Fiorella Mannoia legge Odio Gli Indifferenti di Antonio Gramsci

Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia : libro Una storia non ancora finita

Aderente all’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia “Ferruccio Parri”
13019 Varallo – via D’Adda, 6 – tel. 0163-520050163-52005; fax  0163-562289
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Nell’occasione del 69° anniversario della Liberazione e del 70° anniversario della Resistenza, l’Istituto pubblica il volume a cura di Monica Schettino Una storia non ancora finita. Memorie di Anna Marengo (pp. 125, euro 12), in collaborazione con il Comitato della Regione Piemonte per l’affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana, la Città di Fossano, l’Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Cuneo e l’Anpi provinciale di Vercelli. Il volume sarà presentato a Vercelli, mercoledì 30 aprile 2014, nel Salone sociale dell’Associazione generale Lavoratori per Mutuo soccorso e Istruzione, via Francesco Borgogna, 38, alle ore 17.30 (seguirà comunicazione specifica).
Il volume propone le memorie di Anna Marengo, finora inedite, conservate in dattiloscritto nell’Archivio dell’Istituto, che ripercorrono le vicende biografiche dell’autrice dall’infanzia, in una Fossano che ormai non esiste più, fino alla tragica vicenda dell’arresto, alla partecipazione attiva alla lotta partigiana nella brigata di Pietro Camana “Primula”, passando attraverso gli anni della formazione universitaria e dell’attività politica e professionale all’ospedale di Vercelli. Alle riflessioni e ai ricordi della scrittrice si sovrappongono eventi decisivi della storia del Novecento: la guerra di Spagna, l’avvento del fascismo, l’8 settembre, l’attività politica e i movimenti femministi del dopoguerra. La narrazione scorre veloce, semplice e appassionata, sempre calibrata tra le riflessioni sul presente e sul ruolo degli uomini, e delle donne, nella storia. Non mancano prese di posizione radicali e “illuminate” su temi scottanti come quelli dell’aborto e del marxismo e, infine, dello spettro della guerra che si credeva sconfitta, ma che si affaccia ancora oggi nella vita delle nazioni e di fronte alla quale pochi hanno il coraggio di denunciare le proprie responsabilità.
L’Archivio fotografico Luciano Giachetti – Fotocronisti Baita di Vercelli, in coedizione con l’Istituto, pubblica il volume a cura di Piero Ambrosio, Primavera di libertà. Immagini della liberazione di Vercelli. Aprile-maggio 1945. Vol. I (pp. 76, euro 10), che raccoglie le immagini scattate durante i giorni della liberazione di Vercelli da Luciano Giachetti e Adriano Ferraris, i partigiani “Lucien” e “Musik”.
Rientrare in città, assumerne il controllo e imporre la propria legge, prima dell’arrivo del governo militare alleato, doveva far sentire ai giovani partigiani vercellesi un’emozione particolare: spinti ad abbandonare case e famiglie per non doversi arruolare nell’esercito repubblicano e continuare la guerra di Hitler, costretti a sospendere i propri progetti esistenziali e intraprendere la via delle montagne, in ambienti sconosciuti e percepiti tradizionalmente come ostili a chi proviene dalla pianura, avevano conosciuto la morte nei compagni caduti, la sofferta precarietà di una guerra senza certezze né conforti.
Ora potevano tornare, insieme a quelli con cui avevano condiviso mesi di lotta clandestina. Le strade verso Vercelli tra il 25 e il 26 aprile erano percorse dalle lunghe file delle squadre partigiane che provenivano dalle montagne biellesi, dalla Valsessera alla Serra; lungo il percorso volti sorridenti di donne, anziani, bambini che percepivano l’imminenza del ritorno alla vita pacifica.
Le immagini ci parlano di una primavera della storia del nostro Paese dopo l’inverno della guerra e quei lunghi cortei trasmettono l’idea di un popolo che si è messo in marcia verso il traguardo della libertà dall’invasore straniero e dalla dittatura fascista.

24 aprile ore 18 Milano, piazza Mercanti Giovanni e Nori Una storia di amore e di Resistenza

Apr 16 alle 9:21 PM

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24 aprile ore 18

Milano, piazza Mercanti

 

 

Giovanni e Nori

Una storia di amore e di Resistenza

 

Daniele Biacchessi (voce narrante, testo, regia)

Marino Severini Gang (voce, chitarra 12 corde)

Sandro Severini Gang (chitarra elettrica)

Gaetano Liguori (piano elettrico)

 

Introduce Roberto Cenati Anpi Milano

Interviene Adelmo Cervi

 

 

“Milano e la Memoria Teatro, musica, narrazioni” (27 gennaio – 11 luglio 2014), è un progetto ideato e curato da Daniele Biacchessi e dall’Associazione “Arci Ponti di memoria”

Con il contributo di Arci Milano, Fondazione Feltrinelli e Fondazione RCS.

