Libertè(Paul Eluard) Gerard Fhilippe

Sotto il vulcano, elezioni e denari, Codacons tuona: “a Catania i voti non si danno, ma si comprano” da: ienesicule

 

8 giugno 2013, 15:23

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Alla vigilia delle elezioni, oggi alle ore 09.30 il Codacons ha presentato esposto alla Procura della Repubblica per compravendita di voti.

 

Offerti a quattro componenti di una famiglia del Comune di Aci S. Antonio (CT), denaro in contanti ( € 25,00 per ogni voto) in cambio della promessa di voto alle prossime Elezioni Amministrative.

 

Ecco quanto denuncia l’associazione di tutela dei consumatori:

 

“si preannunciano elezioni al vetriolo a Catania, dove alla vigilia delle prossime amministrative il Codacons svela il verminaio che sembra alimentare e nutrire questo importante appuntamento con gli elettori, la cui fiducia si guadagna, non più a suon di promesse, ma di “monete”. La più importante associazione nazionale dei consumatori, la settimana scorsa aveva allertato le istituzioni affinchè vigilassero sulla libera e incondizionata espressione dell’esercizio di voto e si era appellato anche alla gente comune perché segnalasse eventuali pressioni o tentativi di coercizione. Le reazioni non si sono fatte attendere e il clima intimidatorio che il Codacons aveva intuito è stato confermato da quanto denunciato pochi giorni fa da alcuni cittadini.

 

Nei giorni scorsi un elettore del Comune di Aci S. Antonio (CT), ha raccontato di essere stato avvicinato insieme ai suoi familiari da un candidato di una lista civica al Consiglio Comunale e di avere ricevuto l’offerta di denaro in contanti ( € 25,00 per ogni voto) in cambio della promessa di voto alle prossime Elezioni Amministrative. L’offerta di denaro veniva rivolta ai quattro membri del nucleo familiare, ai quali veniva richiesta l’esatta indicazione del seggio elettorale presso cui avrebbero esercitato il diritto di voto. Si accennava , inoltre, all’intervento di un Consigliere Comunale e ad una non meglio specificata “sicurezza”. Alla luce di quanto accaduto, oggi alle ore 09.30 l’avvocato penalista Carmelo Sardella dell’Ufficio legale provinciale del Codacons ha depositato un esposto denuncia alla Procura della Repubblica di Catania per l’ art . 416 ter C.P. relativo allo scambio elettorale politico-mafioso e l’art. 86 del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 voto di scambio. Il primo capo di reato stabilisce che la pena indicata dal primo comma dell’art. 416-bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio della erogazione di denaro. Il secondo, quello relativo al voto di scambio, sottolinea che “Chiunque, per ottenere, a proprio od altrui vantaggio, la firma per una dichiarazione di presentazione di candidatura, il voto elettorale o l’astensione, dà, offre o promette qualunque utilità ad uno o più elettori, o, per accordo con essi, ad altre persone, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire 600.000 a lire 4.000.000 anche quando l’utilità promessa sia stata dissimulata sotto il titolo di indennità pecuniaria data all’elettore per spese di viaggio o di soggiorno o di pagamento di cibi e bevande o rimunerazione sotto pretesto di spese o servizi elettorali.

 

La stessa pena si applica all’elettore che, per dare o negare la firma o il voto, ha accettato offerte o promesse o ha ricevuto denaro o altra utilità.” Le fattispecie di reato esistono, così come le relative pene, per queste ragioni il Codacons chiede l’accertamento delle responsabilità penali e la punizione ai sensi di legge degli autori dei reati”.

Velletri,99posse aggrediti dai fasci- solidarietà con Luca Zulu e la ’99Posse

 solidarietà con Luca Zulu e la ’99Posse

COMUNICATO STAMPA della 99 POSSE

Venerdì 7 giugno 2013

E’ accaduto ieri sera a Velletri, in provincia di Roma, intorno alle ore 22.30. Quando subito dopo aver parcheggiato la macchina nella piazza antistante il pub “Passo carrabile”, dove Zulù avrebbe dovuto esibirsi, il nostro cantante e uno dei fonici della band sono stati aggrediti con cinture e altri oggetti atti a offendere da un gruppo di una ventina di persone che esponevano simboli di estrema destra. La pronta reazione e l’intervento della sicurezza del locale hanno fatto sì che gli aggressori si dessero rapidamente alla fuga, impedendo che l’episodio avesse conseguenze più gravi delle contusioni, dei tagli e delle abrasioni superficiali riportate dai nostri compagni, che hanno rifiutato di essere trasportati in ospedale. Purtroppo la serata non ha potuto avere luogo e ci scusiamo con i presenti che erano venuti ad assistere allo spettacolo.

Un fatto grave, che si inserisce in una sempre più preoccupante recrudescenza dell’estremismo fascista in Europa e in Italia. Il 5 Giugno a Parigi, nei pressi della centralissima Saint-Lazare, è morto in seguito alle percosse ricevute da tre naziskin Clément Méric, studente della facoltà di Scienze Politiche di appena 18 anni. Nella notte dello stesso 5 giugno una molotov è stata lanciata contro il portone del centro sociale Astra 19 nel cuore del Tufello a Roma, al piano terra di una casa popolare abitata da decine di persone. Anche in questo caso, chiara la matrice fascista, nel clima avvelenato della campagna elettorale per le Comunali a Roma.

