riunione del comitato provinciale ANPI CATANIA via Vittorio Emanuele 245

anpi
il comitato provinciale è convocato per il mercoledì 19 giugno alle ore 18.30

col seguente ODG:

bilancio consuntivo 2012 e preventivo 2013

relazione comitato regionale

manifestazione 70 aniversario sbarco alleati

manifestazione difesa costituzione

assemble annuale di settembre

decadenza dei componenti e sostituzione
richieste al comune

varie.

il comitato provinciale è aperto a tutti gli iscritti ANPI

UDI CATANIA – maggio 2013 MEDITERRANEA

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Comunicato Stampa: manifestazione nazifascista a Roma, le autorità impediscano all’orda nera l’accesso alla città.

da Anpi Roma Ufficio Stampa (Note) Giovedì 13 giugno 2013 alle ore 17.01

 

Anpi Roma: manifestazione nazifascista a Roma, le autorità impediscano all’orda nera l’accesso alla città.

 

“La cultura della pace che da sempre ci contraddistingue e che ogni giorno portiamo nelle scuole non può essere contraddetta da ideologie fasciste e negazioniste liberamente sbandierate nella nostra città”. Lo ha dichiarato Vito Francesco Polcaro, presidente dell’Anpi di Roma in merito alla manifestazione pro Assad che si terrà sabato a Roma preso un centro sociale di estrema destra.

 

“Siamo lieti di apprendere che la manifestazione di gruppi nazifascisti provenienti da tutta Europa non si terrà più in piazza, ma rimaniamo estremamente preoccupati per l’annuncio che la stessa manifestazione sarà accolta da Casapound, a conferma delle pulsioni eterofobe dei fascisti del terzo millennio.”

 

“Rilanciamo l’appello di Riccardo Pacifici e della comunità ebraica della città che più di tutte nel nostro paese ha versato un drammatico contributo alla follia nazista, affinché tutti i partiti democratici e la società civile siano definitivamente consapevoli che chi si dichiara fascista o neonazista non possa manifestare liberamente. Chiediamo dunque alle autorità competenti – conclude Polcaro – di intervenire per fermare l’orda nera che con i suoi disvalori offende la città medaglia d’oro per il Risorgimento e la Resistenza, i suoi cittadini e le istituzioni democratiche.”

Il pentito: ‘Preiti ha sparato per conto della ‘ndrangheta per danneggiare il M5S ‘ da: calabria ora

 

Il pentito: 'Preiti ha sparato per conto della 'ndrangheta per danneggiare il M5S '

“Secondo le rivelazioni rilasciate in esclusiva per Byoblu.com del collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura, Preiti avrebbe sparato chiaramente per ordine della ‘ndrangheta, per danneggiare il Movimento 5 Stelle o addirittura per cercare di aprire una trattativa”. Lo scrive Claudio Messora, comunicatore del M5S e blogger su Fb rinviando ad un’intervista del collaborature che compare sul blog Byoblu. L’intervista al pentito è stata realizzata dal giornalista Valerio Valentini lo scorso 15 maggio ed è stata pubblicata sul blog di Messora. “Francamente, a me la storia di Preiti, così come ce l’hanno raccontata, non ha mai convinto. Un disadattato che decide di fare un atto eclatante in segno di disperazione? No, non mi sembra proprio” afferma nell’intervista Bonaventura, ex ‘ndranghetista, reggente del clan Vrenna-Bonaventura di Crotone, che dal 2006 ha deciso di collaborare con la giustizia. ”So per certo che la famiglia Preiti è vicino ad ambienti legati alla ‘ndrangheta’ dice Bonaventura. “Quando hai avuto a che fare per anni con dei corpi riservati e azioni del genere le hai pianificate ed eseguite, certe anomalie ti risultano più evidenti. Le annusi subito”. Corpi riservati, dunque: “la ‘ndrangheta – precisa il collaboratore a Valerio Valentini nell’ intervista – se ne serve moltissimo. Sono criminali non necessariamente affiliati o organici all’organizzazione. Persone che possono essere reclutate all’occorrenza per commettere attentati, e che di solito sono pronti a morire nel corso di queste missioni. Persone spesso disperate, ma molto preparate. Dei kamikaze, insomma. Ecco, a me Preiti sembra rispondere perfettamente a questo identikit”. Per Bonaventura il caso potrebbe rientrare in un piano di destabilizzazione: “Più volte, dopo esser diventato collaboratore di giustizia, ho avuto incontri con finti pentiti che descrivevano prospettive inquietanti. In particolare, nel 2011, fui abbordato due volte da esponenti della cosca De Stefano-Tegano, [le ‘ndrine che controllano Reggio Calabria, ndr], che cercavano di reclutarmi e di corrompermi. Mi parlarono di un piano del terrore che sarebbe stato messo in atto, un piano contro magistrati e forze dell’ordine, teso a destabilizzare. E si vantarono di avere a disposizione truppe di criminali pronte ad ammazzare e a farsi ammazzare. Ecco, quando ho appreso dell’attentato di Preiti, non ho potuto non ripensare a quegli incontri”. Un attentato politico?, chiede quindi l’intervistatore. “Beh, certamente dei risultati li ha ottenuti subito, visto che molti giornali hanno immediatamente collegato quell’atto col clima di odio fomentato ad arte da un certo movimentismo politico. Ma preferisco comunque non entrare direttamente in questi risvolti”. Valentini sottolinea tuttavia che l’attentato arriva poche settimane dopo la lettera inviata a Nino De Matteo, nella quale si dice chiaramente che non si può ‘mettere il Paese in mano a comici e froci’. “Quando la ‘ndrangheta alza il tiro e’ sempre perché vuole arrivare ad aprire una trattativa” risponde Bonaventura che aggiunge: ” In Italia la trattativa si vive ogni giorno. Quando si spara, di solito, è perché si vuole arrivare ad una rinegoziazione”.