Con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano

 

 

 

Due vite straordinarie fatte di impegno civile, passione politica, Resistenza e amore.

La grande storia incontra la storia privata di due partigiani.

 

 

 

Giovanni Pesce, comandante partigiano responsabile dei Gap di Torino e di Milano, è stato un protagonista della Resistenza e della Liberazione. Giovanissimo ha aderito al Partito comunista e combattuto nelle Brigate internazionali contro Franco. Tornato in Italia, è catturato e mandato al confino. Per lui, giovane proletario emigrato con poca cultura, l’incontro a Ventotene con il fior fiore dell’antifascismo diventa fondamentale. Liberato intorno all’estate del 1943, dopo l’arresto di Mussolini e l’armistizio dell’8 settembre, inizia la clandestinità, prima a Torino, poi a Milano.Per Giovanni, primula rossa dell’antifascismo italiano, saranno mesi di azioni militari avventurose, leggendarie, coraggiose, drammatiche.

Proprio nella Milano occupata dai nazisti, stremata, affamata, disseminata di luoghi dell’orrore, avviene l’incontro di una vita: i due partigiani Giovanni e Nori si conoscono, si innamorano e non si lasciano più. Le loro vite si intrecciano indissolubilmente con la lotta antifascista: i Gap colpiscono, attaccano e fanno azioni di guerriglia, i tedeschi arrestano, torturano, uccidono. Nella città crocevia di spie e delatori al servizio del nemico, Nori cade in un’imboscata e viene deportata. È l’ultima separazione perché insieme, Giovanni e Nori, rimarranno tutta la vita, condividendo e facendo sulla propria pelle la storia di quegli anni. Il fortunato libro Giovanni e Nori, una storia di amore e di resistenza, pubblicato da Laterza nella collana «i Robinson / Letture» e giunto alla seconda edizione, diventa un cd di Daniele Biacchessi, Gang e Gaetano Liguori, registrato dal vivo il 24 gennaio 2014 a Milano, teatro Edi Barrio’s da Alessandro Bettinzoli, mixato ed editato da Jono Manson, disegnato e impaginato da Luca Guerri.

 

 

Daniele Biacchessi

Giovanni e Nori. Una storia di amore e di Resistenza
collana: «i Robinson / Letture»
2014, pagine 184, €16,00

 

 

 

BIOGRAFIE

 

 

 

Daniele Biacchessi, giornalista e scrittore, è caporedattore di Radio24. Ha vinto il Premio Cronista 2004 e 2005 per il programma Giallo e nero, il Premio Raffaele Ciriello 2009 per il libro Passione reporter (Chiarelettere 2009) e il Premio Unesco 2011 per lo spettacolo Aquae Mundi con Gaetano Liguori. Tra le sue numerose pubblicazioni: La fabbrica dei profumi (Baldini & Castoldi 1995); Fausto e Iaio (Baldini & Castoldi 1996); Il caso Sofri (Editori Riuniti 1998); L’ultima bicicletta. Il delitto Biagi (Mursia 2003); Il Paese della vergogna (Chiarelettere 2007); Passione reporter (Chiarelettere 2009), Orazione civile per la Resistenza (Promo Music 2012); Enzo Tortora. Dalla luce del successo al buio del labirinto (Aliberti 2013). È anche autore, regista e interprete di teatro narrativo civile e presidente dell’associazione Arci Ponti di memoria.

 