Chi ci mette la faccia si assume i suoi rischi e noi che ce la mettiamo da vent’anni lo sappiamo bene. Anche a Velletri stasera, quando in due abbiamo subito l’aggressione di venti fascisti che colpiscono e scappano. “Venti a uno è la tua forza fascio infame”, cantiamo in “Rigurgito antifascista”, una delle nostre canzoni più famose. E anche stasera abbiamo avuto la dimostrazione che non ci sbagliamo: vigliacchi, capaci di farsi forza solo in branco e in schiacciante superiorità numerica. Non abbiamo sporto denuncia perché crediamo che l’antifascismo non si pratichi in quegli stessi tribunali che assolvono gli assassini di Stefano Cucchi e comminano 100 anni di carcere a 10 compagn* per qualche vetrina rotta a Genova. L’antifascismo si fa nelle strade.

La lotta continua, a testa alta come sempre, sputandovi in faccia il nostro odio!

99 Posse & Crew

 

Velletri, aggrediti i 99 Posse
“Noi, picchiati dai neofascisti”

L’episodio sarebbe accaduto nella piazza antistante il pub “Il passo carrabile” prima di un’esibizione. “Erano in venti con simboli di estrema destra, cinture e altri oggetti contundenti”. Il racconto su Facebook, la band non sporgerà denuncia. “Ferma condanna” del presidente del Lazio Zingaretti

Velletri, aggrediti i 99 Posse "Noi, picchiati dai neofascisti" Il cantante dei 99 posse Zulù dopo l’aggressione di ieri

Velletri. Ore 22.30. Pub “Il passo carrabile”. Sta per iniziare il concerto di Luca Persico, “O’ Zulù”, il cantante dei 99 Posse. Un gruppo di persone però si avvicina e scatta la violenza. “Siamo stati aggrediti dai neofascisti” raccontano la voce e un fonico della band in un comunicato stampa pubblicato questa mattina sulla pagina Facebook del gruppo.

“Subito dopo aver parcheggiato nella piazza antistante il pub, sono stati aggrediti con cinture e altri oggetti atti a offendere da un gruppo di una ventina di persone che esponevano simboli di estrema destra. La pronta reazione e l’intervento della sicurezza del locale hanno fatto sì che gli aggressori si dessero rapidamente alla fuga, impedendo che l’episodio avesse conseguenze più gravi delle contusioni, dei tagli e delle abrasioni superficiali riportate dai nostri compagni, che hanno rifiutato di essere trasportati in ospedale” scrivono i 99 Posse che comunque non sporgeranno denuncia alle forze dell’ordine.

“Erano venti contro due – spiegano ancora – Sono vigliacchi, capaci di farsi forza solo in branco e in schiacciante superiorità numerica. Purtroppo la serata non ha potuto avere luogo e ci scusiamo con i presenti che erano venuti ad assistere allo spettacolo” dicono.

“E’ un fatto grave – commenta la band militante che ha composto canzoni come “Rigurgito antifascista” – che si inserisce in una sempre più preoccupante recrudescenza dell’estremismo fascista in Europa e in Italia. Il 5 Giugno a Parigi, nei pressi della centralissima Saint-Lazare – ricordano – è morto in seguito alle percosse ricevute da tre naziskin Clément Méric, studente della facoltà di Scienze Politiche di appena 18 anni. Nella notte dello stesso 5 giugno una molotov è stata lanciata contro il portone del centro sociale Astra 19 nel cuore del Tufello a Roma, al piano terra di una casa popolare abitata da decine di persone (nel giorno in cui ricorreva un anno dalla morte di Carla Verbano, mamma di Valerio, il militante comunista ucciso il 22 febbraio del 1980 da un commando di tre neofascisti, ndr). Anche in questo caso, chiara la matrice fascista, nel clima avvelenato della campagna elettorale per le Comunali a Roma” concludono Zulù e i suoi che hanno ricevuto già la solidarietà virtuale di centinaia di fan.

Arrivano anche le parole del sindaco di Napoli Luigi De Magistris che esprime, sulla sua pagina Facebook, solidarietà al gruppo: “Voglio esprimere piena solidarietà ai 99 Posse per l’aggressione subita”. E ancora: “L’antifascismo è il fondamento della nostra democrazia e della nostra Costituzione, entrambe nate dalla Resistenza – scrive – , deve essere sempre alta la vigilanza, da parte delle istituzioni e dei cittadini, in merito al rinascere di movimenti e fenomeni di carattere nazi-fascista, che dunque seminano razzismo e discriminazione”. Conclude: “Ci sono movimenti che creano libertà e diritti e altri che li restringono. A me interessano e piacciono solo i primi”.

Anche il presidente della Regione Lazio commenta la vicenda: “E’ gravissimo che sia stata organizzata una vile aggressione di stampo fascista nei confronti di un gruppo musicale cercando inoltre di soffocarne il messaggio culturale e artistico. Non è tollerabile che la recrudescenza di ideologie, di nessun tipo, possa sfociare in violente aggressioni fisiche. Per questo – conclude Zingaretti – credo che sia necessario valutare con la massima serietà i fatti accaduti a Velletri e mi auguro che al più presto siano identificati i responsabili”.

