Catania 27 gennaio Giornata della Memoria ore 17.00 presso salone CGIL via crociferi 40

Arcigay, ANPI, La Città Felice, Codipec Pegaso, UDU e CGIL
presentano

Documentario, Mostra Antologica e Reading
la lettura dei brani scelti sarà a cura di:
Orazio Condorelli, Pamela Nicolosi e Alessandro Motta
interverranno esponenti delle singole associazioni

Una vita spezzata
diario 1941-1943
di Jaap Walvis e Alkmar Tjpkenne
venerdì 27 gennaio 2012 ore 17,00
Aula Conferenze Cgil Catania
via Crociferi, 40

vedi locandina

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Campo di Fossoli

Il campo di Fossoli nell’immediato dopoguerra
Il campo, originariamente costruito su due aree contigue – su via Remesina (circa 6 ha) e via Grilli (circa 9 ha) – è stato attivo dal 1942 al 1970, con diverse fasi di utilizzo. Nel tempo le baracche sono state modificate, soprattutto all’interno e dopo il 1945 l’intera area su via Grilli è tornata ad usi agricoli.
Un lungo periodo di abbandono ha portato all’attuale condizione di degrado delle strutture, costruite in fretta, in un periodo di ristrettezze economiche e senza pretese di durata.

Campo per prigionieri di guerra alleati PG/73 Ministero della Guerra – Regno d’Italia Luglio 1942 – 8 settembre 1943
A Fossoli, nelle vicinanze di Carpi, in provincia di Modena, nel 1942 il ministero della Guerra del regno d’Italia insedia un campo di concentramento fascista, “Campo prigionieri di guerra n. 73”, destinato a raccogliere soldati e sottufficiali alleati catturati nel nord Africa.
Resta in funzione dal luglio 1942 all’8 settembre 1943. La mattina del 9 settembre è occupato militarmente dai tedeschi, che deportano i prigionieri in Germania.

Campo di concentramento ebrei
Campo della Repubblica sociale italiana 5 dicembre 1943 – 15 marzo 1944
Funziona inizialmente nel Campo vecchio, mentre si sistemano alcune baracche del Campo nuovo per le famiglie, il “Campo di concentramento ebrei”: la Rsi ha individuato qui uno dei luoghi dove concentrare gli israeliti, italiani e stranieri, ormai privi di diritti civili e politici.
Ma i tedeschi danno inizio già in febbraio alle deportazioni di ebrei: il primo convoglio per Auschwitz è partito il 22 febbraio, e tra gli oltre 600 deportati c’era anche Primo Levi.

Polizeiliches Durchangslager / Campo di concentramento Fossoli Bds Verona / Questura di Modena della Rsi 15 marzo 1944 – primi di agosto 1944
Il Campo nuovo passa sotto il controllo delle SS e diventa un Campo di polizia e di transito: vi sono internati ebrei e oppositori politici destinati alla deportazione in Germania. Il Campo vecchio, formalmente controllato dagli italiani, è destinato per lo più a internati civili di nazionalità nemica, ma serve anche per oppositori politici, ostaggi, cittadini razziati per il lavoro “volontario” in Germania. Non è chiaro per quale motivo si possa finire nell’uno o nell’altro campo. La doppia gestione rende molto più complessa la ricostruzione dei fatti e l’indagine sui deportati da Fossoli, perché le informazioni sul campo italiano sono lacunose, per non dire assenti.
Per l’avvicinamento del fronte (Roma è liberata il 4 giugno, Firenze lo sarà il 2 settembre) e il rafforzamento della presenza dei partigiani nella zona, il 15 luglio 1944 il Campo vecchio viene ufficialmente chiuso e viene deciso il trasferimento del Dulag dal Campo nuovo a Gries, presso Bolzano, strutture di comando, sorveglianza, dotazioni, materiali e internati compresi: d’ora in poi sarà questo il capolinea principale di partenza per la deportazione politica e razziale in Germania.
È stata accertata la partenza di almeno sei convogli di ebrei e di uno, molto numeroso, di deportati politici, il 21 giugno 1944., dal Campo nuovo: molti furono destinati a Mauthausen o ai suoi sottocampi.
Nel circa sette mesi di attività sono passati da Fossoli circa 2.800 ebrei, quasi tutti destinati ad Auschwitz o, in misura minore, Bergen Belsen, e un numero quasi equivalente di deportati politici, al quale vanno, però aggiunti tutti coloro che sono stati deportati dal Campo vecchio, di cui a tutt’oggi non sono noti registri né elenchi.
La vita a Fossoli è ricordata dai superstiti, forse per il paragone con quella successiva dei lager della Germania, come abbastanza sopportabile, nonostante la fame, la promiscuità, i parassiti e l’incertezza della sorte futura; ma funestata dalla strage di settanta internati politici – poi ridottisi avventurosamente a sessantasette – il 12 luglio 1944 al poligono di tiro di Cibeno, preceduta dall’assassinio di Leopoldo Gasparotto, luminoso esponente del Partito d’Azione il 24 giugno, e da quello di un internato ebreo nel maggio.