Marino e Sandro Severini fondano il loro primo gruppo Ranxerox sul finire degli anni Settanta; cambiano poi nome in Paper’s Gang e, definitivamente, in The Gang nel 1983.  I Clash sono il loro primo punto di riferimento. Iniziano l’attività discografica cantando in inglese e autoproducendo l’extended play Tribe’s union (1984), e l’album Barricada Rumble Beat (1987).Il gruppo firma per la CGD e pubblica Reds (1989), che risente di una fresca passione per il folk (al disco collabora Ambrogio Sparagna, organettista).  La svolta verso i testi in italiano si concretizza in una trilogia discografica aperta composta da Le Radici e Le Ali (1991), Storie D’italia (1993), e Una Volta Per Sempre (1995). Il forte impegno politico e sociale dei testi è costante, mentre nella band entra il tastierista e fisarmonicista Andrea Mei e iniziano collaborazioni con Antonello Salis, Mauro Pagani, Daniele Sepe, David Riondino. Fuori Dal Controllo (1997) segna il ritorno a un suono essenziale (basso-chitarra-batteria) e traccia ritratti di personaggi “eretici” della storia italiana come Giordano Bruno, Pier Paolo Pasolini, Maria Goretti.  Controverso (2000) chiude il rapporto con la discografia “ufficiale”, e nella primavera 2001 i Gang danno vita al progetto live Gang City Ramblers, insieme ai Modena City Ramblers.  Nel 2004 esce Nel Tempo e  Oltre, Cantando, realizzato insieme alla Macina; nel 2006 viene pubblicato Il Seme E La Speranza, realizzato con il contributo della Regione Marche. Sempre nel 2006 il batterista Paolo Mozzicafreddo, nella band dal 1997, muore a soli 31 anni a causa di una malattia. Nel luglio 2008 esce il doppio dal vivo Dalla Polvere Al Cielo (Latlantide). Con Daniele Biacchessi, nel 2009 viene realizzato Il Paese Della Vergogna (Latlantide), progetto di teatro canzone. Ad aprile 2011 esce il nuovo disco La Rossa Primavera, che ha come filo conduttore i canti della Resistenza. A pochi mesi di distanza esce il live Gang e I Suoi Fratelli (Latlantide), in memoria di Paolo Mozzicafreddo. E nel gennaio 2012 con Daniele Biacchessi e Massimo Priviero, i Gang danno alle stampe Storie dell’altra Italia, progetto live che raccoglie storie della Resistenza, degli anni Settanta e dell’antimafia. Nel maggio 2012 esce Le radici e le ali, 1991-2011 un album live registrato in occasione del ventennale dell’uscita del loro primo album in lingua italiana. Oggi i Gang stanno registrando il loro cd di inediti Sangue e cenere, prodotto da Jono Manson.

 

 

 

Diplomato in Pianoforte e in Composizione Elettronica al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, Gaetano Liguori  si è presto affermato come leader del gruppo Idea Trio, con cui ha tenuto più di tremila concerti, raggiungendo, con la sua musica, le più svariate realtà, suonando in piazze, festival,  fabbriche, scuole, teatri e centri sociali.  Vanta partecipazioni a seminari e laboratori jazz con musicisti come Steve Lacy, Roswell Rudd,  Don Cherry, e Lester Bowie; ha tenuto tournée in Germania, Francia, Svizzera, Portogallo, Cuba  (Festival Internazionale della Gioventù) ed è stato, inoltre, il primo musicista jazz italiano a suonare  in India, Thailandia, Singapore e Malesia.  Ha preso parte a numerosi viaggi di solidarietà in Eritrea, Senegal, Sahara, Amazzonia, Nicaragua,  Gerusalemme e Sarajevo, dove ha suonato per Time for Peace, Beirut, per la commemorazione  dell’anniversario di Sabra e Chatila e in ultimo Bagdad , Damasco,Aleppo.  In teatro ha collaborato con Dario Fo, Moni Ovadia, Pamela Villoresi, Giulio cavalli ed è abituale collaboratori degli spettacoli di teatro civile di Daniele Biacchessi. Gaetano Liguori è stato insignito del prestigioso Ambrogino d’oro della città di Milano nel 2013.

 

 

 

 

BOOKING

 

info@danielebiacchessi.it

papare@alice.it

Tributo alla Resistenza Italiana

L’evoluzione dell’insegnante di sostegno Fonte: superando.it | Autore: di Salvatore Nocera*

In una sua interessante pubblicazione, intitolata appunto “L’evoluzione dell’insegnante di sostegno. Verso una didattica inclusiva”, Dario Ianes continua a professare la sua piena convinzione nell’inclusione degli alunni con disabilità all’interno delle scuole comuni, purché tale processo si rinnovi. Salvatore Nocera analizza in profondità il libro, che spinge a riflettere sul futuro dell’inclusione, pur mettendone in discussione alcune proposteGiovane con disabilità e insegnante di sostegnoRecentemente il Centro Studi Erickson di Trento ha pubblicato l’interessantissimo volume L’evoluzione dell’insegnante di sostegno. Verso una didattica inclusiva di Dario Ianes, presentato nei giorni scorsi dallo stesso Autore, anche tramite un video online.
Il volume di 159 pagine si apre con la lettera di un genitore sconfortato per la pessima inclusione del figlio con disabilità, ciò che lo ha indotto a iscriverlo ad una “scuola speciale”.
Ianes premette poi alla trattazione un capitolo in cui professa la sua piena convinzione nell’inclusione nelle scuole comuni, purché essa si rinnovi. Successivamente, quindi, viene sviluppata tale tesi, partendo dall’analisi di numerose ricerche, già pubblicate in precedenza da lui stesso, dalla Fondazione Agnelli [Rapporto intitolato “Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte”, pubblicato da Erickson, a cura dell’Associazione TreeLLLe e della Caritas Italiana, con il sostegno della Fondazione Giovanni Agnelli, N.d.R.], da Andrea Canevaro, Luigi D’Alonzo, Roberta Caldin e altre ancora, in cui vengono presentate, con dovizie di dati, le criticità attuali dell’inclusione scolastica in Italia, vale a dire fondamentalmente la delega del progetto inclusivo ai soli docenti per il sostegno da parte di quelli curricolari; l’emarginazione degli alunni con disabilità più complesse nelle cosiddette “aule di sostegno”; la crescente durata della giornata scolastica trascorsa in queste ultime, passando dagli Anni Settanta ad oggi. Tutti aspetti, questi, che sono certamente indicatori di un’inclusione mal riuscita o peggio ancora tradita.
Ianes ritiene in sostanza che tale inversione rispetto ai successi qualitativi iniziali dell’inclusione si debba al fatto di una mancata “evoluzione”, poiché le iniziative umane, se non si rigenerano, decadono. Sulla base dunque di questi risultati negativi e di tale constatazione riferita alla scienze umane, egli avanza la propria ipotesi di “evoluzione” della figura dell’insegnante per il sostegno, già proposta nella citata ricerca della Fondazione Agnelli, di cui il volume pubblica in appendice il capitolo essenziale. In questo saggio, però, la tesi viene esposta in modo più analitico e quindi più chiaro.