Aggrediti i 99 Posse a Velletri:
«Siamo stati picchiati dai neofascisti»

«In venti con simboli di estrema destra»

 
Uno della band mostra su facebook le ferite

ROMA – Aggrediti i 99 Posse a Velletri. Il gruppo su Facebook mostra la foto di Zulù, uno dei componenti del gruppo, ferito alla testa. «E’ accaduto ieri sera a Velletri, in provincia di Roma, intorno alle ore 22.30- si legge nel comunicato – Quando subito dopo aver parcheggiato la macchina nella piazza antistante il pub “Passo carrabile”, dove Zulù avrebbe dovuto esibirsi, il nostro cantante e uno dei fonici della band sono stati aggrediti con cinture e altri oggetti atti a offendere da un gruppo di una ventina di persone che esponevano simboli di estrema destra».

«La pronta reazione e l’intervento della sicurezza del locale hanno fatto sì che gli aggressori si dessero rapidamente alla fuga, impedendo che l’episodio avesse conseguenze più gravi delle contusioni, dei tagli e delle abrasioni superficiali riportate dai nostri compagni, che hanno rifiutato di essere trasportati in ospedale. Purtroppo la serata non ha potuto avere luogo e ci scusiamo con i presenti che erano venuti ad assistere allo spettacolo».

I due avrebbero riportato contusioni, tagli e abrasioni superficiali, ma hanno rifiutato di essere portati in ospedale e non hanno sporto denuncia. Sul profilo ufficiale la band si scusa con il pubblico per non aver potuto suonare e sottolinea che si tratta di «un fatto grave che si inserisce in una sempre più preoccupante recrudescenza dell’estremismo fascista in Europa e in Italia. Nella notte dello stesso 5 giugno – si legge nella nota – una molotov è stata lanciata contro il portone del centro sociale Astra 19 nel cuore del Tufello a Roma, al piano terra di una casa popolare abitata da decine di persone. Anche in questo caso, chiara la matrice fascista, nel clima avvelenato della campagna elettorale per le Comunali a Roma».

Venerdì 07 Giugno 2013 – 09:50

Neonazisti del forum Stormfront condannati
«Agivano come la destra armata degli anni 80»

 
di Marco Pasqua

Avevano dato vita ad un «accordo criminoso», finalizzato alla «commissione di un numero indeterminato e sicuramente elevato» di reati previsti dalla Legge Mancino. E non volevano limitarsi a rimanere confinati in uno spazio virtuale che iniziava a non soddisfarli più. Dopo aver di fatto «conquistato» la sezione italiana del forum neonazista di Stormfront, avevano posto i fondamenti «di un gruppo operante con una struttura più ampia rispetto al forum vero e proprio, più concreta ed operativa sul territorio, ed avente le caratteristiche tipiche di movimenti che ricordano lo spontaneismo armato di alcune formazioni di estrema destra operanti in Italia a cavallo degli anni Ottanta». Un gruppo, dunque, con un’accresciuta «pericolosità concreta», visto che si non si accontentava più «della mera propaganda delle idee».

Nelle cinquantaquattro pagine delle motivazioni della sentenza con cui l’otto aprile scorso il gup Carmine Castaldo ha condannato con rito abbreviato quattro persone accusate di aver promosso e diretto un gruppo il cui fine era l’incitamento alla discriminazione e alla violenza etnica, religiosa e razziale, è spiegata la pericolosità, tutt’altro che virtuale, degli animatori e dei moderatori del forum. Nello specifico: Daniele Scarpino, milanese di 24 anni, ritenuto l’ideologo del gruppo e condannato a tre anni di reclusione; Diego Masi, 30 anni, di Ceccano (Frosinone) e Luca Ciampaglia, 23 anni di Atri (Teramo), entrambi moderatori del forum italiano Stormfront e condannati a due anni e mezzo ciascuno; Mirko Viola, 42 anni di Cantu’ (Como), legato a Forza Nuova, condannato a due anni e otto mesi. Nel giudizio si erano costituiti parte civile, tra gli altri, Roberto Saviano, il presidente della comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, tre giudici di un collegio del tribunale di Palermo, il ministero dell’Interno e la presidenza del Consiglio dei Ministri.

«La trasformazione del gruppo originariamente operante solo su Stormfront in altro gruppo più articolato sotto il profilo degli obiettivi ne accresce la pericolosità concreta perché tende a creare una struttura operativa volta non soltanto alla propaganda di idee discriminatorie e fondate sull’odio razziale tramite internet, ma anche rivolta all’esterno per scopi molto più concreti – si legge nella sentenza emessa dal gup – Il gruppo ha tentato di passare a vie di fatto. Si può affermare che gli imputati si sono associati tra loro utilizzando il sito Stormfront, che rappresenta luogo virtuale della loro conoscenza, e presto si sono resi conto delle enormi potenzialità del web quale formidabile mezzo di propaganda di idee razziste di stampo discriminatorio e serbatoio umano di soggetti con cui dare vita ad azioni concrete di varia natura».

Stormfront, viene fatto notare, è stato trasformato in «un marchio da utilizzare nell’ambito della destra estrema e razzista, una sorta di web franchising che consente di sfruttare un simbolo avendo a disposizione una rete di computer e pagando i diritti ai gestori statunitensi». Insomma Stormfront, «benché struttura rudimentale, integra gli estremi del reato associativo». Un’associazione esiste non solo nel web, ma anche nella vita reale. Ciò, secondo il gup si evince dal fatto che gli imputati «non si sono limitati ad interagire tra loro virtualmente, ma in alcuni casi si sono anche incontrati di persona. In tale ambito essi hanno proceduto alla raccolta di denaro destinato sia alla spedizione ai referenti statunitensi del sito, sia ad attivtà di divulgazione di volantini e pubblicazione varie».