 

Catania: Sindaco Pd ma consiglieri Mpa e Pdl Pubblicato il 12 giugno 2013 – Flora Bonaccorso da: Messina web tv

 

Raffaele Stancanelli ha perso le elezioni, ma il vero sconfitto delle Amministrative di Catania è il centrosinistra. Ancor più del Movimento 5 Stelle.
bianco enzoLe percentuali di lista denunciano, prima di un fallimento elettorale, la caduta verticale di Pd e Sel nell’ombra della vita politica catanese. Basti leggere con attenzione i profili degli eletti al Consiglio comunale nella coalizione di Enzo Bianco, il senatore Pd uscente eletto sindaco di Catania al primo turno, per rendersi conto che Bianco ha vinto tenendo un comportamento ben più spregiudicato del gruppo Pd all’Ars al tempo di Raffaele Lombardo. Quelli inventarono il sostegno esterno ad un governo regionale di tecnici capeggiato da Raffaele, Enzo ha fatto accordi politici con i lombardiani. Anzi, ha fatto di più. Perché Antonello Cracolici e Beppe Lumia si limitarono a stringersi all’Mpa ma restarono all’opposizione del Pdl, a Catania invece è forte il sospetto che anche la corrente del berlusconiano Pino Firrarello abbia agevolato Bianco praticando il voto disgiunto.
Di seguito l’elenco dei consiglieri della maggioranza:
PATTO PER CATANIA
Alessandro Porto: già consigliere comunale MPA
Agatino Lanzafame: già consigliere VI circoscrizione MPA
Elisa Vanin: vice presidente Associazione Catania Futura UDC
Maria Ausilia Mastrandrea: preside della scuola media Carducci, vicepresidente dell’associazione politico-culturale denominata “Rinascita Siciliana – MO.SI.F. Movimenti Sicilianisti Federati (MPA)
Carmelo Sofia: già consigliere comunale Pd (La Margherita)
Mario Crocitti: già consigliere comunale Pd (la Margherita)
Elene Adriana Ragusa: Medico
Rosario Laudani: già consigliere comunale DS poi passato con MPA nel 2008
ARTICOLO 4
Carmelo Nicotra: già consigliere comunale eletto con il Pd nel 2008, nel 2010 lascia il Pd e passa al Mpa, nel 2012 passa all’UDC insieme a Leanza
Beatrice Viscuso: già consigliere IX circoscrizione PDL
Sebastiano Arcidiacono: già consigliere comunale Mpa, già assessore all’istruzione di Stancanelli in quota MPA
Giuseppe Musumeci: esponente Giovani MPA
Ludovico Balsamo: già consigliere comunale Mpa
PRIMAVERA PER CATANIA
Agatino Lombardo: già consigliere comunale PDL e MPA, già assessore di Stancanelli in quota MPA
Francesco Petrina: già candidato al consiglio comunale del 2008 per il PDL
Salvatore Spataro: già consigliere IX municipalità per il PDL
Michele Failla: già candidato al consiglio comunale del 2008 con Autonomia Sud (MPA)
IL MEGAFONO
Daniele Bottino: già vicesegretario provinciale UDC fedelissimo di Forzese portavoce venditori ambulanti Mercatino delle Pulci
Erika Marco: già consigliere comunale vice capogruppo MPA
Rosario Gelsomino: revisore contabile già consigliere comunale MPA
Ersilia Saverino: già vicepresidente dello Stabile in quota MPA e candidata alle regionali del 2012 con PDS (MPA)
Francesco Salvatore Trichini: già consigliere comunale PDL poi passato a MPA fedelissimo di Marco Consoli
PARTITO DEMOCRATICO
Francesca Raciti: già consigliere comunale PD
Lanfranco Zappalà: già consigliere comunale FORZA ITALIA, poi rieletto con il PD
Giovanni D’Avola: già consigliere comunale PD (La Margherita)
Niccolò Notarbartolo: già 40 per Catania
Nino Vullo: manager d’azienda sostenitore di Renzi