Ianes propone pertanto di rimandare nelle classi l’80% degli attuali 110.000 circa insegnanti per il sostegno. Mentre però nella ricerca della Fondazione Agnelli non si comprendeva se tali docenti dovessero tornare a fare i docenti curricolari, nel presente volume è chiaramente detto che essi dovrebbero tornare a farlo, in compresenza con i precedenti colleghi curricolari che aiuterebbero a coinvolgere nell’inclusione. Il restante 20%, invece (circa 20.000) formerebbero dei “gruppi di esperti”, superspecializzati, itineranti per una serie di scuole (circa dieci classi a testa visitate mediamente una volta alla settimana), come supervisori periodici.
Anche su questi gruppi il volume di Ianes è più chiaro rispetto alla proposta contenuta nella ricerca della Fondazione Agnelli, laddove si prevede addirittura che essi dovrebbero assumere personalità giuridica, con un’indipendenza piena o quasi dall’Amministrazione Scolastica Regionale.
Segue poi un capitolo con riflessioni conclusive circa la formazione dei docenti curricolari, per la quale l’Autore rinvia a uno scritto pubblicato anch’esso in appendice, relativo a uno studio dell’Agenzia Europea per l’Inclusione Scolastica.

Il libro è assai stimolante perché invita quanti credono nell’inclusione scolastica – compreso chi scrive – a un’autocritica serrata, mettendoli (mettendoci) di fronte alle effettive degenerazioni oggi abbondantemente comprovate.
La soluzione è vista nella piena realizzazione del principio di personalizzazione che dovrebbe riguardare non solo gli alunni con disabilità, e nemmeno solo i “nuovi aggiunti”, cioè quelli certificati o individuati con altri BES (Bisogni Educativi Speciali), ma tutti gli alunni. A ciò dovrebbero contribuire i due contingenti di ex insegnanti per il sostegno, la maggior parte dei quali distribuendosi nelle classi come organico funzionale, non più, quindi, legato alle certificazioni sanitarie, ma secondo i criteri dell’ICF [Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, N.d.R.], mentre il contingente più piccolo farebbe da sostegno superspecializzato permanente a quest’opera di disseminazione personalizzata.

La prima delle due ipotesi è certamente affascinante, specie per chi, come me, ha duramente criticato negli ultimi anni la delega totale ai soli docenti per il sostegno, con conseguente serie “alluvionale” di decisioni dei Tribunali Amministrativi Regionali (TAR), che assegnano ore di sostegno, quando i docenti curricolari abbandonano in fondo alla classe (o peggio nella cosiddetta “aula di sostegno” o in corridoio) gli alunni con disabilità, privi in quelle ore di docenti per il sostegno. E le decisioni dei TAR, con un’impeccabile logica giuridica, ritenendo solo il sostegno come unica risorsa all’inclusione, assegnano tante ore quante sono quelle di scolarizzazione, ricreando così un rapporto duale che esclude gli alunni con disabilità dalle didattiche cooperative con i compagni e quindi sostanzialmente dalla stessa inclusione.

Ciò che però mi lascia perplesso in questa prima condizione è che – sia pur se accennata – non è sviluppata la modalità organizzativa della formazione degli attuali docenti curricolari che dovrebbero prendersi in carico del progetto inclusivo, anche se avvalendosi della collaborazione degli “ex docenti per il sostegno”. Senza infatti una preventiva e contemporanea permanente formazione di tali docenti curricolari, si rischierebbe che la delega ai soli “ex docenti per il sostegno” permanesse, rafforzandosi addirittura. Infatti, come potrebbe di colpo un docente curricolare di lettere o di matematica di scuola secondaria, attualmente digiuno di formazione sulle didattiche inclusive e di esperienza di didattiche cooperative, prendersi in carico gli alunni con disabilità? Non ci sarebbe il rischio che cambiasse tutto solo apparentemente, mentre in sostanza si rimarrebbe come ora con la criticata delega?