L’obiettivo dei quattro animatori del forum era quello di «incitare nei confronti di un pubblico vastissimo condotte emulative, sia tramite l’invio di post, sia mediate stili di vita e comportamenti specifici che diano concretezza alla discriminazione e all’odio razziale». La propaganda di queste idee ad un pubblico più vasto possibile era un’ossessione: i condannati «hanno discusso di forme organizzative, anche articolate, che consentissero la diffusione a fini di proselitismo delle idee illecite in questione, in modo efficace e in grado di essere difficilmente aggredibili da nemici interni o dalle forze dell’ordine» e «hanno anche progettato incontri finalizzati ad iniziative concrete, anche violente, connotate dalla discriminazione e dall’odio razziale».

Soddisfazione per le motivazioni è stata espressa da uno dei legali di parte civile, l’avvocato Daniele Stoppello: «Si tratta di una decisione senza precedenti, infatti per la prima volta è stata riconosciuta un’associazione a delinquere costituitasi tramite web. Il Giudice ha sviluppato nei minimi particolari le condotte degli imputati evidenziando come il sito Stormfront abbia rappresentato il luogo virtuale della loro conoscenza e come lo stesso costituisca ‘quella struttura minima ma sicuramente non rudimentale che integra gli estremi del reato associativo’. Il Giudice Castaldo – fa notare Stoppello – ha anche affrontato la questione della libertà di manifestazione del pensiero in uno stato democratico. Si legge, infatti, in un passaggio delle motivazioni della sentenza che: ‘quel che è sicuramente richiesto ad ogni cittadino è il rispetto per l’altro e il diverso in applicazione del principio di uguaglianza e della Convenzione dei diritti dell’uomo’».

Venerdì 07 Giugno 2013 –

di Antonio Mazzeo : Esercitazione di guerra nell’Isola dei droni

Il Comando Usa di Sigonella aveva annunciato qualche giorno fa che i velivoli di ultima generazione “Osprey” in dotazione al Corpo dei Marines avrebbero volato tutta l’estate in Sicilia per esercitarsi alle prossime guerre in Africa. Quanto però fossero molesti i cosiddetti “convertiplani” (metà elicotteri e metà aerei), lo hanno scoperto all’alba di stamani i cittadini di Vittoria, in provincia di Ragusa. “Siamo stati svegliati intorno alle 4 da un rombo insopportabile”, racconta uno di essi. “Nonostante l’oscurità abbiamo compreso che si trattava del transito di aerei pesanti militari. Sembrava assistere al film Apocalipse Now. Volavano a bassa quota, uno dietro l’altro. E le loro evoluzioni si sono prolungate per almeno un’altra ora…”.

In grado di trasportare più di una ventina di soldati completamente equipaggiati, gli “Osprey” avvistati nel ragusano appartengono al gruppo volo del Marine Medium Tiltrotor Squadron 365 del North Caroline, trasferito un mese fa in Sicilia insieme a 250-300 uomini della Special-Purpose Marine Air-Ground Task Force (SP MAGTF), l’unità di pronto intervento Usa per il combattimento aereo e terrestre, di base in Spagna.

E’ però tutta l’Isola a fare da scenario dei war games delle forze armate nazionali e di quelle degli Stati Uniti d’America. Dallo scorso 25 maggio nelle campagne di Caltagirone (Catania) si alternano combattimenti e lanci di paracadutisti, tutti i giorni dalle 4 di mattina a sera tardi. Le esercitazioni sono previste sino al 21 giugno sotto il controllo della stazione aereonavale di Sigonella. Cannoni e armi leggere in dotazione ai reparti della brigata “Aosta” dell’esercito italiano spareranno sino al 10 giugno nel poligono di Drasy, alle porte della città di Agrigento e della Valle dei Templi (patrimonio Unesco). L’area, di straordinaria bellezza paesaggistica e naturalistica, è off limit per i civili dal gennaio di quest’anno e dopo una “sospensione estiva”, tornerà il 15 settembre a fare da palestra di guerra per i militari italiani e Usa.

Dal 3 al 28 giugno l’Esercito si addestra pure (da lunedì a venerdì dalle ore 6 alle 22) nel poligono di San Matteo (Trapani), mentre dal 4 sino al 27 giugno i lanci di bombe e le esercitazioni di tiro interessano anche località Santa Barbara, Messina. Le attività nei Peloritani sono più ridotte: solo tre ore al giorno e nel tardo pomeriggio, tranne gli ultimi quattro giorni quando si potrà sparare dalle ore 6 alle 21.

Grandi manovre pure nell’isola minore di Favignana, dal 4 al 14 giugno. “L’esercitazione denominata Egadi 2013 ha lo scopo di addestrare il personale militare nell’organizzazione del supporto logistico in previsione dell’impiego fuori dal territorio nazionale o per utilità sociale, in soccorso della collettività in aree di intervento complesse”, recita il comunicato emesso dal Comando dell’Esercito. I mezzi militari sbarcati sull’isola sono stati forniti dall’8° Reggimento trasporti “Casilina” di Roma e dalle Compagnie trasporti di sostegno dei Comandi logistici di Padova e Napoli.