Ferrara-20 giugno 2013- Multisala Apollo ore20’30: Incontro Pubblico_ Per salvare la nostra società ,il futuro dei nostri figli

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La deroga Illegittima all’art.138 della Costituzione | Autore: Alfonso Gianni da: controlacrisi.org

 

Nel suo consueto editoriale domenicale Eugenio Scalfari ha tra le altre cose scritto – al riguardo delle modifiche costituzionali il cui percorso è di fatto iniziato con l’approvazione del disegno di legge che ne regola tempi e modalità nella riunione del Consiglio dei ministri del 6 giugno – di non comprendere le ragioni delle critiche mosse all’operato del governo. “Ci sono state molte critiche a questa impostazione – ha scritto il fondatore di Repubblica – si è parlato di stravolgimento della Costituzione esistente. Francamente non vedo in cosa consista lo stravolgimento: il 138 resta invariato, la sua procedura non è minimamente scavalcata.”
I casi sono due: o Eugenio Scalfari è in possesso di un testo diverso da quello su cui tutti hanno ragionato – fra cui il costituzionalista Alessandro Pace, proprio il giorno prima sullo stesso giornale – oppure siamo di fronte ad una clamorosa sottovalutazione dello strappo costituzionale in esso inserito.
Le cronache riportano che solo due ministri, Emma Bonino e Andrea Orlando, avrebbero sollevato obiezioni in merito all’accorciamento da tre mesi a uno soltanto dell’intervallo intercorrente fra la prima e la seconda deliberazione delle camere sul testo della legge costituzionale. Ad essi sarebbe stato risposto che proprio con una legge costituzionale ad hoc si potrebbe derogare a questo previsto dall’art.138 della Costituzione.
Ma è proprio qui che comincia lo strappo, sia formale che sostanziale, come hanno sottolineato anche i Comitati Dossetti per la Costituzione. Una legge costituzionale che intende cambiare modalità e percorso che regolano, in una Costituzione rigida quale è la nostra, le norme della sua modifica, in nessun modo possono scappare dalla procedura prevista dall’art. 138. Eventualmente solo dopo che la modifica dello stesso articolo viene effettuata, sulla base delle norme previste dallo stesso, è allora possibile che le successive modifiche costituzionali seguano nuove norme, ma non certamente prima.
Inoltre è bene soffermarsi su questa strana idea di una legge costituzionale ad hoc, che sembra ribadire la perniciosa tendenza all’eccezionalismo nei nostri procedimenti legislativi. Si dice infatti che la modifica, del cui percorso del tutto illegittimo alla luce della attuale Costituzione ho già detto, avverrebbe una tantum. Ma questa è una patetica bugia, dal momento che in base a tale modifica potrebbero più agevolmente e rapidamente passare cambiamenti rilevanti della nostra Costituzione, quali appunto sono quelli previsti dal governo e dalla maggioranza che lo sorregge e che riguardano niente meno la forma di governo, il sistema parlamentare, la relazione fra Stato e Regioni, contenuti nei titoli I-II-III e V della parte seconda della Costituzione.
Tutto questo, sia pur detto per inciso, non potrebbe non avere conseguenze anche sulla prima parte della Costituzione, quella che si dice non volere violare, poiché i diritti dei cittadini dipendono anche dalle istituzioni che li dovrebbero garantire. Se si modificano queste ultime è più che probabile che ci sarebbero anche conseguenze per i primi. Se si modifica la forma di governo e la sua relazione con il parlamento è ben difficile immaginare che i diritti politici dei cittadini rimangano inalterati. E tutto ciò avverrebbe in base ad una deroga all’articolo 138 della Costituzione discussa con modalità non previste dalla stessa!
Pare davvero che tutto ciò a Scalfari non sembri neppure degno di considerazione. Egli riconosce che la questione principale in discussione è il presidenzialismo o semipresidenzialismo (che per alcuni versi sarebbe ancora peggio). Ma per lui questa questione esulerebbe dall’art. 138 perché chiamerebbe in causa una vera Assemblea costituente, alla quale, per definizione, non potrebbero essere posti limiti di sorta nella sua eventuale attività di revisione costituzionale.
Proprio per questo bisogna opporsi a una simile proposta. Ma Scalfari finge di non accorgersi che tra i compiti dell’attuale “bicameralina” dei 40 parlamentari la questione della forma di governo è già compresa. Come recita il comunicato ufficiale rilasciato da palazzo Chigi: “Il Comitato dovrà esaminare i progetti di revisione dei Titoli I, II, III e V della parte Seconda della Costituzione che riguardano le materie della forma di Stato, della forma di Governo e del bicameralismo.”
Siamo quindi di fronte, con buona pace dei minimalismi scalfariani, al più ambizioso tentativo di ridisegno della Costituzione in senso autoritario e presidenzialista. Grave è nasconderlo. Anzi bisogna prepararsi a fare come nel 2006, quando la maggioranza degli aventi diritto al voto – malgrado il quorum in questo caso non sia previsto – respinse nel referendum il “premierato” che Berlusconi aveva fatto votare nella precedente legislatura.