In attesa di una seria formazione iniziale – e specie per i docenti di scuola secondaria – la Proposta di Legge sull’inclusione presentata dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) prevede dei brevi corsi di aggiornamento sulla programmazione collegiale del PEI (Piano Educativo Individualizzato), preceduta da una serie di indicazioni su come si legge una Diagnosi Funzionale, per saper poi gestire e valutare il PEI stesso.
Per tali corsi – che dovrebbero svolgersi dal 1° al 15 settembre di ogni anno, con un successivo “richiamo” verso novembre – ci si potrebbe avvalere delle competenze degli “ex docenti per il sostegno”, oltreché di esperti provenienti dalle associazioni di persone con disabilità e dalle università. Essi, inoltre, potrebbero essere organizzati anche tramite filmati di conferenze e buone prassi on line, senza nemmeno dimenticare le modalità descritte nel libro La classe capovolta di Maurizio Maglioni e Fabio Biscaro (Erickson, 2014), ovvero con la somministrazione ai docenti curricolari di indicazioni bibliografiche e sitografiche e una successiva discussione suscitata dalle domande dei corsisti, anche suddivisi per piccoli gruppi.
E tuttavia, quando gli ex docenti per il sostegno saranno andati in pensione, chi svolgerà il lavoro formativo in compresenza?
Se a ciò si aggiunge poi il fatto delle classi numerose – cui il libro di Ianes accenna in una sola pagina, senza però poi sviluppare le controproposte di superamento -, è assai probabile il rischio che l’auspicata “rigenerazione” sortisca effetti scarsissimi o nulli.
E ancora, c’è da chiedersi anche come sia possibile aggiungere agli attuali docenti curricolari, inserendoli nei ruoli a tempo indeterminato, circa 60.000 ex docenti per il sostegno (circa 30.000 sono o rimarranno precari, molti dei quali privi di specializzazione), in un’epoca in cui il Ministero da almeno cinque anni sta tagliando fortemente il numero di ore di insegnamento e di posti comuni.

Il volume di Ianes critica poi alcune proposte, come quella della creazione di appositi ruoli per il sostegno, tesi sostenuta dalla citata Proposta di Legge presentata dalla FISH, di cui sono stato propugnatore, pur essendo inizialmente contrario. Egli però, come accennato, non approfondisce l’aspetto pure assai importante del sovraffollamento delle classi, che a mio avviso può essere risolto solo imponendo il rispetto degli articoli 4 e 5 (comma 2) del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 81/09, secondo il quale una classe frequentata da alunni con disabilità non può avere più di 20, massimo 22 alunni.
Quanto poi alla formazione ricorrente in servizio dei docenti curricolari, oggi essa è possibile a seguito dell’approvazione della Legge 128/13 (articolo 16, comma 1, lettera b), che prevede appunto l’obbligo di formazione in servizio dei docenti sulle didattiche inclusive.
In mancanza però di una formazione iniziale e di un programma obbligatorio di formazione in servizio pluriennale, non ritengo possibile che tale formazione possa avvenire in due anni, come espressamente detto alla fine del capitolo quarto del libro. E dove si troveranno, poi, i 35 milioni di euro previsti nel volume, quando stiamo litigando per dividerci i 10 milioni di euro stanziati dalla citata Legge 128/13, tra i sette àmbiti di intervento formativo, tra cui le didattiche inclusive? Senza dimenticare che, nel mentre, il Ministero ha azzerato i fondi specifici per il sostegno alle attività di integrazione previsti dalle Leggi 104/92, 440/97 e 69/00, per il cui taglio è stata presentata recentemente un’apposita Interrogazione alla Camera.

Tornando alla questione della cosiddetta “rigenerazione evolutiva” dell’insegnamento di sostegno, la costituzione di nuclei di “supervisori iperspecializzati itineranti”, mi lascia assai perplesso per almeno tre precisi motivi:
1. I nostri docenti difficilmente potrebbero accettare di riconoscere l’autorità di colleghi supervisori.
2. Come potrà un docente, sia pure superspecializzato, formare i colleghi curricolari – totalmente digiuni di formazione didattica, specie nelle scuole secondarie – a gestire il Piano Educativo Individualizzato degli alunni con disabilità con un solo incontro settimanale di un paio d’ore?
3. Diffido di esperti che si limitino a prestare consulenze senza contemporaneamente lavorare in classe; pertanto tale condizione potrebbe almeno essere ipotizzata con un esonero parziale dal servizio per attività di supervisione. E qui mi rendo perfettamente conto dei problemi organizzativi che ciò comporterebbe, motivo per cui non sostengo l’ipotesi – pur passata in rassegna nel volume – di docenti per il sostegno cosiddetti “bis-abili”, cioè con la suddivisione della cattedra in docenza curricolare e di sostegno, anche se è chiaro che i problemi organizzativi sarebbero inferiori riguardando 20.000 insegnanti piuttosto che 90.000.