Centro di raccolta per mano d’opera per la Germania General Bevollmachtige fur den Arbeitensatz Agosto 1944 – fine novembre 1944
Mentre il Campo Vecchio viene a poco a poco smobilitato, il Campo Nuovo diventa Centro di raccolta per la mano d’opera razziata in Italia e destinata al lavoro in Germania. Le testimonianze documentano il passaggio di un grande numero di deportati, uomini e donne, fino a 800 o mille in alcuni giorni. Tra loro anche molti politici, allontanati sbrigativamente dalla zona del fronte, nei mesi di agosto e settembre. A fine novembre 1944 anche questo centro viene spostato a nord, dopo un violento bombardamento.

Centro di raccolta profughi stranieri Questura di Modena Settembre 1945 – luglio 1947 Nel settembre del 1945 il Campo Nuovo diventa Centro di raccolta per fascisti in attesa di epurazione, presto trasformato in Centro di raccolta per profughi stranieri: persone entrate in Italia irregolarmente, prive di documenti di identità e di mezzi, mentre procede lo smantellamento del Campo Vecchio, anche per riutilizzarne i materiali nella ricostruzione. Vi figurano anche ebrei sopravvissuti alla shoa, per lo più giovanissimi, in attesa di un passaggio per Israele o gli USA. Il Campo profughi viene chiuso, dopo aver suscitato mille polemiche, nel luglio 1947.

Nomadelfia Don Zeno Saltini – Opera Piccoli Apostoli Maggio 1947 – agosto 1952
La struttura è occupata dall’Opera Piccoli Apostoli, fondata da un sacerdote originario di Fossoli, don Zeno Saltini, per dare famiglia a bambini abbandonati e orfani di guerra.
Sono abbattuti muri e fili spinati, le baracche vengono modificate in case di abitazione, scuole, laboratori, bar, e si piantano alberi, orti, giardini: il Campo diventa Nomadelfia, la città dove la fraternità è legge. Problemi economici e difficoltà di vario tipo portano nel 1952 alla chiusura di Nomadelfia: i bambini accolti devono lasciare le nuove famiglie e la comunità si sposta nel Grossetano, dove esiste tuttora.

Villaggio San Marco Opera per l’assistenza ai Profughi Giuliano-Dalmati Luglio 1954 – marzo 1970
L’ultima fase di occupazione del Campo Nuovo (1954-1970) è quella dei profughi giuliano-dalmati: poco più di un centinaio di famiglie di lingua e cultura italiana che hanno abbandonato le loro terre assegnate alla Jugoslavia in seguito ai trattati di pace dopo la seconda guerra mondiale. Il sito viene di nuovo ristrutturato e rimaneggiato. Nel 1970, cambiati tempi e le esigenze di vita, i profughi dal campo si trasferiscono in città.
Il visitatore di oggi vede quanto resta di quest’ultima fase di occupazione, dopo oltre trent’anni di degrado.

A Carpi, nel Castello dei Pio, per ricordare la memoria di tutti i deportati, è stato allestito nel 1973 il “Museo monumento al deportato politico e razziale nei campi di sterminio nazisti”, su progetto di Lodovico Barbiano di Belgiojoso, che fu internato a Fossoli dall’aprile al luglio 1944.

(anna maria ori)

Fonte acquisita dal sito http://www.deportati.it

Ricordiamo Nunzio De Francesco partigiano, deportato e ex presidente ANPI Catania

Nunzio Di Francesco, nato a Linguaglossa, Catania, nel febbraio del 1924,  (presidente dell’Anpi di Catania), partigiano in Piemonte nelle  Brigate Garibaldi dopo l’8 settembre 1943, sopravvissuto agli orrori del lager di Mauthausen, “racconta” nel suo libro “ Il costo della libertà, memorie di un partigiano combattente superstite da Mauthausen e Gusen II”  – 2° edizione gennaio 2007, Bonanno editore – il suo contributo alla Lotta di Liberazione e i drammi patiti nei lager nazisti.