Secondo quanto si apprende poi dal testo di alcune notificazioni ai piloti di aeromobili  – i cosiddetti “NOTAM” – emessi dalle autorità di volo, dallo scorso 21 maggio (e fino a nuova comunicazione) è stato vietato il passaggio di velivoli passeggeri in prossimità del “Pachino range target”, il poligono marittimo con un raggio di 2.700 per lo sganciamento di bombe e l’esplosione di mine, a poche miglia di distanza da Punta Castellazzo-Marza (Pachino-Siracusa), nella parte più sud-orientale della Sicilia. “Nell’area interdetta sono previste per tutta la giornata esercitazioni a fuoco con armi pesanti e attività di velivoli militari senza pilota (Unmanned Aircraft Military)”, riporta il NOTAM n. A3322/13.

I velivoli a guida remota, meglio noti come droni, sono in dotazione all’US Air Force e decollano e atterrano ininterrottamente da Sigonella ormai da qualche anno. Si tratta dei famigerati MQ-1 “Predator” (utilizzati per i bombardamenti selettivi in Medio oriente, Somalia e nord Africa), e dei grandi aerei-spia “Global Hawk” che operano ad altissima quota e con un’autonomia di volo superiore alle 36 ore.

La lettura di altri NOTAM recenti conferma come oramai le operazioni nell’intero spazio aereo e negli scali aeroportuali dell’Isola siano fortemente condizionate e penalizzate dai droni Usa di Sigonella. Da oltre due anni le autorità di controllo hanno imposto la sospensione delle procedure strumentali standard nelle fasi di accesso, partenza e arrivo di aerei passeggeri a Catania Fontanarossa e Trapani Birgi, “causa attività degli Unmanned Aircraft” militari. Con l’acutizzarsi del conflitto siriano e le tensioni crescenti in Libia, il Pentagono ha intensificato le azioni dei droni, imponendo ulteriori restrizioni alla mobilità aerea. Il 31 maggio, in particolare, è stato implementato un “corridoio di transito” ad uso esclusivo dei Global Hawk di Sigonella perlomeno sino al prossimo 30 giugno. “Le limitazioni saranno notificate dal management dei velivoli senza pilota ai velivoli civili e militari entro 48 ore prima e mediante avviso”, spiega il NOTAM. Sempre a causa degli aerei militari telecomandati, “ulteriori limitazioni” al traffico aereo civile sono state previste nell’aeroporto di Trapani Birgi dal 14 maggio al 15 giugno.

Pericolo droni anche per l’aeroporto di Comiso (Ragusa), l’ex base missilistica nucleare Nato riconvertita in scalo passeggeri ma non ancora entrato in funzione. Con NOTAM n. B2877/13 dell’1 giugno e con valore “permanente”, si segnala la possibilità di “restrizioni” in quanto il “traffico verso/da Comiso potrebbe essere soggetto a ritardi in presenza di attività di velivoli senza pilota”. Sul regolare funzionamento dello scalo comisano pende pure la spada di Damocle delle potenti emissioni del MUOS, il sistema di telecomunicazione satellitare della Marina militare Usa in fase di realizzazione nella vicina Niscemi (Caltanissetta).

Ancora peggio per l’aeroporto di Catania-Fontanarossa, il terzo più grande in Italia come volume-passeggeri. Qui le “restrizioni” e i “ritardi” generati dai droni sono sempre più pesanti e frequenti. La vicenda più eclatante risale al 22 marzo scorso, quando l’intenso movimento di aerei con e senza pilota nella base militare di Sigonella ha comportato la chiusura per un’ora e 15 minuti di Fontanarossa e il conseguente dirottamento su Palermo-Punta Raisi di due aerei già in fase di atterraggio su Catania. Per i passeggeri del Roma Fiumicino-Catania (AZ 1741- Alitalia) e Milano Malpensa-Catania (U2 2847 – EasyJet) l’estremo disagio di attraversare in bus la Sicilia da costa a costa e raggiungere il capoluogo etneo con mezza giornata di ritardo.

Perchè cambiare la Costituzione di Rossanna Rossanda da: micromega

Perché avviarsi in gran fretta verso la riforma costituzionale? Perché non sono più le leggi a uniformarsi alla Costituzione, ma è questa a doversi piegare ai dettati neoliberisti. E l’ossessione “governabilità” guida la nuova legge elettorale. Dietro le “larghe intese”, il ridisegno costituzionale calpesta la democrazia

di Rossana Rossanda,
da: sbilanciamoci.info

Credo che nessuna delle democrazie europee abbia furia di cambiare la propria Costituzione come l’Italia. Uno apre il giornale e trova un giorno sì e un giorno no l’annuncio di modifiche urgenti. Sabato scorso, il Presidente della Repubblica ci ha informato che vigilerà sui tempi dei cambiamenti, che auspica molto rapidi; anche se in un sistema come il nostro, a dire il vero, il suo compito non sarebbe vigilare sui tempi dei cambiamenti ma sulla fedeltà e permanenza della legge fondamentale sulla quale è stata incardinata la nostra Repubblica.

È dunque da discutere, prima di ogni altra cosa, se i cambiamenti siano necessari oppure, al contrario, rappresentino un vulnus all’immagine fondamentale che ci siamo dati dopo il fascismo. Che cosa sarebbe cambiato nella nostra società al punto da dover mutare i principi stabiliti nel 1948? In verità, come si vede facilmente, è cambiato soprattutto il punto di vista dominante sulla struttura sociale, come se il trionfo del neoliberismo su un impianto che era, come dovunque in Europa, piuttosto keynesiano, comportasse non l’adeguamento delle leggi normali ai principi costituzionali – come dovrebbe essere – ma il contrario. È un problema, anzi – diciamolo – una “malattia” che dovrebbe farci riflettere.