Grecia, cessa le trasmissioni: canali oscurati e ripetitore principale neutralizzato dalla polizia Autore: isabella borghese da: controlacrisi.org

Come è stato già preannunciato in giornata la Ert, la radiotelevisione pubblica greca, ha cessato pochi minuti fa le sue trasmissioni: i canali sono stati infatti oscurati e il ripetitore principale posto su una montagna vicino ad Atene, e’ stato invece neutralizzato dalla polizia.

L’operazione causa il licenziamento di quasi 2.800 dipendenti e fa parte del piano di dismissioni imposto dalla Troika. Sara’ creato un nuovo ente radio-tv, non piu’ a controllo statale e soprattutto con meno personale.

Aveva dichiarato il portavoce dell’esecutivo, Simos Kedikoglou – ”le trasmissioni saranno interrotte e tutti i 2.780 dipendenti dell’Etr (Elliniki Radiofonia ke Tileorasi) saranno licenziati.
Così è stato.

Le altre stazioni radio-televisive private greche che hanno deciso, da questa sera, un blackout informativo, sospendendo la trasmissione di notiziari e tg.

“Se vogliamo uscire dalla crisi – ha detto Kedikoglou – dobbiamo lavorare nella trasparenza e senza sprechi. La Ert, sovvenzionata dallo Stato e anche da un canone che i cittadini pagano con la bolletta della luce – ha aggiunto – ha un numero di dipendenti da tre a otto volte considerato superiore alle necessita’ e asset mal gestiti. All’emittente pubblica con introiti pari a circa 300 milioni di euro l’anno fanno capo cinque stazioni televisive (ET1, Net, ET3, Ert World e Ert HD), 29 radiostazioni, siti web, un settimanale, oltre all’Orchestra Sinfonica nazionale e l’Orchestra di Musica contemporanea. Non e’ ancora chiaro quanti dipendenti saranno riassunti nel nuovo ente, ma il portavoce ha assicurato che coloro che perderanno il posto di lavoro saranno indennizzati mentre circa 700 di essi potranno andare in pensione anticipata. La questione della chiusura dell’azienda radio-televisiva statale e’ destinata a mettere di nuovo a dura prova i gia’ tesi rapporti tra i partiti della coalizione governativa dal momento che sia il Pasok (socialista) sia Sinistra Democratica si sono subito dichiarati contrari alla decisione del governo”