Fu catturato durante un’operazione di rastrellamento dei reparti nazifascisti nella notte del 18 ottobre del 1944 in Val Girba.

Da Bolzano, l’8 gennaio del 1945, con il XIII trasporto ferroviario fu  deportato a Mauthausen.

Nel suo libro ha inserito l’elenco dei deportati sopravvissuti al XIII trasporto.

Dei 501 italiani ne ritornarono, sopravvissuti,  solo 47.

La vita di C.Salanitro

(testi tratti da una ricerca condotta dalle classi III A sp e III I del Liceo “M.Cutelli”  – anno 2002-03)

Carmelo Salanitro nacque ad Adrano il 30 ottobre 1894 da una modesta famiglia artigiana: il padre, barbiere, riuscì con molti sacrifici a mantenere gli studi dei suoi cinque figli. Frequentò le scuole elementari e il ginnasio ad Adrano e il liceo classico ad Acireale dove, nel 1912, conseguì la maturità con ottimi voti. Si laureò in Lettere Classiche presso l’Università di Catania il 10 dicembre 1919 e insegnò latino e greco presso i licei di Adrano, Caltagirone e Acireale.

Di formazione liberale e di educazione cristiana, si occupò sin da giovane anche di politica e nel 1920 venne eletto consigliere provinciale come rappresentante del Partito Popolare. In questa veste cercò di difendere i diritti della povera gente, dei lavoratori senza libertà , di coloro che non traevano, come egli affermava, “dalle loro fatiche quel pane quotidiano che tutti invochiamo la mattina, ma che molti , ohimè, non assaggiano la sera”.

Salito il fascismo al potere, non rinunciò ai suoi principi democratici cristiani, anche se nel 1929 abbandonò il Partito Popolare per protesta contro i Patti Lateranensi.

Sposò un’insegnante dalla quale ebbe un figlio, Nicola. Nell’ottobre del 1934, vinto il concorso a cattedra, ritornò ad Acireale, come insegnante di latino e greco nel liceo “Gulli e Pennisi”, dove rimase fino al 1937. In seguito si trasferì a Catania, dove insegnò al Liceo Cutelli e  lì iniziarono le sue pene politiche.

Negli anni 1939-40, nemico della guerra e della propaganda bellica che imperversava nell’Italia del tempo e attraverso cui il regime voleva inculcare alla popolazione un’immagine distorta di eroismo e di sacrificio per la patria, si impegnò nella rischiosa diffusione di numerosi bigliettini in cui veniva ripugnata la carneficina che aveva investito l’Europa.

La sua coraggiosa ma pericolosa attività, unita al suo rifiuto di iscriversi al Partito Nazionale Fascista (unico docente a non possederne la tessere nel 1940), gli attirò contro le autorità che, su segnalazione del suo stesso preside, Rosario Verde, lo arrestarono e, giudicatolo colpevole, lo condannarono a 18 anni di reclusione precludendogli per tutta la vita l’ingresso ai pubblici uffici.

Fu recluso nel carcere di Civitavecchia e poi in quello di Sulmona, ddai quali scrisse toccanti lettere ai familiari.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, Salanitro fu consegnato dalle autorità fasciste ai tedeschi e deportato prima in Germania, a Dachau, poi in Austria nel campo trincerato di S. Valentino e , infine, in quello di Mauthausen, dove venne ucciso nella camera a gas, la notte tra il 23 e 24 aprile 1945, la vigilia della liberazione italiana.

Biglietti e pensieri per la pace e la libertà

Per sette mesi Salanitro continuò a compiere il suo rischioso lavoro, ma il preside del Cutelli, Rosario Verde, lo tradì e lo denunciò agli uomini dell’ O.V.R.A (polizia segreta del regime, al controllo dell’ intera società italiana e degli oppositori ). Il 14 novembre dopo un lungo pedinamento, fu visto deporre uno dei suoi bigliettini in un luogo pubblico e

Le lettere

Dal carcere, dal 1941 al 1943, Carmelo Salanitro inviò alcune lettere ai familiari, che rappresentano un documento del suo pensiero morale e religioso:

alla sorella Maria  (22 giugno1941), scritta sette mesi dopo la sua incarcerazione, in cui del suo stato d’animo fa emergere soltanto il rimpianto per la perduta libertà e il rammarico per essere stato costretto a lasciare la famiglia. Soprattutto nella prima parte iniziale invita caldamente la sorella ad occuparsi dell’educazione di suo figlio Nicola ” vi prego di assisterlo nel suo sviluppo fisico, perché cresca sano, robusto…..”.

