanto per riportare la salma in patria. Un atto dovuto di civiltà per cui si attendono risposte concrete.
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Il bonus di 80 euro. Cui prodest? fonte sbilanciamoci

Bene che il governo si sia posto la questione di non escludere gli incapienti dal bonus di 80 euro riservato ai lavoratori dipendenti a basso reddito. Si eviterebbe così (il condizionale è d’obbligo perché le coperture non sono ancora individuate) l’errore più volte ripetuto in passato di escludere da un beneficio proprio coloro che ne avrebbero più bisogno (e diritto, nella misura in cui il criterio di accesso al beneficio è appunto il basso reddito). Anche se la cifra di cui si parla è davvero risibile, specialmente trattandosi dei più poveri: 25 euro al mese a fronte dei già non generosissimi 80 destinati ai lavoratori capienti. E non è neppure chiaro se andranno a tutti gli incapienti, o solo a quelli che sono lavoratori dipendenti, per simmetria con il provvedimento principale.
Sul piano dell’equità rimangono, in ogni caso, aperti due altri problemi. Il primo riguarda l’esclusione dal beneficio, a parità di reddito, dei molti lavoratori autonomi, o a progetto. So bene che il reddito di costoro è di più difficile accertamento. Ma in un momento in cui si sollecita la solidarietà nazionale a sostenere i propri lavoratori poveri, non si può guardare solo ad un, pur importante, settore. Non si possono proporre l’auto-impiego e l’auto-imprenditorialità come soluzione al problema dell’occupazione, specie per giovani e donne, e poi considerare questi lavoratori meno meritevoli di sostegno dei lavoratori dipendenti. Il secondo problema riguarda il fatto che il riferimento è al reddito individuale, non famigliare, inevitabilmente, dato che si tratta di uno sconto sull’IRPEF, che è, appunto, un’imposta individuale.
Si tratta quindi di un sostegno ai lavoratori (dipendenti) a basso reddito, non necessariamente alle famiglie (incluse quelle di lavoratori dipendenti) a basso reddito. Su questo occorre essere chiari. Certamente ne trarranno beneficio molte famiglie di lavorator (dipendenti) a basso reddito, in particolare quelle monoreddito. Ma ne trarranno beneficio anche molte altre con un reddito complessivo ben più alto, in cui tuttavia uno, o più, lavoratori ha un reddito che dà accesso al beneficio. Come è già successo in passato per altre misure che hanno utilizzato il fisco per operare una redistribuzione a favore dei più poveri (ad esempio la maggiorazione delle detrazioni dei figli a carico), potrà succedere che una famiglia in cui l’unico percettore di reddito guadagna un euro in più del tetto non percepisca il bonus, mentre un’altra con un reddito complessivo più alto ne potrà percepire anche più di uno. E non accenno neppure alla questione della numerosità diversa delle famiglie.Per essere chiari: se si tratta di sostenere il reddito da lavoro, a prescindere dalla situazione famigliare, la soluzione è metodologicamente adeguata, salvo che per l’esclusione di molti lavoratori. Se si tratta di sostenere i redditi famigliari, non solo è parziale, ma rischia anche di produrre ingiustizie e distorsioni. Meglio dire che l’obiettivo è il primo, senza evocare boccate di ossigeno per le famiglie tout court. Tantomeno è un sostegno a tutti coloro che si trovano in povertà.
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