Tasse, da oggi (12 giugno) non lavoriamo più per il fisco. Cgia: ogni italiano versa 1.000 euro mese 11 da: controlacrisi.org

 

Quasi 1.000 euro al mese: è questo l’importo medio, calcolato dalla Cgia di Mestre, che ciascun italiano (bambini ed anziani compresi) verserà quest’anno per tasse, imposte e contributi allo Stato. Una cifra che include anche il carico fiscale pagato dalle imprese. Complessivamente arriveranno nelle casse pubbliche circa 698 miliardi di euro.

A partire da oggi (12 giugno) non lavoreremo più per il fisco. A dirlo è sempre la CGIA di Mestre che da quasi 15 anni calcola il giorno di liberazione fiscale, ovvero la data a partire dalla quale i contribuenti italiani cominciano a lavorare per se stessi.
Quest’anno sono stati necessari ben 162 giorni per assolvere agli obblighi fiscali e contributivi richiesti dallo Stato: una punta massima che nella storia recente del nostro Paese non avevamo mai toccato. Chiaramente, ciò è dovuto in particolar modo al forte aumento registrato in questi ultimi anni dalla pressione fiscale: infatti, nel 2013 toccherà il record storico del 44,4% del Pil, un livello mai raggiunto in passato. Si pensi che dal 1980 al 2013 il carico fiscale è aumentato di ben 13 punti.

“Quest’anno – sottolinea Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – pagheremo mediamente 11.800 euro di imposte, tasse e contributi a testa. E in questo conto sono compresi tutti i cittadini, anche i bambini. Tuttavia, il dato disarmante è che al cittadino non vengono forniti servizi adeguati. Molto spesso, nel momento del bisogno, il cittadino è costretto a rivolgersi al privato, anziché utilizzare il servizio pubblico. Tutto ciò – conclude Bortolussi – si traduce in un concetto molto semplice: spesso siamo costretti a pagare due volte lo stesso servizio. Gli esempi che si possono fare sono moltissimi: succede se dobbiamo inviare un pacco, se abbiamo bisogno di un esame medico o di curarci, di spostarci, ma anche nel momento in cui vogliamo che la giustizia faccia il suo corso in tempi congrui con quelli richiesti da una società in continua evoluzione“.

Come si è giunti all’individuazione del cosiddetto “Tax freedom day”? L’Ufficio studi della CGIA ha preso in esame il dato di previsione del Pil nazionale e lo ha suddiviso per i 365 giorni dell’anno, ottenendo così un dato medio giornaliero. Successivamente, il gettito di imposte, tasse e contributi che i contribuenti versano allo Stato è stato rapportato al Pil giornaliero, ottenendo il cosiddetto “giorno di liberazione fiscale” che, per il 2013, “scoccherà” il prossimo 12 giugno.

Le cose, purtroppo, vanno molto peggio per coloro che le tasse le pagano fino all’ultimo centesimo. Se dal Pil nazionale storniamo la quota di economia sommersa che viene conteggiata a seguito di una convenzione internazionale recepita da tutti i Paesi, è possibile calcolare la pressione fiscale “reale” che grava sui contribuenti “onesti”. Per l’anno in corso, la pressione fiscale “reale” si attesta ad un valore massimo del 53,8%. Ebbene, con questo livello di tassazione il giorno di liberazione fiscale per i contribuenti fedeli al fisco oltrepassa abbondantemente la metà dell’anno e si attesta al 16 luglio.

Una Carta da non strappare Fonte: il manifesto | Autore: Roberto Ciccarelli

 