al fratello Nino , in cui esprime delle considerazioni sulla propria condizione di uomo privato della libertà: per far comprendere meglio il suo stato d’animo egli cita Dante ” pur di qui, ho dovuto provar come sa di sal lo pane altrui”; ma non si abbandona ad espressioni di disperazione ,ed anzi afferma: “mi sono sempre rialzato ed eretto più fermo e più sereno di prima”, ” non mi lagno del mio duro Destino”; trova la forza di sopportare e superare la sofferenza nella propria coscienza ” dove si accolgono i sogni, le aspirazioni, le idealità…”; afferma che nel suo animo  ” non si accoglie né vi alberga la benché minima traccia di rancore, di fiele di odio contro alcuno o contro alcuna cosa”, né vi è alcun pentimento per aver ceduto all’impeto e all’entusiasmo che lo avevano portato in carcere “non recrimino contro di me e contro questo mio cuore fatto d’ impeti, di slanci…” ; infine si dichiara “schivo di infingimenti ipocriti di seducenti allettamenti, aperto e schietto e del Vero non timido amico” ed esalta, con intensa fede cristiana, la forza purificatrice del dolore che gli permette di sperimentare ” l’incrollabile, intensa grandezza e ricchezza d’affetto dei miei consanguinei…” e di sentirsi “più vicino al supremo Iddio…” .

alla madre ( 27 febbraio 1943), nella quale con un tono più intimo, ma sempre ricco di profonda moralità e religiosità, chiedere comprensione, giustificando il proprio operato con queste parole: “mai ho fatto degli interessi materiali,… la bussola delle mie azioni e dei miei sentimenti e pensieri…” ; cosciente di avere sacrificato ai suoi ideali ” il frutto di decenni di sacrifici e di sforzi miei e dei miei genitori”, dichiara di non aver voluto “adagiarsi in un’inerzia morale che è peggiore della morte…”; dà una definizione di che cosa significhi per lui vivere: “ecco il ritmo del vivere è mirare a qualcosa che trascenda le forme e i limiti materiali…”; giustifica le sofferenze del presente poiché necessarie per costruire un futuro migliore ” cosa sono le nostre pene individuali nell’infinito quadro di dolori e dei travagli con cui la gente di oggi costruisce per quella di domani un avvenire e un divenire migliore e più giusto?”; infine rivolge una preghiera a Dio affinché ricompensi la madre per i sacrifici fatti.

Bibliografia

C.Salanitro, Ideale di pace e sentimento del dolore nell’Iliade, Arti Grafiche Gutemberg, Adrano 1929
C.Salanitro, Attorno alle Georgiche Virgiliane, Napoli, Caltagirone 1933
C.Salanitro, Attorno alle Georgiche virgiliane (premessa di C.Cosentini), in Memorie e rendiconti, Serie III – Vol. II , Accademia di scienze lettere e belle arti degli Zelanti e dei Dafnici – Acireale, Acireale 1982
C.Salanitro, Saggi di letteratura classica (premessa di C.Cosentini), Accademia di scienze lettere e belle arti degli Zelanti e dei Dafnici – Acireale, Acireale 1982
Convegno nazionale “La vita, le opere, l’impegno sociale del prof.Carmelo Salanitro nel centenario della nascita”. Atti del Convegno ed altri documenti, a cura dell’Assessorato alla cultura del Comune di Adrano (Catania)
“Carmelo Salanitro martire della liberta’”, Assessorato alla cultura del Comune di Adrano (Catania)
C.Cosentini, Lettere dal carcere di Civitavecchia del prof. Carmelo Salanitro ed un ricordo del fratello prof. Antonino, Accademia di scienze lettere e belle arti degli Zelanti e dei Dafnici – Acireale, Acireale 1989
N.Di Francesco, Il costo della libertà (a cura di I.D’Isola, prefazione di R.Mangiameli), Tipolitografia Manganaro-Furci Siculo (ME), 1993 (2001 2^ ed.)
G.Giarrizzo, Catania, Laterza, Bari 1986
M.Micheli, I vivi e i morti, Mondatori, Milano 1967
S.Nicolosi, Uno splendido ventennio, Tringale, Catania 1984
F.Pezzino, Per non dimenticare. Fascismo e antifascismo a Catania  (19191943) ( introduzione di N.Recupero), CUECM, Catania 1992
Memoria e Libertà. In ricordo di Carmelo Salanitro (a cura di S. Distefano e N.Torre), CUECM, Catania 27 gennaio 2001 (opuscolo)

monumento ad Adrano dedicato a Carmelo Salanitro