Di fatto, la prima parte della Costituzione del 1948, mancando perlopiù di una regolamentazione legislativa, resta puramente ottativa: che l’Italia sia una repubblica fondata sul lavoro non è che un auspicio, come il diritto di ciascuno ad avere un impiego o una casa. La prima Repubblica ha vissuto al proprio interno lo scontro fra chi voleva rendere effettivi questi principi e chi vi si opponeva; sono rimasti in gran parte irrealizzati. La seconda o terza Repubblica (dipende dai punti di vista) si dà da fare sia a destra sia a sinistra per modificare la seconda parte della Costituzione, cioè l’assetto istituzionale italiano. Già lo ha fatto sul Capitolo V un governo di centrosinistra e adesso quello delle “larghe intese” sembra tutto tentato nientemeno che dal presidenzialismo, preferibilmente “alla francese”, perché sembra meno rigido, in quanto obbliga il presidente, eletto a suffragio universale, ad avere però l’accordo del parlamento, anche se eletto da una maggioranza diversa.

In verità quella francese, ideata da De Grulle, è un monarchia sotto veste repubblicana, abbastanza laica, ma nella quale onori e oneri del presidente sono evidentissimi. Probabilmente De Gaulle li ha voluti per fare la pace in Algeria senza dover passare dalle Camere, come Mitterrand ha abolito la pena di morte. Ma ne è conseguita, e permane, una diminuzione clamorosa del ruolo del parlamento. Se l’Italia deve seguire questa strada, mi sembra elementare che si debba discuterne, almeno quanto ne discussero i padri costituenti; non sarebbe decente che le “larghe intese” fra due o tre grossi partiti decidessero tutto.

Per conto mio, da semplice cittadina che viene da lontano, penso che la discussione vada aperta subito e sono lontana dal credere che il presidenzialismo sia una buona soluzione a problemi e scogli tutti politici, e niente affatto istituzionali. È persino stupefacente che oggi molti movimenti e tutti i partiti, non solo i Cinque stelle, domandino il massimo del riavvicinamento della politica ai cittadini e il massimo del potere nelle mani di uno solo, come sarebbe il presidente. È il paradosso dell’odierna confusione che regna. E si deve al fatto che i partiti, considerati dalla Costituzione canali necessari della rappresentatività, sono diventati all’opposto il collo di bottiglia attraverso il quale è costretta la rappresentanza, con i relativi difetti e quando non l’illegalità. Contro se stessi, i partiti non hanno finora accettato di darsi degli statuti e delle regole che ne garantiscano realmente la trasparenza, ma potrebbero darseli.

Questo vale anche per il finanziamento che potrebbe essere non solo ridotto, ma soprattutto tale da garantire al sistema partitico di rinnovarsi, invece che, come ora, riprodurre soltanto i più forti. Come può presentarsi oggi un partito nuovo? Sono le elezioni che ne confermano o smentiscono la legittimità e il ruolo, tutta la questione del “voto utile” si impaluda qui; se in partenza ad ogni elezione i diversi partiti sono in una diversa posizione di forza e di mezzi, è evidente che ogni competizione viene falsata: nessuna gara sportiva accetterebbe un sistema analogo. Per cui abbiamo pochi grandi partiti difficilissimi da intaccare e piccole formazioni che non riescono ad affermarsi oppure – variante che preoccupa gli uni e gli altri – spinte populiste, del tutto aliene da qualsiasi regola, generalmente nelle mani di un paio di capi, più o meno carismatici, schiamazzanti e incontrollati.

La difficoltà di darsi una legge elettorale che non sia l’attuale capolavoro di Calderoli viene da questa situazione preliminare. È sorprendente come la si accetti, quasi fosse una necessità e non una violazione di quel principio costituzionale per il quale ogni cittadino è uguale nel voto e dovrebbe quindi essere uguale nel diritto a farsi rappresentare. Da un bel po’ di anni, sia a destra sia a sinistra questo principio è stato abbattuto dalla priorità data al concetto di “governabilità”: in parole povere, esso significa passar oltre alla rappresentanza integrale per assicurare artificialmente, attraverso sbarramenti o premi, a una minoranza espressa dal voto una maggioranza di seggi nelle istituzioni legislative. Che non si riesca, perché da quasi nessuna parte lo si vuole, neppure a ridurre il premio di maggioranza attuale, che sposta del tutto la rappresentanza, appare addirittura sorprendente. Di che democrazia stiamo parlando? L’Italia è realmente una democrazia parlamentare o una oligarchia formata dai vertici di alcuni grandi partiti, che dominano le istituzioni? Una come me pensa che i partiti siano necessari per raggruppare e ordinare le diverse idee di società e le misure legislative che ne conseguono; ma non sono affatto la democrazia in sé. Questo è il problema principale di oggi, e implica che ci si confronti di nuovo su cosa intendiamo per democrazia nel 2013. Il documento di Fabrizio Barca, che nessuno in Parlamento discute, affronta in modo interessante il passaggio – che sembra obbligato – fra democrazia rappresentativa e formazione dello stato. Passaggio che sarebbe eliminato se si riconoscesse la differenza radicale fra ruolo dei partiti e ruolo, anzi natura, dello stato.