In ogni caso, tramite una serie di radicali correttivi,culturali e organizzativi, le ipotesi di Ianes potrebbero pure essere prese in considerazione, per ulteriori urgenti approfondimenti, specie in prospettiva di organici funzionali di reti di scuole, che però, a mio avviso, almeno per ora, non possono prescindere dalla presenza di docenti specializzati per il sostegno.
Allo stesso modo dovrà essere approfondita l’ipotesi di appositi ruoli di sostegno presente nella Proposta di Legge FISH, avanzata per superare la crescente discontinuità di docenza, assai dannosa specie per gli alunni con disabilità intellettive e relazionali. In tal senso, se la formazione iniziale dei futuri docenti per il sostegno – specie di scuola secondaria – fosse simile a quella già prevista per quella della scuola dell’infanzia e primaria, con formazione disciplinare di base a livello elementare e non specializzazione disciplinare, il rischio paventato di creare una figura professionale sentita come “estranea” dai docenti curricolari potrebbe essere fugato.

In conclusione, il libro di Ianes spinge a riflettere sul futuro prossimo dell’inclusione, stimolando, come pure fa, la ricerca anche sull’autovalutazione e sulla valutazione della sua qualità, tramite indicatori che si inseriscano nell’insieme degli indicatori di qualità del sistema di istruzione, in cui il crescente ruolo della formazione dei docenti curricolari e dell’abbandono della delega ai docenti per il sostegno dovrebbero diventare aspetti essenziali.
A ciò, tra l’altro, induce a riflettere anche un’altra recente pubblicazione, L’autovalutazione di istituto di Giorgio Allulli, Fiorella Farinelli e Antonino Petrolino (Milano, Guerini e Associati, 2013), che però, pur soffermandosi sugli indicatori di qualità del sistema, non approfondisce l’aspetto concernente gli indicatori sulla qualità inclusiva, che comunque il Ministero dovrà individuare in attuazione del DPR 80/13.

* Già vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap)

Ucraina, sull’orlo della guerra civile. Domani il vertice a quattro. Si apre crisi in Montenegro | Autore: fabrizio salvatori da: controlacrisi.org

Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si riunirà nuovamente sull’Ucraina oggi alle 16 locali, le 22 in Italia. Il tentativo è quello di fare il punto dopo l’assalto di Kiev nelle regioni russofone. La Russia insiste: l’Ucraina e’ “sull’orlo della guerra civile”. Intanto, si apre un altro punto di crisi, sempre sullo stesso tema dell’accerchiamento Nato alla Russia.  Dopo che il premier montenegrino Milo Djukanovic – nel corso di una recente visita a Washington – ha auspicato una rapida integrazione del Montenegro in Nato e Ue, e ha appoggiato le sanzioni decise dall’Unione europea contro Mosca a causa della crisi ucraina, la Russia accusa il Montenegro di “atteggiamento poco amichevole”.

Vladimir Putin nella telefonata avuta ieri sera con Angela Merkel “ha rimarcato che la brutale escalation del conflitto” imputata al blitz militare di Kiev nell’est russofono “ha portato il Paese sull’orlo della guerra civile”. Kiev parla di “operazione antiterrorismo”. I soldati hanno attaccato un campo aereo militare a Kramatorsk e secondo fonti dei filorussi negli scontri ci sono stati quattro morti e due feriti. Anche il ministero della Difesa ucraino ha dato notizie di vittime, senza pero’ fornire cifre. La presidenza a interim ucraina ha poi annunciato che le truppe governative controllano lo scalo. A Slaviansk le locali milizie russofone di auto-difesa hanno denunciato che la citta’ sarebbe circondata e in procinto di subire un assalto. A loro dire a lanciarlo potrebbero essere non gli uomini delle forze speciali regolari, bensi’ attivisti di ‘Pravy Sektor’, la formazione dell’estrema destra ultra-nazionalistica chiamata anche Settore Destro. A questo punto e’ forte il timore di un sanguinoso scontro tra gli attivisti e i soldati di Kiev.

Per giovedi’,se l’escalation si ferma, e’ in programma il vertice a quattro di Ginevra che dovrebbe vedere riuniti intorno a un tavolo i capi delle diplomazie della stessa Kiev, di Mosca, degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.
Vladimir Putin ha avuto un colloquio telefonico anche con Ban Ki-moon, durante il quale ha chiesto al segretario generale dell’Onu di esprimere una ferma condanna, a nome delle Nazioni Unite e della comunica’ internazionale, di quelle che il presidente russi ha definito azioni “incostituzionali” di Kiev. Ma gli Usa hanno gia’ pubblicamente espresso sostegno all’operazione. Secondo il portavoce della Casa Bianca Jay Carney, “il governo di Kiev ha la responsabilita’ di far rispettare la legge e l’ordine nel Paese. Le provocazioni nell’est hanno creato una situazione a cui il governo deve rispondere”, ha affermato il portavoce, ribadendo che gli Usa non stanno valutando l’ipotesi di fornire armi all’Ucraina.