La «convenzione per la democrazia costituzionale» presentata ieri al Teatro Valle occupato di Roma da Stefano Rodotà, Gaetano Azzariti e Alberto Lucarelli è un gruppo di lavoro deliberato il 9 maggio scorso dalla «Costituente dei beni comuni», l’alleanza tra giuristi e studiosi con i movimenti che ha l’ obiettivo di elaborare un «codice dei beni comuni» e sostenere le lotte sociali e per i diritti fondamentali. Lo scopo della convenzione è offrire un punto di vista alternativo rispetto al processo di riforma costituzionale che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha definito «ineludibile» in un discorso tenuto ieri davanti ai magistrati di nuova nomina ricevuti al Quirinale.
I giuristi raccolti nella convenzione stabiliranno un collegamento con la rete delle associazioni, dei partiti e dei sindacati che il 2 giugno scorso a Bologna hanno risposto all’appello di «Libertà e Giustizia», guidata da Gustavo Zagrebelsky, per costruire insieme la rete dei «comitati per la difesa della costituzione». Tra le proposte di questo gruppo di lavoro c’è l’intenzione di presentare una disciplina sulle iniziative legislative popolari, una legge sul reddito di cittadinanza e un provvedimento sul diritto di accesso al web. Sulla riforma della legge elettorale, giudicata «inderogabile», i giuristi chiedono l’elaborazione di un sistema che garantisca la presenza di tutte le forze politiche fuori e dentro al parlamento. Infine, verrà elaborata una proposta sulla tutela dei diritti dei lavoratori precari e intermittenti.
Ciò che i giuristi della convenzione criticano della supercommissione parlamentare e della pletorica commissione dei 42 saggi che procederanno alla revisione della Costituzione è la scelta di un percorso estraneo alle procedure previste dall’articolo 138. Una decisione che ha esautorato il parlamento dalle sue funzioni e rischia di istituire un «potere costituente» concepito e regolato dal sistema costituito dei partiti. Si vuole così dare corpo alle «pulsioni presidenzialistiche» che da 35 anni cercano di riformare la seconda parte della Carta fondamentale, modificando la forma repubblicana dello Stato e accentrando il ruolo decisionale nella figura di un monarca repubblicano, non importa se sia il presidente della Repubblica, oppure il presidente del Consiglio. La direzione da prendere per affrontare e risolvere la crisi della rappresentanza politica dovrebbe essere opposta. Per questa ragione, i giuristi si impegneranno in una battaglia per la riqualificazione della «cultura costituzionale» e della «qualità della democrazia». La loro visione è ispirata ad un’idea di «diffusione dei poteri e di rafforzamento della partecipazione dei cittadini».
Nella crisi economica e politica in cui si trova il paese questi principi rischiano di andare perduti. «Quando si tocca la Costituzione – ha detto Gaetano Azzariti, docente di diritto costituzionale alla Sapienza di Roma – si toccano i principi supremi e la revisione di cui si parla è affrettata e per certi versi bizzarra. Non può essere senz’altro giustificata dalle esigenze di governabilità di cui parlano i partiti». L’introduzione del presidenzialismo nel nostro paese auspicata dal «mainstream», così è stata definita la bolla mediatica che sostiene il governo delle larghe intese, potrebbe fare gli interessi solo di questa oligarchia asserragliata nel «Palazzo». Stefano Rodotà non è stato tenero nei confronti della commissione dei 42 «saggi». La sua è anche un’obiezione di metodo. «Per loro – si domanda – sarà valido il vincolo della segretezza? Ma questo è impensabile oggi. Ricordo che durante la discussione sulla Carta di Nizza le audizioni erano pubbliche». Poi, rispondendo a una domanda sul ruolo svolto in queste difficili settimane dal Presidente della Repubblica Napolitano, ha detto: «Napolitano è stato coinvolto in una crisi istituzionale gravissima. Questa crisi è stata provocata dai partiti che sono responsabili di una rottura nel percorso costituzionale previsto nell’elezione del presidente della repubblica. Quando hanno dichiarato la loro impotenza dopo la quinta votazione hanno creato una situazione ingestibile. Vedremo quali saranno le mosse di Napolitano da questo momento in poi».
Alberto Lucarelli, già tra gli estensori dei quesiti referendari sull’acqua e assessore ai beni comuni nella giunta De Magistris a Napoli, parla di una «trasformazione di fatto della forma di governo da parlamentare a presidenzialistica» in atto da quando non è stato rispettato l’orientamento popolare espresso nel referendum sull’acqua del 2011. Questa «deriva» ha assunto contorni ancora più inquietanti nel dicembre del 2012, al momento dello scioglimento delle camere. «È stato un atto grave – questo è il giudizio di Lucarelli – perché ha impedito di indire i referendum sull’articolo 18, modificato dalla riforma Fornero, e sull’articolo 8. Bastava aspettare pochi giorni per dare un valore alle centinaia di migliaia di firme raccolte tra i cittadini».