Fin qui il cambiare o mantenere la Costituzione sembra un tema che riguarda gli assetti istituzionali, che pure sono essenziali, ma non si tratta solo di questi. L’intera struttura dei diritti sociali ne dipende, giacché è evidente che quel che chiamiamo un po’ approssimativamente il welfare si esprime in modo diverso secondo le diverse ideologie, cioè la coscienza di sé e la proposta di assetto istituzionale e di società che avanzano le diverse parti politiche e “sociali”. L’ideologia capitalista tende a ridurre il welfare, cioè i diritti vitali dei cittadini rispetto non soltanto allo stato ma ai poteri economici; la sinistra più o meno socialisteggiante tende, anzi – per la verità – tendeva, ad allargarli; l’ideologia “liberale” a restringerli.

Ne deriva un’idea diversa, per non dire antagonista, delle principali regole economiche: la destra vuole ridurre al minimo la fiscalità, intesa come presenza di uno stato regolatore con l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze. La sinistra tende ad ampliarla in senso progressivo (con l’eccezione dell’ipotesi comunista, che anch’essa sarebbe in linea di principio antistatalista, ma in concreto non è mai riuscita ad esserlo, cioè ad esprimere un sistema di regole che non siano “lo stato”). Lo stesso ragionamento vale per la politica “economica”: la destra la vuole lasciare interamente alla mano invisibile del mercato, la sinistra la vorrebbe (la voleva) capace di raddrizzarne le disuguaglianze in nome di un primato dell’equità sociale (quanto questo concetto sia vago è un altro discorso).

Inutile dire che le altre politiche “sociali” ne conseguono. Predicare che fra di esse debbano prevalere “le larghe intese” significa presumere l’esistenza di un interesse comune che in realtà non esiste e, nella migliore delle ipotesi, lasciare le cose come sono, cioè, in Italia, a una vasta predominanza degli interessi costituiti del capitale, oggi dominato dalla finanza; interessi che – ormai è chiaro – non significano neppure garanzia di una crescita produttiva, magari crudele ma sicura. Ecco come agli occhi di una semplice cittadina si presenta il tema delle riforme istituzionali e in esse del presidenzialismo. Vale la pena, anzi è urgente, discuterne nel modo più chiaro e più a fondo. Può darsi infatti che le stesse premesse da cui la sottoscritta cittadina parte siano da discutere; ma allora bisogna farlo nel modo più esplicito.

Sabato 15 Giugno 2013 presso Loggia dei Mercanti Milano : Resistenza e Scioperi del Marzo 1943

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Nasce dal basso in Italia un Forum contro la guerra le armi e le basi militari di Marinella Correggia da: il manifesto

Nasce dal basso in Italia un Forum contro la guerra le armi e le basi militari

Nasce dal basso in Italia un Forum contro la guerra le armi e le basi militari

 
Un «Forum nazionale permanente contro la guerra» è nato lo scorso weekend dal convegno «Armi, guerre, territorio» organizzato dal Movimento No F35 di Novara e dal Comitato di Varese No-M346 a Venegono superiore (Varese). Presso una casa dei Padri comboniani, sulla collina che sovrasta la «fabbrica di morte» Alenia-Aermacchi-Finmeccanica, si sono ritrovate duecento persone, soprattutto di comitati nati intorno alle basi e alle aree di produzioni belliche.
Il Forum – che intanto si dota di un blog (http://forumnoguerra.blogspot.it/) – vorrà essere uno strumento di coordinamento, incontro e mutuo aiuto fra tutte le realtà che si battono per «l’edificio della pace, annientato dall’idea di guerra permanente affermatasi negli ultimi decenni», ha spiegato nella sua introduzione Elio Pagani, già obiettore di coscienza alla produzione bellica alla fine degli anni 1980.
Alex Zanotelli (che aveva caldeggiato l’idea di un Forum nazionale il 13 ottobre 2012 durante una manifestazione davanti all’aeroporto/fabbrica d’armi Alenia Aermacchi Finmeccanica, contro la vendita dei velivoli M346 a Israele ) ha gridato la follia delle spese militari: 26 miliardi di euro in Italia nel 2012. Altri esperti (fra questi Manlio Dinucci, Antonio Mazzeo, Angelo Baracca, Rossana De Simone, Giorgio Beretta, Carlo Remeny, Nanni Salio) si sono soffermati sui lineamenti del complesso militar-industriale-economico-tecnologico-mediatico italiano ed europeo e sulle guerre che ne derivano (ultimamente nel silenzio dei pacifisti…).
L’avvocato penalista Ugo Giannangeli ha denunciato la scomparsa del diritto internazionale come strumento regolatore dei conflitti, con l’impotenza o la faziosità dei vari Tribunali penali internazionali.
I Comitati contro le basi militari hanno messo a confronto tattiche e strumenti, essenzialmente tre: coinvolgimento della cittadinanza, azioni dirette nonviolente sul campo, ricorsi legali. Il Comitato «Gettiamo le basi» della Sardegna (regione che «ospita» 24.000 dei 40.000 ettari di demanio militare) dopo tanti anni di lotta ha un alleato nella procura che chiede il rinvio a giudizio di alcuni generali per le malattie procurate dalla contaminazione bellica; è invece boicottato dalle forze politiche. In Sicilia invece il forte movimento No Muos di Niscemi (contro l’antenna militare Usa) ha ottenuto che la regione ritirasse le autorizzazioni ma l’Avvocatura dello stato ha impugnato l’atto. Un dato importante: le «mamme di Niscemi» in pochi mesi si sono trasformate da difensori della salute dei figli in pacifiste anti-basi e antiguerra.
A Vicenza, ha spiegato Agnese Briante del No-Dal Molin (esortando a «chiedere tutti la desecretazione degli accordi segreti Usa-Italia del 1954»), le hanno provate tutte e dal punto di vista legale il Tar aveva bloccato l’ampliamento della base Usa ma la solita Avvocatura si è messa di mezzo: l’opera è stata gabbata per «utile alla difesa nazionale».
Quanto alle produzioni militari, se la mobilitazione contro gli F35 è diventata nazionale e invece quella contro la costruzione dell’hub militare a Pisa rimane confinata a pochi militanti, la riconversione segna il passo. Giorgio Cremaschi, in pensione dalla Fiom, ha tirato le orecchie al sindacato per le sue debolezze e al Pd («il rappresentante puro del complesso militar-industriale»).
Annunciate una serie di manifestazioni. Il Comitato contro la guerra di Milano sabato invita tutti a Largo Donegani alle 17 (Consolato Usa) per chiedere all’Italia, in nome dell’art 11 della Costituzione, di uscire dal gruppo di paesi occidentali e del Golfo che fomentano la guerra in Siria.

