
“Quando si creano le condizioni e il consenso si possono respingere i disegni gravi”. Inizia così il suo intervento Maurizio Landini all’assemblea nazionale del delegati che oggi si è tenuta a Roma, ricordando l’anniversario della marea Cgil che ha invaso il Circo Massimo nel 2002 contro l’attacco all’articolo 18. Non a caso, perché quella marea fermò, per un po’, un attacco senza precedenti ai diritti del lavoro. Un’assemblea, particolare, quella all’Eur di oggi perché ha presentato a tutta la Fiom i nuovi eletti nei direttivi regionali e territoriali della Fiom. Una assemblea quindi del gruppo dirigente diffuso dei metalmeccanici, mai convocata prima, come ci tiene a dire Landini.
Due segnali chiari, quindi lanciati all’indirizzo della Cgil per dire, in ben cinquanta minuti di intervento dedicati tutti a questo tema, che la democrazia per i rossi della Fiom continua ad avere una centralità straordinaria. Non lo è solo perché servirà ad affrontare le “scelte importanti che vogliamo fare”, chiosa Landini. Lo è perché con tutta evidenza la Fiom ha deciso di portare avanti la sua battaglia in Cgil “fino in fondo”. Lo strappo sul 10 gennaio ad opera di Susanna Camusso rischia di lasciare un segno profondo nella storia del più grande sindacato italiano dei lavoratori. E, a quanto dice Landini dal palco, non solo perché va a toccare la conta dei dirigenti nel sindacato. Il punto è il passaggio epocale che sta per investire la condizione del lavoro, fino all’idea stessa della confederalità e, appunto, di democrazia.
Il primo guanto di sfida è sulla gestione della cosiddetta consultazione sull’accordo. Il referendum sul testo unico sulla rappresentanza proseguira’ tra i lavoratori metalmeccanici fino al 7 aprile, in modo da avere i risultati prima del congresso nazionale della Federazione delle tute blu, che si terra’ a Rimini dal 10 al 12 aprile.
“Vi invito tutti da qui ai primi di aprile – ha detto Landini – ad andare fabbrica per fabbrica a distribuire il testo, perche’ i lavoratori devono conoscerlo e non leggere delle sintesi su volantini che hanno fatto addirittura a fumetti”. Lo schema di Landini è chiaro: visto le scorrettezze sulla consultazione sugli accordi precedenti (28 giugno 2011 e 31 maggio 2013) stavolta le tute blu voteranno in modo certo, e autogestito. “E noi ci atterremo a quel voto”. Una dichiarazione di guerra che Landini aveva già fatto nei giorni scorsi ma che ripetuta dal palco dell’assemblea nazionale ha tutt’altro sapore. “Noi come Fiom saremo vincolati dall’esito del voto che tutti i metalmeccanici esprimeranno”, dice Landini tra gli applausi della sala. Ma tra le critiche alla Cgil LAndini ci infila anche qualche “appunto” sull’andamento del congresso, di cui non solo non conoscono ancora i dati delle votazione ma che in qualche caso riservano sorprese molto sgradevoli per la Fiom, come il fatto di aver preso il 35% sugli emendamenti e poi non vedersi riconosciuto alcun delegato al congresso.
Di frecce nella faretra il leader della Fiom ne ha molte. A partire dalla sentenza della Consulta sulla vicenda Fiat, “non coerente con l’accordo del 10 gennaio”. E le usa senza risparmio. “La Cgil nel 2009 non firmò l’accordo separato con il Governo. La Cgil non firmò perché era contro arbitrato, Ipca, sanzioni, mancato pronunciamento dei lavoratori e deroghe”, fa notare. E’ evidente che il testo firmato da Susanna Camusso nel gennaio del 2014 ha introdotto una contraddizione perché prevede almeno l’arbitrato, e le sanzioni contro gli stessi delegati. Sollevare l’argomento della coerenza per Landini è facile. “Senza i delegati eletti dai lavoratori non esiste né la Fiom né la Cgil”, sottolinea. Ma il ragionamento non è solo della “vertenza democrazia” che vede la Cgil come controparte della Fiom. Landini mette il dito nella piaga quando parla della crisi della rappresentanza del sindacato. Un crinale pericoloso che sta portando le relazioni sindacali tutto in mano alla “proprietà dell’azienda”. “Un aziendalismo che rompe la solidarietà tra le categorie e il pluralismo sindacale”, dice.Landini poi si rivolge al Governo avvertendolo che per il momento la scelta è quella di “andare a vedere” cosa ha da dire sulla ripresa economica. Ma la linea del Piave è molto netta: “Non c’è scambio tra occupazione da una parte e diritti e democrazia dall’altra”. Il punto vero è che è del tutto inutile “precarizzare” senza creare le basi dello sviluppo.
“Noi diciamo a Renzi che siccome lui vuole cambiare il nostro Paese noi siamo pronti, anche noi lo vogliamo cambiare perche’ cosi’ non funziona. E noi sfidiamo Renzi su cambiamento, ci vogliamo confrontare nel merito”, dice il segretario della Fiom. “Pensiamo che sia importante che ci ascolti- ha detto ancora Landini- . Ma noi non chiediamo che per decidere debba ascoltare noi, lui ha il diritto di decidere il punto e ascoltarci. Se lo fa bene, se non lo fa e dovesse andare avanti su un’altra strada, noi facciamo il nostro mestiere, cioe’ proviamo a far cambiare idea al Governo perche’ pensiamo che c’e’ bisogno di un cambiamento. È un atteggiamento autonomo e rispettoso e soprattutto colgo un elemento di novita’”. Landini ricorda che sono 20 anni che abbiamo governi che fanno delle chiacchiere “ma non cambiano e anzi peggiorano”. Quindi, “una volta che uno dice di voler cambiare questo Paese, noi cosa dovremmo mantenere? Le pensioni che ci hanno cancellato? La precarieta’? I salari bassi, che la gente non ci arriva? Cosa dobbiamo difendere? Noi lo dobbiamo cambiare questo Paese, quindi siamo pronti a confrontarci. Spetta al Governo scegliere con chi vuol cambiare il Paese. Con chi lavora? Con chi paga le tasse? Noi siamo pronti. Lo vuole fare contro di noi? A quel punto li’ decideremo quale iniziativa fare”.
La Fiom è pronta ad unificare il mondo del lavoro, e alla Confindustria e al Governo chiede di mettere carburante negli investimenti e di cambiare le politiche. Innanzitutto, cominciando ad impedire la chiusura delle aziende, magari con il rifinanziamento dei contratti di solidarietà, la penalizzazione della delocalizzazione e un nuovo intervento pubblico. “Misureremo questo governo per quello che concretamente faranno”, conclude tra gli applausi Landini.