Un ex boss della holding criminale torna in azione con un gruppo di estorsori. Ricatta banditi, con un trucco si fa garante, e incassa centinaia di migliaia di euro

Non è un romanzo criminale. Sembra che a Roma voglia tornare davvero la vecchia banda della Magliana. Pare che nella zona del Trullo si sia costituito un gruppo malavitoso ispirato da un ex personaggio della holding a mano armata sul quale ora i carabinieri hanno messo gli occhi, e non solo. Da una parte la notizia ha del clamoroso, è come se dagli armadi si tirassero fuori scheletri che riprendono vita, chiaramente destando grande stupore. Dall’altra, però, è tutto vero. Gli investigatori hanno un fondato sospetto. La zona dove il fantasma è tornato in carne e ossa è nella periferia sud-ovest della Capitale. L’imbeccata racconta che un ex della banda starebbe ricreando una “batteria” di malviventi, una decina di suoi fedeli coordinati da un trentenne. Con tre precisi obiettivi. Il primo: avere il controllo della zona, imporre un proprio potere mafioso. Il secondo: rapinare i supermercati e le farmacie, fare cassa nelle solite modalità criminali. E il terzo, forse il più interessante e quasi anomalo, estorcere i “piccoli” delinquenti locali, pretendendo parte dei guadagni ricavati dai traffici illeciti. Un obiettivo che si ricollega al primo della terna. Infatti è così che si rivelerebbe l’anima mafiosa della neonata banda del Trullo. La regola è: qui si può spacciare la droga comprata da fornitori di altre parti di Roma, ma per venderla al Trullo bisogna pagare una percentuale alla nuova banda. E lo stesso vale per i balordi del posto che fanno soldi commettendo reati: una quota bisogna darla ai nuovi “padroni” della piazza.
L’indagine è partita dall’estorsione a un malvivente del Trullo che si è visto minacciare dalla cricca emergente, con la pistola puntata addosso e con decisione: «Devi darci parte del denaro che guadagni o è peggio per te» gli hanno detto. C’è chi ha provato a rifiutarsi e ha rischiato di finire ammazzato, fuggendo dai suoi sicari. Lui ha voluto evitare il Far West. Così all’inizio il delinquente-vittima si sarebbe rivolto proprio all’ex della banda della Magliana, convinto che con il suo carisma criminale potesse intercedere, mettere pace e sedare quegli scalmanati con l’arma in pugno. Il boss si sarebbe dato da fare, spendendo una buona parola coi violenti pronti a tutto. Ma alla fine sarebbe arrivato a dire al malavitoso che aveva subito il tentativo di estorsione, che era meglio sborsare una cifra e finirla lì. In pratica, il “padrino” avrebbe detto al suo “figlioccio” che era meglio arrendersi all’evidenza e fare come dicevano. E qui sta il trucco. Infatti, il delinquente costretto a versare il pizzo si sarebbe accorto di altro. Che era finito in una trappola perfetta. Il vecchio appartenente della Magliana, che lui credeva neutrale e imparziale, in effetti era il capo nell’ombra della nuova formazione criminale che lo aveva minacciato. Il “vecchio” non si era esposto direttamente a fare la voce grossa e per il lavoro sporco aveva inviato i suoi sodali. Immaginava che il malavitoso taglieggiato della zona avrebbe chiesto il suo aiuto e in principio aveva dato l’impressione di fare il suo “avvocato”, finendo invece per convincerlo a cedere e a pagare.
LO STRANO CASO DELL’OMICIDIO MUSCI
Finora il marchingegno avrebbe generato soldi facili, accrescendo il potere dell’ex della Magliana e della banda di violenti al suo seguito. Ma non sarebbe passato inosservato ai carabinieri. Allertati anche da un altro fatto. La mattina del 23 gennaio scorso, a Casalotti, è stato ucciso Roberto Musci. Era agli arresti domiciliari presso l’abitazione della madre, anche se il suo quartiere era il Trullo. La zona è piena di telecamere di sicurezza. Il killer ha agito con una certa perizia. Ha citofonato al pregiudicato dicendogli che era un ufficiale giudiziario e che doveva scendere per una notifica. E quando Musci ha aperto il portone si è trovato davanti il sicario. La vittima ha visto l’arma, ha cercato di gettarsi addosso all’uomo, e questi, col volto travisato da un casco da motociclista, ha fatto un passo indietro e ha premuto il grilletto. Poi, quando Musci è crollato a terra, si è avvicinato al corpo e ha premuto il grilletto per dargli il colpo di grazia. Ma qual è stato il movente dell’omicidio? Sul caso indagano i carabinieri del Nucleo investigativo di via In Selci diretto dal colonnello Lorenzo Sabatino. Qualche giorno dopo il legale di Roberto Musci, l’avvocato Maurizio Riccardi, ha lanciato al killer uno strano anatema: «Sei un vigliacco, un uomo di poco valore» perché aveva eliminato la vittima usando un vile stratagemma. E dopo i funerali ha lasciato trapelare una possibile versione del delitto: Musci sarebbe stato ucciso su ordine di un ex della banda della Magliana che avrebbe detto: «Ora il Trullo me lo riprendo io». Costui avrebbe commissionato il fatto di sangue eliminando un possibile concorrente. Ma questa non è l’unica ipotesi al vaglio degli investigatori. Roberto Musci era finito in una maxi-inchiesta, sempre dei carabinieri, su un traffico di droga. In cima è stato collocato Giorgio Stassi, 48 anni: originario di Trapani ma vicino anche alla ’ndrangheta calabrese. Forse Musci è stato ucciso perché è sparito denaro legato alla cocaina? Il 31 dicembre 2010 era stato arrestato sul Gra dai carabinieri del Nucleo radiomobile perché aveva pestato il conducente di una Fiat 600 che non gli aveva ceduto la corsia di sorpasso a lui, al volante di una Ferrari rossa. All’interno c’erano 27.500 euro. Pare che ci dovessero essere 200 mila euro in più.
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