 

Il Manifesto – 07.06.13

Dichiarazione di Gianni Rinaldini su Intesa Confederale del 31 maggio 2013 Fonte: la CGIL che vogliamo

 

Rispetto alla situazione attuale dove le controparti scelgono le Organizzazioni Sindacali con cui siglare Contratti Nazionali, senza alcun rapporto con le lavoratrici e i lavoratori interessati, l’intesa tra Cgil, Cisl e Uil e Confindustria del 31 maggio 2013, sulle regole per la validazione dei CCNL – Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro – rappresenta un positivo passo in avanti.

La elezione su base proporzionale dei delegati delle RSU, la consultazione certificata della maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori, per l’approvazione dell’accordo, la certificazione della reale rappresentatività di ogni singola Organizzazione Sindacale sono aspetti importanti rispetto a quello che è avvenuto con gli accordi separati sui CCNL, nel corso di questi anni fino ad arrivare alla esclusione della Fiom-Cgil dal tavolo negoziale.

Attualmente nei metalmeccanici, il 33% della RSU, viene ripartito esclusivamente tra Fim e Uilm, il che comporta che negli stabilimenti mancano alcune centinaia di delegati Fiom, mentre le altre Organizzazioni sono sovradimensionate rispetto a ciò che rappresentano.

Non mi paiono aspetti trascurabili nella valutazione dell’Intesa.

Sarebbe nello stesso tempo sbagliato sottacerne i limiti e le evidenti ambiguità presenti su aspetti delicati che vengono rinviati alle categorie e risentono del carattere pattizio proprio di un accordo sindacale.

Un accordo tra le parti su materie inerenti le regole democratiche presentano questi evidenti limiti e non possono essere assunti come riferimento e tanto meno traslati in un impianto legislativo.

Per questa ragione è assolutamente necessario la Legge sulla Democrazia Sindacale, non per recepire gli accordi sindacali ma per affermare l’universalità di un diritto democratico, quello delle lavoratrici e dei lavoratori di decidere sulle loro piattaforme e sugli accordi.

Roma, 4 giugno 2013
Gianni Rinaldini
Coordinatore Area Programmatica
La Cgil che Vogliamo

 

Bankitalia, per i prestiti aprile crollo record. Il tasso sofferenza banche sale al 22,3% da: controlacrisi.org

 

Per i prestiti al settore privato siamo al crollo record nel mese di aprile.

La contrazione su base annua infatti è stata del 2,3% (-1,7% a marzo). I danneggiati in modo maggiore sono state soprattutto le imprese: i prestiti alle società non finanziarie sono diminuiti, sempre su base annua, del 3,7% (2,8% a marzo).

I prestiti alle famiglie sono scesi dello 0,8 per cento sui dodici mesi, come nel mese precedente. Lo ha comunicato la Banca d’Italia.

Ad aumentare il tasso di crescita sui dodici mesi delle sofferenze bancarie. Secondo la Banca d’Italia e’ pari al 22,3% (21,7% a marzo).

Nello stesso mese rimane sostenuto il tasso di crescita su base annua dei depositi del settore privato, al 7,1% (7,0% a marzo).

Il tasso di crescita sui dodici mesi della raccolta obbligazionaria, comprese le obbligazioni detenute dal sistema bancario, e’ stato pari al -3,0% (-3,3% nel mese precedente).

Femen, altri tre arresti a Berlino. Gridavano: “Merkel free femen” da: controlacrisi.org

 

Sono tre le nuove attiviste Femen arrestate questa mattina a Berlino.

Protestavano a seno nudo proprio davanti alla cancelleria dove Angela Merkel deve ricevere il primo ministro tunisino Ali Larayedh.  un le tre donne hanno alzato i pugni in aria e gridato “Merkel free femen”, chiedendo la liberazione delle compagne detenute a Tunisi.Due delle tre attiviste avevano un cappuccio nero. Sui loro torsi le scritte: “Joséphine, Marguerite, Pauline, Amina”, in riferimento alle due francesi e una tedesca – Pauline Hillier, Marguerite Stern e Josephine Markmann – sotto processo in Tunisia per avere inscenato una protesta il 29 maggio senza veli davanti al Palazzo di Giustizia per sostenere la Femen tunisina detenuta Amina.

Una terza Femen con i capelli ricci si è dipinta la bandiera tunisina sui seni e la scritta “Free Femen”.