Spi Cgil: “Renzi ci ascolti o scendiamo in piazza” | Fonte: il manifesto | Autore: Antonio Sciotto

Il congresso dei pensionati Cgil. Carla Cantone al governo: “Ingiustizia non dare anche a noi gli 80 euro. Manderemo un milione di cartoline a Palazzo Chigi”. Sullo scontro Landini-Camusso: “Il Testo unico è importante, superare i limiti nella contrattazione”

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“Una ingiu­sti­zia annun­ciata, una vera genia­lità di ugua­glianza”. Carla Can­tone è duris­sima con Mat­teo Renzi: ai pen­sio­nati della Cgil, riu­niti in con­gresso a Rimini, non va giù il fatto che i lavo­ra­tori potranno avere gli 80 euro, men­tre tanti anziani – spesso pove­ris­simi – non vedranno un solo euro. “E per­ché – chiede la segre­ta­ria Spi – 600 euro di un pen­sio­nato sono forse diversi da 600 euro di chi lavora?”. Sta tutto qui, in que­sta domanda ele­men­tare, il nucleo del disa­gio. Snob­bati da Ber­lu­sconi, Monti, e infine Letta, gli over 65 non hanno certo miglior for­tuna con il pre­mier “rot­ta­ma­tore”: quello che ritiene con­ser­va­tore e fre­nante tutto ciò che supera i 40 anni.

Tutto que­sto, “nono­stante gli sms – rac­conta la stessa Can­tone – che ogni tanto ci scam­biamo con il pre­si­dente del con­si­glio”: “Io glielo scrivo: tu devi andare avanti, è vero che il Paese vuole cam­biare e che si attende tanto, ma noi abbiamo il dovere di dire quello che non ci sta bene”. Per­ché “se non vogliamo par­lare più di con­cer­ta­zione, chia­mia­mola come vogliamo: potremmo defi­nirla ‘modello Giu­ditta’, tanto per rife­rirci a Beni­gni, un altro toscano”, dice ancora la lea­der dello Spi. “Noi non dob­biamo pie­tire nes­sun tavolo, ma que­sto non vuol dire che rinun­ciamo a farci sentire”.

E allora, que­sta piazza? Lo Spi – 2.998.000 tes­se­rati, pari a metà Cgil — non solo invita i pro­pri iscritti a non rima­nere fermi, ma lan­cia anche un sasso che cer­ta­mente rim­bal­zerà nelle acque del con­gresso Cgil di mag­gio: si deve pen­sare a una mobi­li­ta­zione gene­rale con Cisl e Uil.

Per quanto riguarda gli over 65, Can­tone annun­cia il “card bom­bing” verso Palazzo Chigi: “Man­de­remo 1 milione di car­to­line a Renzi, con Fnp e Uilp, chie­dendo almeno un con­fronto con i mini­stri del Wel­fare e della Salute”. E se que­sta piog­gia di biglietti verrà igno­rata e rot­ta­mata dal pre­mier, allora sarà piazza: “Vedremo come ci rispon­de­ranno e quale mobi­li­ta­zione uni­ta­ria programmare”.

Ma non basta, per­ché i limiti della poli­tica eco­no­mica ren­ziana spin­gono alla neces­sità di una pro­te­sta più larga: “Dovremo guar­dare con atten­zione il Def e valu­tarne ogni effetto”, dice Can­tone davanti a una pla­tea stra­colma di ospiti. A sen­tirla sono venuti infatti l’intera segre­te­ria Cgil (inclusa ovvia­mente Susanna Camusso), tutti i segre­tari di cate­go­ria (in prima fila Mau­ri­zio Lan­dini), ma anche poli­tici come Ste­fano Fas­sina e Gianni Cuperlo. Quindi l’affondo: “Dob­biamo valo­riz­zare quanto è posi­tivo, ma anche respin­gere ciò che peg­giora l’equità e l’uguaglianza: per que­sto sarebbe il caso di comin­ciare a pre­ve­dere con Cisl e Uil una mobi­li­ta­zione gene­rale”. “Non sto chie­dendo uno scio­pero in anti­cipo – pre­cisa subito dopo — ma non fac­cia­moci tro­vare impre­pa­rati. Altri­menti ci impac­chet­tano, come è già avve­nuto con Monti e Fornero”.

Sin­da­cati impac­chet­tati come le auto di Mar­chionne? Come le tute blu con­dan­nate alla pre­ca­rietà e alla cassa inte­gra­zione eterna? Forse, il rischio c’è. E Can­tone è piut­to­sto severa non solo, pre­ve­di­bil­mente, con la riforma For­nero delle pen­sioni — che lo Spi vor­rebbe cam­biare per intro­durre una fles­si­bi­lità di uscita – ma anche con lo stesso sin­da­cato, che l’ha con­tra­stata male e troppo poco: “Siamo stati deboli, sol­tanto 3 ore di scio­pero: quella è stata una scon­fitta annunciata”.

Una bella auto­cri­tica, raris­sima nel sin­da­cato. Che non rie­sce a cam­biare ai ritmi della poli­tica, resta spesso ele­fan­tiaco e per que­sto offre il fianco ai nuovi lea­der che scon­fi­nano nel popu­li­smo, da Grillo a Renzi. Non a caso Can­tone ha invi­tato tutta l’organizzazione “a cam­biare”, a “stare di più sul ter­ri­to­rio e tra le per­sone”, a dare atten­zione “alla povertà”: i poveri, sia anziani che gio­vani, un po’ il filo rosso di tutta la sua rela­zione. Ma si deve, in par­ti­co­lare, saper par­lare ai pre­cari. La segre­ta­ria dello Spi era una dei pochi diri­genti Cgil pre­senti al con­gresso del Nidil: “E avreb­bero dovuto esserci tanti altri di noi ad ascol­tare”, rim­pro­vera la platea.

Da qui il pas­sag­gio alle pole­mi­che interne, agli scon­tri sul Testo unico, è natu­rale. Dopo il con­gresso Fiom della set­ti­mana scorsa, in cui Susanna Camusso e Mau­ri­zio Lan­dini – forse costretti dal con­te­sto – hanno rico­min­ciato in qual­che modo a dia­lo­gare, il richiamo all’unità pare obbli­gato: “Nella sto­ria della Cgil abbiamo avuto tanti con­flitti, e le cri­ti­che sono le nostre vita­mine. Ma poi si è arri­vati sem­pre a una sin­tesi: e più alte respon­sa­bi­lità hai, più devi sfor­zarti”. Chiaro il mes­sag­gio: se Lan­dini deve accet­tare di mediare, tocca però fare un passo avanti anche a Camusso.

D’altronde, le posi­zioni di Can­tone sono per appog­giare la segre­ta­ria gene­rale, ma dando atten­zione anche alle cri­ti­che dei metal­mec­ca­nici: “Il Testo unico è impor­tante – dice – E sarà utile per quando final­mente si vorrà fare una legge. Ma in quell’accordo ci sono dei limiti, come ad esem­pio il ricorso alle san­zioni: toc­cherà alle cate­go­rie, nel lavoro di con­trat­ta­zione, ten­tare di recuperarli”.

Salario più basso agli under 25: Abercrombie condannata a Milano | Fonte: redattoresociale.it

Anche se il dipendente è giovane, il datore di lavoro non ha il diritto di discriminarlo dal punto di vista contrattuale e della retribuzione. È il principio sancito oggi dalla Corte d’Appello di Milano del Tribunale del Lavoro, che ha condannato per discriminazione la nota azienda d’abbigliamento Abercrombie, perché ha assunto con un contratto di lavoro intermittente un giovane che aveva meno di 25 anni. Per poi licenziarlo appena li ha compiuti. Secondo il presidente della Corte, il giudice Laura Curcio, Abercrombie ha tenuto un comportamento discriminatorio “per averlo assunto in forza della sua sola età anagrafica”. In altri termini, il fatto che una persona sia giovane non implica che solo per questo debba essere assunto con un contratto più svantaggioso rispetto ai suoi colleghi più anziani.

Il contratto a lavoro intermittente è in pratica un contratto a tempo indeterminato, in cui il lavoratore deve rimanere sempre a disposizione, viene chiamato solo quando c’è bisogno e pagato solo per le ore in cui è stato effettivamente impiegato. Un tipo di contratto previsto dalla legge Biagi, finora applicato poche volte, che prevede appunto il requisito dell’età inferiore ai 25 anni. La sentenza di Milano non solo condanna l’azienda di abbigliamento, “ma afferma in sostanza che tutte le forme di riduzioni di tutela legate solo alla giovane età di un lavoratore non sono ammissibili – spiega Alberto Guariso, l’avvocato che ha curato la causa del giovane dipendente di Abercrombie -. Si conferma che ai più giovani non si può applicare automaticamente un contratto di lavoro più svantaggioso, perché si commette una discriminazione, che è contro le direttive dell’Unione Europea”. Un monito, insomma, per chi pensa che per aiutare i giovani a trovare un impiego bisogna ridurre diritti e garanzie. (dp)